Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14010 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14010 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23642 R.G. anno 2022 proposto da:
COGNOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME; ricorrente
contro
Unicredit RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME controricorrente avverso la sentenza avverso n. 897/2022 emessa dalla Corte di appello di L’Aquila il 22 giugno 2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. ─ La Corte di appello di L’Aquila ha respinto, in data 22 giugno 2022, l’impugnazione proposta da NOME COGNOME avverso la sentenza di
primo grado del Tribunale di Chieti: le due pronunce di merito sono state rese nel corso di una controversia vertente sugli asseriti illegittimi addebiti di interessi e commissioni operati da Unicredit s.p.a. con riferimento a un rapporto di conto corrente intrattenuto dalla banca col predetto appellante.
Per quanto qui rileva, con la decisione impugnata la Corte distrettuale ha disatteso la domanda attrice relativa agli interessi ultralegali e a alle spese «per omessa dimostrazione dell’asserito difetto di valida pattuizione (e quindi di nullità) delle relative clausole»
COGNOME COGNOME ha proposto un ricorso per cassazione basato su di un motivo.
Resiste con controricorso Unicredit.
E’ stata formulata, da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c.. A fronte di essa, parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Il Pubblico Ministero ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La proposta ha il tenore che segue:
«l ricorso appare infondato;
«il ricorrente deduce che la questione relativa all’inesistenza del contratto scritto venne proposta nella comparsa conclusionale di primo grado: non si vede, però, per quale motivo il Tribunale, prima, e la Corte di appello, poi avrebbero dovuto dichiarar e d’ufficio la nullità a fronte di tale semplice deduzione, posto che il presupposto per la declaratoria d’ufficio della nullità è che essa emerga dagli atti: il rilievo officioso si sarebbe giustificato se la circostanza fosse stata tempestivamente allega ta dall’attore e non contestata dal convenuto; è escluso, invece, che possa valorizzarsi, ai fini indicati, l’asserita mancata contestazione a un’allegazione tardiva, contenuta in un atto (lo scritto conclusionale) che ha un carattere meramente illustrativo delle conclusioni già fissate; tantomeno può attribuirsi rilievo alla condotta di non contestazione
tenuta dalla banca in appello, posto che l’onere di contestazione specifica dei fatti posti dall’attore a fondamento della domanda opera unicamente per il convenuto costituito e nell’ambito del solo giudizio di primo grado, nel quale soltanto si definiscono irretrattabilmente thema decidendum e thema probandum , sicché non rileva a tal fine la condotta processuale tenuta dalle parti in appello (Cass. 4 novembre 2015, n. 22461);
«il ricorrente assume, poi, che la scheda contrattuale venne richiesta con ricorso per ingiunzione prima dell’introduzione del giudizio, unitamente ad altra documentazione inerente al rapporto bancario e che nella circostanza la controparte mancò di provvedere alla consegna del detto scritto;
«la deduzione è priva però di concludenza: il ricorrente, non spiega, infatti, quali conseguenze discenderebbero da quanto da lui allegato;
«è appena il caso di aggiungere che l’inottemperanza della banca alla richiesta di documentazione da parte del cliente potrebbe assumere astrattamente rilievo ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di esibizione che fosse proposta nel corso del giudizio, posto che il diritto del cliente di ottenere, ex art. 119, comma 4, t.u.b. la consegna di copia della documentazione relativa alle operazioni dell’ultimo decennio può essere esercitato, nei confronti della banca inadempiente, attraverso un’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. nel corso di un giudizio, a condizione che la documentazione invocata sia stata precedentemente fatta oggetto di richiesta – non necessariamente stragiudiziale – e siano decorsi novanta giorni senza che l’istituto di credito abbia proceduto alla relativa consegna (Cass. 1 agosto 2022, n. 2386; Cass. 13 settembre 2021, n. 24641): tuttavia, chi impugna non fa questione del mancato accoglimento di una istanza nel senso indicato;
«è possibile inoltre evidenziare – per quanto il rilievo sia superfluo, stante la non decisività della censura basata sugli esiti del
procedimento monitorio – che, in ogni caso, secondo la Corte di appello, i documenti contrattuali dovevano ritenersi consegnati in esecuzione del provvedimento ingiuntivo: ed è, questo, un accertamento di fatto che sfugge al sindacato di legittimità;
«non coglie nel segno, da ultimo, quanto affermato in ricorso con riguardo al tema della vicinanza della prova: secondo la giurisprudenza della S.C., infatti, nei rapporti di conto corrente bancario, il cliente che agisca per ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate in presenza di clausole nulle, ha l’onere di provare l’inesistenza della causa giustificativa dei pagamenti effettuati mediante la produzione del contratto che contiene siffatte clausole, senza poter invocare il principio di vicinanza della prova al fine di spostare detto onere in capo alla banca, tenuto conto che tale principio non trova applicazione quando ciascuna delle parti, almeno di regola, acquisisce la disponibilità del documento al momento della sua sottoscrizione (Cass. 13 dicembre 2019, n. 33009; di recente: Cass. 3 luglio 2024, n. 18227; Cass. 29 febbraio 2024, n. 5369)»
Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni.
Il ricorso è dunque respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Trovano applicazione le statuizioni di cui all’art.96, comma 3 e comma 4, c.p.c. , giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore somma di euro 6.000,00 in favore della controricorrente; condanna il ricorrente al pagamento della somma di
euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione