Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9026 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9026 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6075/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4769/2023 depositata il 03/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 3.1.24 la corte d’appello di Roma, in riforma di sentenza del 9.9.20 del tribunale della stessa sede, ha dichiarato il diritto del lavoratore in epigrafe all’inquadramento nel secondo livello del contratto collettivo nazionale lavoro commercio per il periodo 27.6.15-22.3.19 per 49,50 ore settimanali ed ha condannato il datore a pagare euro 36.276 per differenza retributive 13ª 14ª straordinario e TFR; ha rigettato invece l’impugnativa del licenziamento.
In particolare la lavoratrice, preposta alla cassa e responsabile del magazzino, si era fatta portare in macchina da una cliente un televisore del valore di € 185, non registrato come acquisto, e solo dopo essere stata scoperta dalla vigilanza era ritornata in sede e aveva pagato; licenziata, era stata reintegrata dal primo giudice, che aveva rigettato, invece, la domanda per le pretese economiche; il giudice di primo grado ha dato rilievo decisivo al fatto che la lavoratrice non era ancora uscita dal locale. La corte d’appello ha riformato la decisione e confermato il licenziamento; quindi, ritenendo che la domanda per differente inquadramento (primo livello invece del quarto posseduto) include implicitamente la qualifica intermedia di secondo livello, detratte alcune voci e facendo riferimento ai conteggi prodotti, ha pronunciato condanna al pagamento delle relative somme come detto.
Avverso tale sentenza ricorre il datore per sei motivi articolati (nove doglianze), cui resiste il lavoratore con controricorso. Le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione -ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.degli articoli 112 e 115 c.p.c., per non avere la corte territoriale considerato l’eccezione , formulata in primo grado e reiterata nella memoria di appello, relativa all’omessa allegazione delle declaratorie contrattuali ed alla produzione di un contratto collettivo diverso da quello applicato dal datore (si trattava del sindacato autonomo invece di quello firmato da Cgil Cisl Uil, riconosciuto come applicato dal datore).
Il secondo motivo deduce violazione -ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.vizio di motivazione della sentenza impugnata per mancata considerazione della applicazione da parte del datore di lavoro di contratto collettivo nazionale di lavoro diverso da quello prodotto dalla lavoratrice, inapplicabile invece alla fattispecie.
Il terzo motivo deduce -ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione degli articoli 112 414 416 345 437, per omessa prospettazione di fatti e declaratorie contrattuali intermedie mai richiamate, nonché per pronuncia d’ufficio su qualifica intermedia mai richiesta; deduce altresì – ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. violazione dell’art. 118 att. c.p.c. per mancato rispetto del precedente richiamato in sentenza.
Il quarto motivo deduce violazione dell’articolo 2103 c.c., per avere trascurato che lavoratrice era addetta a mansioni promiscue.
Il quinto motivo deduce violazione dell’articolo 1362 c.c., per erronea interpretazione del contratto collettivo sul pagamento dello straordinario, escluso non solo per il gerente ma anche per il
caporeparto (che è la qualifica superiore qui invocata, ciò che la l’appello non ha invece considerato, essendo inquadrata come cassiera).
Il sesto motivo deduce violazione -ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c.degli articoli 112, 414 e 416 c.p.c., per assenza di domanda di indennità di cassa, nonché degli articoli 1362 c.c. e 218 contratto collettivo circa il pagamento dell’indennità di cassa, per non aver considerato che è prevista non per il solo maneggio di denaro ma anche responsabilità per ammanchi, e -ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c.per violazione dell’art. 130 per assenza della motivazione.
I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione. La doglianza del ricorrente è al riguardo fondata.
Intanto, a quanto consta dagli atti, la lavoratrice non ha indicato espressamente le declaratorie contrattuali invocate (al fine di inquadrarvi le mansioni svolte), ma si è limitata a presentare conteggi sulla base del contratto collettivo invocato.
In secondo luogo, il contratto collettivo invocato dalla lavoratrice è diverso da quello applicato dal datore di lavoro, il quale contratto per converso non risulta esser stato mai prodotto in atti.
In tale contesto, la sentenza impugnata ha fatto riferimento a declaratorie mai indicate dalla lavoratrice ed a contratto collettivo diverso da quello applicato dal datore, come risulta anche dalle affermazioni della parte convenuta, che riconosce espressamente nel controricorso che le declaratorie indicate dalla corte territoriale sono quelle del contratto prodotto dalla lavoratrice, di cui però non vi è prova alcuna di applicazione.
Il datore di lavoro aveva ritualmente introdotto in giudizio le sue difese avverso le evidenziate lacune dell’atto introduttivo, rilevando sin dalla memoria di costituzione sia la mancata indicazione delle declaratorie contrattuali proprie del contratto invocato, sia la non applicabilità del contratto invocato e l’applicazione di un contratto diverso (accompagnando tale indicazione con le fonti di prova del
fatto allegato: buste paga della lavoratrice e lettera di assunzione, che richiamavano contratto collettivo diverso da quello invocato dalla lavoratrice in questo giudizio).
Le deduzioni del datore sono decisive, assumendo rilievo sia per l’inquadramento del lavoratore che per le conseguenti eventuali differenze retributive invocate, e tuttavia non sono state considerate affatto dalla corte territoriale.
Ne deriva la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla medesima corte territoriale in diversa composizione per un nuovo esame.
Gli altri motivi restano assorbiti.
La sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio su esteso, va cassata e la causa va rimessa alla medesima corte d’appello in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 febbraio