Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27112 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27112 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28967/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’Amministratore Delegato p.t., COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale p.t., COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec:
EMAIL;
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 1285/2022, depositata il 30/09/2022 e notificata il 4/10/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Con il decreto n. 63/2016 veniva ingiunto alla società RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE, il pagamento a favore RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, mandataria del RAGIONE_SOCIALE, il pagamento RAGIONE_SOCIALE complessiva somma di euro 19.994,35, IVA compresa, a titolo di oneri di gestione (costi fissi) e costi variabili determinati ai sensi degli artt. 10, 11, 12, 15 e 18 del contratto del maggio 2007.
La società RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE la ingiungente, eccependo, oltre alla carenza RAGIONE_SOCIALE propria legittimazione, l’inesistenza e l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE pretesa creditoria e il difetto di prova del credito ingiunto. Il CGS rilevava che il servizio di manutenzione RAGIONE_SOCIALE pubblica illuminazione non veniva reso e che di ciò si era tenuto conto, avendo previsto, all’art. 12, comma 2, del contratto una riduzione del 40%, e che quanto al servizio di raccolta R.S.U., atteso che dal 2011 in poi non veniva espletato, erano stati ridotti i corrispettivi dovuti da € 0,51 ad € 0,48 al mq, che gli altri servizi erano stati tutti regolarmente resi, contestava l’indeterminatezza dei consumi di risorse idriche e del consequenziale quantitativo di scarico dei reflui industriali (c.d. costi variabili perché dipendenti dai consumi effettivamente accertati), perché i consumi risultavano da letture mensili del contatore, timbrate e sottoscritte dallo stesso debitore, contestava il fatto che le attività rese per la generale manutenzione ed
amministrazione RAGIONE_SOCIALE rete stradale destinata all’utilizzo RAGIONE_SOCIALE comunità di persone insistente sul territorio del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sarebbero già svolte dall’ente locale preposto.
Con la comparsa conclusionale la società RAGIONE_SOCIALE contestava la nullità del contratto di fornitura, in forza delle sentenze nn. 490-495/2012 del Tar Campania che avevano annullato il provvedimento con cui il RAGIONE_SOCIALE aveva affidato al RAGIONE_SOCIALE l’affidamento RAGIONE_SOCIALE gestione delle aree industriali e tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali.
Il Tribunale, con la sentenza n.2348/2020, accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo n. 63/2016, proprio in forza RAGIONE_SOCIALE ritenuta nullità del contratto di fornitura del maggio 2007 conseguente all’annullamento del provvedimento con cui il RAGIONE_SOCIALE aveva conferito al RAGIONE_SOCIALE l’incarico di gestire l’area industriale.
La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n.1285/2022, pubblicata il 30/09/2022, ha rigettato l’appello , confermando la sentenza del giudice di prime cure.
Avverso la suindicata sentenza RAGIONE_SOCIALE corte di merito la società RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, formulando due motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La società RAGIONE_SOCIALE ha depositato anche memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ. dell’art.112 cod.proc.civ. cod.proc.civ.
Dopo aver riproposto il primo motivo di appello e le articolate argomentazioni a supporto con cui aveva lamentato l’erroneità
RAGIONE_SOCIALE sentenza del Tribunale per avere accolto la eccezione di nullità del contratto di fornitura, in forza delle pronunce n. 490495/2012 del Tar Campania, passate in giudicato, che avevano annullato le delibere con cui il RAGIONE_SOCIALE gli aveva conferito l’incarico di provvedere alla gestione delle aree industriali ex art. 32 RAGIONE_SOCIALE L. n. 218/1981 nonché l’incarico di ‘mandatario all’incasso’ dei canoni relativi ai servizi asseritamente erogati dalle aziende, nonché di tutti gli atti presupposti, collegati e consequenziali oltre all’annullamento RAGIONE_SOCIALE Convenzione del 27.03.1995 con la quale il RAGIONE_SOCIALE gli aveva affidato, con decorrenza dal 1°.11.1994, l’affidamento RAGIONE_SOCIALE gestione delle Aree industriali, il consorzio ricorrente lamenta l’omessa pronuncia RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello, giudicandola indispensabile ai fini RAGIONE_SOCIALE soluzione RAGIONE_SOCIALE controversia, perché ‘la pronuncia circa la validità o meno del contratto avrebbe chiarito definitivamente molti degli aspetti messi in dubbio dalla Corte territoriale, quali la legittimazione attiva RAGIONE_SOCIALE società ricorrente, l’ an RAGIONE_SOCIALE pretesa creditoria, la chiara determinazione dei servizi prestati e dei costi posti a carico dell’azienda con riferimento sia ai costi fissi che variabili, l’assenza RAGIONE_SOCIALE necessità RAGIONE_SOCIALE partecipazione delle aziende insediate nella loro determinazione, l’esatta tipologia e quantità dei servizi prestati, l’avvenuta prestazione dei servizi.
il giudice del gravame, omettendo di pronunciarsi sul primo motivo di appello, avente ad oggetto la pretesa nullità del contratto intercorso tra le parti sulla base di pronunzie del T.A.R. Campania rese nell’anno 2012, ma riferite ad ordinanze ingiunzioni emesse dal RAGIONE_SOCIALE per il periodo 1994-1999, allorché -prima che subentrassero le pronunzie RAGIONE_SOCIALE Suprema Corte circa la qualificazione dei crediti vantati dal RAGIONE_SOCIALE e dei rapporti intercorrenti con le aziende insediate come rapporti obbligatori di diritto privato -il RAGIONE_SOCIALE richiedeva i pagamenti dei
canoni e delle tariffe a mezzo ordinanza-ingiunzione amministrativa, avrebbe erroneamente ritenuto carente la prova dell’esistenza del credito e RAGIONE_SOCIALE sua entità, atteso che il contratto conteneva sia l’importo annuale accettato dall’appellata a titolo di corrispettivo per i servizi resi all’interno dell’area industriale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sia le tariffe relative alla fornitura idrica ed allo smaltimento dei reflui industriali dell’azienda nonché le modalità ed i termini RAGIONE_SOCIALE fornitura di tali servizi.
Il motivo è infondato.
La c orte d’appello, dopo aver dato atto dei due motivi di impugnazione e averne illustrato le argomentazioni, li ha esaminati congiuntamente per ragioni di connessione (p. 3 RAGIONE_SOCIALE sentenza) e li ha rigettati, ritenendo che ‘a prescindere dalla validità del contratto di fornitura stipulato nel maggio 2007′ in relazione alle decisioni del Tar Campania con le sentenze nn. 490-495 del 2012, l’appellante non avesse fornito idonea prova degli elementi costitutivi dell’asserito credito per i servizi, a tariffa fissa e variabile, di cui chiede il pagamento’ (p. 5).
Il che esclude che il giudice a quo sia incorso nel vizio di omessa pronuncia che gli viene rimproverato dal ricorrente.
Tantomeno è meritevole di accoglimento la censura con cui il ricorrente sembra voler contestare la decisione di assorbimento improprio che si evince dal fatto che la Corte d’appello ha confermato il rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo, ma, a differenza del Tribunale, non ha basato tale sua decisione sull’effetto demolitorio del giudicato amministrativo, bensì sull’omessa prova da parte del CGS dei fatti costitutivi RAGIONE_SOCIALE sua pretesa creditoria.
La decisione di rigetto è stata dalla corte di merito basata, infatti, su un analitico esame delle risultanze processuali, rispetto al quale la questione posta con il primo motivo di appello è parsa -senza
che argomenti conducenti in senso opposto siano emersi dal motivo di ricorso -irrilevante.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod.proc.civ. per mancata o erronea valutazione di elementi di prova nonché la violazione dell’art. 116 cod.proc.civ. sulla valutazione delle prove, e l’omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4 e n. 5, cod.proc.civ.
Le censure attingono la statuizione con cui la c orte d’appello, avvalendosi di una trama argomentativa piuttosto articolata e supportata da plurimi riferimenti fattuali, ha ritenuto non fornita la prova degli elementi costitutivi del credito per i servizi, a tariffa fissa e variabile, di cui CGS chiedeva il pagamento, valutando insufficiente la produzione in giudizio dei contratti di fornitura, delle fatture (peraltro prive di riferimenti in grado di collegarle all’RAGIONE_SOCIALE), e delle delibere del consorzio RAGIONE_SOCIALE (non avendo il consorzio RAGIONE_SOCIALE determinato criteri oggettivi e certi per fissare i costi unitari di ciascun servizio e per accertare i consumi imputabili ai singoli utenti, né mai chiarito le modalità di ripartizione dei costi) ed escludendo che la CTU avesse accertato i servizi resi dal consorzio e la quota dei costi fissi e variabili imputabili all’RAGIONE_SOCIALE.
Ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente , puntando l’accento sul fatto che non fossero stati specificamente individuati i consumi riferibili alla società RAGIONE_SOCIALE, la c orte d’appello non ha compreso la natura dei servizi erogati, i quali non andavano a vantaggio di una singola azienda, ma a favore dell’area industriale, ossia delle parti comuni a tutte le aziende ed esterne ai lotti di loro proprietà che in assenza di essi non avrebbero potuto svolgere la loro attività produttiva; in aggiunta, benché abbia escusso testi che avevano confermato l’avvenuta prestazione di ciascuno dei servizi di cui all’articolo 10 del regolamento contrattuale per gli anni in indagine e benché il CTU abbia inequivocabilmente attestato la natura
privata dell’area industriale e l’assenza di prestazione di servizi da parte del RAGIONE_SOCIALE all’interno dell’area industriale ASI, lo avrebbe ritenuto -erroneamente non tenuto a rendere alcuni servizi per l’area industriale e quindi a richiedere il pagamento del relativo corrispettivo per le annualità 2013 e 2014.
In sostanza, secondo il ricorrente le conclusioni del giudice a quo sarebbero in contrasto con gli esiti RAGIONE_SOCIALE CTU che avrebbero confermato che la gestione dell’area industriale e la conseguente sua manutenzione gli erano state affidate in via esclusiva, che il RAGIONE_SOCIALE non faceva pagare alle aziende alcuna tassa, che i viali interni dell’area industriale erano privati (di proprietà del RAGIONE_SOCIALE) ad uso pubblico, e con la documentazione fotografica che, a suo dire, evidenziava il sicuro espletamento di gran parte dei servizi di cui all’articolo 10 (strade perfette, pulite, con segnaletica stradale orizzontale e verticale ben evidente, con marciapiedi puliti e privi di erbacce, alberi in forma, con cunette e caditoie idonee a raccogliere le acque piovane).
In aggiunta, la Corte d’appello sarebbe giunta ‘perfino a mentire sulla ricollegabilità delle fatture offerte in prova ed allegate alla comparsa di costituzione di primo grado all’area industriale di RAGIONE_SOCIALE e quindi all’RAGIONE_SOCIALE‘, avrebbe omesso di considerare che la determinazione del corrispettivo dovuto dall’RAGIONE_SOCIALE era frutto RAGIONE_SOCIALE convenzione del 2007, avrebbe con disattenzione analizzato i documenti offerti in prova, non avrebbe considerato che le schede di lettura mensili recavano la sottoscrizione di un incaricato dell’ingiunta, che detta sottoscrizione non era stata disconosciuta, e che la lettura dei consumi avveniva sempre in contraddittorio.
Il motivo è inammissibile. L’inammissibilità deriva dal rilievo che le ragioni di doglianza formulate dal ricorrente – come risulta di ovvia evidenza dal loro stesso contenuto, per buona parte affidato ad un raccolta di stralci di deposizioni testimoniali, di prove
fotografiche, di spezzoni RAGIONE_SOCIALE CTU espletata nel giudizio di prime cure -non evidenziano affatto discrasie del procedimento motivazionale, bensì riguardano la valutazione delle risultanze procedimentali, come è stata operata dalla corte di merito e, riproponendo l’esame degli elementi fattuali già sottoposti ai giudici di seconde cure e da questi disattesi, mirano ad un’ulteriore e diversa valutazione delle stesse; e ciò sebbene a questa Corte non sia riconosciuto dalla legge il potere di riesaminare e valutare il merito RAGIONE_SOCIALE causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e RAGIONE_SOCIALE correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.
Né è stato dimostrato che la Corte d’appello abbia omesso l’esame di elementi contrastanti con quelli posti a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione adottata, attinenti a circostanze che, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa da quella adottata. Dallo sviluppo argomentativo RAGIONE_SOCIALE impugnata sentenza si evince che il giudice a quo ha preso in considerazione la CTU, le fatture, la restante produzione documentale, le testimonianze, le letture del contatore dei consumi idrici, pervenendo ciononostante alla conclusione del mancato assolvimento da parte dell’odierno ricorrente dell’onere di provare i fatti costitutivi RAGIONE_SOCIALE sua pretesa creditoria: in ordine a taluni servizi ha ritenuto facesse difetto la prova dell’a n per talaltri la prova del quantum .
La censura con cui il ricorrente lamenta che il giudice a quo abbia disatteso la CTU è priva di specificità e come tale è inammissibile (Cass. 04/03/2005, n. 4741 e successiva giurisprudenza); nondimeno, va considerato che la ragione RAGIONE_SOCIALE censura, fondata
sull’avere il giudice a quo assunto una decisione in contrasto con le risultanze RAGIONE_SOCIALE CTU, è in evidente contraddizione con quanto il ricorrente rappresenta a p. 13 del ricorso, ove a proposito RAGIONE_SOCIALE statuizione con cui la Corte d’appello ha ritenuto che il CTU non aveva accertato con esattezza i servizi resi dal RAGIONE_SOCIALE, la quota dei costi fissi e variabili imputabili all’RAGIONE_SOCIALE, la ricorrente lamenta che, considerati i questi assegnatigli, il CTU ‘mai avrebbe potuto soddisfare la richiesta’.
Né può farsi a meno di osservare che il costrutto argomentativo del ricorso evidenzia altre contraddizioni, atteso che il consorzio, dopo aver svolto argomentazioni volte a dimostrare la misurabilità dei servizi di cui la società RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa (senza pretesa di esaustività cfr. pp. 5, 9), si duole, poi, del fatto che la Corte d’appello, travisando la natura dei servizi resi all’area industriale, abbia ritenuto non dimostrata la quota dei costi fissi e variabili riferibili all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Va altresì rilevato che, secondo quanto ripetutamente chiarito da questa Corte, la violazione dell’art. 115 cod.proc.civ. (a tenore del quale “… il giudice deve porre a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero…”) è predicabile (solo) allorquando il giudice non abbia posto a fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione RAGIONE_SOCIALE norma, “il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 cod.proc.civ.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella
mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 cod.proc.civ., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove”” (principio affermato da Cass. 10/06/2016, n. 11892 e successivamente avallato anche da Cass., Sez. Un., 05/08/2016, n. 16598, in motivazione).
L’erroneo apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 cod.proc.civ., 1° comma, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che -per il tramite dell’art. 132 cod.proc.civ., n. 4,dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 10/6/2016, n. 11892).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente società RAGIONE_SOCIALE -con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario-, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.000,00, di cui euro 2.800,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, con distrazione al difensore dichiaratosi antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, a favore dell’ufficio del merito competente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio RAGIONE_SOCIALE Terza Sezione civile