Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12142 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12142 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22224/2019 R.G. proposto da :
CONSORZIO PER RAGIONE_SOCIALE SALERNORAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp. p.t., elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME come da procura speciale in atti.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp. p.t., domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME come da procura speciale in atti.
-controricorrente-
nonchè
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp. p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME come da procura speciale in atti.
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA VINDIRIZZO AURELIANAINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME come da procura speciale in atti.
-controricorrenti-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, CURATELA RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 687/2019 depositata il 20/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSSO
Con sentenza n.13330/12 il Tribunale di Salerno accoglieva ed annullava con compensazione delle spese di lite le opposizioni alle ingiunzioni emesse ai sensi del r.d. n. 639/1910 dal Consorzio ASI di Salerno nei confronti delle numerose società per il pagamento dei corrispettivi per i servizi erogati nel bimestre novembre -dicembre e negli anni 1995 e 1996 alle predette, insediate nelle c.d. aree del Cratere, nelle quali erano stati realizzati a seguito del sisma del novembre 1980 insediamenti industriali per il rilancio dell’economia locale in attuazione della legge 219/81. Il Tribunale riteneva che la documentazione prodotta dal Consorzio -consistente in conteggi dei costi elaborati dalla società di servizi RAGIONE_SOCIALE, terzo gestore, recepiti dal Consorzi mediante delibere del Comitato Direttivo con riparto tra le società opponenti – non fosse idonea a fornire la prova del credito con riferimento agli importi vantati nei confronti di ciascun opponente.
Il consorzio RAGIONE_SOCIALE impugnava la decisione con atto di citazione del 28 novembre 2012, chiedendone la riforma con rigetto delle opposizioni; in via subordinata chiedeva la verifica della sussistenza dei crediti vantati nei confronti delle aziende appellate e la conferma, per quanto di ragione, delle ordinanze ingiunzione limitatamente alle somme risultanti dalla successiva delibera del Comitato Direttivo n.27/2000.
Instauratosi il contraddittorio, la Corte di appello di Salerno con la sentenza n. 687/2019 ha respinto il gravame, condannando l’appellante alle spese di lite.
Il Consorzio ha proposto ricorso chiedendo la cassazione della sentenza impugnata con tre mezzi, illustrati con memoria.
La società RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ha replicato con controricorso.
Le società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE, tutte rappresentate e difese congiuntamente dall’avvocato NOME COGNOME hanno replicato con controricorso e memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME ha depositato controricorso e memoria.
Sono rimasti intimate RAGIONE_SOCIALE, Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE PREFABBRICATI, Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
È stata disposta la trattazione camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. – Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 163, secondo comma, n. 3, e degli artt. 61 e 191 c.p.c., con riferimento al corretto inquadramento della domanda ed alla ammissibilità del ricorso alla consulenza tecnica di ufficio in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Il ricorrente, dopo aver ricordato che la CTU era stata in un primo momento ammessa e poi revocata in primo grado e che la Corte di Appello ha confermato la natura del giudizio di accertamento, determinato dalla opposizione all’ingiunzione ex r.d. 639/1910 proposta dalle aziende insediate, si duole che non abbia poi ritenuto ammissibile la consulenza tecnica d’ufficio al fine dell’accertamento delle somme richieste alle stesse ditte.
Secondo il Consorzio occorreva valutare, sulla base dei costi esposti dal Consorzio, relativi ai distinti nuclei industriali, se le tariffe applicate ai singoli servizi ed i prospetti dei costi addebitati alle singole aziende fossero corretti o dovessero essere rimodulati; il ricorrente deduce inoltre che i costi fissi erano rappresentati dalla manutenzione delle strade, dalla pubblica illuminazione, dalla raccolta e smaltimento dei rifiuti, commisurati sulla superficie dei singoli lotti e che i costi variabili erano sostanzialmente l’acqua e la depurazione e fognature, e sostiene che l’assunta mancata prova della quantità poteva al più interessare i costi variabili e non invece i costi fissi. Deduce quindi che la Corte di appello era incorsa in errore laddove non aveva ritenuto di ammettere la CTU in assenza di una effettiva motivazione che potesse far comprendere la legittimità o meno delle richieste del consorzio.
3. -Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n. 4, c.p.c., assumendo la mera apparenza della motivazione.
Secondo il ricorrente, la Corte di Appello di Salerno ha respinto l’appello sulla asserita carenza probatoria della documentazione prodotta dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE aderendo acriticamente alla decisione del primo giudice, ed assumendo la natura esplorativa della CTU sulla base della mera riproduzione dei principi in tema di onere probatorio, senza considerare che suo onere era quello di accertare l’ammontare del credito del Consorzio nei confronti delle singole ditte.
A proposito sostiene che il deliberato n.27/2000, prodotto sin dal primo grado, a suo parere, rappresentava un riepilogo specifico dei costi sostenuti dal Consorzio per le aree industriali di Oliveto Citra, Contursi, Palomonte e Buccino con tutta una serie di parametri per i singoli servizi in vista della definizione transattiva delle contestazioni mosse dalle parti.
-Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e 61 e 191 c.p.c. con riferimento al riparto degli oneri probatori in ragione della concertazione intervenuta, anche in tal caso in relazione alla mancata ammissione di consulenza tecnica d’ufficio in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Secondo il ricorrente, la concertazione intervenuta tra il Consorzio RAGIONE_SOCIALE con la partecipazione di RAGIONE_SOCIALE rispetto alla fruizione dei servizi determinava la necessità del controllo, da parte del Tribunale prima e della Corte di Appello poi, delle modalità del calcolo effettuate dal C.G.S. in nome e per conto del Consorzio RAGIONE_SOCIALE mediante consulenza tecnica d’ufficio.
In proposito il ricorrente RAGIONE_SOCIALE deduce in memoria che, contrariamente a quanto sostenuto dai controricorrenti, dal ricorso si evincerebbe chiaramente che il Consorzio RAGIONE_SOCIALE risulta essere creditore delle società resistenti per la mancata corresponsione dei canoni dovuti per i servizi erogati alle ditte insediate nelle aree del cratere salernitano costruite ex lege 219/81 per gli anni dal 1994 al 1996. Inoltre, deduce che il Consorzio RAGIONE_SOCIALE ha correttamente adempiuto al proprio onere probatorio di dimostrare di aver effettivamente fornito i servizi alle aziende insediate nel cratere. Tuttavia, a seguito della contestazione degli importi dovuti, il Consorzio aveva richiesto la nomina di CTU affinché, sulla base della documentazione in atti, venissero accertate le quote da attribuire a ciascuna delle aziende.
La contestazione giudiziale sarebbe infatti intervenuta soltanto rispetto alla quantificazione effettuata dal Consorzio in riferimento alle singole ditte.
5.- I motivi investono, da diverse angolazioni, la decisione della Corte di appello di non dare corso alla consulenza tecnica d’ufficio. Vanno trattati congiuntamente e disattesi.
-Va ricordato che il consulente nominato dal giudice, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza del
contraddittorio delle parti, può accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite, il cui accertamento si renda necessario al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che non si tratti dei fatti principali che è onere delle parti allegare a fondamento della domanda o delle eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio (Cass. Sez. U. n. 3086/2022) e che il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile in Cassazione (Cass. n.7472/2017; Cass. n.4853/2007).
Tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è consentito denunciare in Cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo. Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il ‘come’ ed il ‘quando’ tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività. (Cass. n. 7472/2017); inoltre, la relativa impugnazione soggiace alla preclusione derivante dalla regola della cd. “doppia conforme” di cui all’art. 348 -ter, comma 5, c.p.c. ( ratione temporis vigente) (Cass. n. 25281/2023).
Invero, la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi
legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. (Cass. n. 30218/2017; Cass. n. 10373/2019).
Vero, poi, che il giudice di merito è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione della consulenza proveniente da una delle parti (ad es.: Cass. n. 17399/2015; Cass. n.72/2011), va osservato che nel vigore nella nuova formulazione dell’art. 360, n. 5 c.p.c., risultante dall’art.54 d.l. n. 83/2012, convertito in legge n. 134/2012, è mancante ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U. n.8053/2014).
Nel caso in esame, regolamentato dalla norma sopra richiamata, occorre dunque prendere atto del fatto che il rigetto dell’istanza è stato oggetto di motivazione; fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U. n.8053/2014).
Ne consegue che non è allora sindacabile nella presente sede il giudizio espresso dalla Corte di merito in ordine all’insufficienza degli elementi probatori che avrebbero consentito l’esperimento dell’indagine peritale.
7.- Tanto premesso, si osserva che, nel caso in esame, contrariamente a quanto assume il ricorrente, la motivazione c’è e non è affatto apparente.
La Corte territoriale ha puntualmente motivato sulle ragioni per cui non ha ritenuto di disporre la CTU, osservando che la prova degli importi pretesi dal Consorzio, e cioè del fatto principale, non può trarsi dalle previsioni delle delibere nn.27/2000 e 61/2000, invocate dall’appellante a dimostrazione degli accordi intercorsi con l’associazione degli industriali di Salerno per la definizione del contenzioso esistente con le aziende del cratere per il periodo da novembre 1994 a tutto il 1999, perché questi provvedimenti, come già rilevato dal primo giudice, sono privi «di adeguata analiticità e determinatezza, oltre che di un riscontro documentale circa l’entità dei costi sostenuti» e perché sono accordi che stabiliscono quanto al futuro di disporre per la definizione della regolamentazione delle tariffe relative ai servizi forniti alle aziende del cratere dal C.G.S., mentre per il periodo pregresso relativo al 1994 -1998 (delibera n.27/2000) e 1999 (delibera 61/2000) le delibere si limitano ad elaborare i termini di una transazione, senza tuttavia che dagli atti risulti che la volontà espressa nelle delibere si sia concretizzata in validi ed efficaci atti di transazione conclusi con le società controparti.
La Corte d’appello ha quindi ricordato che il consorzio, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione ad ingiunzione ex art.3 del r.d. n.639/1910, era tenuto a provare i fatti costitutivi della propria pretesa ex art.2697 c.c., sia in relazione alla fornitura dei servizi che all’aspetto quantitativo della pretesa, e proprio su questo secondo aspetto si era focalizzata la
contestazione degli opponenti, accolta dal primo giudice sul rilievo dell’inidoneità della documentazione prodotta sostegno dell’ingiunzione a fornire prova adeguata della quantità e qualità dei servizi resi dal C.G.S. (terzo gestore) nell’ambito dei singoli insediamenti industriali del cratere, nonché dei costi fissi e dei costi variabili di gestione.
Su queste premesse, la Corte d’appello ha motivatamente respinto la sollecitazione a procedere a consulenza tecnica d’ufficio ritenendola effettivamente esplorativa perché il Consorzio non aveva dato conto, attraverso la produzione di opportuna documentazione tecnico contabile della quantità e qualità dei servizi resi, dei costi sostenuti e dei criteri adottati per il riparto di tali costi tra le aziende insediate, ma aveva fondato la sua pretesa su meri conteggi predisposti dal terzo gestore delle aree industriali, contenenti «l’esposizione delle tariffe applicate in generale ai vari servizi e i due prospetti di ripartizione dei costi tra le aziende intestati ‘ipotesi transattiva…’ senza alcun riferimento alla qualità e quantità dei servizi effettivamente forniti a ciascuna e senza alcuna indicazione dei criteri seguiti per la ripartizione» (fol. 11 della sent. imp.), conteggi recepiti dall’ente mediante le delibere del comitato direttivo prima ricordate.
Le plurime censure sostanzialmente sollecitano un diverso apprezzamento della documentazione versata in atti e delle delibere, in considerazione del quale prospettano la rilevanza della sollecitata CTU: ciò ne rende palese l’infondatezza perché la motivazione non è apparente e l’inammissibilità perché la rivalutazione del merito non è consentita in sede di legittimità.
8. -In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da
parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
-Rigetta il ricorso;
-Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in relazione a ciascuna costituzione di parti controricorrenti in euro 6.000.00=, oltre euro 200,00 per spese generali;
-Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater , del d.P .R. 30 maggio 2002, nel testo introdotto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima