Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15199 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15199 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE NOME , in proprio e quale titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentati e difesi da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, in INDIRIZZO Maria del CedroINDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il loro studio, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
Nonché
RAGIONE_SOCIALE , quale procuratore della società RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
Oggetto:
conto corrente
ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n.366/2020 pubblicata il 9.3.2020, notificata il 6.4.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., RAGIONE_SOCIALE NOME, in proprio e in qualità di titolare pro tempore della omonima ditta individuale, adiva il Tribunale di Cosenza e, sulla premessa di avere stipulato in data 26.3.1980 con la Banca RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sede di Cosenza, un contratto per l’apertura di un rapporto di conto corrente identificato con il n. 1892326-01-40, appostato a sofferenza in data 16.3.1999 con saldo debitore pari a £ 33.217.585, e di avere corrisposto all’istituto bancario somme non dovute a titolo di interessi anatocistici e usurari, nonché di commissione di massimo scoperto e di altre competenze mai sottoscritte né concordate con lo stesso o altrimenti accettate nel corso del rapporto, come da consulenza tecnica contabile di parte contestualmente prodotta, chiedeva che fosse accertata e dichiarata, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE SanRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.a. (già Banca RAGIONE_SOCIALE) e della RAGIONE_SOCIALE società quest’ultima subentrata nella gestione della posizione di cui al conto corrente in sofferenza suindicato, la nullità parziale del contratto per violazione de ll’ art. 1283 c.c. e delle altre norme indicate in ricorso, e previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio in materia contabile al fine di accertare le somme illegittimamente percepite dalla banca a titolo di interessi anatocistici e calcolo di Cms, oltre che di interessi non conformi ai tassi effettivi globali e medi stabiliti, con la conseguente condanna della banca alla
restituzione in suo favore delle somme indebitamente incassate, oltre rivalutazione e interessi.
─ Il Tribunale adito, disposto il mutamento del rito da sommario ad ordinario, con sentenza n. 1373/2013 rigettava la domanda.
3 . ─ I ricorrenti proponevano gravame, dinanzi alla Corte di Appello di Catanzaro che, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che: a) il cliente che agisce per la ripetizione di indebito di somme versate in forza di clausole di cui assume la nullità, è tenuto a fornire prova sia degli avvenuti pagamenti sia della mancanza di una valida causa giustificativa, producendo il contratto contenente le clausole contestate e gli estratti conto relativi all’andamento del rapporto ; b) nel caso in esame l’appellante non ha prodotto il contratto di conto corrente per consentire la sua pretesa non applicazione, e ha omesso di allegare l’intera e completa sequenza degli estratti conto relativi all’andamento del rapporto al fine di pervenir e ad una attendibile ricostruzione contabile dello stesso;
l’appellante aveva esibito una consulenza tecnica di parte basata, per espressa ammissione del perito stesso segnalata nell’elaborato , su una documentazione parziale e lacunosa in quanto priva degli estratti per un lasso temporale di durata tutt’altro che trascurabile ; d) a tale fine non poteva darsi seguito alla richiesta formulata ex art. 210 c.p.c. «trattandosi di mezzo di prova finalizzato all’acquisizione solo di documenti che la parte richiedente sia impossibilitata a produrre, trovandosi gli stessi nell’esclusivo de lla controparte o di un terzo possesso»;
─ COGNOME NOME in proprio e quale titolare della ditta individuale, ha presentato ricorso per cassazione con un motivo, articolato in più censure.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
─ Con l’unico motivo: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 61,62, 194 e 210 c.p.c. e art. 119 d.lgs. n. 385/1993 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. , in quanto la corte d’appello :
ha disatteso la richiesta formulata ex art. 210 c.p.c. e la conseguente richiesta di CTU;
non ha valutato gli estratti conto esibiti dal 1980 al 1999 ritenendoli lacunosi e parziali;
ha ritenuto la richiesta di CTU meramente esplorativa eludendo la possibilità che la consulenza poteva avere un ruolo percipiente sulla base della possibilità di ricostruire l’andamento del rapporto integrando la documentazione esibita con ogni altro mezzo.
Il ricorrente sostiene di aver richiesto reiteratamente alla banca la trasmissione di documentazione, come dimostrato dal carteggio in atti e che, comunque, la richiesta della documentazione bancaria ai sensi dell’art. 119 TUB può essere formulata anche in corso di causa appunto mediante richiesta di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.; inoltre, trattandosi di conto corrente ancora aperto, «si sarebbe dovuto imporre alla banca, a fronte dell’azione di rendicontazione di cui all’atto introduttivo del NOME, di provare il suo operato attraverso il deposito di tutti gli estratti conto e del contratto originario».
Quanto alla CTU, il ricorrente, premesso che il contratto di conto corrente risaliva a un tempo anteriore all’entrata in vigore delle
disposizioni di legge che impongono la forma scritta, come la l. n. 154 del 1992 e il TUB, osserva che la cda «avrebbe dovuto comunque disporre CTU contabile, per la ricostruzione del rapporto in regime di capitalizzazione semplice fino al 30.06.2000, secondo quanto ribadito dalla S.C. con la nota sentenza n. 24418/2010» e che «a tutto voler concedere, se è pur vero che in materia di conto corrente bancario il cliente, il quale agisca in giuNOME per la ripetizione dell’indebito, è tenuto a fornire la prova dei movimenti del conto, qualora limiti l’adempimento ad alcuni aspetti temporali dell’intero andamento del rapporto … il giudice può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d ‘ufficio, in particolare disponendo una consulenza contabile (Cass. 03/12/2018, n. 31187)». Conclude, quindi, per la nullità della sentenza impugnata atteso il carattere solo apparente della motivazione del diniego di CTU sull’assunto del suo carattere esplorativo, per non avere la cda tenuto conto delle allegazioni del correntista contenute nella corposa CT di parte prodotta nel giuNOME di primo grado.
6.1 ─ La complessa censura è in parte inammissibile e in parte infondata.
Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire, anche rivedendo criticamente taluni suoi pregressi orientamenti richiamati dal ricorrente, che il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’articolo 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a conNOMEne che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca e quest’ultima, senza
giustificazione, non abbia ottemperato (Cass. 24641/2021 e successive conformi). Il ricorrente sostiene di avere in effetti vanamente inviato una tale richiesta alla banca prima dell’introduzione della lite, ma lo fa pretendendo che ad accertare tale punto di fatto -non risultante dalla sentenza impugnata -sia questa Corte, cui invece, com’è noto, gli accertamenti di fatto sono inibiti.
Quanto, poi, al diniego opposto dalla cda alla richiesta di CTU, la critica articolata dal ricorrente approda, in conclusione, a una richiesta di declaratoria di nullità della decisione impugnata per difetto assoluto di motivazione, ai sensi dell’art. 132, n. 4, cpc; difetto, però, manifestamente insussistente, chiara, comprensibile e specifica essendo (a prescindere dalla sua condivisibilità o meno) la motivazione esibita dalla sentenza impugnata sul diniego di effettuazione di una CTU contabile attesa la mancanza, secondo l’apprezzamento di quel giudice di merito, di documentazione idonea a provare i contenuti contrattuali carenti o invalidi denunciati dall’attore e l’andamento del rapporto attestato dagli estratti conto integrali.
7 . ─ Per quanto esposto, il ricorso va respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giuNOME di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giuNOME di legittimità, che liquida in € 7.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione