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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrarlo?

Un imprenditore si oppone alla dichiarazione di fallimento, sostenendo di non raggiungere le soglie dimensionali previste dalla legge. La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei giudici di merito, rigetta il ricorso e ribadisce un principio fondamentale: l’onere della prova nel fallimento spetta al debitore. Documentazione contabile informale e non supportata da scritture ufficiali è ritenuta inidonea, e la richiesta di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per sopperire a tale mancanza è inammissibile.

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Onere della prova fallimento: chi deve dimostrare i requisiti?

La dichiarazione di fallimento è uno degli eventi più critici nella vita di un’impresa. Ma cosa succede quando un imprenditore ritiene di non possedere i requisiti dimensionali per essere assoggettato a tale procedura? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: l’onere della prova fallimento. La Suprema Corte ha ribadito con fermezza che spetta esclusivamente al debitore dimostrare, con prove certe e attendibili, di trovarsi al di sotto delle soglie di fallibilità. Documenti contabili parziali o informali non sono sufficienti, né è possibile ricorrere a una consulenza tecnica per sopperire a una carenza probatoria.

I Fatti di Causa: Il Ricorso dell’Imprenditore

Il caso esaminato riguarda un imprenditore individuale la cui impresa era stata dichiarata fallita dal Tribunale. L’imprenditore ha presentato reclamo alla Corte d’Appello, sostenendo di non superare i limiti dimensionali stabiliti dalla legge fallimentare. A supporto della sua tesi, ha prodotto delle “succinte situazioni contabili” relative agli ultimi anni di attività. La Corte d’Appello, tuttavia, ha rigettato il reclamo, ritenendo tale documentazione inidonea a provare quanto affermato. Di conseguenza, l’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione di legge e l’errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito, nonché il mancato accoglimento della sua richiesta di disporre una CTU contabile per verificare la sua situazione finanziaria.

L’Onere della Prova nel Fallimento: La Posizione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per riaffermare alcuni principi cardine in materia di onere della prova fallimento.

La Valutazione delle Prove Spetta al Giudice di Merito

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché verteva interamente sul merito della valutazione delle prove, un’attività riservata esclusivamente al Tribunale e alla Corte d’Appello. La Cassazione ha chiarito che il problema non era l’unilateralità o la produzione tardiva dei documenti, ma la loro intrinseca inattendibilità. L’imprenditore aveva presentato dei semplici conteggi informali senza allegare alcuna documentazione a supporto, come le scritture contabili obbligatorie o le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni. Secondo i giudici, questa carenza probatoria è interamente ascrivibile al debitore, che non può pretendere di rovesciare l’onere della prova sulla curatela fallimentare.

Il Diniego della CTU Contabile

Anche il secondo motivo, relativo alla mancata ammissione di una CTU, è stato respinto. La Corte ha spiegato che la CTU non è uno strumento per sopperire alla mancanza di prove. Ammetterla in un contesto di totale vuoto probatorio avrebbe un palese “significato esplorativo”, ovvero sarebbe finalizzata a cercare prove che la parte aveva l’onere di produrre autonomamente. Questo snaturerebbe la funzione della consulenza tecnica e violerebbe le regole sulla distribuzione dell’onere probatorio. La decisione di disporre o meno una CTU rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che in questo caso ha correttamente negato un mezzo istruttorio richiesto per rimediare all’inerzia della parte.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio consolidato secondo cui il debitore che intende sottrarsi alla dichiarazione di fallimento ha l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di non fallibilità. Questo onere può essere assolto non solo con i bilanci regolarmente depositati, ma anche con altri strumenti probatori come le scritture contabili e qualsiasi documento in grado di rappresentare fedelmente la situazione economica e patrimoniale dell’impresa. Tuttavia, spetta sempre al giudice di merito valutare l’attendibilità di tale documentazione. Se le prove fornite sono incomplete, generiche o inattendibili, il giudice può legittimamente ritenerle insufficienti a superare la presunzione di fallibilità. La Corte ha sottolineato che la mancanza delle dichiarazioni dei redditi, ad esempio, costituisce una grave carenza probatoria a carico del debitore, anche se l’attività d’impresa è cessata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti indicazioni pratiche per gli imprenditori. In primo luogo, evidenzia l’importanza cruciale di una corretta e completa tenuta della contabilità. Per contestare una dichiarazione di fallimento, non basta presentare conteggi approssimativi, ma è necessario fornire prove documentali solide e verificabili. In secondo luogo, ribadisce che il processo non è una caccia al tesoro: ogni parte deve fornire le prove a sostegno delle proprie affermazioni. Non si può fare affidamento sulla CTU o sull’iniziativa del giudice per colmare le proprie lacune. L’onere della prova fallimento rimane saldamente sulle spalle del debitore, il quale deve agire con diligenza per dimostrare la propria condizione di non fallibilità.

Su chi ricade l’onere di dimostrare l’assenza dei requisiti per il fallimento?
L’onere della prova ricade interamente sul debitore. È l’imprenditore che deve fornire prove complete e attendibili per dimostrare di essere al di sotto delle soglie dimensionali previste dalla legge per la dichiarazione di fallimento.

È sufficiente presentare conteggi informali per evitare il fallimento?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che conteggi informali, non supportati da documentazione ufficiale come le scritture contabili obbligatorie o le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, sono considerati inattendibili e insufficienti a soddisfare l’onere della prova.

Si può richiedere una CTU contabile per dimostrare di non essere fallibile se non si hanno altre prove?
No. Una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) non può essere utilizzata con uno scopo ‘esplorativo’, cioè per cercare prove che la parte non è stata in grado di produrre. La sua funzione è quella di aiutare il giudice a valutare prove complesse già presentate, non di colmare un vuoto probatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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