Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15992 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15992 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1551/2019 R.G. proposto da :
COGNOME COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’avvocatura centrale dell’istituto, in ROMA INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME e COGNOME
–
contro
ricorrente –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3061/2018 pubblicata il 20/07/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n.3061/2018 pubblicata il 20/07/2018, ha accolto il gravame proposto dall’INPS nella controversia con NOME COGNOME
La controversia ha per oggetto il pagamento delle differenze sui ratei di pensione di anzianità -da riliquidare con la maggiorazione dell’anzianità contributiva ex art.4 legge n.11/1996 per il periodo dal 1997 al 2014, in via principale anche con imputazione dell’incremento convenzionale alla anzianità contributiva maturata prima del 31/12/1994 (cc.dd. quote A e B) e in via subordinata con riferimento a quella maturata dal 01/01/1995 (c.d. quota C).
Il Tribunale di Tivoli accoglieva la domanda proposta in via principale. La corte territoriale, in integrale riforma della sentenza appellata ha rigettato le domande originariamente proposte da COGNOME.
Per la cassazione della sentenza ricorre COGNOME con ricorso affidato a due motivi. INPS resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art.112 cod. proc. civ., «per assenza di corrispondenza tra chiesto e pronunciato riconducibile all’errata interpretazione della domanda», con riferimento all’art.360 comma primo n.4 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt.2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., con riferimento all’art.360 comma primo n.3 cod. proc. civ.
Con riferimento al primo motivo, il ricorrente sostiene che la corte territoriale ha errato nel ritenere che egli avrebbe proposto solo la domanda di riliquidazione della prestazione previdenziale con imputazione dell’incremento convenzionale alla anzianità contributiva maturata prima del 31/12/1994 e applicazione dell’aliquota del 2,5% in quota A.
La corte territoriale non ha omesso di pronunciare sulla domanda proposta in via subordinata, fondata sulla imputazione dell’incremento convenzionale alla anzianità contributiva maturata dopo il 31/12/1994, perchè dopo aver escluso la fondatezza della domanda proposta in via principale ha ritenuto che la domanda proposta «solo per completezza» dall’odierno ricorrente fosse carente di deduzioni con riferimento alla sua causa petendi .
Dopo aver proceduto a un attento esame degli atti introduttivi e delle difese spiegate dalle parti, la corte territoriale ha ritenuto che «il ricorso non conteneva alcuna allegazione sulla causa petendi relativa al conteggio subordinato e verteva tutto sulla quota A», e più in particolare che l’appellato non aveva dato alcuna spiegazione sul fondamento giuridico delle somme pretese con la domanda proposta «solo per completezza», e che tali ragioni giuridiche nemmeno fossero desumibili dai conteggi allegati, relativi alle differenze pretese per il periodo dal 1997 al 2014, laddove la sentenza n.10376/2010 della Corte d’appello di Roma, ossia il titolo della pretesa fatta valere in giudizio, era relativa alle differenze per il periodo dal 1997 al 2003.
Si intende dare continuità al costante orientamento di questa Corte, secondo il quale l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda o alla sua estensione non è sindacabile in sede di legittimità con la deduzione, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 4, cod. proc. civ., della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ma unicamente sotto il profilo del vizio della motivazione e nei ristretti limiti del vigente art. 360 comma primo n. 5 cod. proc. civ.
(Cass.28/12/2024 n.34762, con ampio riferimento ai precedenti conformi).
La corte territoriale ha motivato in modo puntuale, e con specifico riferimento agli atti di causa, le ragioni poste a fondamento del risultato interpretativo al quale è pervenuta, e dunque deve dichiararsi la inammissibilità del motivo.
Con il secondo motivo il ricorrente sostiene che la corte territoriale ha errato nel ritenere provato il fatto estintivo dedotto in giudizio dall’I .N.P.S., ossia la prova del pagamento degli arretrati pretesi in giudizio.
La corte territoriale ha fondato il proprio convincimento non solo sulla mancanza di una specifica contestazione ─ da parte dell’odierno ricorrente ─ della documentazione prodotta dall’INPS, e dalla genericità e tardività delle sue difese in appello; ciò che integrerebbe, ad avviso del ricorrente, le violazioni oggetto del motivo di ricorso.
La corte territoriale ha ritenuto provato il pagamento degli arretrati già sulla base della documentazione prodotta in giudizio dall’I .N.P.S., ossia i cedolini di pagamento della pensione mensile «con i quali risultano corrisposti tutti gli arretrati corrispondenti ai tre mod. Te sopra menzionati».
Anche il secondo motivo, così come il primo, si risolve dunque nella censura di un apprezzamento dei fatti riservato al giudice del merito, sottratto al sindacato di legittimità in quanto avente ad oggetti documenti liberamente valutabili dal giudice di merito ex art.116 comma primo cod. proc. civ.
Per questi motivi il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025.