Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9549 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32482 R.G. anno 2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME , domiciliata presso il primo;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente
avverso la sentenza n. 2643/2020 depositata il 5 giugno 2020 della Corte di appello di Roma.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 febbraio 2024
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. – RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE, innanzi al Tribunale di Roma, assumendo che, in qualità di editore musicale, era solita promuovere ed organizzare concerti, rassegne e corsi di musica «seria»: eventi per i quali RAGIONE_SOCIALE, con propria deliberazione n. 85 del 2002, aveva stabilito di corrispondere agli associati alcune maggiorazioni. La società attrice ha sostenuto che negli anni 2006, 2007 e 2008 detta maggiorazione era stata erogata in misura notevolmente inferiore a quella risultante dal calcolo matematico di cui alla citata delibera. Ha quindi domandato la condanna di controparte al pagamento delle seguenti somme: euro 41.464,85 per le esecuzioni del 2006; euro 66.533,48 per le esecuzioni del 2007; euro 20.258,56 per le esecuzioni del 2008; gli importi in questione – o gli altri che fossero stati quantificati dal Giudice sono stati richiesti con le maggiorazioni relative all’ IVA, alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali; NOME ha inoltre domandato la condanna di controparte ex artt. 2041 e 2059 c.c. al pagamento di un importo ulteriore, maggiorato di rivalutazione e interessi, indicato in euro 200.000,00, facendo, anche qui, salva la diversa quantificazione da parte del Tribunale.
Nella resistenza di RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale ha respinto la domanda attrice.
– L’appello proposto da NOME è stato rigettato dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 5 giugno 2020.
NOME ricorre per cassazione contro detta pronuncia, facendo valere nove motivi di impugnazione, illustrati da memoria. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo sono denunciate la nullità della sentenza
e del procedimento , l’ omessa pronuncia sulla questione relativa alla tardività della documentazione prodotta con la memoria di cui all’art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. e, in subordine, la violazione e falsa applicazione di tale norma, oltre che dell’art. 161, comma 1, c.p.c.. Ci si duole che la Corte di appello abbia mancato di dichiarare la tardività della produzione documentale che controparte aveva posta in atto col deposito della seconda memoria di cui all’art. 183 c.p.c..
Il motivo è inammissibile.
Esso non aggredisce la ratio decidendi della statuizione adottata dalla Corte di appello con riguardo alla produzione dei nominati documenti: il Giudice distrettuale ha infatti rilevato che di tali scritti il Tribunale non risultava aver tenuto conto e che da essi la stessa Corte di appello intendeva prescindere. Ora, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass. 10 agosto 2017, n. 19989).
2. Col secondo mezzo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 115, comma 1, e dell’art. 190 c.p.c. e, in subordine, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il vizio di motivazione e il mancato esame dell’ordinanza istruttoria che in primo grado aveva riconosciuto la non contestazione dei fatti di causa. La società istante lamenta che le contestazioni sull’assenza del carattere spettacolare RAGIONE_SOCIALE eventi musicali non ammessi alle maggiorazioni -contestazioni formulate solo nella comparsa conclusionale di primo grado -non siano state ritenute tardive, e quindi inammissibili, e che la Corte di merito non abbia preso in considerazione il provvedimento, pronunciato in primo grado, che aveva preso posizione sul punto.
Anche tale motivo è inammissibile.
Anzitutto, nel quadro della previsione del cit. art. 115 c.p.c., la contestazione di cui è onerata la parte attiene alle circostanze di fatto
e non anche alla loro componente valutativa, che è sottratta al principio di non contestazione (Cass. 21 dicembre 2017, n. 30744): nella fattispecie, invece, la ricorrente conferisce rilievo a un elemento di giudizio, vale a dire «la sussistenza del carattere spettacolare delle manifestazioni concertistiche per cui è causa» (cfr. ricorso, pag. 13). In ogni caso, in base al cit. art. 115 c.p.c., secondo cui la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ad onere probandi , spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3680): in particolare, l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. 28 ottobre 2019, n. 27490).
I l vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., che deve avere ad oggetto un «fatto storico», principale o secondario (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054), non può poi prospettarsi con riferimento a un provvedimento emesso nel corso del giudizio.
3. Il terzo motivo di ricorso prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c.. La censura verte sui verbali di accertamento esaminati dalla Corte di appello, i quali, secondo la ricorrente, conterrebbero apprezzamenti e valutazioni tali da escluderne la fede privilegiata. In ragione di tale evenienza, i detti verbali, secondo COGNOME, ben avrebbero potuto essere sconfessati con gli ordinari mezzi di prova: il Giudice di appello avrebbe pertanto errato nell’attribuire efficacia probatoria privilegiata ai verbali in discorso.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di appello ha rilevato che i verbali di ispezione di RAGIONE_SOCIALE integravano atti pubblici: e sul punto non sono state sollevate censure.
Oggetto di doglianza è, piuttosto, il rilievo, pure contenuto nella sentenza, per cui nei predetti verbali non sarebbero state formulate valutazioni di carattere personale, ma rappresentazioni di circostanze obiettive, verificatesi in presenza RAGIONE_SOCIALE ispettori e ricadenti, quindi, sotto la percezione dei nominati soggetti (come, ad esempio, il luogo e il tempo dell’evento oggetto di verifica, l’eventuale suo svolgimento tra una funzione religiosa e l’altra, il numero dei presenti, l’esistenza o meno di locandine o di pieghevoli che presentassero l’esibizione concertistica, il numero dei brani eseguiti e la durata della loro esecuzione, la messa in vendita, all’esterno della chiesa, di CD riproducenti i brani eseguiti). La ricorrente assume, in sintesi, che nei predetti verbali sarebbero contenuti anche apprezzamenti che non potevano far prova fino a querela di falso: tuttavia, anche a voler prescindere dal deficit di autosufficienza di tale deduzione (posto che la ricorrente si è limitata a riprodurre singole locuzioni dei documenti, avulse dal contesto in cui esse si inscrivevano), quanto rilevato col motivo di ricorso risulta privo di concludenza, in quanto l’ipotetica presenza , all’interno dei verbali, di elementi valutativi non implica che il Giudice di appello abbia ritenuto che, con riguardo ad essi, il verbale avesse forza prova privilegiata ex art. 2700 c.c.. Del resto, la sentenza impugnata mostra di valorizzare la documentazione in questione proprio in quanto rappresentativa di fatti obiettivi: tant’è che, come accennato, nella pronuncia sono richiamate circostanze ricadenti sotto la percezione RAGIONE_SOCIALE ispettori. Anche il terzo motivo manca, quindi, di aderenza alla ratio decidendi.
4. Col quarto motivo di ricorso si lamenta l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, la motivazione illogica e contraddittoria della sentenza impugnata e, in subordine, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2700 c.c. in relazione all’art. 116 c.p.c.. A parere della ricorrente la pronuncia impugnata andrebbe cassata nella parte in cui ha escluso dalle
maggiorazioni dovute tutti i concerti che non erano stati oggetto di accertamento da parte di RAGIONE_SOCIALE. Si spiega che l’efficacia privilegiata dei verbali di accertamento non poteva estendersi a concerti che non avevano costituito oggetto dell’attività di monitoraggio posta in essere dalla controricorrente.
Il motivo appare fondato.
La Corte di appello, nel prendere in considerazione la circostanza per cui gli accertamenti operati da RAGIONE_SOCIALE risultavano in effetti essere numericamente inferiori ai concerti di NOME non ammessi al beneficio, si è limitata ad osservare che RAGIONE_SOCIALE aveva «chiarito che anche nei casi non preceduti da apposito intervento RAGIONE_SOCIALE ispettori la decisione di non procedere all’ammissione stata il frutto dell’avvenuta rilevazione, per ciascuno dei relativi concerti, all’esito dello scrutinio della richiesta di caratteristiche (impeditive) analoghe a quelle riscontrate nei casi oggetto di intervento in loco ».
Una tale motivazione è obiettivamente incomprensibile. La Corte di merito mostra, implicitamente, di reputare necessario, ai fini del rigetto della domanda attrice, il positivo riscontro dei fatti impeditivi del diritto alla maggiorazione, ma finisce per correlare il diniego di questa a una mera allegazione della parte onerata della prova di quei fatti. Per vero, la pronuncia valorizza quanto dichiarato da RAGIONE_SOCIALE senza far cenno agli elementi di riscontro che questa avesse acquisito, e che fossero stati riversati nel giudizio di merito.
5. Il quinto mezzo oppone l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, l’errata valutazione della produzione documentale prodotta da NOME a dimostrazione del carattere spettacolare delle manifestazioni oggetto di causa, l’errata motivazione della sentenza impugnata relativamente all’apprezzamento dei verbali di accertamento depositati e, in subordine, la nullità della sentenza e del procedimento quanto all’errata valutazione delle risultanze probatorie, nonché la violazione o falsa
applicazione dell’art. 3 delib. 85/2002 in relazione all’art. 1703 c.c.. La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha ritenuto che le esibizioni concertistiche non presentassero il carattere spettacolare richiesto dalla nominata delibera. Ci si duole, altresì, che il Giudice di appello abbia errato nella valutazione delle prove, posto che dalle risultanze di causa emergerebbe chiaramente l’esistenza delle condizioni per il riconoscimento dell’erogazione richiesta.
Il motivo è inammissibile.
Esso concerne, evidentemente, i concerti documentati dai verbali prodotti, giacché con riguardo agli altri il Giudice distrettuale si è limitato a dar conto, come si è visto, di quanto riferito da RAGIONE_SOCIALE (sicché, sul punto, la sentenza impugnata denuncia il deficit motivazionale che dà ragione dell ‘accoglimento del quarto motivo di ricorso).
Ciò premesso, ha spiegato la Corte di appello che, nel valutarsi il significato della disposizione di cui all’art. 3 delib. RAGIONE_SOCIALE n. 85 del 2002, non poteva prescindersi dall’interpretazione complessiva delle previsioni in essa contenute dalle quali era possibile trarre che, ai fini dell’erogazione delle maggiorazioni previste espressamente per i concerti di musica «colta» o «seria», e cioè appartenenti ai generi sinfonico, da camera o operistico, era necessario non solo che le manifestazioni fossero finalizzate al richiamo del pubblico, ma anche che fossero in grado, in quanto precedute da annunci e programmate in luoghi e orari idonei, a favorirne l’affluenza. In tal senso, il Giudice di appello ha conferito rilievo ad alcune circostanze, ritenuto ostative al riconoscimento delle domandate maggiorazioni: il fatto che i concerti si svolgessero in luoghi sostanzialmente privi di spettatori, anche in ragione dei giorni e RAGIONE_SOCIALE orari prescelti; il fatto che le esecuzioni, spesso effettuate dallo stesso autore, non fossero precedute da alcuna presentazione; il fatto che non fossero distribuiti programmi del concerto e che in alcuni casi, all’ingresso della chiesa fossero stati posti in vendita anche dei CD dell’autore o della composizione eseguita. Ha
osservato che con riferimento a tali ipotesi il cit. art. 3 espressamente escludeva la spettanza delle maggiorazioni oggetto di causa.
Ora, la stessa parte ricorrente riconosce che le disposizioni dei regolamenti interni e RAGIONE_SOCIALE statuti RAGIONE_SOCIALE enti pubblici non hanno valore normativo sicché in sede di legittimità sono denunciabili -ai sensi dell’art. 360 n.3 c.p.c. -soltanto per violazione o falsa applicazione dei criteri ermeneutici dettati dall’art. 1362 e ss. c.c. (Cass. 20 novembre 2017, n. 27456). Tale proposizione, vale, ovviamente (cfr. infatti Cass. 24 ottobre 1998, n. 10581), anche per la RAGIONE_SOCIALE, la quale è, oggi, ente pubblico economico la cui attività è oltretutto disciplinata dalle norme di diritto privato (art. 1, commi e 1 e 2 l. n. 2 del 2008: per la valorizzazione di tale elemento, cfr. Cass. Sez. U. 28 aprile 2020, n. 8238).
Tanto premesso, è in primo luogo affetta da grave carenza la deduzione del fatto storico che la Corte di appello avrebbe mancato di prendere in considerazione; ciò vale, in particolare, per la censura portata contro la parte della sentenza che ha ritenuto rilevante, ai fini dell’esclusione delle maggiorazioni, che le manifestazioni fossero tenute in orari diurni e in giorni feriali, non idonee a favorire l’affluenza RAGIONE_SOCIALE spettatori. Come è noto, chi fa valere il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054, citt.; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415). Il rilievo, svolto in ricorso, per cui RAGIONE_SOCIALE non avrebbe prodotto «documentazione comprovante che il momento della giornata in cui si
sono tenute le manifestazioni in grado di condizionare l’attribuzione, o meno, delle maggiorazioni» non ha attinenza al vizio di omesso esame di fatto decisivo, ma risulta di contro preordinato a porre in discussione – cosa non possibile – l’accertamento di fatto condotto dal Giudice di appello sulla scorta del corredo probatorio della causa. Analoghe considerazioni possono svolgersi con riguardo alla doglianza con cui è contestato il carattere promozionale dei concerti (doglianza difatti basata sull’« erronea valutazione della produzione documentale») e l’« errata valutazione da parte del Giudice di appello, dei verbali di accertamento depositati da RAGIONE_SOCIALE».
In secondo luogo, è inammissibile la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c., la quale può avere ingresso, in questa sede di legittimità, solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (Cass. Sez. U. 30 settembre 2020, n. 20867; Cass.9 giugno 2021, n. 16016).
Ancora: non rientra nel novero dei vizi di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c. quello consistente nell’«errata motivazione».
Da ultimo, poiché l’art. 3 delib. 85/2002 non è – come si è visto -una norma di diritto, è precluso formulare, con riferimento ad esso la censura di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c. (tanto più in relazione alla disposizione, il cui portato è assolutamente ininfluente ai fini che qui interessano, dell’art. 1703 c.c.).
6. Col sesto mezzo si deduce la nullità della sentenza impugnata e la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo riguardo a un
motivo di appello. Ci si duole che la Corte distrettuale abbia trascurato di esaminare il motivo di gravame con cui NOME aveva evidenziato il carattere discrezionale del criterio di selezione utilizzato da RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di appello nel pronunciare sul quinto e sul sesto motivo di gravame ha osservato come l’art. 4 della cit. delib. n. 85 del 2002 riservava espressamente a RAGIONE_SOCIALE ogni più ampia facoltà di valutare l’effettivo genere della manifestazione pubblica al fine di accertare l’esistenza dei requisiti e delle condizioni per l’ammissione del richiedente alle provvidenze. La ricorrente non fornisce precisi ragguagli sul contenuto della censura che, a suo avviso, sarebbe rimasta priva di decisione: ebbene, in tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, riferito alla specifica indicazione RAGIONE_SOCIALE atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda ai sensi dell’articolo 366, n. 6, c.p.c., anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso faccia rinvio agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte senza riassumerne il contenuto al fine di soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione, fondato sulla idoneità del contenuto delle censure a consentire la decisione (Cass. 1 marzo 2022, n. 6769). Per completezza si rileva, poi, che la Corte di appello ha implicitamente negato che la valutazione di RAGIONE_SOCIALE potesse sconfinare nell’arbitrio, osse rvando, in proposito, che ad essa competeva di accertare l’ esistenza dei presupposti per il riconoscimento delle richieste maggiorazioni: ciò posto, il vizio di omessa pronuncia non si ravvisa quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto (Cass. 30 gennaio 2020, n. 2153).
7. Il settimo motivo denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il
vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione all’inquadramento della posizione soggettiva dell’istante quale interesse legittimo e l’illogicità della motivazione. La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui avrebbe qualificato la posizione della ricorrente quale interesse legittimo, e non quale diritto soggettivo; si sostiene che la fattispecie oggetto di causa andasse inquadrata nell’ambito di un rapporto di tipo privatistico.
Anche tale motivo è inammissibile.
La Corte di appello ha preso in esame la tesi per cui gli aspiranti alle maggiorazioni sarebbero titolari di una posizione di diritto soggettivo, e non di interesse legittimo: ha osservato, al riguardo, che una ricostruzione siffatta non avrebbe modificato l’esito del giudizio, posto che il soddisfacimento del diritto «resta comunque sempre condizionato all’avvenuto accertamento da parte dell’ente di controllo dei presupposti normativamente previsti». Anche sul punto il ricorso per cassazione non si misura con la decisione impugnata. Sfugge, poi, come è evidente, al sindacato di legittimità l’accertamento in fatto dell’esistenza delle condizioni atte a giustificare il riconoscimento delle chieste maggiorazioni: sicché non è conducente il rilievo della ricorrente secondo cui essa avrebbe «tempestivamente comprovato la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla delib. RAGIONE_SOCIALE n. 85/2002».
8. – L’ottavo motivo prospetta la nullità della sentenza o del procedimento, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e la violazione dell’art. 1224 c.c.. La censura ha ad oggetto il mancato esame del motivo di appello relativo alla domanda risarcitoria.
Il motivo è assorbito, con riferimento ai concerti per i quali è mancata la produzione dei verbali: infatti, la domanda risarcitoria dipende dall’accertamento circa la spettanza della maggiorazione del compenso; la caducazione della decisione con riguardo agli eventi concertistici non documentati lascia aperta la questione circa la spettanza del correlativo diritto al risarcimento del danno: di tale
risarcimento dovrà occuparsi il Giudice del rinvio, ove accerti che la maggiorazione in questione per tali eventi competa.
Quanto alle restanti esibizioni, non si vede, e la ricorrente nemmeno chiarisce, quale potesse essere il fondamento di un’ azione risarcitoria a fronte dell’accertata insussistenza delle condizioni atte a giustificare le domandate maggiorazioni.
9.Col nono mezzo, spiegato in via subordinata, si lamenta il vizio di motivazione e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ci si duole che la Corte di appello non abbia provveduto alla compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Il motivo è assorbito, stante l’effetto espansivo interno della cassazione della pronuncia.
In conclusione, va accolto il quarto motivo, mentre gli altri sono da ritenere inammissibili , ad eccezione dell’ottavo, che è da considerare in parte assorbito e in parte inammissibile, e il nono, integralmente assorbito.
– Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo, dichiara in parte assorbito e in parte inammissibile l’ottavo, integralmente assorbito il nono e inammissibili i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma che giudicherà in diversa composizione a cui è demandata la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione