Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 638 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 638 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21795/2022 R.G.,
proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal l’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, giusta la procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso il suo studio (pec: EMAIL;
-ricorrente –
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE C. ;
-intimata-
per la cassazione della sentenza n. 3370/2022 della CORTE D ‘APPELLO di ROMA pubblicata il 18 maggio 2022;
CC 7 novembre 2024
Ric. 21795 del 2022
Pres. A. Scrima
Rel. I. COGNOME
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 novembre 2024 dalla Consigliera dr.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma con la sentenza qui impugnata rigettava il gravame proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE con cui questa contestava il rigetto sia della domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento danni arrecati al proprio immobile concesso in locazione alla società RAGIONE_SOCIALE sia di quella di condanna al pagamento di un’ulteriore somma per la perdita di chance conseguente all’impossibilità di locare l’immobile a terzi, condannandola a rifondere alla società RAGIONE_SOCIALE Sport le spese del grado di giudizio.
Per quanto ancora qui di rilievo, il Tribunale di Roma con sentenza n. 8651/2016 aveva accolto la domanda principale proposta da RAGIONE_SOCIALE volta a richiedere l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale e accolto soltanto parzialmente quella riconvenzionale proposta dalla RAGIONE_SOCIALE condannando la parte convenuta al pagamento dell’indennità di occupazione e rigettando nel resto tale domanda.
Per la cassazione della sentenza d’appello , ricorre la società RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi; sebbene intimata, la società RAGIONE_SOCIALE non ha ritenuto di svolgere difese nel presente giudizio.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art . 380bis .1, cod. proc. civ..
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente lamenta la ‘ V iolazione e/o falsa applicazione degli artt. 1367 c.c. e 1590 1 e 2 c., c.c. (art. 360 n.3 c.p.c.) ‘ per avere l a Corte d’a ppello mal interpretato la clausola contrattuale di cui all’art. 9 del contratto di locazione in esame (secondo cui ‘la conduttrice dichiara di aver esaminato i locali locati e di averli trovati pienamente adatti al proprio uso, in buono stato di manutenzione ed esenti da difetti…’ ), non attribuendole ‘inopinatamente’ nessun effetto, salvo quello di impedire il ricorso alla presunzione di cui all’art. 1590 , 2 comma, c.c. per la
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mancata descrizione dell’immobile . Ad avviso della parte ricorrente, non avrebbe potuto considerarsi adempiuto esattamente l’obbligo di riconsegna del bene immobile da parte della società conduttrice; né la medesima clausola avrebbe potuto essere considerata come mera clausola di stile secondo l’orientamento di legittimità che pure richiama (Cass. n. 19876 /2011).
Con il secondo motivo , la società ricorrente lamenta la ‘ Nullità della sentenza ex art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) ‘ ; in particolare, la società ricorrente contesta la decisione impugnata poiché contraddittoria sotto un duplice profilo (Cass. Sez. U nn. 8953 e 8054 del 2014); in primo luogo, perché avrebbe ritenuto ‘ sommaria ‘ la clausola di cui all’art. 9 del contratto in quanto priva della descrizione del bene locato, ma comunque efficace e non sufficiente a determinare l’operatività della presunzione di assoluta mancanza di descrizione richiesta dall’art. 1590 comma 2 c.c. ; in secondo luogo, poiché la motivazione risulterebbe incomprensibile nella parte in cui la Corte d’appello ha affermato, contro le risultanze della CTU e della documentazione fotografica prodotta, che le parti concordemente avevano adibito l’immobile ad uso di autocarrozzeria e che tale pattuita destinazione lasciava presumere un ‘normale deterioramento del bene cagionato dal continuo passaggio di autovetture e dall’intenso utilizzo dei macchinari’, ricomprendendo in tale deterioramento, senza alcuna motivazione, fatti accertati dal CTU quali la manomissione dell’impianto elettrico, la rottura degli infissi e dei controsoffitti.
Con il terzo motivo, la società ricorrente lamenta la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1167, 1588, 1590 e 2697 c.c. (art. 360 n.3 c.p.c.) ‘; in particolare, la società ricorrente assume che dalla documentazione fotografica in atti e dalla CTU espletata nel corso dell’ATP, nonché dalla perizia giurata in atti, risultava l’assoluto degrado in cui versava l’immobile al momento della cessazione del rapporto locativo, riconosciuto pure dalla Corte territoriale, la quale però aveva ritenuto che la genericità della pattuizione di cui all’art. 9 del contratto di locazione non permetteva di desumere lo stato di manutenzione dei macchinari e delle componenti impiantistiche per cui era
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richiesto il risarcimento dei danni e che l’appellante non avesse fornito la prova che detto degrado dipendesse da un utilizzo non eccedente quello normale pattuito, e non derivasse, al contrario, soltanto dalla vetustà dell’immobile in assenza di documentazione che attestasse lo stato quo ante (ragione per cui non aveva acceduto alla richiesta di rinnovazione della CTU); contesta dunque di aver avuto addossato un onere probatorio impossibile da assolvere e contrario ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità che lo afferma addossato, piuttosto, sul conduttore (richiama sul punto, Cass. n. 2619/2014).
Per ragioni di ordine logico, va esaminato con priorità il secondo motivo di ricorso che merita accoglimento in base alle seguenti considerazioni.
4.1. Come fondatamente lamentato dalla società locatrice, odierna ricorrente, la Corte romana ha rigettato la domanda di risarcimento ex art. 1588 c.c. affermando che dalle stesse allegazioni della locatrice, allora appellante, fosse emerso che il bene era stato consegnato in buono stato di manutenzione e adatto all’uso pattuito e che ciò fosse desumibile dal tenore della clausola ex art. 9 del contratto di locazione intercorso tra le parti ove si dava atto che la conduttrice aveva esaminato i locali adatti al proprio uso e in buono stato di manutenzione ed esenti da difetti; aggiungeva subito dopo che la presenza di tale clausola «se pur sommaria» impediva, però, l’operatività della presunzione iuris tantum prevista dall’art. 1590, comma 2, c.c., soggiungendo che «la genericità di tale pattuizione non permette di desumere lo stato di manutenzione dei macchinari e delle componenti impiantistiche per cui si richiede il risarcimento del danno e non dispensa il locatore dall’onere probatorio gravante sul medesimo ai sensi dell’art. 2697 c.c. di provare che il deterioramento dell’immobile sia causato da un uso del bene non conforme al contratto e alla destinazione d’uso pattuita» , concludendo che parte locatrice non aveva fornito la prova in oggetto, pur trascrivendo uno stralcio delle conclusioni dell’ accertamento tecnico preventivo dal quale emergeva il contrario, e affermando che la «mancanza della prova sull’utilizzo del bene in maniera eccedente il normale uso pattuito nel contratto» consentiva di
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superare le censure formulate dall’appellante circa il mancato riconoscimento della domanda risarcitoria ex art. 1588 c.c. (cfr. pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).
Il sillogismo seguito dalla Corte d’appello non è percepibile, non vengono esplicitati i singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione e il fondamento di essa, risultando la motivazione effettivamente antinomica e carente del giudizio di fatto. Essa è invero basata sull ‘affermazione generale secondo cui dalla esaminata clausola contrattuale risultava che il bene locato fosse in buono stato di manutenzione e adatto all’uso pattuito, asserendo, nel contempo, che essa non fosse idonea a far presumere ai sensi del l’art. 159 0, comma 2, c.c. che il conduttore avesse ricevuto il bene in buono stato manutentivo. Si tratta all’evidenza di motivazione, benché graficamente esistente, tuttavia intrinsecamente contraddittoria e che non consente di individuare il procedimento logicogiuridico seguito dal giudice dell’appello per la formazione del proprio convincimento e posto a base della decisione. Ne consegue che la motivazione della sentenza impugnata, per quanto evidenziato, il che assorbe quanto altro dedotto con il mezzo in esame, è affetta da vizio rilevante ex art. 132 n 4 c.p.c. deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (tra tante, Cass. 17/05/2018 n. 12096).
Dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso, nei sensi precisati, consegue l’assorbimento dei restanti.
La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, la quale provvederà anche in merito alle spese del presente giudizio di legittimità.
Per questi motivi
La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, la quale provvederà anche in merito alle spese del presente giudizio di legittimità.
CC 7 novembre 2024 Ric. 21795 del 2022 Pres. A. Scrima Rel. I. Ambrosi
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione