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Onere della prova danno: la Cassazione chiarisce

Un cliente ha citato in giudizio un istituto di credito per un’illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Sebbene i giudici di merito avessero riconosciuto un danno non patrimoniale, la richiesta per quello patrimoniale è stata respinta per mancanza di prove. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, sottolineando che l’attore ha l’onere della prova del danno patrimoniale e deve dimostrare non solo l’illecito subito, ma anche il nesso di causalità e l’effettiva perdita economica. La tardività delle prove documentali e la loro insufficienza a dimostrare il danno hanno reso il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova Danno: Non Basta Subire un Illecito per Essere Risarciti

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul tema del risarcimento del danno, in particolare riguardo all’onere della prova danno patrimoniale. Un cliente, vittima di un’illegittima segnalazione alla Centrale Rischi da parte di un istituto finanziario, si è visto negare il risarcimento del danno economico per non essere riuscito a dimostrarlo concretamente, nonostante l’illecito fosse stato accertato. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

Il Caso: Dalla Segnalazione Illegittima alla Cassazione

La vicenda giudiziaria inizia quando un cliente cita in giudizio due istituti di credito, chiedendo il risarcimento per i danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti da un’errata segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. Il Tribunale di primo grado accoglie parzialmente la domanda, riconoscendo un danno non patrimoniale ma rigettando la richiesta relativa al danno patrimoniale.

Il cliente propone appello, insistendo per ottenere il risarcimento del danno economico, ma la Corte d’Appello conferma la decisione di primo grado. A questo punto, dopo aver raggiunto un accordo transattivo con uno dei due istituti, il cliente decide di proseguire la sua battaglia legale presentando ricorso in Cassazione contro l’altro istituto finanziario.

I Motivi del Ricorso e l’Onere della Prova del Danno

Il ricorso in Cassazione si fondava su quattro motivi, principalmente di natura processuale, che la Suprema Corte ha ritenuto infondati o inammissibili.

Prova Tardiva e Mancanza di Interesse

Il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse dichiarato inammissibili alcune prove documentali prodotte in ritardo, senza dare alle parti la possibilità di discutere tale questione. La Cassazione ha respinto questa doglianza, specificando che la norma invocata (art. 101 c.p.c.) non si applica a questioni puramente procedurali. Inoltre, il motivo è stato giudicato inammissibile per difetto di interesse, poiché i giudici d’appello, pur considerando tardivi i documenti, li avevano comunque esaminati, ritenendoli insufficienti a dimostrare l’esistenza del danno patrimoniale.

L’Aggravamento del Danno: un Argomento non Decisivo

Un altro motivo di ricorso riguardava la presunta violazione del principio di ultrapetizione. Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente applicato l’articolo 1227 del codice civile (concorso del fatto colposo del creditore), attribuendogli un “colpevole aggravamento del danno” senza che la controparte avesse sollevato una specifica eccezione. Anche in questo caso, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile per difetto di interesse, chiarendo che tale argomento era stato usato dalla Corte territoriale solo come considerazione accessoria e non come fondamento della decisione.

La Valutazione dei Fatti e i Limiti della Cassazione

Infine, il ricorrente contestava un presunto errore nella percezione delle prove da parte del giudice d’appello. La Suprema Corte ha dichiarato questo motivo palesemente inammissibile, ribadendo che il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove si possono rivalutare i fatti e le prove, ma un giudizio di legittimità volto a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel principio fondamentale dell’onere della prova danno. I giudici hanno chiarito che, per ottenere un risarcimento, non è sufficiente dimostrare di aver subito un comportamento illecito. È indispensabile provare con elementi concreti due aspetti fondamentali: l’esistenza di un danno patrimoniale effettivo e il nesso di causalità diretto tra l’illecito e il danno subito. Nel caso specifico, il ricorrente non è riuscito a dimostrare che, a causa della segnalazione illegittima, avesse subito un pregiudizio economico, ad esempio perdendo opportunità di finanziamento o dovendo accettare prestiti a condizioni meno favorevoli. La documentazione prodotta, oltre che tardiva, è stata ritenuta non idonea a fornire tale prova.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Danneggiati

Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda avviare un’azione legale per il risarcimento del danno patrimoniale. La lezione è chiara: la vittoria in giudizio dipende non solo dall’avere ragione, ma anche dalla capacità di dimostrarlo secondo le regole processuali. È cruciale raccogliere tempestivamente prove concrete, specifiche e pertinenti che possano quantificare il danno economico subito e collegarlo in modo inequivocabile all’azione illecita della controparte. Affidarsi a presunzioni o a prove generiche espone al rischio di veder rigettata la propria domanda, anche di fronte a un illecito palese.

È sufficiente dimostrare un’illegittima segnalazione in Centrale Rischi per ottenere il risarcimento del danno patrimoniale?
No, secondo l’ordinanza non è sufficiente. La parte danneggiata deve adempiere all’onere della prova, dimostrando non solo l’illecito, ma anche la concreta esistenza di un danno patrimoniale e il nesso di causalità tra la segnalazione e il pregiudizio economico subito (es. mancato accesso al credito o ottenimento a condizioni peggiori).

Se il giudice d’appello rileva d’ufficio la tardività di una prova, deve sempre concedere un termine alle parti per discutere la questione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, trattandosi di una questione di esclusiva rilevanza processuale che non modifica il quadro fattuale, non si applica la norma (art. 101 c.p.c.) che impone di stimolare il contraddittorio su questioni rilevate d’ufficio.

Un motivo di ricorso può essere rigettato per “difetto di interesse”?
Sì. La Corte può dichiarare un motivo inammissibile per difetto di interesse quando il suo eventuale accoglimento non comporterebbe alcun vantaggio pratico per il ricorrente. Nel caso esaminato, anche se le argomentazioni del ricorrente su alcuni punti fossero state corrette, la decisione finale non sarebbe cambiata perché il fondamento del rigetto era l’assoluta mancanza di prova del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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