Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29908 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10735/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME
-resistente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 102/2021 depositata il 03/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
¯ Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’Appello di Salerno ha riformato la decisione del Tribunale di Vallo della Lucania che aveva parzialmente accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di Banca RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE ( poi fusa in RAGIONE_SOCIALE) volta alla rideterminazione del saldo di un conto corrente acceso nell’aprile 1992 con annessa apertura di credito revocata il 13.6.1995 e chiuso nel 1998 con un passivo per euro 14.309,10 in relazione al quale aveva accettato un piano di rientro attraverso il rilascio di quattro cambiali a scadenza semestrale, all’esito del cui pagamento era seguita un’ulteriore richiesta di pagamento di 1.032,91 € che comportava la determinazione dell’esposizione debitoria passiva evasa ad euro 20.245,51. Il correntista aveva: a) contestato l’entità del credito per aver la banca applicato nel corso del rapporto contrattuale tassi anatocistici illegittimi; b) chiesto l’accertamento della nullità parziale dei contratti in relazione alla relativa clausola e l’esatta determinazione del dare avere con condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente riscosse. La banca convenuta aveva resistito alla domanda.
All’esito della CTU il Tribunale, sulla base della circostanza, pacifica tra le parti, della sussistenza del conto affidato con specifica previsione del saggio di interesse applicato e della nullità per violazione dell’articolo 1283 c.c. -delle clausole di capitalizzazione trimestrale di interessi nonché della capitalizzazione degli interessi sul saldo finale dopo l’estinzione del conto, trattandosi di un rapporto certamente sorto e definito in epoca anteriore alla delibera CICR del 9.2.2000, aveva eliminato dal saldo del conto ogni forma di capitalizzazione (anche di tipo annuale) e condannato la banca al pagamento della somma di 12.128,16 € (oltre interessi da quella data al soddisfo).
Contro la sentenza aveva proposto appello UBI Banca deducendo violazione del riparto dell’onere probatorio non risultando che il correntista avesse prodotto tutti gli estratti conto con la relativa documentazione per la ricostruzione esatta del saldo e violazione altresì degli artt. 198 c.p.c. e 92 disp. att. avendo autorizzato il CTU ad acquisire tutta la documentazione necessaria in assenza del previo consenso della banca e, comunque, senza sottoporre la questione al vaglio del contraddittorio, così consentendo l’ingresso nel processo di documenti di prova la cui produzione era onere dell’attore. Il sig. COGNOME oltre al rigetto dell’appello chiedeva dichiararsi la nullità del contratto di conto corrente e del contratto di concessione del fido per mancata stipula per iscritto, in violazione dell’art. 3 l. n. 154.992 recepito dall’articolo 117 T.U.B.
La Corte d’appello di Salerno ha ritenuto anzitutto che la dedotta nullità del contratto di conto corrente con apertura di credito fosse inammissibile perché con l’introduzione del giudizio l’attore non aveva dedotto l’invalidità del contratto ma solo l’illegittima applicazione di interessi anatocistici implicitamente ritenendo il contratto valido ed efficace; e, comunque, anche ipotizzando un rilievo officioso della nullità in quanto relativa a un difetto genetico del negozio, si trattava di eccezione infondata essendo stato il contratto anteriore alla legge n.154 del 1992 (17090/08). Ha, poi, ritenuto fondato l’appello di UBI Banca poiché l’attore avrebbe dovuto depositare nei termini di rito tutti gli estratti conto dal momento dell’inizio del rapporto sino alla sua chiusura, sicché il Tribunale aveva errato laddove, pur a fronte di una di una consulenza tecnica percipiente, aveva avallato la condotta del CTU volta ad acquisire detta documentazione dalla banca tramite l’invio di una raccomandata cui l’istituto di credito aveva dato riscontro mettendola a disposizione: invero detto operato del CTU – che di per sé, violava il principio dispositivo e
quello del contraddittorio non poteva essere sanato dall’ordine di esibizione delle scritture contabili emesso successivamente dal giudice, a sua volta, senza prima provocare il contraddittorio delle parti, poiché anche un ordine di esibizione presupponeva l’esistenza della richiesta della parte interessata che deducesse anzitutto il rifiuto del destinatario della richiesta, che nel caso di specie non risultava affatto formulata ex art. 119 T.U.B. (sezioni unite 15895/2019). Respinta la domanda di ripetizione e disposta la restituzione di quanto corrisposto dalla banca in esecuzione della sentenza di promo grado, la Corte di merito ha compensato interamente le spese del grado vista la complessa evoluzione giurisprudenziale che aveva avuto la materia oggetto della controversia che aveva visto sovrapporsi orientamenti di diversa natura e anche contrastanti, cui avevano fatto seguito plurimi arresti delle Sezioni Unite, in uno col fatto che il Tribunale era incorso in un errore in procedendo.
– Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME affidato a cinque motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) che ha proposto anche ricorso incidentale con un unico motivo in punto decisione sulle spese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., dell’art. 1421 c.c., dell’art. 117 T.U.B. e 345 comma 2 c.p.c. per avere la Corte d’appello ritenuto inammissibile l’eccezione relativa alla nullità del contratto di conto corrente per mancata stipula in forma scritta in quanto proposta per la prima volta in grado d’appello, poiché ben poteva questa essere rilevata anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo laddove i fatti da cui la stessa si desume siano allegati e provati ex actis .
1.1. Il motivo è inammissibile.
La decisione gravata in punto domanda di nullità del contratto di c/c e del fido per mancanza di forma scritta ha una doppia ratio decidendi, avendo la Corte affermato « che la deduzione per un verso è inammissibile per l’altro verso è infondata ».
Orbene è orientamento pacifico presso la giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui « ove una sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario per giungere all’annullamento della pronunzia – non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo stesso dell’impugnazione; questa, infatti, è intesa all’annullamento della sentenza in toto, o in un suo singolo capo, id est di tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano; è sufficiente, pertanto, che anche una sola delle dette ragioni non formi oggetto di censura, ovvero che sia respinta la censura relativa anche ad una sola delle dette ragioni, perché il motivo di impugnazione debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre » ( Cass. n. 6685/2024 conforme tra le tante a Cass. n. 114932018)
Venendo, dunque, al caso di specie la prima ratio della decisione d’appello sulla inammissibilità dell’eccepita nullità del contratto di c/c a ben vedere non si fonda sul fatto della «novità» della questione proposta per la prima volta in quella sede, come semplifica il ricorrente; bensì sulla considerazione che introducendo il giudizio l’attore aveva lamentato solo l’illegittima applicazione di interessi anatocistici, e non aveva neppure accennato a questioni di nullità totale o parziale del rapporto « ritenuto quindi, pienamente valido ed efficace »: la Corte di merito ha cioè ritenuto che in ragione della condotta processuale della parte la sussistenza e validità del titolo fosse incontroversa e questa ratio non è aggredita
dalla ricorrente con il motivo. In ogni caso, la seconda ratio decidendi , che si basa sul subordinato rilievo d’ufficio della nullità del titolo per assenza di forma scritta, si fonda sul corretto rilievo che detta forma non era prescritta all’epoca in cui il contratto era stato concluso essendo questo anteriore alla legge n.154 del 1992. Perciò il primo motivo che si duole della sola prima ratio è inammissibile per difetto d’interesse.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. degli artt. 1284 3° comma c.c., 1350 n. 13 c.c. 1346 e 1325 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto, comunque, infondata la dedotta nullità senza considerare che, pur non potendo avere la legge sulla trasparenza bancaria n. 154/92 così come l’art. 117 TUB efficacia retroattiva, entrambe si applicavano ai contratti di durata ancora in essere; e, dal momento che il contratto in questione era stato stipulato nel 1992, poco prima dell’entrata in vigore della norma che imponeva la forma scritta, tutto lo svolgimento del rapporto era ricaduto nel regime dello ius superveniens . In ogni caso, osserva il ricorrente, dagli art. 1284 comma 3 c.c. e 1350 n.13 c.c. derivava la nullità di tutti i contratti, anche quelli anteriori al TUB, che non contenevano in forma scritta e in modo determinato la pattuizione degli interessi superiori di fatto alla misura legale (come nel caso di specie), nulli anche per indeterminatezza dell’oggetto ai sensi dell’art. 1346; detta nullità avrebbe dovuto essere rilevata dal giudice in primo grado o, in mancanza, in grado d’appello, per essere sottoposto al contraddittorio delle parti.
– Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 1284 comma 3 c.c., 1350 n. 13 c.c. in quanto, per le medesime ragioni di cui al precedente motivo, doveva essere dichiarata nulla la clausola contrattuale che aveva statuito interessi al tasso ultra legale non essendo pattuita per iscritto.
4.- I due motivi evidentemente connessi se non sovrapposti, sono anch’essi inammissibili.
Essi aggrediscono la seconda ratio con cui la Corte d’appello ha ritenuto infondata la dedotta nullità del contratto per assenza di forma scritta, osservando che ferma l’irretroattività della legge sulla trasparenza bancaria n. 154/92 così come dell’art. 117 TUB, per effetto della regolamentazione da queste fonti introdotta la Corte avrebbe dovuto dichiarare la nullità della pattuizione degli interessi, invocando il ricorrente la natura di contratto di durata del rapporto in questione: in realtà il motivo altro non fa che pretendere nuovamente di far valere la mancanza di una forma scritta non prevista dalla legge all’epoca della conclusione del contratto con riguardo ad una specifica pattuizione (quella sulla determinazione dell’interesse) senza contestare ed anzi aderendo al principio di irretroattività applicato dal giudice di secondo grado.
Inoltre in causa il ricorrente non ha mai dedotto la pattuizione illegittima di interessi ultralegali: né in primo grado (tant’è che il giudice di prime cura aveva dato atto della « pacifica circostanza tra le parti, della sussistenza del conto affidato che in base alla ricostruzione operata dal CTU (sulla base della documentazione fornita) risultava acceso nell’aprile 1992 e chiuso nel gennaio 1998 con specifica previsione del saggio di interesse applicat o» come si legge a pag.4 della sentenza gravata) ove l’attore odierno ricorrente aveva posto solo la questione della illegittima pattuizione dell’anatocismo per violazione dell’art. 1283 c.c., in funzione della domanda di ripetizione del relativo indebito, accolta con effetto di giudicato in assenza di contestazioni; né in secondo grado, dove l’appellante incidentale ha posto solo la questione di nullità del contratto per assenza di forma scritta.
Ne discende, come detto, l’inammissibilità per novità della questione sottoposta al vaglio di legittimità dal secondo e dal terzo
motivo, mai dedotta prima e che la Corte d’appello non avrebbe potuto rilevare d’ufficio in assenza di allegazione tempestiva.
5.- Il quarto motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. poiché la Corte d’appello aveva omesso di dichiarare l’inammissibilità dell’eccezione della banca convenuta che richiedeva di dichiarare illegittima l’acquisizione di tutta la documentazione contabile relativa al rapporto di conto corrente, poiché l’istituto di credito aveva spontaneamente aderito alla richiesta del CTU, successivamente ratificata dal giudice, nè tale iniziativa del CTU e la condotta processuale del giudice istruttore erano mai state contestate in primo grado da parte della convenuta. Perciò, in quanto proposta per la prima volta in appello, la questione dell’irritualità della acquisizione doveva essere dichiarata inammissibile, avendo la parte l’onere di presentare o reiterare eventuali contestazioni in merito ad atti o provvedimenti istruttori in modo specifico al momento della precisazione delle conclusioni, dovendo, diversamente, le stesse ritenersi rinunciate e non riproponibili in appello.
5.1- Anche il quarto motivo è inammissibile.
Giova premettere che con riguardo al tema della documentazione acquisibile in sede di CTU percipiente vale il principio affermato da questa Corte per cui in materia di esame contabile, il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina vigente in tema di contraddittorio delle parti, può, sì, acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti, la documentazione necessaria all’espletamento dell’incarico (CTU contabile c.d. percipiente) ma sul presupposto condizionante del “previo consenso” delle parti stesse, previsto dall’art. 198, comma 2, c.p.c.; dalla rilevanza del consenso in ordine all’acquisizione del materiale probatorio discende che i vizi che infirmano l’operato del consulente sotto tale profilo sono fonte di nullità relativa ex art. 157, comma 2, c.p.c.,
correlandosi ad un interesse primario ma disponibile delle parti (v. Cass 5370/23), essendo la nullità appunto correlata alla mancanza del loro consenso, il quale deve avere carattere processuale e non può essere costituito dal contegno extraprocessuale della parte rappresentata in giudizio.
Ciò detto il motivo di gravame che si incentra sul fatto che la Corte d’appello aveva omesso di dichiarare l’inammissibilità del motivo d’appello incentrato su detta nullità della banca convenuta per non avere questa mai contestato in precedenza la condotta processuale del CTU né del giudice istruttore è inammissibile in quanto il ricorrente non offre -come avrebbe dovuto ex art. 366 n. 4 e 6 c.p.c. -la necessaria specifica ricostruzione del comportamento processuale della controparte nel giudizio di primo grado onde dar modo a questa Corte di apprezzare se l’eccezione di nullità fosse stata o meno (come sostiene il ricorrente) tempestivamente sollevata in primo grado.
6.- Il quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. per avere la Corte erroneamente ritenuto che il correntista che agisca per l’accertamento giudiziale del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall’Istituto di credito è gravato dall’onere di produrre tutti gli estratti conto giustificativi: fermo che l’attore aveva depositato gli estratti conto dal 30.6.92 al 31.12.97 e le movimentazioni di alcuni mesi, come stabilito dalla Corte di legittimità, il ricalcolo del saldo poteva effettuarsi raccordando tramite CTU i blocchi temporali documentati.
6.1.- Il motivo è fondato.
Infatti va ribadito quanto questa Corte afferma con orientamento consolidato che laddove l’attore correntista non adempia compiutamente all’onere di dare prova -mediante deposito di tutti gli estratti periodici di conto – tanto dei pagamenti che dell’assenza di valida causa debendi in riferimento ad un determinato periodo di
durata del rapporto, per determinare il saldo del periodo successivo a quello non documentato si partirà dal primo saldo disponibile; e laddove detto primo saldo risulti a debito del cliente, non dovrà procedersi all’azzeramento del rapporto con riferimento al periodo precedente non documentato (ovvero non si deve partire dal un saldo pari a zero) essendo onere del correntista la dimostrazione dell’andamento del rapporto dal suo inizio, ed anche di dimostrare che il saldo debitore risultante dal primo estratto disponibile sia minore ovvero insussistente; quindi il sollecitato accertamento del dare e dell’avere fra le parti del cessato rapporto deve essere effettuato dal giudice di merito partendo dal primo saldo a debito del cliente, risultante dal primo estratto disponibile prodotto dall’attore oppure dalla banca in adempimento di un ordine di esibizione a lei impartito dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 30789 del 2023; Cass. n. 12993 del 2023; Cass. n. 11543 del 2019; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 28945 del 2017; Cass. n. 500 del 2017); peraltro è stato puntualizzato (v. Cass. n. 37800 del 2022 confermata dalle già menzionate Cass. n. 7697 del 2023 e Cass. n. 12993 del 2023), opportunamente, che « l’estratto conto, , non costituisce l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito potrebbe valorizzare, esemplificativamente, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o, a norma degli artt. 2709 e 2710 c.c., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. n. 10692/2007 e Cass. n. 23974/2010); e, per far fronte alla necessità di elaborazione di tali dati, quello stesso giudice può avvalersi di un consulente d’ufficio,
essendo sicuramente consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto, comunque, emergente dai documenti prodotti in giudizio (Cass. n. 14074/2018, Cass. n. 5091/2016; nel medesimo senso, Cass. n. 31187/2018; v. altresì Cass. n. 11543/2019). Rilevano, altresì, la condotta processuale della controparte ed ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. Ne deriva che l’incompletezza della serie degli estratti conto si ripercuote comunque sul cliente, gravato dall’onere della prova degli indebiti pagamenti: in quanto, a quel punto, si comincia volta a volta dal ‘saldo a debito’, risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti (…) » ; in sintesi « dovrà assumersi, come dato di partenza per la rielaborazione delle successive operazioni documentate, il predetto saldo iniziale degli estratti conto acquisiti al giudizio, che, nel quadro delle risultanze di causa, è il dato più sfavorevole allo stesso attore » (per una ricostruzione funditus della questione, si veda infine, Cass. n. 1736/2024, cui numerose pronunce non massimate hanno dato continuità).
9.- Va pertanto accolto il quinto motivo di ricorso, inammissibili gli altri.
10.Dall’accoglimento del ricorso discende che resta assorbito l’interesse all’esame del ricorso incidentale con cui la controricorrente si duole della statuizione sulle spese la quale viene evidentemente implicitamente travolta dalla cassazione della sentenza gravata. Ne consegue la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, inammissibile per il resto, con assorbimento del ricorso incidentale;
cassa la sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Salerno, in diversa composizione che provvederà anche sulle spese relative al presente giudizio di legittimità.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile del 6.11.2025.
Il Presidente
NOME COGNOME