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Onere della prova: cooperativa e soci artigiani

Una società cooperativa ha impugnato una sentenza che la obbligava al versamento dei contributi per i suoi soci, sostenendo che fossero artigiani autonomi. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che la cooperativa non ha contestato il punto cruciale della decisione precedente: il mancato assolvimento dell’onere della prova riguardo la natura non subordinata del rapporto di lavoro. L’impugnazione si è concentrata su argomenti secondari, rendendola proceduralmente inefficace.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova: La Cassazione Sancisce l’Inammissibilità del Ricorso della Cooperativa

L’onere della prova rappresenta uno dei pilastri fondamentali del nostro ordinamento processuale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 31004/2024, lo ribadisce con forza in un caso che vede contrapposte una società cooperativa e l’istituto di previdenza sociale. La vicenda riguarda la corretta qualificazione del rapporto di lavoro dei soci e, di conseguenza, l’obbligo di versamento dei relativi contributi. La decisione sottolinea un importante principio procedurale: un ricorso è inammissibile se non contesta il cuore della decisione impugnata, la cosiddetta ratio decidendi.

I Fatti di Causa

Una società cooperativa si era vista rigettare, dalla Corte d’Appello, la propria domanda di accertamento negativo. In pratica, la cooperativa chiedeva al tribunale di dichiarare non dovuto il pagamento dei contributi previdenziali alla gestione lavoratori dipendenti per i propri soci. La tesi della società era che i soci fossero in realtà titolari di imprese artigiane e che il loro rapporto con la cooperativa non fosse di natura subordinata.

La Corte territoriale, riformando la decisione di primo grado, aveva dato torto alla cooperativa, ritenendo che quest’ultima non avesse adeguatamente provato né la qualità di artigiani dei soci, né la natura non subordinata del rapporto di lavoro. In sostanza, il giudice di secondo grado aveva posto l’onere della prova interamente a carico della cooperativa.

Onere della Prova: La Chiave di Volta del Contenzioso

Insoddisfatta della decisione, la società ha presentato ricorso in Cassazione. Il motivo del ricorso si concentrava su una presunta violazione di legge: la Corte d’Appello avrebbe errato nell’escludere che gli artigiani potessero riunirsi in una cooperativa mantenendo il proprio status, anche in caso di conferimento dell’impresa alla società.

Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto questo motivo di ricorso non pertinente al nucleo della decisione impugnata. La vera ragione della sentenza d’appello non era una disquisizione teorica sulla compatibilità tra status di artigiano e socio di cooperativa, bensì una constatazione prettamente processuale: il fallimento della cooperativa nel fornire le prove necessarie a sostegno della propria tesi.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione, nella sua ordinanza, spiega che il fulcro della decisione di merito, ovvero la ratio decidendi, risiedeva interamente sulla questione degli oneri di allegazione e prova. La cooperativa, agendo in giudizio per un accertamento negativo, aveva il compito di dimostrare i fatti costitutivi della sua pretesa: doveva provare che i rapporti con i soci non erano di lavoro subordinato e che, quindi, l’obbligo contributivo preteso dall’ente previdenziale non sussisteva.

L’argomentazione presentata nel ricorso, relativa alla possibilità per gli artigiani di associarsi in cooperativa, è stata qualificata dalla Corte come un’argomentazione ad abundantiam, ovvero un ragionamento accessorio e non essenziale per la decisione. Secondo la giurisprudenza costante, un motivo di ricorso per cassazione che censura un’argomentazione ad abundantiam è inammissibile. Non è possibile, infatti, scardinare una sentenza attaccando un punto che non ne costituisce il fondamento logico-giuridico.

Il ricorso, pertanto, non avendo colpito la vera ragione della decisione (il mancato assolvimento dell’onere della prova), è stato dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della società al pagamento delle spese processuali.

Le Conclusioni

Questa pronuncia offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce la centralità dell’onere della prova nelle controversie di lavoro e previdenziali. Chi afferma l’esistenza di un rapporto di lavoro non subordinato deve essere in grado di dimostrarlo con elementi concreti. In secondo luogo, evidenzia una regola fondamentale del processo di Cassazione: l’impugnazione deve essere mirata a criticare la ratio decidendi della sentenza, non argomentazioni secondarie o accessorie. Sbagliare obiettivo significa condannare il proprio ricorso all’inammissibilità, con spreco di tempo e risorse.

Perché il ricorso della cooperativa è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ha contestato un’argomentazione secondaria e non essenziale della sentenza d’appello (argomentazione ‘ad abundantiam’), invece di affrontare la vera ragione della decisione (‘ratio decidendi’), che era il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte della cooperativa stessa.

Su chi gravava l’onere della prova in questo specifico caso?
L’onere della prova gravava sulla società cooperativa. Poiché aveva avviato un’azione di accertamento negativo, era suo compito dimostrare i fatti a fondamento della sua richiesta, ossia provare che i suoi soci erano titolari d’impresa artigiana e che la natura del loro rapporto di lavoro non era subordinata.

La Corte si è espressa sulla possibilità per gli artigiani di riunirsi in cooperativa senza perdere il loro status?
No, la Corte di Cassazione non si è espressa nel merito di questa questione. Ha ritenuto che tale argomento fosse ‘ad abundantiam’ nella sentenza impugnata e, di conseguenza, non rilevante ai fini della decisione, che si è basata unicamente su un vizio procedurale del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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