Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13021 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 13021 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22449/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (-) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1005/2020 depositata il 27/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.la RAGIONE_SOCIALE ricorre, con quattro motivi, per la cassazione delle sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Milano ha respinto l’appello di essa ricorrente contro la sentenza del Tribunale di Milano a sua volta reiettiva delle domande di condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento della indennità sostitutiva del preavviso, dell’indennità meritocratica, delle provvigioni non pagate, pretese da essa ricorrente in relazione ad un contratto di agenzia risolto a seguito di inutile comunicazione, in data 3 luglio 2013, di diffida ad adempiere;
la RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso vengono lamentate, in relazione all’art. 360, primo comma n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’artt. 115 c.p.c. e dell’art 183, comma 6, n. 1, c.p.c.
1.1. La Corte di Appello ha evidenziato che, con comunicazione inviata il 7 agosto 2012 dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, erano stati forniti tutti i dati sulle provvigioni e i conguagli relativi al periodo fino al 31 luglio 2012, che nel giudizio di primo grado non era stata presa posizione sul contenuto della comunicazione avendo la RAGIONE_SOCIALE fatto solo riferimento ad una propria lettera del 1 marzo 2013 in cui venivano ‘chiesti i conteggi di quanto dovuto per provvigioni negli ultimi cinque anni senza menzionare né contestare i conteggi già forniti’. La Corte di Appello ha aggiunto che l”unico punto in cui gli atti di
primo grado menzionano la comunicazione è nella memoria dell’art 183, comma 6, n. 1, c.p.c. che non entra nel merito dei conteggi ma si limita ad affermare che il documento 5 prodotto in comparsa nulla attesta in ordine alla presunta fornitura della documentazione richiesta essendo semplicemente una email inviata dalla società RAGIONE_SOCIALE alla attrice priva di alcun valore probatorio’. La RAGIONE_SOCIALE -viene precisato a pagina 2 della sentenza impugnata- è una società terza che ha ceduto il contratto di agenzia alla RAGIONE_SOCIALE nel 2003.
1.1. In riferimento a queste affermazioni viene dedotto che, in realtà, la lettera del 1 marzo 2013 conteneva una contestazione dei conteggi, che contraddittoriamente la Corte di Appello aveva negato il carattere di valida contestazione al contenuto della memoria di cui al n.1 dell’art. 183 c.p.c., che i dati forniti dalla controparte con lettera del 27 agosto 2012 erano di ‘assoluta genericità ed indeterminatezza’, che la controparte ‘frazionava sistematicamente in anticipi e successivi pagamenti a saldo’ il versamento delle provvigioni con ciò provocando ‘nel tempo una inevitabile incertezza’.
1.3. Il motivo è inammissibile.
Va ricordato che ‘In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli -salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio-, mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.’ (S U, sentenza n.20867 del 30/09/2020).
Nel caso di specie, la ricorrente, al di là di allegazioni fattuali (sulla genericità dei dati forniti dalla controparte; sulla prassi di
pagamento delle provvigioni) insuscettive di introduzione in sede di legittimità, si limita a sovrapporre all’apprezzamento del giudice del merito -secondo cui, nella lettera del 1 marzo 2013 alla quale, in causa, la ricorrente si era riportata, non erano mai stati menzionati né contestati i conteggi già forniti e secondo cui nella memoria dell’art 183, comma 6, n. 1, c.p.c., la ricorrente ‘non era entrata nel merito dei conteggi’ -l’allegazione di una diversa realtà;
2.con il secondo motivo di ricorso vengono lamentate, in relazione all’art.360, primo comma n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1748 c.c.
2.1. La Corte di Appello ha affermato che le differenze provvigionali indirette richieste ex art. 1748, comma 2, c.c. non potevano essere riconosciute in quanto ‘la ricorrente non aveva indicato né precisato quali sarebbero gli affari conclusi dal preponente in relazione ai quali pretendeva il riconoscimento delle ulteriori provvigioni indirette. Si trattava di domanda generica, correttamente respinta dal Tribunale perché permetteva l’individuazione dei fatti costitutivi della pretesa’. Ha aggiunto che in mancanza di queste minime allegazioni non era possibile richiedere l’esibizione della contabilità della preponente.
2.2. La ricorrente svolge una serie di considerazioni sulle cosiddette provvigioni indirette che competono in ogni caso di ingerenza nella zona di esclusiva o di captazione di clienti riservati all’agente attraverso l’intervento diretto del preponente, deduce che la Corte di Appello avrebbe ‘sostenuto che non siano dovute differenze provvigionali in quanto l’attrice non avrebbe provato quali affari sarebbero stati conclusi con il suo intervento’, che la preponente concludeva affari direttamente, che per il fatto stesso che trattavasi di affari conclusi direttamente dalla preponente non era possibile determinarne l’entità.
2.3. Il motivo è inammissibile perchè non tocca la ratio della decisione costituita dalla affermazione per cui la domanda era
‘generica’ e mancava della minima allegazione degli affari per cui la attrice appellante pretendeva il pagamento di provvigioni indirette;
con il terzo motivo di ricorso vengono lamentate, in relazione all’art. 360, primo comma n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione de ll’ art.1749 c.c.
3.1. La Corte di Appello ha confermato la decisione del Tribunale secondo cui la RAGIONE_SOCIALE aveva consegnato tutta la documentazione inerente al calcolo delle provvigioni il 27 agosto 2012: ‘Risulta adempiuto da parte di RAGIONE_SOCIALE l’obbligo di consegna dell’estratto conto delle provvigioni dovute previsto dall’art. 1749 comma 2′. Ha pertanto respinto il motivo di appello con cui la RAGIONE_SOCIALE aveva attaccato la decisione di primo grado sostenendo il contrario: ‘la RAGIONE_SOCIALE non ha mai consegnato quanto richiesto’. La Corte di Appello ha altresì confermato la correttezza della decisione di primo grado di rigetto della pretesa della ricorrente di ottenere l’esibizione della documentazione contabile del la preponente, ex terzo comma dell’art. 1749 c.c. , in mancanza di indicazione degli affari a cui la richiesta esibizione documentale avrebbe dovuto legarsi. Ha aggiunto che il diritto riconosciuto dall’art. 1749, terzo comma, c.c. non poteva avere carattere esplorativo. Ha infine specificato che la richiesta di ‘disposizione di CTU’ non poteva essere accolta perché esplorativa.
3.2. La ricorrente sostiene che la Corte di Appello non aveva neppure esaminato la documentazione consegnata atteso che aveva qualificato come ‘tabulati provvigionali quello che era un mero foglio di calcolo Excel’ che forniva dati che non potevano essere controllati, che la Corte di Appello avrebbe sovrapposto ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e ordine di esibizione in attuazione del diritto dato dall’agente dall’art. 1749, terzo comma, c.c. Svolge poi considerazioni sul contenuto degli obblighi informativi del preponente, sulla lesione al proprio diritto di difesa
che sarebbe derivato dal fatto che la Corte di Appello non abbia disposto una CTU ‘con facoltà di eseguire l’ordine di esibizione’. Ribadisce più volte che la documentazione consegnata dalla controparte era insufficiente ed era stata contestata.
3.3. Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha evidenziato che la ricorrente non aveva fatto alcun riferimento circostanziato alle vicende del rapporto né indicato diritti al cui accertamento avrebbero dovute essere finalizzate l’istanza di accesso alla documentazione contabile della preponente, l’istanza ex art. 210 c.p.c., la CTU.
Questa evidenziazione centrale non viene neppure presa in considerazione dal motivo in esame dacché la inammissibilità per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.).
Ciò posto, merita evidenziare che la Corte di Appello negando accesso a tali istanze si è attenuta ai seguenti principi:
‘In materia di contratto di agenzia, il diritto all’accesso ed alla documentazione contabile, di cui all’art. 1749 c.c., come risultante dall’art. 4 del d.lgs. n. 65 del 1999, è funzionalmente e strumentalmente collegato al soddisfacimento del diritto alle provvigioni ed alle indennità collegate al rapporto di agenzia, in quanto l’acquisizione della documentazione in possesso del solo preponente deve essere indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, la domanda formulata in relazione a diritti determinati o determinabili, sicché incombe alla parte, che agisce al fine di ottenere l’esibizione documentale, dedurre e dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire con circostanziato riferimento alle vicende rilevanti del rapporto (tra cui, innanzitutto, l’invio o meno degli estratti conto e del loro contenuto), e l’indicazione dei diritti, determinati o determinabili, al cui accertamento è finalizzata l’istanza’ (Cass. Sez. L, Sentenza n.19319 del 29/09/2016).
gli obblighi informativi incombenti sul preponente in forza dell’art. 1749 c.c. possono giustificare, in sede giudiziale, un ordine
di esibizione ex art. 210 c.p.c. ma quest’ordine non può avere carattere esplorativo (v. Cass. 14968/2011);
‘La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati’ (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n.30218 del 15/12/2017);
4. con il quarto motivo di ricorso vengono lamentate, in relazione all’art. 360, primo comma n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. e del principio di vicinanza della prova ex art. 24 Cost.
Con questo motivo viene riproposto quanto già dedotto con il secondo e con il terzo motivo: la RAGIONE_SOCIALE non aveva prodotto la documentazione che consentisse di determinare i crediti vantati dalla ricorrente; la Corte di Appello aveva, in violazione dell’art. 1749 c.c. ‘negato ausilio’ alla ricorrente rifiutando di ordinare alla controparte l’esibizione della documentazione. Viene poi dedotto che avendo la ricorrente provato la conclusione del contratto ed avendo allegato l’inadempimento della controparte, sarebbe spettato alla controparte provare di aver adempiuto.
4.1. Il motivo è inammissibile: per quanto reiterativo di ciò che è già stato dedotto con i motivi precedenti basta richiamare le osservazioni svolte riguardo a questi.
La deduzione ulteriore è completamente scollegata dalla decisione impugnata: il tema della ripartizione dell’onere della prova dell’adempimento di obbligazioni contrattuali (per cui la ricorrente evoca Cass. SU 13533/2001) non si è posto, avendo i giudici di
merito centrato la decisione su un difetto di allegazione da parte dell’attrice.
Le spese di lite del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente.
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 5000,00, per compensi professionali, €200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r . 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma 23 aprile 2024.
Il Presidente NOME COGNOME