Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17151 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17151 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23808/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale in atti;
-ricorrente
–
-contro-
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t. , rappres. e difesa dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 2035/2019 del la Corte d’appello dell’Aquila pubblicata il 10.12.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE citava innanzi al Tribunale di Vasto la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., e premesso di aver intrattenuto con la banca convenuta due rapporti ultratrentennale di conto corrente bancario con affidamenti e apertura di credito, con connessi conti anticipi, di cui una ancora aperta ed una chiusa nel 2006, chiedeva, previo accertamento della nullità di clausole di conto corrente riguardanti interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto, capitalizzazione anatocìstica, e ogni altra voce applicata dalla banca ma non prevista contrattualmente, la rideterminazione dei saldi di dare e avere con condanna della banca al pagamento di quanto risultante come dovuto, con interessi e rivalutazione.
Con sentenza del 5.3.2019 il Tribunale di Vasto rigettava le domande formulate da parte attrice, rilevando: che l’operato della banca, in relazione ai profili di illegittimità evidenziati, non fosse verificabile a causa dell’omesso deposito da parte attrice dei contratti di conto corrente e della serie completa degli estratti conto relativi ai rapporti in oggetto; lo stesso c.t.u. aveva evidenziato nel suo elaborato le carenze dei dati contabili per una serie di mancanze di vari periodi negli estratti conto depositati in atti per più di dieci mesi; pertanto anche nel caso di accertamento negativo delle clausole eventualmente nulle, le carenze probatorie non rendevano possibile verificare se ed in che misura la società attrice aveva versato somme indebitamente.
Con sentenza del 10.12.2019, la Corte territoriale rigettava l’appello della società correntista, osservando che: il ragionamento del Tribunale era corretto e condivisibile circa il mancato assolvìmento dell’onere probatorio da parte dell’attrice in ordine ai fatti costitutivi della domanda, stante la mancanza dei contratti di conto corrente e la mancanza integrale di estratti conto del lungo rapporto in esame e dei
conti anticipi e aperture di credito agli stessi collegati; quanto ai contratti di conto corrente, nell’atto di citazione di primo grado parte appellante aveva allegato la nullità di clausole contrattuali e la mancata pattuizione di spese od oneri illegittimamente addebitati, non contestando mai esplicitamente l’esistenza di contratti che peraltro richiamava facendo riferimento a specifiche clausole degli stessi; non solo l’appellante non aveva prodotto la serie completa ed integrale degli estratti conto dalla data di apertura dei conti, negli anni 80 l’uno e nel 1996 l’altro, alla data di chiusura nel 2006, per uno dei due, ma non aveva prodotto la serie completa di estratti conto nemmeno da una certa data (con saldo a suo debito) alla data di chiusura, fornendo solo dati discontinui ed incompleti; infatti, erano stati prodotti ed esaminati dal c.t.u. estratti conto con notevoli mancanze, cosi come dallo stesso evidenziate, con carenze relative a numerosi periodi, almeno per dieci mesi, come emergente dalla stessa c.t.u. il cui elaborato era completo e coerente nella ricostruzione documentale; pertanto, non poteva dirsi assolto l’onere probatorio incombente sull’appellante, mentre non era attendibile il risultato raggiunto dal c.t.u. basato su integrazioni matematiche non sorrette da dati documentati, né utilizzabile per colmare le carenze probatorie di parte ; né poteva ritenersi risolvibile la mancanza di prova mediante un ordine di esibizione ex art. 210 c.pc. rivolto alla banca appellata, in quanto essa non aveva l’onere di conservazione di documenti precedenti ai dieci anni, sia perché l’onere di provare i fatti costitutivi della domanda può essere integralmente ribaltato sull’altra parte, risultando peraltro il correntista destinatario regolarmente di estratti conto allo stesso inviati, circostanza non contestata; né poteva ritenersi colmabile la lacuna probatoria in base alla richiesta di documentazione ex art. 119 TUB avanzata quasi contestualmente all’instaurazione del giudizio,
documentazione contabile che la banca è tenuta a conservare per dieci anni e non per un periodo precedente, necessario nel caso di specie, e che avrebbe comunque dovuto essere richiesta ed ottenuta prima dell’instaurazione del giudizio; stante la mancanza di prova della domanda di ripetizione d’indebito, erano assorbite tutte le altre domande.
RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione, avverso la suddetta sentenza d’appello con tre motivi, illustrati da memoria. La Banca MPS spa resiste con controricorso, illustrato da memoria.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 2697, 1842, 1350, 1284, c.3, cc, 117, c. 1 e 3, TUB, 112, 116, 116, 132, cpc, 118 disp. att. cpc, nonché motivazione apparente e, in subordine, omesso esame di fatto particolare.
Al riguardo, la ricorrente lamenta che: la Corte territoriale non avrebbe in sostanza motivato sui motivi d’appello, limitandosi a confermare le argomentazioni del Tribunale, omettendo di esaminare la doglianza riguardante la mancata forma scritta del contratto di apertura di credito connessa ai rapporti di conto correnteanteriori all’entrata in vigore della l. n. 154/92- in ordine alla quale sarebbe stato onere della banca illustrare le norme contrattuali in forza delle quali aveva applicato interessi ultralegali, capitalizzazione trimestrale, commissioni e spese; parimenti, la banca avrebbe dovuto provare le pattuizioni relative al contratto stipulato nel 1999; la Corte d’appello , pur rilevando la mancata produzione di tutti gli estratti-conto, non ha verificato di poter ricostruire l’andamento dei conti correnti attraverso un raccordo tra gli stessi, anche considerando che per un rapporto ne mancavano solo pochi.
Il secondo motivo denunzia erronea interpretazione degli artt. 210 cpc, 94 disp. att. cpc, 117 Tub, 1175, 1374, 1375, 1713, cc, e contraddittorietà de lla motivazione, per aver la Corte d’appello ritenuto inammissibili le istanze presentate ex artt. 210 cpc e 119 Tub, aventi ad oggetto l’acquisizione dei documenti relativi ai contratti di c onto corrente e degli estratti conto, sia perché non potevano supplire all’onere della prova gravante sull’attrice, sia perché la banca non aveva l’onere di conservare la documentazione precedente ai dieci anni.
Il terzo motivo deduce l’omesso esame delle domande di ripetizione d’indebito e di accertamento negativo, per aver la Corte d’appello , una volta respinte tali domande, ritenute le altre assorbite.
Il primo motivo è inammissibile.
Invero, la Corte di merito ha rigettato la domanda di ripetizione d’indebito, in quanto la società correntista non aveva documentato i vari rapporti intercorsi, non producendo i contratti e tutti gli estratticonto, precludendo la verifica delle clausole contrattuali, delle quali si chiedeva l’accertamento della nullità in tema di interessi ultralegali, spese, commissioni ed anatocismo, e di conseguenza il ricalcolo delle movimentazioni contabili.
Al riguardo, va osservato che nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa; ne consegue che, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato, ed in mancanza di allegazioni delle parti
che permettano di ritenere pacifica l’esistenza, in quell’arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, documentato dagli estratti conto, procedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di essi (Cass., n. 11735/2024, che evidenzia altresì che l’incompletezza degli estratti conto aveva precluso anche il formarsi di un saldo intermedio, presupposto per rideterminare il saldo finale).
Nell’ambito di tale orientamento, è stato altresì affermato che, i n tema di rapporti bancari, ai fini dell’accertamento del rapporto di dare/avere, è sempre possibile per il giudice di merito, a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto, ricostruire i saldi attraverso l’impiego di mezzi di prova ulteriori, purché questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti (Cass., n. 22290/2023).
Pertanto, il giudice può giudicare sufficienti gli estratti conto prodotti, ovvero avvalersi di altra documentazione, ovvero procedere all’azzeramento del saldo, ma si tratta appunto di una valutazione che spetta al giudice di merito, fatto salvo l’eventuale control lo motivazionale.
In sintesi, questa Corte è pervenuta ad affermare che l’assenza di alcuni estratti conto (inziali o intermedi) non impedisce al giudice di valutare il fondamento della domanda del correntista laddove: (a) sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista; (b) la mancanza di una parte degli estratti conto sia colmabile altrimenti, attraverso il ricorso ad altri elementi di prova o alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova , ai sensi dell’art. 116
c.p.c.; (c) l’utilizzo di tali elementi sia coerente con la distribuzione dell’onere probatorio, e non finisca per gravare una delle parti dell’onere di dimostrare l’eventuale insussistenza di un credito o di un minor debito dell’altra.
Dette valutazioni, però, sono di pertinenza del giudice di merito, che dovrà valutare, con ricognizione in fatto che gli spetta in via esclusiva – eventualmente con l’ausilio di una consulente tecnico esperto in materia contabile – se sussista la prova del le illegittime appostazioni, se la carenza di alcuni estratti conti sia colmabile con altri elementi di prova in funzione di un risultato attendibile in termini di ricostruzione del saldo finale; detta valutazione non può essere censurata in sede di legittimità attraverso un ulteriore giudizio sulle risultanze probatorie, ma solo eventualmente, sotto il profilo del vizio motivazionale nei ristretti limiti in cui questo è ancora ammissibile (Cass., n. 8914/2025). Nella specie , la censura deborda nel merito, ed è in parte qua inammissibile; inoltre, va soggiunto che la ricorrente non ha neppure censurato la ratio della sentenza impugnata relativa all’incompletezza degli estratti-conto prodotti, ai fini del ricalcolo complessivo del rapporto dare-avere, secondo i criteri suesposti.
Ciò assorbe anche la questione se i contratti stipulati negli anni ottanta (conto corrente e due conti-anticipi) fossero stati o no redatti in forma scritta, in quanto la mancanza o incolmabile incompletezza degli estratti conto preclude la verifica della fondatezza della domanda di ripetizione di indebito.
Giova altresì rilevare che il riferimento alla forma libera per uno dei conti correnti oggetto della domanda afferisce a domanda nuova e non ad una emendatio libelli.
Il secondo motivo è infondato.
Al riguardo, è stato affermato che il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’articolo 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca e quest’ultima, senza giustificazione, non abbia ottemperato (Cass., n. 24641/2021).
Sulla questione, è stato specificato che, in tema di conto corrente bancario, la scelta del correntista circa il momento – anteriore all’instaurazione del giudizio da promuoversi contro la banca (con le eventuali conseguenze sull’istanza ex art. 210 c.p.c. se formulata, ricorrendone i presupposti, nel medesimo giudizio) o in pendenza dello stesso – in cui esercitare la facoltà di richiedere all’istituto di credito la consegna di documentazione ex art. 119, comma 4, del d.lgs. n. 385 del 1993, deve tenere conto, necessariamente, al fine del successivo, tempestivo deposito di detta documentazione, oltre che del termine (novanta giorni) spettante alla banca per dare seguito alla ricevuta richiesta, di quello, diverso e prettamente processuale, sancito, per le preclusioni istruttorie, dall’art. 183, comma 6, c. p.c. con le relative conseguenze ove esso rimanga inosservato, fatta salva, tuttavia, in quest’ultima ipotesi, la possibilità di valutare, caso per caso, se la condotta del correntista possa considerarsi meritevole di tutela mediante l’istituto della rimessione in termini (Cass., n. 12993/2023). E’ stato poi rilevato che i l diritto del cliente di ottenere, ex art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell’ultimo decennio può
essere esercitato, nei confronti della banca inadempiente, attraverso un’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. nel corso di un giudizio, a condizione che la documentazione invocata sia stata precedentemente fatta oggetto di richiesta – non necessariamente stragiudiziale – e siano decorsi novanta giorni senza che l’istituto di credito abbia proceduto alla relativa consegna (Cass., n. 23861/2022).
Premessi i citati orientamenti di questa Corte circa i rapporti tra le fattispecie di cui agli art.119 Tub e 210 cpc, in particolare va osservato altresì che se l’ordine d’esibizione contemplato dalla norma codicistica viene chiesto in dipendenza dell’inadempimento dell’obbligazione di riconsegna sancito dal quarto comma dell’art. 119, esso non potrà che essere esteso e circoscritto solo e soltanto alla documentazione infradecennale ivi considerata (Cass., n. 8914/2025).
Nel caso concreto, si è verificata la fattispecie suddetta, nel senso che l’ordine d’esibizione ex art. 210 cpc è stato richiesto in conseguenza del fatto che la banca non aveva rispettato l’obbligo di consegnare la documentazione richiesta dal cliente, co ntestualmente all’introduzione del giudizio, sicché tale ordine era da circoscrivere al decennio anteriore , come statuito dalla Corte d’appello.
Il terzo motivo è da ritenere assorbito dal rigetto dei primi due.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 8.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società
ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 29 maggio 2025.