Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7336 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13621/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’omonimo titolare NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO
18, presso lo studio dell’avvocato NOME , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 519/2021, depositata il 03/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso affidato a sei motivi, l’RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’omonimo titolare, ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Firenze, resa pubblica il 3 marzo 2021, che, rigettandone il gravame, confermava integralmente la decisione del Tribunale di Pistoia che, a sua volta, ne aveva respinto la domanda risarcitoria proposta contro la RAGIONE_SOCIALE (poi divenuta RAGIONE_SOCIALE) e la RAGIONE_SOCIALE, convenuti quali responsabili solidali del sinistro verificatosi il 22 marzo 2011, allorquando, durante lavori di manutenzione della rete elettrica, un cavo si spezzava e cadeva sulla copertura di vetro, di circa 1.800 mq, della serra di proprietà di essa RAGIONE_SOCIALE, provocando danni alla struttura e alle colture florovivaistiche poste all’interno della stessa serra.
2. -La Corte territoriale, a fondamento della decisione (e per quanto ancora rileva in questa sede), osservava che: a ) l’istanza di ammissione di c.t.u., reiterata in appello, era stata rigettata (con ordinanza del 9 maggio 2019) essendo corretta la analoga decisione del Tribunale, fondata non solo sulla circostanza che ‘il perito incaricato ha escluso la possibilità di quantificare i danni in maniera esauriente e precisa a causa del lungo tempo trascorso dal fatto e l’avvenuta presunta riparazione dei vetri, ma anche per l’assenza di prova diretta sulla sussistenza dei danni lamentati’; a.1 ) a tal riguardo: ‘nessuno dei testi’ aveva ‘identificato in
maniera precisa gli eventuali danni (vetri rotti) causati dalla caduta del cavo sulla serra’; neppure era stato ‘chiarito e provato se la caduta del cavo è avvenuta sulla parte di serra di proprietà dell’appellante o su quella di proprietà di NOME COGNOME‘; ‘gli agenti della Polizia locale, intervenuta dopo l’evento, non sono stati in grado di identificare, con certezza, i danni subiti alla parte di serra di proprietà dell’RAGIONE_SOCIALE‘; a.2 ) la parte RAGIONE_SOCIALE «avrebbe potuto (e dovuto), nell’immediatezza del fatto, depositare, in uno con un preventivo dei danni, ricorso per accertamento tecnico preventivo per ‘fotografare’, immediatamente, lo stato dei luoghi e non arrivare al 2017 (sei anni dopo il fatto), cercando di depositare in giudizio una fattura (riconosciuta già dal Tribunale generica e comunque tardiva) relativa a presunti lavori di ristrutturazione della serra»; b ) non potevano ‘essere accolte le argomentazioni di parte appellante relative al danno per maggior consumo di gasolio e riscaldamento (per dispersione di calore), in quanto basate sulla presunzione che tale danno sia stato causato per la presenza di vetri rotti, poiché manca la prova della responsabilità dei convenuti’; c ) analogamente erano da respingere ‘le argomentazioni in ordine al danneggiamento delle piante ornamentali’ al di là di quanto motivato dal Tribunale sulla deposizione del teste COGNOME (‘deposizione di dubbia attendibilità, ove indica numero preciso e tipi di piante e in parte generica’) poiché non esisteva ‘prova alcuna di quali e quante piante di proprietà dell’appellante fossero state presenti (e quindi danneggiate) al momento del fatto, non avendo quest’ultima prodotto alcuna bolla o fattura di acquisto, né il c.t.p. effettuato foto, nell’immediatezza del fatto, gli eventuali piante danneggiate’; d ) analogamente era da ritenersi quanto al preteso ‘risarcimento per pulizia e riassetto della serra’ e per ‘danno all’immagine commerciale’, nonché per ‘le pretese relative a (presunte e indimostrate) spese per viaggi e per trasferte e per
assistenza tecnica e legale’, delle quali non era provato in atti alcun esborso, ‘non potendo considerare come tali le allegazioni e i progetti di notula prodotti’; e ) andavano confermate ‘le motivazioni del Tribunale esposte nella sentenza e nelle varie ordinanze emesse nel corso del giudizio di primo grado (in particolare quelle del 02/05/2017 e del 15/09/2015) in ordine alla richiesta di produzione della fattura n. NUMERO_DOCUMENTO del 2017 … relativa, a dire dell’appellante, a lavori di riparazione della serra danneggiata’, dovendosi aggiungere che la rimessione in termini non poteva essere concessa per «un fatto (decisione di ripristinare la serra dopo anni e in particolare di provvedere al pagamento con conseguente emissione della fattura, a 6 anni dall’evento per cui è causa) ‘causato’ dalla stessa parte», ma per ‘un fatto totalmente imprevedibile, né imputabile, anche indirettamente, alla parte predetta’; f ) era, infine, da respingere l’istanza di esibizione , ex art. 210 c.p.c., nei confronti di CEB RAGIONE_SOCIALE di documenti di RAGIONE_SOCIALE, essendo tale richiesta inammissibile in quanto non volta a provare un fatto specifico e non riferita a un documento ‘determinato e di certa esistenza’, mancando, inoltre, la prova che l’RAGIONE_SOCIALE si fosse ‘applicata diligentemente per acquisire quel documento’, dovendosi, infine, escludere che la stessa fosse impossibilità a provare ‘la circostanza con altri mezzi istruttori’.
-Hanno resistito con distinti controricorsi la RAGIONE_SOCIALE
-La parte ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2043 c.c. ‘in relazione all’omessa condanna delle società resistenti al risarcimento del danno ed all’omessa liquidazione equitativa dei danni subiti dalla ricorrente’.
RAGIONE_SOCIALE sostiene che la Corte territoriale, nonostante la verificazione del fatto illecito (ossia, la caduta sulla copertura della serra di proprietà di essa parte RAGIONE_SOCIALE di un cavo della rete elettrica spezzatosi durante un intervento di manutenzione, con conseguenti danni alla struttura e alla colture florovivaistiche) fosse non contestata e, comunque, ampiamente provata (in forza della documentazione prodotta -perizia di parte, relazione della Polizia municipale intervenuta in loco , fotografie -, nonché delle deposizioni testimoniali raccolte in giudizio), ha erroneamente escluso di poter procedere ad una liquidazione equitativa dei danni patiti da essa RAGIONE_SOCIALE, negando, a tal fine, anche l’ammissione di apposita c.t.u. e della produzione della fattura di riparazione (‘venuta ad esistenza dopo lo spirare dei termini per le produzioni istruttorie’).
1.1. -Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
E’ principio consolidato (tra le molte: Cass. n. 4534/2017; Cass. n. 4310/2018; Cass. n. 31546/2018; Cass. n. 16344/2020; Cass. 13515/2022; Cass. n. 9744/2023) che la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. – richiamato, per la responsabilità extracontrattuale, dall’art. 2056 c.c. – presuppone che, a fronte dell’avvenuta dimostrazione dell’esistenza e dell’entità materiale del danno, per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo esatto ammontare.
L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa dà luogo, infatti, non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, per cui non ricomprende l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno.
In altri termini, la liquidazione in via equitativa del danno postula, anzitutto, il concreto accertamento dell’ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e, in secondo luogo, il preventivo accertamento che l’impossibilità o l’estrema difficoltà di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell’allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l’entità.
A tali principi si è attenuta la Corte territoriale, evidenziando (cfr. § 2 dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente) che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva dato prova della sussistenza di taluni danni (in particolare: del danno per maggior consumo di gasolio e riscaldamento; del danno alle piante ornamentali; del danno per pulizia e riassetto della serra; del danno all’immagine commerciale; del danno per spese per viaggi, per trasferte e per assistenza tecnica e legale’) e dell’entità materiale di altri (in particolare, quello alla struttura della serra).
Le censure di parte ricorrente -che muovono dalla premessa, contrastante con detto accertamento, della sussistenza della prova dei danni patiti e della loro entità – sono, dunque, orientate a dolersi, piuttosto, della presunta erronea ricostruzione della questio facti da parte del giudice del merito, criticando l’accertamento al quale è pervenuto il giudice del merito in forza dell’apprezzamento, ad esso riservato, del compendio probatorio acquisito (documentazione fotografica; relazione di servizio della Polizia municipale; deposizioni testimoniali, perizia di parte), ma con ciò veicolando doglianze in parte qua inammissibili, non essendo sindacabile in questa sede detta valutazione se non nei limiti – e nei termini indicati dalla giurisprudenza di questa corte (Cass., S.U., n. 8053/2014) – del vizio di omesso esame di fatto storico decisivo e discusso tra le parti, di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., che il motivo in esame non ha affatto
proposto, sollecitando, per converso, un diverso apprezzamento degli stessi fatti esaminati dalla Corte territoriale, proponendone un esito a sé favorevole.
-Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., ‘travisamento della prova … nella prospettata esistenza di dubbi circa la proprietà della parte di serra danneggiata’, essendo il dubbio avanzato dalla Corte territoriale contrastato dalle risultanze processuali, che darebbero evidenza certa della circostanza, ‘pacifica ed incontestata’ (nonché confermata dalla dichiarazioni di NOME COGNOME, figlio di esso titolare dell’RAGIONE_SOCIALE) che la parte di serra danneggiata è di proprietà della stessa RAGIONE_SOCIALE.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Va, anzitutto, evidenziato che la prospettazione di un vizio di travisamento della prova in sede di legittimità non può che fondarsi, in ogni caso (e, quindi, anche ove se ne ammettesse la proponibilità), non soltanto sull’esclusione di qualsiasi profilo di valutazione della prova da parte del giudice, ma anche sul carattere di decisività che deve necessariamente assumere il travisamento stesso, richiedendosi, a tal fine, che la decisione sarebbe stata certamente (e non solo possibilmente o probabilmente) diversa se fosse stata correttamente fondata sui contenuti informativi che il materiale probatorio palesa essere inequivocabilmente difformi da quelli erroneamente desunti dal giudice di merito.
Nella specie, la Corte territoriale (cfr. § 2 dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente) ha operato un complessivo apprezzamento delle informazioni probatorie a sua disposizione (ciò che, di per sé, già elide la possibilità stessa di dolersi del vizio di travisamento della prova), escludendo che fosse stata fornita la prova sulla entità materiale dei danni alla struttura della serra in forza di plurimi elementi convergenti tra loro (dunque, non
rivestendo affatto carattere di decisività quello desunto dalla sola deposizione testimoniale resa dal figlio del titolare dell’RAGIONE_SOCIALE).
3. -Con il terzo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ‘in relazione all’affermata necessità dell’esperimento di un procedimento di accertamento tecnico preventivo ai fini della prova del danno’, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto «che i mezzi di prova sarebbero governati da una sorta di gerarchia in cui alcuni di essi sarebbero non solo ‘preferenziali’, ma addirittura ‘obbligatori’» e ciò in contrasto con il principio di libera disponibilità delle prove, salvo i casi in cui sono previste le c.d. prove legali, potendo la dimostrazione del danno patrimoniale essere fornita con tutti i mezzi ammessi dall’ordinamento e non essendo, quindi, l’A.T.P. un ‘antecedente logico e/o giuridico necessario per un’azione risarcitoria’.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
Con esso è prospettata una lettura non aderente alla ratio decidendi della sentenza impugnata, giacché l’affermazione della Corte territoriale circa la necessità (pur declinata insieme ad una mera possibilità) di fornire la prova tramite un’azione di accertamento tecnico preventivo non fonda la decisione di conferma della sentenza del Tribunale sul rigetto della domanda risarcitoria per difetto di prova dei danni risarcibili, la quale trova giustificazione (cfr. ancora § 2 dei ‘Fatti di causa’, cui si rinvia integralmente) nell’apprezzamento dello stesso giudice di appello sulle allegazioni e sugli elementi dimostrativi dedotti in giudizio dalla parte RAGIONE_SOCIALE, ritenuti affatto insufficienti a provare sussistenza ed entità materiale dei danni dalla stessa parte asseritamente patiti.
4. -Con il quarto mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61 e 191 c.p.c., ‘in relazione al rigetto della richiesta di c.t.u.’ volta a determinare l’entità dei ‘danni materiali e patrimoniali subiti dalla serra e dai beni mobili’ di proprietà di essa RAGIONE_SOCIALE, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto il mezzo istruttorio di carattere esplorativo, là dove, invece, sussistevano ‘dati certi, nonché … circostanze non contestate dalle controparti, avendo la ricorrente fornito ampia prova documentale … dell’evento e dei danni da esso procurati’, trovando questi conferma anche nelle assunte deposizioni testimoniali.
4.1. -Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
Varrà ricordare che il consulente d’ufficio, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite, il cui accertamento si renda necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio.
L’accertamento, ad opera del consulente, di fatti principali dei quali le parti soltanto sono onerate della relativa allegazione è sanzionato dalla nullità assoluta, rilevabile d’ufficio o, in difetto, da farsi valere come motivo di impugnazione ai sensi dell’art. 161, primo comma, c.p.c. Il consulente, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti -non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico -, tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e salvo,
quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio. L’acquisizione, ad opera del consulente, di documenti diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti soltanto provare è sanzionato da nullità relativa ex art. 157 c.p.c., rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso (Cass., S.U., n. 3086/2022; Cass. n. 17916/2022).
È, dunque, corretta in iure la decisione della Corte territoriale di non ammettere la consulenza tecnica d’ufficio richiesta dalla parte RAGIONE_SOCIALE al fine di dare ‘prova diretta della sussistenza dei danni lamentati’ (cfr. p. 6 della sentenza di appello), trattandosi, nella specie, della prova dei fatti principali -non rilevabili d’ufficio -che fondavano la domanda risarcitoria e che era onere della stessa parte dimostrare.
Per il resto, le censure mosse con il motivo in esame muovono dalla premessa, contrastante con detto accertamento, della sussistenza della prova dei danni patiti e della loro entità e sono, dunque, inammissibili alla stregua di quanto già evidenziato al § 1.1. che precede, cui si rinvia.
5. Con il quinto mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 153, comma secondo, c.p.c., ‘in relazione al rigetto delle istanze di rimessione in termini per la produzione della fattura di riparazione del bene danneggiato’, emessa il 7 aprile 2017, ad ultimazione dei lavori di ripristino ‘a regola d’arte della serra in vetro della superficie di circa 1.800 mq. coperti’ non eseguiti in precedenza ‘per carenza di fondi’, avendo la Corte territoriale irragionevolmente affermato che la rimessione dipendesse da fatto «’causato’ dalla stessa parte».
5.1. -Il motivo è infondato.
La rimessione in termini di cui all’art. 153, comma secondo, c.p.c., quale istituto che dà attuazione ai principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, richiede la verifica della ricorrenza di due elementi e cioè dell’esistenza di un fatto ostativo esterno alla volontà della parte, non governabile da quest’ultima riferibile, dunque, ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà e dell’immediatezza della reazione diretta a superarlo prontamente (tra le altre: Cass., S.U., n. 27773/2020; Cass. n. 22342/2021; Cass. n. 11029/2023).
La Corte territoriale ha fatto buon governo di tale principio nel ritenere che non potesse essere concessa la rimessione in termini al fine di consentire la produzione della fattura sui costi di riparazione della serra -emessa nell’aprile del 2017 poiché l’aver l’RAGIONE_SOCIALE proceduto ai lavori di detta riparazione ben sei anni dopo il lamentato evento dannoso non integrava l’ipotesi di fatto non assolutamente imputabile alla parte, dunque esterno alla sua stessa volontà, bensì dipendente da questa.
Del resto, ciò trova conferma nella stessa prospettazione censoria di parte ricorrente, al quale fa leva sulla difficoltà (e, dunque, non su una assoluta impossibilità) di reperire tempestivamente i fondi necessari all’anzidetta riparazione.
6. Con il sesto mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c., ‘in relazione al rigetto della richiesta di ordine di esibizione della denuncia e della perizia assicurativa relativa al sinistro de quo ‘, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’istanza ‘a -specifica/esplorativa’, trattandosi di documento redatto dal perito assicurativo della RAGIONE_SOCIALE precisamente indicato da essa RAGIONE_SOCIALE, che non aveva altra possibilità di venirne in possesso.
6.1. -Il motivo è inammissibile.
In tal senso, infatti, il rigetto da parte del giudice di merito dell’istanza di disporre l’ordine di esibizione al fine di acquisire al giudizio documenti ritenuti indispensabili dalla parte non è sindacabile in cassazione, poiché, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile aliunde e l’iniziativa non presenti finalità esplorative, la valutazione della relativa indispensabilità è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e non necessita neppure di essere esplicitata nella motivazione (tra le altre: Cass. n. 12997/2004; Cass. n. 4375/2010; Cass. n. 22196/2010; Cass. n. 24188/2013; Cass. n. 9020/2019; Cass. n. 27412/2021).
Peraltro, la Corte territoriale ha motivato in modo plausibile il rigetto dell’istanza di esibizione , ex art. 210 c.p.c., nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dei documenti in possesso della RAGIONE_SOCIALE, in quanto volta a provare non già un fatto specifico e neppure riferita a un documento ‘determinato e di certa esistenza’, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE che non era impossibilità a provare ‘la circostanza con altri mezzi istruttori’ – neppure fornito la prova che si fosse ‘applicata diligentemente per acquisire quel documento’.
-Il ricorso va, dunque, rigettato e la parte ricorrente condannata al pagamento, in favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida: in euro 2.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore di RAGIONE_SOCIALE e in euro 2.700,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore di RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza