LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova demansionamento: chi deve provarlo?

La Cassazione ha stabilito che l’onere della prova del demansionamento grava sul lavoratore. In un caso contro una società di servizi postali, è stato respinto il ricorso di un dipendente che non ha dimostrato di svolgere mansioni superiori dopo un cambio di reparto, negandogli così il risarcimento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Onere della Prova nel Demansionamento: La Cassazione Conferma che Spetta al Lavoratore

Quando un lavoratore viene spostato a nuove mansioni, sorge spesso il dubbio che possa trattarsi di demansionamento. Ma chi ha la responsabilità di dimostrarlo in tribunale? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sull’onere della prova del demansionamento, stabilendo con chiarezza che spetta al dipendente dimostrare non solo il cambio di mansioni, ma anche che le nuove attività richiedono un livello di professionalità inferiore o, al contrario, superiore a quello di inquadramento.

Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere come i giudici valutano queste complesse situazioni, bilanciando le esigenze organizzative dell’azienda con la tutela della dignità e professionalità del lavoratore.

I Fatti del Caso: da Servizio Telegrafico a Smistamento Postale

Un dipendente di una grande società di servizi postali, precedentemente assegnato al servizio telegrafico, si è trovato a dover cambiare reparto a seguito della soppressione del suo posto di lavoro. È stato quindi trasferito al reparto di smistamento meccanizzato della corrispondenza.
Ritenendo questo cambiamento un peggioramento delle sue condizioni professionali e, al contempo, rivendicando il diritto a una qualifica superiore (dal livello D al C), il lavoratore ha citato in giudizio l’azienda. Ha richiesto sia il riconoscimento della qualifica superiore sia il risarcimento dei danni per il presunto demansionamento.

La sua domanda è stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello, in particolare, ha sottolineato che il lavoratore non era riuscito a fornire prove concrete riguardo al grado di responsabilità, autonomia e coordinamento di altro personale che avrebbero giustificato il passaggio alla qualifica superiore invocata.

La Decisione della Corte: l’Onere della Prova del Demansionamento

Il lavoratore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali. Con il primo, sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente invertito l’onere della prova del demansionamento, addossandolo a lui anziché all’azienda. A suo parere, sarebbe stato il datore di lavoro a dover dimostrare che le nuove mansioni erano equivalenti a quelle precedenti.

Con il secondo motivo, lamentava la mancata concessione del risarcimento dei danni, conseguenza diretta del presunto demansionamento. La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, confermando le decisioni dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: il motivo principale del ricorso era infondato. I giudici hanno spiegato che la corte territoriale aveva correttamente valutato i fatti, accertando che le nuove mansioni assegnate al lavoratore erano conformi alla sua qualifica. Richiamando anche le valutazioni del tribunale di primo grado, la Cassazione ha evidenziato come il dipendente non avesse fornito alcun elemento concreto per dimostrare di svolgere compiti che implicassero un maggior grado di autonomia, potere di iniziativa, responsabilità o coordinamento di altro personale.

In assenza di tali prove, la semplice riorganizzazione aziendale e il cambio di reparto non potevano essere considerati, di per sé, un demansionamento. La Corte ha ribadito che spetta al lavoratore che lamenta un demansionamento o che chiede una qualifica superiore fornire la prova degli elementi di fatto che giustificano la sua pretesa. Il datore di lavoro non è tenuto a dimostrare l’assenza di un demansionamento, ma è il lavoratore che deve provare la dequalificazione subita.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo al risarcimento, la Corte lo ha ritenuto una conseguenza logica del rigetto del primo. Non essendo stato accertato alcun demansionamento, non poteva sussistere alcun diritto al risarcimento dei danni. Le argomentazioni della Corte d’Appello su questo punto, hanno specificato i giudici, erano state inserite solo ad abundantiam, ovvero per completezza, ma non erano decisive ai fini del giudizio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Lavoratori e Aziende

Questa ordinanza consolida un principio chiave nel diritto del lavoro: l’onere della prova del demansionamento è a carico del lavoratore. Per un dipendente che intende agire in giudizio, non è sufficiente lamentare un cambio di mansioni o una riorganizzazione aziendale. È indispensabile raccogliere e presentare prove concrete che dimostrino una reale dequalificazione professionale o lo svolgimento di compiti qualitativamente superiori a quelli del proprio livello di inquadramento.

Per le aziende, la sentenza conferma la legittimità di riorganizzare le proprie attività, anche sopprimendo posti e riallocando il personale, a condizione che le nuove mansioni assegnate siano coerenti con la qualifica contrattuale del dipendente. Tuttavia, è sempre consigliabile gestire questi processi con trasparenza e documentare attentamente le declaratorie contrattuali e le mansioni effettivamente svolte per prevenire contenziosi.

Chi deve provare il demansionamento in un processo?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova del demansionamento spetta al lavoratore. È lui che deve dimostrare in giudizio di essere stato assegnato a mansioni inferiori o, nel caso di richiesta di qualifica superiore, di svolgere compiti che richiedono un maggior grado di responsabilità, autonomia e coordinamento.

È sufficiente un cambio di mansioni a seguito di una riorganizzazione aziendale per affermare che c’è stato un demansionamento?
No. La sentenza chiarisce che il semplice cambio di mansioni, anche a seguito della soppressione di un posto di lavoro, non costituisce automaticamente demansionamento. È necessario che le nuove mansioni siano qualitativamente inferiori e che il lavoratore fornisca la prova di tale dequalificazione professionale.

Se il demansionamento non viene provato, si ha comunque diritto a un risarcimento del danno?
No. Il diritto al risarcimento del danno è una conseguenza diretta dell’accertamento del demansionamento. Se, come nel caso di specie, il demansionamento non viene riconosciuto dal giudice perché non provato, viene meno anche il presupposto per qualsiasi richiesta risarcitoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati