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Onere della prova correntista: la Cassazione decide

Una società ha citato in giudizio un istituto di credito per addebiti ritenuti illeciti su due conti correnti, uno dei quali molto datato. A causa della mancanza di una documentazione completa, in particolare degli estratti conto, la richiesta è stata respinta nei primi due gradi di giudizio. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che l’onere della prova correntista non può essere aggirato. Il cliente non può pretendere che la banca fornisca documenti risalenti a oltre dieci anni prima, né può chiedere una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per colmare le proprie lacune probatorie.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova correntista: Chi deve provare gli addebiti illeciti?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel contenzioso bancario: l’onere della prova correntista è un caposaldo che non può essere eluso. Quando un cliente lamenta l’applicazione di interessi anatocistici, commissioni non dovute o tassi usurari, spetta a lui dimostrare le sue ragioni. Questo compito diventa particolarmente arduo in assenza di una documentazione completa, come la serie integrale degli estratti conto. Vediamo come la Suprema Corte ha affrontato un caso emblematico, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti della richiesta di documenti alla banca e sull’uso della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU).

I Fatti di Causa

Una società citava in giudizio il proprio istituto di credito, contestando la legittimità di diverse voci di addebito su due conti correnti, uno dei quali intrattenuto fin dal 1981. Le contestazioni includevano l’applicazione di interessi anatocistici trimestrali, spese non pattuite, commissioni di massimo scoperto e tassi di interesse ultralegali. La società chiedeva al Tribunale di ricalcolare il saldo e di condannare la banca alla restituzione delle somme indebitamente percepite.

Il problema principale per l’azienda era la mancanza di una parte significativa della documentazione, in particolare i primi dieci anni di estratti conto del rapporto più vecchio e diversi trimestri mancanti per entrambi i conti. Per superare questa lacuna, la società aveva chiesto al giudice di ordinare alla banca l’esibizione dei documenti mancanti e di nominare un CTU per la ricostruzione contabile. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le domande, ritenendo che la società non avesse assolto al proprio onere probatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito. I magistrati hanno chiarito in modo definitivo i confini dell’onere della prova correntista, specialmente in relazione agli strumenti processuali come l’ordine di esibizione e la CTU.

La Corte ha stabilito che la mancanza di una produzione documentale completa da parte del correntista impedisce di individuare analiticamente le poste contestate e, di conseguenza, di verificare la fondatezza delle pretese. L’assenza degli estratti conto integrali non consente di accertare gli addebiti, verificare i limiti degli affidamenti concessi e distinguere la natura delle rimesse (solutorie o ripristinatorie), un aspetto cruciale anche ai fini della prescrizione.

Limiti all’Ordine di Esibizione e l’onere della prova correntista

Un punto centrale della decisione riguarda l’istanza di esibizione documentale rivolta alla banca. La Cassazione ha confermato che il diritto del cliente di ottenere copia della documentazione, sancito dall’art. 119 del Testo Unico Bancario (TUB), è espressamente limitato agli ultimi dieci anni. Questo limite temporale non può essere aggirato attraverso l’ordine di esibizione previsto dall’art. 210 del codice di procedura civile.

Se la richiesta di esibizione in giudizio è la proiezione processuale del diritto sostanziale previsto dal TUB, essa non può che sottostare allo stesso limite decennale. Pertanto, la richiesta della società di ottenere documenti risalenti agli anni ’80 e ’90 è stata correttamente ritenuta inammissibile.

Il Ruolo della CTU Contabile

La Corte ha anche ribadito la funzione della Consulenza Tecnica d’Ufficio. La CTU è uno strumento di ausilio per il giudice nella valutazione di fatti già acquisiti al processo, non un mezzo per sopperire alle carenze probatorie di una parte. Nominare un perito per ricostruire decenni di rapporti bancari sulla base di una documentazione parziale avrebbe una finalità puramente “esplorativa”, finalità non consentita dalla legge.

le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio cardine dell’art. 2697 del codice civile: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel caso di un’azione di ripetizione di indebito bancario, è il correntista a dover dimostrare l’esistenza di pagamenti non dovuti. Tale prova richiede, di norma, la produzione del contratto e di tutti gli estratti conto periodici.

I giudici hanno specificato che, sebbene sia possibile ricorrere a mezzi di prova alternativi in caso di lacune documentali, la mancanza dei primi dieci anni di un rapporto ultraquarantennale e di numerosi altri periodi intermedi rende di fatto impossibile una ricostruzione attendibile del dare e dell’avere. Senza una base documentale solida, qualsiasi calcolo peritale sarebbe arbitrario e non potrebbe fondare una decisione di condanna.

le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre importanti implicazioni pratiche per i correntisti che intendono agire contro la propria banca. Prima di intraprendere un’azione legale, è fondamentale essere in possesso di una documentazione il più possibile completa. Il principio dell’onere della prova correntista implica che la responsabilità di conservare i documenti ricade, in primo luogo, sul cliente stesso. Pur avendo il diritto di richiedere alla banca la documentazione degli ultimi dieci anni, non è possibile pretendere documenti più risalenti. Affidarsi a una CTU per colmare vuoti probatori significativi è una strategia destinata al fallimento, poiché i giudici non possono ammettere consulenze con finalità meramente esplorative. La decisione riafferma la necessità di un approccio rigoroso e ben documentato per avere successo nel contenzioso bancario.

Un correntista può chiedere al giudice di ordinare alla banca la produzione di estratti conto più vecchi di dieci anni?
No. Secondo la Corte, il diritto del cliente di ottenere copia della documentazione bancaria, come stabilito dall’art. 119 del Testo Unico Bancario, è limitato agli ultimi dieci anni. Di conseguenza, un ordine di esibizione del giudice non può superare questo limite temporale, poiché è considerato la proiezione processuale di quel diritto sostanziale.

Se mancano alcuni estratti conto, il giudice è obbligato a nominare un CTU per ricostruire il saldo?
No. La nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) è una scelta discrezionale del giudice e non un obbligo. La CTU serve ad aiutare il giudice a valutare prove già esistenti, non a supplire alle carenze probatorie di una parte. Se la documentazione fornita dal correntista è troppo incompleta per consentire una ricostruzione attendibile del rapporto, la richiesta di CTU viene respinta perché avrebbe una finalità esplorativa, non consentita.

Chi ha l’onere della prova in una causa per la restituzione di somme indebitamente pagate alla banca?
L’onere della prova grava interamente sul correntista. È il cliente che deve dimostrare i fatti su cui si basa la sua richiesta, provando l’esistenza di addebiti illegittimi e non dovuti. Per farlo, deve produrre la documentazione necessaria, come i contratti e la serie completa degli estratti conto, per permettere una ricostruzione analitica dell’intero rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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