Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7374 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7374 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5319/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3948/2020 depositata il 05/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il ricorso riguarda la sentenza del 5.8.2020 della Corte d’appello di Roma che ha riformato la sentenza con cui il locale Tribunale -all’esito di CTU, disposta dopo una prima sentenza non definitiva con cui respingeva l’eccezione di prescrizione, dichiarava la nullità per indeterminatezza della clausola relativa alla commissione di massimo scoperto e l’illegittimità della capitalizzazione degli interessi passivi – aveva condannato Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. al pagamento in favore di Sistemi RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 89.711,26 oltre interessi dal 21.3.2011 al saldo.
La Corte d’appello di Roma ha accolto l’appello proposto da BNL ritenendo di rilievo assorbente rispetto ad ogni altra questione proposta con il gravame il principio per cui nei rapporti di conto corrente bancario il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto alla prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida causa debendi , onde è a suo carico la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, con la conseguenza che non può essere accolta la domanda di restituzione se siano incompleti gli estratti conto attestanti le singole rimesse suscettibili di ripetizione (cita Cass. n. 30822/2018), ed osservando che nella specie la parte attrice/appellata non aveva prodotto i relativi estratti conto nella loro completezza; dunque non avesse assolto all’onere probatorio, non essendosi neppure attivata per ottenerne eventualmente l’acquisizione (attivando gli strumenti negoziali anche in corso di causa o articolando mezzi istruttori processuali). Conseguentemente l’ha espletata nel corso del giudizio di primo grado nonostante l’incompletezza gli estratti conto non potesse essere ammessa.
Ha, pertanto, respinto la domanda formulata da parte attrice condannandola alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e i sig.ri NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME affidandolo a quattro motivi di cassazione e corredato di memoria. Ha resistito, con controricorso Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione ex art. 360 I comma n. 3 c.p.c., e 384 c.p.c. degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. art. 1283 c.c., in quanto la Corte territoriale, applicando il principio della ragione più liquida, ha omesso di esaminare le eccezioni preliminari svolte dall’appellata in ordine all’ammissibilità dell’appello ex art. 345, riformando la sentenza per l’unica ragione che il giudice di prime cure avrebbe ammesso la CTU contabile in assenza di una ricostruzione dell’intero rapporto contrattuale, laddove, secondo la giurisprudenza di legittimità, onde ricostruire l’andamento del rapporto contrattuale funzionale all’individuazione dei pagamenti indebiti perché fondati su clausole nulle, il correntista non è tenuto al deposito di tutti gli estratti conto relativi al rapporto, potendosi, in assenza di diverse evidenze, accertare il dare/avere partendo dal primo saldo a debito del cliente, e non costituendo l’estratto conto l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire l’andamento delle movimentazioni del rapporto nei rapporti intermedi; pertanto fermo che RAGIONE_SOCIALE avevo provveduto al deposito di una CT contabile di parte corredata di tutti gli estratti conto relativi al rapporto di conto corrente intrattenute con BNL dal 31.12.97 al 31.12.2010, ad eccezione di 8 trimestri – la Corte territoriale si sarebbe basata su un’inesistente obbligo di deposito di tutti gli
estratti conto per concludere che la CTU disposta dal giudice di prime cure – che invero non aveva impedito la verifica delle rimesse solutorie indebite (non rilevate nei periodi intermedi non documentati) ed a cui la BNL, non solo non aveva mosso alcuna censura, ma cui aveva addirittura aderito – – non poteva essere ammessa.
1.1- Il motivo risulta fondato nei termini che seguono.
1.2- Giova premettere in linea generale che questa Corte ha affermato in materia i seguenti principi:
costituiscono pagamento in senso tecnico (determinando uno spostamento di ricchezza a favore della banca) le c.d. rimesse solutorie, ovvero i versamenti effettuati dal correntista su un conto corrente per il quale vi sia stato uno sconfinamento rispetto al fido concesso (con contratto di apertura di credito in conto corrente) oppure su un conto corrente ab origine non affidato; a fronte, invece, di rimesse c.d. ripristinatorie, che affluiscono su un conto non «scoperto» ma solo «passivo» -non essendovi stato sconfinamento rispetto al limite di affidamento -non può parlarsi tecnicamente di pagamento, atteso che, con quei versamenti, il correntista si limita a ripristinare la provvista, onde non si determina alcuno spostamento patrimoniale a favore della banca, potendo il correntista riutilizzare in qualsiasi momento la somma versata sul conto corrente che la banca è contrattualmente obbligata a tenere a disposizione del cliente fino alla eventuale revoca dell’affidamento.
laddove, nel corso del rapporto di conto corrente, i versamenti di danaro eseguiti su di esso dal correntista abbiano la semplice finalità di ripristinare il fido concesso dalla banca al cliente (in quanto eseguite su un conto affidato e nell’ambito dell’affidamento concesso), potrà parlarsi « di pagamento» soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale,
nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire ove corrisposti dal cliente all’atto della chiusura del conto » (v.Cass. S.U. n. 24418/2010, confermata con plurime decisioni dalle sezioni semplici v. per tutte, Cass. N.4214/2024).
1.3- Ciò precisato in linea generale va, altresì, ricordato quanto al tema più specifico dell’onere probatorio, che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, laddove il correntista -come nella specie – pretenda di rideterminare il saldo, depurato dagli importi asseritamente non dovuti (per capitalizzazione indebita, interessi ultralegali e/o usurari, commissione di massimo scoperto etc.), e di ripetere l’indebito pagamento eseguito con rimesse sul conto passivo (o extrafido), laddove sia riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, l’accertamento del dare ed avere può attuarsi con l’impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. n. 22290 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023). Questi ultimi, infatti, non costituiscono l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi -invero come affermato da Cass. n. 37800 del 2022 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n. 10293 del 2023 e Cass. n. 22290 del 2023) -consentono di avere un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto; tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni; per cui il giudice del merito -come ha fatto in questo caso quello di prime cure – può affidare ad un consulente tecnico esperto in materia contabile il compito della rideterminazione del saldo del conto (cfr. Cass. n. 14074/ 2018; Cass. n. 5091/ 2016; nel medesimo senso, si vedano pure Cass. n. 31187/ 2018; Cass. n. 11543/ 2019) ,
« spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato Cass. n. 13186 del 2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito) (…); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ. » (Cass. n. 1736/2024).
Con la sentenza da ultimo citata, infine, questa Corte ha affermato in materia un principio -cui il Collegio intende dare continuità -per cui ove il correntista lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti a vario titolo e ne domandi la restituzione, chiedendo la rideterminazione del saldo, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto -tra l’altro – che laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, se il correntista sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione; in mancanza l’estratto conto immediatamente successivo, e tutti i successivi ancora, devono essere corretti ricollegando l’ultimo saldo disponibile al primo saldo in cui ricominciano ad essere presenti gli estratti conto (Cass. n.1736/2024 in motivazione).
1.4- Facendo applicazione di tali principi nel caso di specie deve concludersi che il motivo appare fondato nella misura in cui la parte ricorrente si duole del fatto che la decisone della Corte d’appello si fonda sulla ritenuta inammissibilità della CTU disposta in primo grado laddove, invece, questa era perfettamente ammissibile sulla base dei principi predetti, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’onere della prova del correntista circa i fatti
costitutivi della domanda -attenesse alla ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, laddove esso attiene piuttosto alla sussistenza di pagamenti indebiti, ovvero a rimesse solutorie frutto di appostazione negative prive di causa: fatti che non richiedono necessariamente che siano prodotti tutti gli estratti conto, ma che quelli prodotti unitamente ed altre risultanze di causa -ivi compresa la condotta processuale delle parti -li sorreggano adeguatamente secondo una valutazione che spetta al giudice di merito, eventualmente ausiliato dall’esperto contabile nominato; ben potendo, come detto, in presenza di periodi intermedi in cui le movimentazioni non sono documentate effettuarsi un raccordo che sia ritenuto dal giudice -con l’ausilio dell’esperto attendibile ed idoneo a dare certezza della pretesa restitutoria invocata. Peraltro nella specie BNL, non solo non aveva affatto contestato il risultato cui era pervenuto il CTU nell’ambito del contraddittorio anche tecnico (fatto in sé non rilevante ben potendo la parte muovere osservazioni alla CTU anche in seguito ed anche in sede di gravame poiché « l’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa, che è sottratta al principio di non contestazione » -Cass. n. 30744/2017 -di cui all’art. 115 c.p.c. che ha per oggetto solo fatti storici sottesi a domande ed eccezioni), ma aveva espressamente aderito nella comparsa conclusionale alla domanda di accertamento, quantomeno con riguardo alla somma pari alla quota capitale del credito restitutorio accertato in contraddittorio dal CTU chiedendo di « accertare la sussistenza dell’obbligazione restitutoria della BNL limitatamente all’importo indicato dalla BNL di euro a 47.441,88 »: invero la CTU -a fronte di una pretesa creditoria di BNL per 455.441,88 – aveva accertato un credito in capo a parte attrice pari ad euro 47.441,88 (somma cui il giudice di primo grado aveva aggiunto commissioni di affidamento applicate
illegittimamente come accertato con sentenza non definitiva e gli interessi nella misura legale maturati dal 21.3.2011 al saldo).
4.L’accoglimento del ricorso nei termini detti assorbe l’interesse all’esame del secondo, terzo e del quarto motivo, denunciando questi:
il secondo motivo l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 5 c.p.c. con riguardo alla mancata contestazione in primo grado del risultanze della CTU, e violazione degli artt. 345, 115, 157 comma 2 c.p.c. e mancanza di interesse ai sensi dell’art. 100 c.p.c., in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di decidere in ordine all’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art.345 con cui Sistemi Avanzati aveva osservato che BNL non aveva sollevato alcuna censura l’operato del CTU ma concluso chiedendo di « accertare la sussistenza dell’obbligazione restitutoria della BNL limitatamente all’importo indicato dalla BNL di euro a 47.441,88 »; BNL, per le stesse ragioni, non avrebbe interesse ad agire.
il terzo omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 5 c.p.c. poiché la Corte d’appello non avrebbe esaminato l’eccezione di inammissibilità sollevata anche con riguardo al fatto che BNL aveva introdotto, in violazione dell’art. 345 c.p.c., domanda di accertamento incidentale del credito vantato per euro 409.896,37, che, oltre a essere del tutto infondata, era stata formulata per la prima volta in appello;
il quarto motivo violazione e falsa applicazione degli articoli 113, 115 e 116 c.p.c., 1-11 DM 55/2014 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in quanto a) la Corte d’appello aveva condannato parte appellata a rifondere le spese di entrambi i gradi di giudizio ritenendola soccombente avendo però omesso di statuire sulla eccepita inammissibilità ex art. 345 c.p.c. della
domanda nuova; b) aveva applicato per il secondo grado un parametro superiore a quello di primo grado in violazione degli articoli 1-11 del DM 55/14, indicato due somme incompatibili tra di loro (ovvero la liquidazione delle spese di secondo grado e il rimborso forfettario del 15% delle stesse)
5.- In conclusione il ricorso va accolto con riguardo al primo motivo, assorbiti secondo terzo e quarto. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione affinchè si attenga ai principi indicati che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, e rinvia le parti innanzi alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che