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Onere della prova creditore: decreto ingiuntivo revocato

Un debitore si oppone a un decreto ingiuntivo per un presunto debito derivante da un finanziamento. La società creditrice, nel corso della causa, fornisce documenti contraddittori e non riesce a identificare con certezza il contratto su cui si fonda la pretesa. Il Tribunale accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo, sottolineando che l’onere della prova creditore non è stato soddisfatto, rendendo il credito incerto e illiquido.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova Creditore: Niente Prova, Niente Credito

L’onere della prova creditore è un principio cardine del nostro ordinamento giuridico: chi pretende un pagamento deve dimostrare in modo chiaro e inequivocabile il fondamento del proprio diritto. Una recente sentenza del Tribunale di Roma ribadisce con forza questa regola, revocando un decreto ingiuntivo a causa della documentazione confusa e contraddittoria prodotta dalla società creditrice. Questo caso evidenzia come l’incertezza probatoria si traduca inevitabilmente in una sconfitta processuale per chi agisce in giudizio.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dall’opposizione di un cittadino a un decreto ingiuntivo di oltre 41.000 euro, emesso su richiesta di una società specializzata nell’acquisto di crediti. Tale somma, secondo la creditrice, rappresentava il saldo residuo di un contratto di finanziamento originariamente stipulato con un noto istituto bancario.

Durante il giudizio di opposizione, però, sono emerse notevoli incongruenze. La società creditrice, infatti, ha ammesso che il numero di contratto indicato negli atti iniziali era frutto di un ‘mero errore materiale’. Ha quindi sostenuto che il debito derivasse da un altro contratto, di importo inferiore. Tuttavia, altri documenti depositati, come l’atto di cessione del credito e la lettera di diffida, facevano riferimento a un terzo numero di contratto, il cui importo corrispondeva a quello richiesto nel decreto ingiuntivo. Inspiegabilmente, quest’ultimo contratto non è mai stato prodotto in giudizio.

La Decisione del Tribunale e la Carenza di Prova del Creditore

Il Tribunale ha accolto l’opposizione del debitore, revocando il decreto ingiuntivo. Il giudice ha stabilito che la confusione documentale e le discrepanze tra i vari atti non permettevano di identificare con certezza né l’origine né l’ammontare esatto del credito vantato.

Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ricorda la sentenza, è un processo a cognizione piena in cui il creditore (convenuto opposto in senso formale) mantiene la posizione sostanziale di attore. Di conseguenza, su di lui grava l’onere della prova creditore, ovvero il dovere di dimostrare i fatti costitutivi della sua pretesa. Citando un fondamentale principio delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 13533/2001), il creditore deve provare la fonte del proprio diritto (il contratto) e il relativo termine di scadenza.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della decisione sono lineari e rigorose. Il giudice ha osservato che i diversi documenti allegati dalla società creditrice non solo non provavano il credito, ma creavano un quadro di totale incertezza. La mancata produzione del contratto di finanziamento effettivamente corrispondente alla somma richiesta ha reso impossibile verificare la fondatezza della pretesa.

L’insieme di queste mancanze ha portato il Tribunale a qualificare il credito come ‘incerto’ e ‘illiquido’. Quando il fatto su cui si basa la domanda del creditore è incerto e la prova è carente, la domanda deve essere respinta. La ‘carenza probatoria’, ha concluso il giudice, non può che essere addebitata alla parte che aveva l’obbligo di fornire la prova, ossia la società creditrice.

Le Conclusioni

La sentenza offre un importante monito per le società che gestiscono crediti: la precisione e la coerenza documentale non sono un optional. Un creditore non può pretendere il pagamento di una somma basandosi su prove confuse, incomplete o contraddittorie. L’onere della prova creditore richiede di fornire al giudice un quadro chiaro e univoco che giustifichi la richiesta. In assenza di tale prova, anche un credito potenzialmente esistente non può essere riconosciuto in sede giudiziaria. Per i debitori, questa decisione riafferma il diritto a una difesa piena, in cui la pretesa avversaria deve essere sostenuta da prove solide e non da semplici affermazioni o documenti disordinati.

Chi deve provare l’esistenza del credito in un’opposizione a decreto ingiuntivo?
Nel giudizio di opposizione, l’onere di provare i fatti costitutivi del credito spetta al creditore (parte opposta), il quale conserva la posizione sostanziale di attore e deve dimostrare la fonte del proprio diritto.

Cosa succede se il creditore fornisce documenti confusi o contraddittori a sostegno della sua pretesa?
Se i documenti prodotti non consentono una corretta identificazione del credito, rendendolo incerto e illiquido, il creditore non soddisfa l’onere della prova che grava su di lui. Di conseguenza, la sua pretesa viene respinta e il decreto ingiuntivo revocato.

È sufficiente per il creditore ammettere un ‘errore materiale’ per correggere la propria richiesta in corso di causa?
No. Se il creditore ammette un errore, deve comunque fornire prove complete e chiare del credito effettivo che intende far valere. La semplice ammissione dell’errore, senza produrre la documentazione corretta a supporto della nuova pretesa, non è sufficiente a superare la carenza probatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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