Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12464 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12464 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 9146-2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, oggi in concordato preventivo, con sede in Tortoreto (TE), alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante pro tempore dott. NOME COGNOME e dei liquidatori giudiziali dott.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio d ell’Avvocato NOME COGNOME.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Torino, alla INDIRIZZO in persona del procuratore speciale dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al contro ricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio d ell’Avvocato NOME COGNOME.
-controricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 1781/2020, della CORTE DI APPELLO di L’AQUILA , pubblicata il giorno 16/12/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 24/04/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (oggi in concordato preventivo) citò Banca dell’Adriatico s.p.aRAGIONE_SOCIALE (già Banca Popolare Abruzzese e Marchigiana e, prima ancora, Banca Popolare di Teramo e Città Sant’Angelo, per il prosieguo anche, breviter , Banca) innanzi al Tribunale di Teramo – Sezione distaccata di Giulianova e, deducendo la nullità di alcune clausole negoziali contenute nei contratti di conto corrente di corrispondenza ed anticipi intrattenuti con essa (concernenti l’applicazione di interessi ultralegali, l’anato cismo e la commissione di massimo scoperto) dal 1989 al 2003, chiese accertarsi l’esatta quantificazione del rapporto di dare -avere in base ai risultati del ricalcolo da eseguire a mezzo consulenza tecnicocontabile e, per l’effetto, condannarsi la Banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi e rivalutazione.
1.1. Instauratosi il contraddittorio, si costituì la convenuta, resistendo alle avverse pretese, eccependo l’intervenuta prescrizione del credito invocato da controparte e concludendo per il relativo rigetto.
1.2. L’adito tribunale, con sentenza del 27 agosto 2014, n. 1159, rigettò le domande di parte attrice e compensò le spese di lite, con esclusione di quelle della espletata c.t.u. poste a carico di quest’ultima.
Esito negativo ebbe anche il gravame promosso dalla RAGIONE_SOCIALE avverso quella decisione, respinto dall’adita Corte d’Appello di L’Aquila con sentenza del 16 dicembre 2020, n. 1781, pronunciata nel contraddittorio con la Banca dell’Adriatico s.p.a.
2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte, richiamata la giurisprudenza di legittimità in tema di oneri probatori del correntista che agisca contro la Banca per la ripetizione di somme asseritamente non
dovute le, rilevò che l’attrice/appellante non aveva prodotto serie complete di estratti conto, pure se aventi inizio successivo alle date di apertura dei conti, ma da tali date senza interruzioni di sorta fino alla chiusura. Rimarcò, inoltre, che tanto aveva « costretto il c.t.u. ad effettuare una ricostruzione contabile operando dei raccordi tra i saldi calcolati, sulla base di criteri fittizi in quanto non basati su dati documentali dimostrati, ciò evidenziando una chiara mancanza di prova degli elementi costitutivi della domanda che era onere della parte appellante fornire quale attrice in primo grado e che non può essere supplita a mezzo di consulenza tecnica di ufficio, sfornita, quindi, di date di riscontro su cui operare le operazioni contabili. Pertanto, non può dirsi assolto l’onere probatorio incombente sull’appellante e non può prendersi in considerazione il lavoro svolto dal consulente d’ufficio stante l’evidente inattendibilità del risultato raggiunto basato su integrazioni matematiche non sorrette da dati documentati, né utilizzabile per colmare le carenze probatorie di parte ».
Per la cassazione di questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE oggi in concordato preventivo, ha promosso ricorso affidato a tre motivi. Ha resistito, con controricorso, Intesa Sanpaolo s.p.a., incorporante per fusione di Banca dell’Adriatico s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ». Si contesta alla corte distrettuale di avere ritenuto necessaria una nuova consulenza tecnica, senza la quale, a suo dire, non avrebbe potuto decidere il giudizio, ma, successivamente, non aveva aderito alle conclusioni del c.t.u., né aveva motivato le ragioni di tale non adesione;
II) «Violazione ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa o incomprensibile, in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 116 c.p.c., circa il punto decisivo della controversia relativo tra quanto riportato nel corpo della sentenza e quanto riportato nella consulenza tecnica di ufficio ». Si
ascrive alla corte territoriale di avere valutato in maniera contraddittoria la consulenza tecnica, posto che dal ragionamento esposto sembrava avere aderito ad essa per poi disapplicarla;
III) « Violazione e falsa applicazione della norma di diritto degli artt. 2033 e 2697 codice civile e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. », per avere la corte distrettuale ritenuto che la mancanza solo di alcuni estratti conto impedisse la ricostruzione del corretto saldo del conto in questione.
2. Il primo dei suddetti motivi è inammissibile, posto che l’odierna ricorrente -come chiaramente dimostra la corrispondente censura -incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge, anche processuale, dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, come ripetutamente chiarito da questa Corte, un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. può porsi, rispettivamente, solo allorché la parte ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3229 del 2025; Cass. nn. 25376, 19371, 17201, 11069 e 5375 del 2024; Cass. nn. 35782, 16303, 11299 e 28385 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022; Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pure precisato che « è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. »); 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione ( cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pur puntualizzato che, « ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi
di motivazione »; Cass. n. 27000 del 2016). Del resto, affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse ( cfr . Cass. n. 3229 del 2025; Cass. 24434 del 2016).
3. Il secondo motivo è parimenti inammissibile
3.1. È doveroso ricordare, invero, che, avuto riguardo alla regola di cui all’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ., abrogato dal d.lgs. n. 149 del 2022 ma qui applicabile ratione temporis (giusta l’art. 35 del menzionato d.lgs. e posto che il giudizio di appello venne instaurato dall’odierna ricorrente con citazione notificata il 5 giugno 2015, come emerge dalla pagina 3 del controricorso di Intesa Sanpaolo s.p.a. Cfr . Cass. n. 11439 del 2018), la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazi one ai sensi del numero 5 dell’art. 360, comma 1, dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (cd. ‘ doppia conforme ‘), questa Corte ha da tempo chiarito che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella cd. ‘ doppia conforme ‘ in facto (Cass. n. 7724 del 2002 ha precisato, inoltre, che « Ricorre l’ipotesi di ‘doppia conforme’, ai sensi dell’art. 348 -ter , commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice »), sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( cfr . Cass. n.
3229 del 2025; Cass. nn. 27328, 19371, 17021 e 5436 del 2024; Cass. nn. 35782, 26934 e 5947 del 2023; Cass. n. 20994 del 2019; Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 26860 del 2014): onere, invece, qui rimasto inadempiuto stando alle argomentazioni concretamente rinvenibili nella doglianza de qua .
3.2. A tanto deve solo aggiungersi che, nella misura in cui viene lamentata una pretesa ‘ motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa o incomprensibile, in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, e 116 c.p.c. ‘ sulla corrispondente questione come decisa dalla corte distrettuale, la doglianza mostra di non tenere in alcun conto che, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. n. 8671 del 2025 e da Cass. nn. 26383, 19423, 16118, 13621, 9807 e 6127 del 2024, l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo -qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 16 dicembre 2020 -modificato dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012), ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a s eguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc.
civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
Non sussiste, nella specie, alcuna motivazione manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, né perplessa o incomprensibile, posto che la corte distrettuale ha spiegato le ragioni per cui ha ritenuto di non aderire alle conclusioni del nominato consulente di ufficio.
Nemmeno rileva, come si è già detto, in relazione ad una siffatta contestazione, la correttezza della soluzione adottata o la sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. n. 5375 del 2024; Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022).
Il terzo motivo, invece, è fondato.
4.1. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare, ripetutamente, che, allorquando il cliente agisce nei confronti della banca per la rideterminazione del saldo del proprio conto corrente e la ripetizione di quel danaro dato alla banca, dall’inizio del corrispondente rapporto fino alla sua cessazione, sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente relative, ad esempio, alla misura degli interessi, all’anatocismo ed alla commissione di massimo scoperto, nonché ad addebiti di danaro non previsti dal contratto, è il cliente stesso che deve provare, innanzitutto, mediante il deposito degli estratti di conto corrente, in applicazione dell’art. 2697 cod. civ., la fondatezza dei fatti e delle domande di accertamento costituenti il presupposto anche dell’accoglimento della domanda di ripetizione di indebito oggettivo ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 17584 e 1763 del 2024; Cass. nn. 30789, 30661, 28191 e 25417 del 2023; Cass. n. 11543 del 2019; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 24948 del 2017); con la conseguenza che, in mancanza di taluni estratti di conto corrente, egli perde semplicemente la possibilità di dimostrare il fondamento della domanda di restituzione di danaro da lui dato alla banca (per effetto di addebiti da questa operati) nel solo periodo di tempo compreso fra l’inizio del rapporto e quello cui si riferiscono gli estratti di conto corrente depositati ( cfr.
Cass. nn. 30789, 30661, 28191 e 10025 del 2023, che ha significativamente puntualizzato che « L’onere – cd. dovere libero, che risponde alla figura logica dell’imperativo ipotetico, ‘se vuoi a], devi b]’ – è l’imposizione di una condotta per la realizzazione di un interesse proprio di colui che, essendone titolare, lo fa valere in giudizio. La prova dell’indebito, pertanto, può darsi anche producendo solo una parte degli estratti conto ed utilizzando altri mezzi come la c.t.u. , secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito . Ma è evidente che, in tal caso, la somma dovuta dalla banca sarà di importo corrispondente a quello provato »); ben potendo il giudice accertare, di regola mediante consulenza tecnica d’ufficio, se vi siano addebiti alla banca non dovuti, secondo la prospettazione dell’attore, in quanto risultanti dagli estratti di conto da questi depositati ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 35979 del 2022; Cass. n. 7697 del 2023; Cass. n. 12993 del 2023).
4.2. Proprio con riguardo al tema degli oneri probatori in controversie, che vedano contrapposti banca e correntista, aventi ad oggetto la rideterminazione del saldo di un conto corrente bancario al fine di espungerne poste illegittimamente ivi addebitate, la recente Cass. n. 1763 del 2024 (alla cui ampia motivazione, per la parte qui di interesse, può farsi rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. In senso analogo, si vedano, in motivazione, anche le successive Cass. nn. 4043, 4067, 5387, 11270 e 11577 del 2024), ha puntualizzato ( cfr ., in particolare i §§ 2.9, 2.9.2. 2.9.4. 2.9.5. e 2.9.6 delle ‘ Ragioni della decisione ‘), tra l’altro, che, nelle controversie aventi ad oggetto un rapporto di conto corrente bancario: a ) « l’istituto di credito ed il correntista sono onerati della dimostrazione dei fatti rispettivamente posti a fondamento delle loro domande e/o eccezioni, tanto costituendo evidente applicazione del principio sancito dall’art. 2697 cod. civ. »; b ) « Una volta esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista (oppure la non debenza di commissioni di massimo scoperto o, ancora, il non corretto calcolo dei giorni valuta) e riscontrata la
mancanza di una parte degli estratti conto, l’accertamento del dare ed avere può attuarsi con l’impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. n. 22290 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023). Questi ultimi, infatti, non costituiscono l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi -come rimarcato dalla già menzionata Cass. n. 37800 del 2022 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n. 10293 del 2023 e Cass. n. 22290 del 2023) -consentono di avere un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto; tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, allora, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito: i) ben può valorizzare altra e diversa documentazione, quale, esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di esaustività, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni, oppure, giusta gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. 25 novembre 2010, n. 23974), o, ancora, gli estratti conto scalari (cfr. Cass. n. 35921 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023; Cass. n. 23476 del 2020; Cass. n. 13186 del 2020), ove il c.t.u. eventualmente nominato per la rideterminazione del saldo del conto ne disponga nel corso delle operazioni peritali, spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti da ultimo a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato proprio dalla citata Cass. n. 13186 del 2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito), oppure, come sancito da altra recentissima pronuncia di questa Corte , – -anche la stampa dei movimenti contabili risultanti a video dal data base della banca, ottenuta dal correntista avvalendosi del
servizio di home banking , se non contestata in modo chiaro, circostanziato ed esplicito dalla banca quanto alla sua non conformità a quanto evincibile dal proprio archivio (cartaceo o digitale); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ. »; c ) « È innegabile, peraltro, che malgrado la richiamata, vasta tipologia di documentazione utilizzabile per la integrale ricostruzione delle operazioni che si sono susseguite sul conto (spesso in un arco temporale anche molto ampio), non sempre sia possibile addivenire a quel risultato, sicché, solo in tale ipotesi al giudice di merito sarà consentito utilizzare, dandone adeguata giustificazione, i metodi di calcolo che ritenga più idonei al raggiungimento comunque di un risultato che rispecchi quanto più possibile l’avvenuto effettivo sviluppo del rapporto tra le parti »; d ) « In quest’ottica, dunque, potrà certamente trovare applicazione anche il criterio dell’azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale, pertanto, altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanismo della ripartizione dell’onere probatorio tra le parti sancito dall’art. 2697 cod. civ. ».
4.3. La medesima pronuncia, inoltre, indica le modalità di effettuazione dei conteggi da parte del giudice (o del consulente di ufficio da lui eventualmente nominato), ove ritenga di avvalersi del criterio dell’azzeramento del saldo (così non escludendo, d unque, diverse modalità di ricalcolo del saldo medesimo), per l’ipotesi di riscontrata incompletezza degli estratti conto. In particolare, si è ivi stabilito che « se la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo e d il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo o per la condanna dell’istituto di credito a pagare in proprio favore o per l’accoglimento della domanda di quest’ultimo in misura inferiore rispetto a quella originariamente formulata, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che: i) per quanto riguarda la banca, il calcolo del dovuto potrà farsi: ia) nell’ipot esi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto (ricordandosi, in proposito,
che la banca non può sottrarsi all’assolvimento di un tale onere invocando l’insussistenza dell’obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni, perché non si può confondere l’onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito. Cfr. Cass. n. 13258 del 2017; Cass. n. 7972 del 2016; Cass. n. 19696 del 2014; Cass. n. 1842 del 2011; Cass. n. 23974 del 2010; Cass. n. 10692 del 2007), azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e procedendo, poi, alla rideterminazione del saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto (o alla data della domanda); i-b) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, azzerando i soli saldi intermedi: intendendosi, con tale espressione, che non si dovrà tenere conto di quanto eventualmente accumulatosi nel periodo non coperto da documentazione, sicché si dovrà ripartire, nella prosecuzione del ricalcolo, dalla somma che risultava a chiusura dell’ultimo estratto conto disponibile (la banca, cioè, perde solo quello che si sarebbe accumulato nel periodo non coperto dagli estratti conto mancanti, sicché il dato finale risulterà abbattuto di quella somma); ii) per quanto riguarda, invece, il correntista che lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti (per anatocismo, usura, pagamento di interessi ultralegali non pattuiti per iscritto, commissioni di massimo scoperto etc.) e ne chieda la restituzione, egli si trova, in realtà, in posizione praticamente analoga a quella della banca, atteso che il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: iia) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti docu mentazione che risalga all’inizio del rapporto, egli o dimostra l’eventuale vantata esistenza di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico (ma, in tal caso, la corrispondente documentazione vale per entrambe le parti, per il congegno di acquisizione processuale), o beneficia comunque dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e della successiva rideterminazione del saldo finale avvenuta utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura (o
alla data della domanda); ii-b) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, egli, se sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto, ad esempio di anatocismo e/o usura e/o pagamento di interessi ultralegali non pattuiti e/o commissioni di massimo scoperto non concordate, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione che, in tal caso, però, nuovamente sarà utilizzabile anche per la controparte, sempre per il congegno di acquisizione processuale. Altrimenti, beneficerà del meccanismo di azzeramento del/i saldo/i intermedio/i nel significato in precedenza chiarito, con l’evidente risultato che la banca, per quel/quei periodo/i, non ottiene niente ed il correntista, per lo stesso o gli stessi periodi, nulla recupera. Questi, cioè, è come se non ci fossero, posto che nessuno ha provato che cosa sia successo. Con la conseguenza che l’estratto conto immediatamente successivo, e tutti i successivi ancora, devono essere corretti ricollegando l’ultimo saldo disponibile al primo saldo in cui ricominciano ad essere presenti gli estratti conto. In questo modo, dunque, il problema del rischio di due saldi difformi viene meno e, in buona sostanza, il meccanismo dell’azzeramento (anche di quello, prima definito intermedio, per eventuali intervalli temporali in cui mancano gli estratti conto) funziona allo stesso modo sia per la banca che per il correntista ».
4.4. Fermo tutto quanto precede, la sentenza oggi impugnata, laddove, come si è già detto ( cfr . § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘), ha respinto il gravame della odierna ricorrente rilevando che l’attrice/appellante non aveva prodotto serie complete di estratti conto, pure se aventi inizio successivo alle date di apertura dei conti, ma da tali date senza interruzioni di sorta fino alla chiusura, altresì rimarcando che tanto aveva « costretto il c.t.u. ad effettuare una ricostruzione contabile operando dei raccordi tra i saldi calcolati, sulla base di criteri fittizi in quanto non basati su dati documentali dimostrati, ciò evidenziando una chiara mancanza di prova degli elementi costitutivi della domanda che era onere della parte appellante fornire quale attrice in primo grado e che non può essere supplita a mezzo di consulenza tecnica di ufficio, sfornita, quindi, di date di riscontro su cui operare le operazioni contabili.
Pertanto, non può dirsi assolto l’onere probatorio incombente sull’appellante e non può prendersi in considerazione il lavoro svolto dal consulente d’ufficio stante l’evidente inattendibilità del risultato raggiunto basato su integrazioni matematiche non sorrette da dati documentati, né utilizzabile per colmare le carenze probatorie di parte », si rivela non coerente con i principi tutti fin qui esposti nei precedenti §§ 4.1, 4.2 e 4.3. A tanto deve aggiungersi, peraltro, c he nemmeno persuade l’assunto della corte distrettuale circa la ritenuta fittizietà dei criteri utilizzati dal c.t.u. nella sua ricostruzione contabile del saldo del conto in esame (perciò solo considerata inattendibile dal giudice a quo ), posto che detta valutazione di quella corte è stata ancorata, esclusivamente, alla carenza di produzione documentale che, invece, alla stregua dei criteri e principi tutti rinvenibili nella riportata decisione resa da Cass. n. 1763 del 2024, certamente non sarebbe stata sufficiente, di per sé, a giustificare l’integrale rigetto della domanda della correntista.
La doglianza in esame, dunque, deve essere accolta, affidandosi al giudice di rinvio il compito di procedere ad un nuovo accertamento, tenendo conto, appunto, di quei principi ed esaminando, peraltro, le altre questioni in quella sede ritualmente formulate dalle parti ma considerate assorbite dalla corte distrettuale.
5. In conclusione, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE (oggi in concordato preventivo) deve essere accolto limitatamente al suo terzo motivo, dichiarandosene inammissibile i primi due. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso di RAGIONE_SOCIALE (oggi in concordato preventivo) limitatamente al suo terzo motivo, dichiarandone inammissibile i primi due.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, per il
corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile