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Onere della prova dell’agente: no a richieste generiche

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13021/2024, ha rigettato il ricorso di una società agente contro la sua preponente. La Corte ha stabilito che l’agente ha l’onere della prova di specificare dettagliatamente i fatti alla base delle sue pretese economiche. Le domande generiche per il pagamento di provvigioni, non supportate da allegazioni precise sugli affari conclusi, sono inammissibili. Anche le richieste di esibizione documentale e CTU non possono essere utilizzate per sopperire a tale carenza probatoria, avendo carattere meramente esplorativo.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova dell’agente: la Cassazione ribadisce i limiti alle richieste generiche

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale nel contenzioso tra agenti e preponenti: l’importanza dell’onere della prova dell’agente. Quando si agisce in giudizio per ottenere il pagamento di provvigioni o indennità, non è sufficiente una richiesta generica. È necessario, invece, fornire al giudice elementi di fatto specifici che supportino la pretesa. In caso contrario, la domanda rischia di essere respinta, senza che si possa ricorrere a strumenti processuali come l’ordine di esibizione documentale o la CTU per colmare le proprie lacune assertive.

I fatti di causa

Una società operante nel settore delle telecomunicazioni (l’agente) citava in giudizio la propria preponente per ottenere il pagamento di diverse somme, tra cui l’indennità sostitutiva del preavviso, l’indennità meritocratica e provvigioni non pagate. Tali pretese nascevano da un contratto di agenzia che, secondo l’agente, era stato risolto a seguito di una diffida ad adempiere rimasta senza esito. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano le domande, ritenendole generiche e non adeguatamente provate. In particolare, i giudici di merito evidenziavano come l’agente non avesse mai contestato specificamente i conteggi forniti dalla preponente e non avesse indicato con precisione quali affari, conclusi direttamente dalla preponente nella sua zona di esclusiva, avrebbero dovuto generare le provvigioni indirette richieste.

La decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova dell’agente

La società agente ricorreva quindi in Cassazione, lamentando la violazione di diverse norme, tra cui quelle sull’onere della prova dell’agente (art. 115 c.p.c.), sul diritto alle provvigioni (art. 1748 c.c.) e sugli obblighi informativi del preponente (art. 1749 c.c.).

La Suprema Corte ha dichiarato tutti i motivi di ricorso inammissibili, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: chi agisce in giudizio deve allegare e provare i fatti costitutivi del proprio diritto. Nel caso di specie, l’agente si era limitato a formulare richieste generiche, senza:

1. Specificare gli affari per i quali riteneva di aver diritto a ulteriori provvigioni.
2. Contestare in modo circostanziato i dati e i conteggi già forniti dalla preponente.
3. Fornire un minimo di prova a sostegno delle proprie affermazioni.

Il divieto di istanze esplorative

Un punto cruciale della decisione riguarda il rigetto delle richieste di esibizione della contabilità della preponente (ex art. 210 c.p.c.) e di nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). La Corte ha sottolineato che questi strumenti non possono essere utilizzati per sopperire alla carenza probatoria della parte. In altre parole, un agente non può chiedere al giudice di “cercare” le prove al suo posto. Una richiesta di esibizione o una CTU diventano “esplorative” e quindi inammissibili quando la domanda a monte è generica e non indica i diritti specifici da accertare.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha ricordato che la violazione dell’art. 115 c.p.c. (principio di non contestazione) si verifica solo quando il giudice fonda la sua decisione su prove non introdotte dalle parti o ignora fatti pacifici, non quando valuta diversamente le prove offerte. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva correttamente valutato che l’agente non aveva contestato in modo specifico i conteggi della preponente, rendendo tale fatto non controverso.

In secondo luogo, per quanto riguarda le provvigioni indirette, la domanda è stata ritenuta generica perché mancava della “minima allegazione degli affari” per cui si pretendeva il pagamento. Senza questa base fattuale, la domanda non può essere accolta. Infine, il diritto di accesso alla documentazione contabile previsto dall’art. 1749 c.c. è strumentale alla tutela di diritti specifici e determinati (o determinabili). L’agente deve quindi dimostrare l’esistenza di un interesse concreto, collegando la richiesta di documenti a precise vicende del rapporto e a specifici diritti che intende far valere. La mancanza di tale collegamento rende l’istanza inammissibile per difetto di interesse ad agire.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per tutti gli agenti di commercio. Per tutelare efficacemente i propri diritti in sede giudiziaria, è indispensabile agire con precisione e diligenza fin dalla fase iniziale del contenzioso. Non è sufficiente lamentare un inadempimento della preponente; è necessario articolare le proprie pretese su basi fattuali solide e specifiche. L’onere della prova dell’agente implica la necessità di indicare con esattezza gli affari contestati, le provvigioni richieste e le ragioni della pretesa. Affidarsi a strumenti processuali come l’esibizione documentale per “scoprire” le proprie ragioni in corso di causa è una strategia destinata al fallimento, poiché il processo civile non ammette indagini esplorative.

Un agente può richiedere in giudizio il pagamento di provvigioni in modo generico?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la domanda deve essere specifica, indicando con precisione i fatti e gli affari che hanno generato il diritto alla provvigione. Una domanda generica è inammissibile.

È possibile chiedere al giudice di ordinare alla preponente di esibire tutta la sua contabilità per trovare le prove del proprio diritto?
No. Tale richiesta è considerata “esplorativa” e viene rigettata. L’istanza di esibizione è ammissibile solo se finalizzata all’accertamento di diritti specifici e già circostanziati dalla parte che la richiede, non per sopperire a una carenza probatoria.

Su chi ricade l’onere della prova nel caso di richiesta di pagamento di provvigioni?
L’onere della prova ricade sull’agente. È l’agente che deve allegare e dimostrare i fatti costitutivi del suo diritto, ovvero l’esistenza del contratto, la conclusione degli affari per cui chiede la provvigione e l’ammontare preteso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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