Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20630 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20630 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16257/2021 R.G. proposto da : COGNOME elettivamente domiciliato in PEC DEL DIFENSORE DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 579/2020 depositata il 17/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 17.12.20 la corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza del 27.10.2009 del tribunale della stessa sede, che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni da demansionamento e diritto alla qualifica superiore del lavoratore in epigrafe.
La sentenza è stata resa all’esito del rinvio di Cassazione n. 2521 del 2020 che aveva affermato la necessità di scrutinio delle mansioni effettivamente espletate anteriormente allo jus variandi, senza fermarsi ad astratta comparazione tra le diverse declaratorie contrattuali inserite nella medesima area. La corte territoriale ha rilevato che il lavoratore era già assegnato al servizio telegrafico e che, dopo la soppressione del posto, era stato assegnato al reparto meccanizzato dei sacchi di corrispondenze e alla ripartizione, che lavoratore non aveva provato il grado di responsabilità, autonomia e coordinamento di lavoratori che consentissero la superiore qualifica C invocata rispetto alla D.
Avverso la sentenza ricorre il lavoratore per due motivi, illustrati da memorie, cui resiste il datore con controricorso.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione dell’articolo 2049 e 2087 c.c., 115 e 116 c.p.c. e di varie norme del contratto collettivo nonché ex art. 360 numero cinque c.p.c. vizio di motivazione della sentenza
impugnata, per avere ritenuto il lavoratore onerato della prova del demansionamento e non il datore, con violazione degli articoli 2059 e 2697 c.c., e non aver considerato che la professionalità era svilita con la nuova classificazione collettiva.
Il motivo è infondato: la corte territoriale ha accertato che in concreto il lavoro era conforme alla qualifica ed alle mansioni già svolte. In particolare, la sentenza impugnata, nel richiamare anche le considerazioni della sentenza del tribunale, ha affermato, nell’ambito del giudizio di confronto in concreto tra le mansioni svolte e la declaratoria del livello applicabile, che il lavoratore nulla aveva dedotto circa il grado di autonomia ed il potere di iniziativa nonché il livello di responsabilità ovvero eventuali mansioni di coordinamento di altro personale.
Il secondo motivo lamenta violazione degli art. 2103, 1218, 1223 e 1460 c.c., per aver ritenuto la carenza di prova sul risarcimento dei danni dei demansionamento.
Premesso che la corte territoriale ha aggiunto affermazioni sul punto del danno solo ad abundantiam, avendo rigettato le domande risarcitorie in conseguenza dell’accertata e dichiarata inesistenza del demansionamento, sicché il motivo di ricorso non sarebbe comunque decisivo, anche tale motivo va disatteso in considerazione del rigetto del primo motivo di ricorso.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 4.000 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 aprile 2025.