LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Onere della prova danno ambientale: chi deve pagare?

Un Ministero ha citato in giudizio un’impresa per danno ambientale causato da amianto. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale: l’onere della prova danno ambientale, e in particolare della corretta esecuzione della bonifica, grava sull’impresa che ha causato l’inquinamento. Poiché la società non è riuscita a fornire tale dimostrazione, la decisione della Corte d’Appello che la scagionava è stata annullata. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che dovrà applicare correttamente questa regola.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova nel Danno Ambientale: Spetta all’Inquinatore Dimostrare la Bonifica

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di responsabilità per inquinamento, stabilendo chiaramente su chi grava l’onere della prova danno ambientale relativo alla corretta bonifica di un sito. La decisione chiarisce che spetta all’impresa che ha causato la contaminazione dimostrare di aver adempiuto pienamente ai propri obblighi di ripristino, e non all’autorità pubblica provare il contrario. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione sulle dinamiche processuali nelle cause per danno ambientale.

I Fatti del Caso: Contaminazione da Amianto e la Prova della Bonifica

Il caso trae origine dalla richiesta di risarcimento per danno ambientale avanzata da un Ministero nei confronti di una società, a seguito dell’interramento incontrollato di materiali contenenti amianto. Nonostante l’impresa avesse eseguito interventi di bonifica, il Ministero sosteneva che il danno persistesse, poiché non era stato raggiunto l’obiettivo di concentrazione massima di amianto nel suolo fissato dalla normativa.

Il contenzioso si è incentrato sulla questione di chi dovesse dimostrare il successo o il fallimento delle operazioni di bonifica. L’impresa sosteneva di aver fatto il necessario, mentre l’amministrazione lamentava l’assenza di prove conclusive sul ripristino ambientale.

Il Percorso Giudiziario e i Principi in Discussione

Dopo un lungo iter giudiziario, che ha visto la causa passare per il Tribunale e la Corte d’Appello, e una prima pronuncia della Cassazione che già aveva annullato una precedente decisione, il caso è tornato dinanzi ai giudici di legittimità. La Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, aveva nuovamente respinto la domanda del Ministero, basandosi sulle risultanze di una consulenza tecnica che, a causa di limiti metodologici, non era riuscita a confermare il raggiungimento degli standard di legge.

Il Ministero ha quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando che il giudice di merito avesse violato i principi di diritto stabiliti nella precedente sentenza di rinvio, in particolare per quanto riguarda la regola sull’onere della prova danno ambientale.

La Decisione della Cassazione e l’onere della prova danno ambientale

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, cassando la sentenza impugnata e rinviando nuovamente la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. I giudici hanno sottolineato come il giudice di rinvio avesse commesso un errore fondamentale.

La Violazione della Regola sull’Onere della Prova

Il punto centrale della decisione è l’applicazione dell’art. 2697 del Codice Civile. La Cassazione ha ribadito che, una volta accertato l’illecito ambientale, spetta al danneggiante (l’impresa inquinatrice) fornire la prova liberatoria, ovvero dimostrare di aver eseguito in modo completo ed efficace tutte le misure di riparazione previste dalla legge. L’impossibilità di accertare tecnicamente il raggiungimento degli obiettivi di bonifica, o la mancanza di documentazione a supporto, non può tradursi in un vantaggio per l’inquinatore, ma deve essere interpretata come una mancata prova a suo carico.

L’Errore del Giudice di Rinvio

La Corte d’Appello aveva erroneamente dedotto dall’incertezza tecnica l’assenza di responsabilità dell’impresa. Al contrario, avrebbe dovuto concludere che, proprio a causa di tale incertezza, l’impresa non aveva assolto al proprio onere probatorio. Di conseguenza, il giudice avrebbe dovuto accertare l’incompleta esecuzione delle misure di ripristino e condannare la società al pagamento dei costi necessari per le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sulla duplice funzione della regola sull’onere della prova: non solo ripartisce tra le parti il compito di provare i fatti, ma consente al giudice di decidere anche in caso di incertezza o insufficienza probatoria. Se la parte su cui grava l’onere non fornisce la prova richiesta, la sua domanda o eccezione deve essere respinta. Nel caso di specie, l’onere di dimostrare la completa bonifica era a carico dell’impresa. La sua incapacità di farlo, per qualsiasi motivo, equivale a una prova mancante, con la conseguenza che la persistenza del danno deve essere considerata accertata.

La Corte ha inoltre specificato che il giudice di rinvio è vincolato a seguire i principi di diritto enunciati dalla Cassazione e non può discostarsene. In questo caso, il principio violato era proprio quello relativo alla corretta ripartizione dell’onere probatorio in materia di danno ambientale.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un orientamento fondamentale per la tutela dell’ambiente. Le imprese responsabili di inquinamento non possono trincerarsi dietro incertezze tecniche o documentali per sottrarsi alle proprie responsabilità. La pronuncia chiarisce che la diligenza richiesta non si ferma all’esecuzione di interventi di bonifica, ma si estende alla capacità di dimostrarne, in modo inequivocabile, l’efficacia e il pieno rispetto dei parametri di legge. Per le amministrazioni pubbliche, ciò significa poter contare su un solido principio processuale per far valere le ragioni della collettività, anche quando la prova tecnica del danno residuo risulti complessa.

In un caso di danno ambientale, chi deve provare che la bonifica del sito inquinato è stata eseguita correttamente?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare di aver eseguito in modo completo ed efficace le misure di riparazione e bonifica spetta al soggetto che ha causato l’inquinamento, cioè l’impresa danneggiante.

Cosa succede se l’impresa responsabile non riesce a dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi di bonifica previsti dalla legge?
Se l’impresa non fornisce la prova del completo adempimento degli obblighi di bonifica, tale mancanza di prova viene valutata a suo sfavore. Di conseguenza, il giudice deve considerare la bonifica come non completata o non eseguita correttamente e condannare l’impresa a sostenere i costi delle necessarie misure di riparazione.

Il giudice può ignorare i principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione in un giudizio di rinvio?
No, il giudice del rinvio è strettamente vincolato ai principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento. Deve uniformarsi a tali principi per decidere nuovamente la controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati