Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32210 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32210 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8513/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in TORINO CORSO COGNOME, 146 DOM DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che li rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME COGNOME
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE RAPPRESENTATA DA RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 702/2023 depositata il 31/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-La società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, quale titolare di alcuni rapporti Bancari regolati in conto corrente intrattenuti con Unicredit spa, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali fideiussori della correntista, hanno proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma che li ha condannati al pagamento della somma di 49.297,40 € in favore di Unicredit spa quale saldo passivo, ricalcolato, del conto corrente intrattenuto con la banca, rigettando le ulteriori domande ed eccezioni formulate dalla correntista e dai suoi fideiussori.
2.La Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado osservando in particolare per quel che qui interessa:
che il Tribunale aveva fatto corretto governo dell’onere della prova, che incombeva sugli attori che hanno instaurato il giudizio per ottenere ricalcolo del saldo attivo da opporre in compensazione all’eventuale saldo passivo maturato su altro conto corrente;
che la banca non era tenuta alla conservazione sine die della documentazione relativa al rapporto di conto corrente, trattandosi di un rapporto costituito con un soggetto diverso (la Cassa di Risparmio di Torino) chiuso sei anni prima dell’instaurazione del giudizio, e dei quale gli stessi attori non hanno saputo indicare neppure la data approssimativa in cui il rapporto sarebbe sorto ( precedentemente al 2000 );
che la richiesta di esibizione degli estratti conto ex art. 210 c.p.c. era inammissibile poiché: (i) l’ordine di esibizione, secondo l’orientamento della S.C., deve riguardare documenti specificamente indicati, (ii) non può supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio rispetto a documenti che la parte stessa poteva produrre, (iii) ai sensi dell’art. 94 c.p.c. deve trattarsi di documenti di cui l’altra parte è in possesso, mentre nella specie la banca ha validamente allegato che il contratto di conto corrente e gli estratti periodici non sono in suo possesso, trattandosi di documenti afferenti a contratto di cui parte attrice neppure aveva indicato la data di conclusione, stipulato con soggetto diverso e di rapporto chiuso sei anni prima del giudizio, dunque, per lo più, di documenti anteriori ai 10 anni che la banca non era tenuta a conservare;
il ricalcolo del saldo del conto corrente operato dal CTU non era stato possibile non tanto per il fatto che era stato effettuato utilizzando estratti conto scalari, bensì perché la documentazione era gravemente lacunosa, dimenticando ancora una volta gli appellanti che il giudizio non era stato instaurato da Unicredit per il pagamento del saldo ma dalla correntista e dai suoi fideiussori per ottenere l’accertamento della illegittimità degli addebiti operati sul
conto corrente (per anatocismo, c.m.s., interessi usurari) e per la restituzione dei relativi indebiti «pagamenti» in quanto privi di giustificazione causale, sicchè era su costoro che incombeva l’onere di provare l’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti mediante la produzione del contratto contenente le clausole contestate, senza poter invocare il principio della vicinanza della prova al fine di spostare il relativo onere in capo alla banca, (principio che non trova applicazioni quando ciascuna delle parti di regola acquisisce la disponibilità del documento all’atto della sua sottoscrizione);
che correttamente il Tribunale aveva fatto applicazione dei principi in materia di usura sopravvenuta affermati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte anche ai contratti di finanziamento in genere e non soltanto con riguardo ai contratti di mutuo, dovendo ribadirsi che le aperture di credito regolate in conto corrente rientrano nelle operazioni di finanziamento e sono soggette alla disciplina in materia di usura contenuta nella legge 108 del 1996 come interpretata da Cass. Sez. Un. n. 24675/2017, secondo cui quando il tasso degli interessi concordato tra le parti superi nel corso dello svolgimento del rapporto il tasso soglia determinato in base alle disposizioni della legge, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso la cui misura non ecceda tale soglia al momento della stipula.
2.1-Nel giudizio d’appello è intervenuta la costituzione in giudizio di Unicredit RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE; in seguito, nelle more del deposito degli scritti conclusivi Unicredit s.p.a si è costituita in proprio ed è intervenuta in giudizio la cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE
-Contro la sentenza d’appello hanno proposto ricorso O.M.A. di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME affidato a quattro motivi di cassazione. Unicredit s.p.a ha resistito con controricorso.
E’ intervenuta in giudizio RAGIONE_SOCIALE rappresentata da RAGIONE_SOCIALE– quale cessionaria da RAGIONE_SOCIALE di un portafoglio di crediti che ricomprende quello oggetto del presente giudizio, chiedendo l’estromissione di RAGIONE_SOCIALE dal giudizio.
E’ stata formulata una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c. La difesa di parte ricorrente ha chiesto la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso contiene i seguenti motivi.
1.1- Il primo motivo deduce violazione degli artt. 2697 c.c. e 116, 210 c.p.c., in quanto la Corte d’appello ha ritenuto giustificata la mancata esecuzione di controparte all’ordine di esibizione;
1.2- Il secondo motivo deduce violazione degli artt. 1421, 2697 c.c. e 112, 116, 210 c.p.c., 117 t.u.b., in quanto la Corte d’appello non ha ritenuto nullo il contratto di conto corrente per carenza di forma scritta, sebbene non prodotto dalla banca;
1.3- Il terzo motivo deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’ar.360 n.4 c.p.c. per violazione dell’art.111 comma VI Cost. e dell’art. 132 comma 2 n. 4 c. p.c. per l’assenza e l’apparenza della motivazione in relazione alla prova del contratto di conto corrente in quanto avrebbe ritenuto che il correntista possa provare l’esistenza del contratto asserendo che lo stesso era stato stipulato verbalmente, laddove detto contratto di conto corrente deve rivestire la forma scritta ad substantiam e a nulla rileva che il correntista provi per testi la sua stipula.
1.4- Il quarto motivo deduce violazione degli artt. 2697 c.c., 2697 c.c. e 112, 115 e 116 c.p.c., in quanto la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere provati gli assunti attorei sulla mera base dell’argomento di prova desumibile dalla mancata ottemperanza della banca all’ordine di esibizione.
2.- La proposta ha il tenore che segue.
« sono tutti inammissibili sotto plurimi profili, perché, da un lato, intendono riproporre un giudizio sul fatto, dall’altro sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 -bis, n. 1, c.p.c., non tenendo in conto i principi consolidati affermati dalla S.C., costituenti ormai jus receptum nella giurisprudenza di legittimità, ai quali si è correttamente attenuta la sentenza impugnata, in ordine all’applicazione della regola di giudizio enunciata dall’art. 2697 c.c., secondo cui (di recente, cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 25417 del 29/08/2023) in tema di conto corrente bancario, ove il cliente agisca per la restituzione d’importi illegittimamente addebitatigli sulla base di clausole contrattuali nulle, grava sull’attore l’onere di fornire la prova dell’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati, mediante la produzione del contratto contenente le predette clausole, non potendo egli invocare il principio di vicinanza della prova al fine di trasferire detto onere a carico della banca, dal momento che tale principio non opera quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione (Cass., Sez. I, 7/12/ 2022, n. 35979; 19/01/2022, n. 1550; Cass., Sez. VI, 31/12/2019, n. 33009); spetta altresì al correntista, in qualità di attore, l’onere di fornire la prova dell’andamento del rapporto, mediante la produzione degli estratti conto dai quali risultano le singole rimesse suscettibili di ripetizione o di altri documenti rappresentativi delle movimentazioni effettuate come le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o le risultanze delle scritture contabili (Cass., Sez. I, 27/12/2022, n. 37800; 28/11/2018, n. 30822; Cass., Sez. VI, 23/10/2017, n. 24948), ben potendo, tuttavia, eventuali lacune essere colmate sulla base di elementi aliunde acquisiti, quali le deduzioni svolte dalle parti o le risultanze di mezzi istruttori assunti d’ufficio e idonei a integrare la prova offerta (Cass., Sez. VI,
21/12/2020, n. 29190; Cass., Sez. I, 3/12/ 2018, n. 31187); né alcun rilievo può assumere, in proposito, l’obbligo della banca di conservare la documentazione relativa al contratto di conto corrente, dal momento che lo stesso, oltre a non estendersi alle operazioni compiute nel periodo anteriore agli ultimi dieci anni, ai sensi dell’art. 119 del d.lgs. n. 385 del 1993, non esclude l’operatività del generale onere di conservazione della documentazione rappresentativa dei propri diritti, il quale, però, gravando in modo indifferenziato su tutte le parti del rapporto, non può essere fatto valere, come pretenderebbe la ricorrente, al fine di trasferire sulla controparte l’onere di fornire la prova dei fatti che costituiscono il fondamento della propria pretesa (Cass. Sez. I, 29/11/2022, n. 35039);
[2. – Il terzo motivo, che deduce violazione degli artt. 111 cost. e 132 c.p.c. per motivazione assente o apparente, è manifestamente infondato, avendo la corte del merito ampiamente soddisfatto l’obbligo di motivazione effettiva e congruente ai principi sopra esposti»;
3.Il Collegio condivide le esaustive considerazioni circa l’inammissibilità dei motivi come illustrati nella PDA, alla luce di costanti arresti della Cassazione già richiamati nella decisione circa la distribuzione dell’onere della prova in siffatte fattispecie, ove il correntista pretende la ripetizione dell’indebito onde giungere alla rideterminazione del saldo del conto corrente, circa l’inammissibilità dell’ordine di esibizione ove esso tenda a supplire all’inevaso onere della prova che spetta -invece – alla parte che ne faccia richiesta, e circa la possibilità di fare ricorso ad ogni elemento utile alla ricostruzione del conto ove ciò sia possibile in ragione dei documenti offerti da chi ne ha il relativo onere, possibilità che costituisce oggetto di un giudizio di merito sui fatti allegati e provati in giudizio che è stata esclusa con una pronuncia conforme sia in primo che in secondo grado, la quale, nella misura in cui non
presenta le carenze che i ricorrenti denunciano sotto il profilo dei suoi requisiti minimi costituzionali -di cui al terzo mezzo – non è sindacabile in sede di legittimità.
─ Il ricorso va in conclusione respinto.
– Le spese processuali seguono la soccombenza.
6.1- Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis cpc ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità a firma del Presidente della sezione, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96, come testualmente previsto dall’art. 380 bis ultimo comma (« Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell’articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 »). L’art. 96 terzo comma, a sua volta, così dispone: « In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» . Il quarto comma aggiunge: « Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000 ».
6.2- Come chiarito dalle Sezoni Unite di questa Corte, si tratta di una disposizione (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di
una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione «altresì»). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale) » (Cass. Sez. Un. n.27433/2023, in motivazione).
6.3Quanto alla disciplina intertemporale sull’applicazione ai giudizi di cassazione delle disposizioni di cui all’art. 96 terzo e quarto comma c.p.c per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 bis nel testo riformato, le stesse Sezioni unite hanno affermato che « la predetta normativa -in deroga alla previsione generale contenuta nell’art. 35 comma 1 del Lgs. n. 149/2022 sia immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Ed infatti la norma di cui all’art. 380 bis c.p.c. (che nella parte finale richiama l’art. 96 commi 3 e 4) è destinata a trovare applicazione, come espressamente previsto dal co. 6 dell’art. 35 del D. Lgs. n. 149/2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio» (come, appunto, quello in esame). (Cass. Sez. U. 27 settembre 2023, n. 27433, in motivazione, ribadito da Cass. Sez. U. 13 ottobre 2023, n. 28540).
6.4- In definitiva, i ricorrenti vanno condannati in solido tra loro, nei confronti della controricorrente al pagamento della somma equitativamente determinata, avuto riguardo alla liquidazione dei compensi a favore di parte controricorrente, di euro 4.300,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE di NOME
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e NOME COGNOME; condanna i ricorrenti in solido fra loro, al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 4.300,00 in favore della parte controricorrente e dell’ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende. A i sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª