Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30391 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30391 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1938/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
contro
BANCA
POPOLARE
NOME
ROMAGNA
SPA
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1789/2021 depositata il 10/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1. – RAGIONE_SOCIALE aveva convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Agrigento, chiedendone la condanna a restituire importi indebitamente percepiti nel corso del rapporto di conto corrente n. 12643303, previa declaratoria di nullità delle condizioni applicate al rapporto e conseguente rideterminazione a favore della correntista dei rapporti di dare-avere tra le parti.
– La banca si era costituita chiedendo il rigetto delle domande, per essere state tutte le condizioni applicate al rapporto di conto corrente con la società pattuite con contratto del 27.10.2003, e formulando domanda riconvenzionale di condanna della società e dei fideiussori, per la chiamata in causa dei quali pure instava con esito positivo, al pagamento del dovuto in relazione al contratto di finanziamento concluso il 9.3.2012 con RAGIONE_SOCIALE e garantito da NOME e NOME COGNOME, trattandosi di rapporto in sofferenza. La banca convenuta aveva richiesto utilmente anche la chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE, originaria titolare dei rapporti oggetto di discussione, ceduti il 27.11.2008, affinché essa fosse ritenuta responsabile delle eventuali irregolarità nella stipula del contratto e condannata a rivalere RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE per le somme da eventualmente corrispondere agli attori.
– Costituito ritualmente il contraddittorio tra tutti i soggetti coinvolti nel giudizio, all’esito dell’istruttoria esperita, comprensiva dello svolgimento di una CTU, il Tribunale di Agrigento aveva:
-) dichiarato illegittima la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, con espunzione dei relativi addebiti e con rideterminazione del saldo a credito di RAGIONE_SOCIALE per € 15.305,88;
-) riconosciuto la competenza arbitrale relativamente alla controversia tra la banca convenuta e la terza chiamata RAGIONE_SOCIALE, in presenza di clausola compromissoria inserita nel contratto di cessione di ramo di azienda;
-) condannato la banca convenuta al pagamento delle spese processuali.
– RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, aveva proposto appello in relazione a tutti i capi di decisione della sentenza di primo grado, lamentando l’errata valutazione delle risultanze istruttorie, l’omessa valorizzazione del fatto che i rapporti bancari oggetto di controversia erano ancora in corso al momento dell’introduzione del giudizio, l’omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione per il periodo precedente di oltre il decennio all’introduzione del giudizio e sulla domanda di condanna della società correntista e dei fideiussori, in realtà garanti autonomi, al pagamento del saldo dovuto per il contratto di finanziamento del 9.3.2012, l’errato rilievo attribuito alla clausola compromissoria con riguardo ai rapporti tra l’appellante e RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e NOME e NOME COGNOME avevano contrastato tutti i motivi di doglianza proposti dalla controparte che li coinvolgevano, chiedendo il rigetto dell’appello.
Si era costituita anche RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto della doglianza relativa alla valenza attribuita, in concreto, dal primo giudice alla clausola compromissoria presente nel contratto di cessione e aderendo a tutti gli altri motivi di appello riguardanti i rapporti con la società correntista e con i fideiussori.
– La Corte d’Appello di Palermo aveva accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE nei seguenti termini, dopo aver premesso l’inquadramento giuridico dell’articolarsi degli oneri probatori nell’ipotesi di giudizio introdotto dalla società correntista:
-) si deve sottolineare che l’attrice non ha prodotto il contratto di conto corrente e che l’argomentare difensivo perplesso della società tra il rilievo di nullità di singole clausole e l’inesistenza di documenti contrattuali regolarmente sottoscritti non è idoneo a spostare in capo alla banca, che invece ha allegato la conclusione del contratto in data 27.10.2003, l’onere di produzione del titolo negoziale (la produzione ad opera della banca della rinegoziazione del 2012 e non del contratto originario non può comportare automaticamente l’inesistenza di quest’ultimo);
per conseguenza, « nell’impossibilità di delibare il contratto di conto corrente le domande di nullità delle singole clausole di questo (commissione di massimo scoperto, spese, valute, capitalizzazione infrannuale dei soli interessi a debito) formulate dalla società correntista vanno respinte », tanto più che il CTU nel giudizio di primo grado aveva rilevato l’applicazione della capitalizzazione attiva e
passiva con pari periodicità trimestrale e la compatibilità del rapporto con la normativa antiusura;
-) è fondata la domanda di condanna a pagare sia a carico della società, sia a carico dei garanti effettivamente da qualificare come fideiussori, il residuo dovuto per il finanziamento contratto in data 9.3.2012; l’unica censura di nullità sollevata riguarda infatti la nullità del concesso finanziamento per il profilo causale, perché volto a ripianare il saldo passivo del conto corrente teorizzato come formato illecitamente, ed è risultata priva di fondamento;
-) rimane assorbita la questione riguardante la valenza della clausola compromissoria nei rapporti tra l’appellante e RAGIONE_SOCIALE
– COGNOME RAGIONE_SOCIALE e NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo articolando due motivi di doglianza.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso instando per la declaratoria di inammissibilità e comunque per il rigetto dell’impugnazione e riproponendo tutte le domande ed eccezioni svolte con argomentazioni nel merito.
RAGIONE_SOCIALE non ha depositato controricorso.
CONSIDERATO CHE
– I motivi di ricorso per cassazione proposti dai ricorrenti si articolano come segue.
7.1. – Primo motivo. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 co 1 n. 3 c.p.c. circa la violazione dell’art. 2697 c.c. e delle regole probatorie:
La Corte d’Appello di Palermo avrebbe ritenuto erroneamente che dalle allegazioni difensive non fosse e non sia possibile intendere se la correntista si dolga della mancata stipula del contratto in forma scritta oppure della incompletezza del regolamento negoziale per la mancata pattuizione degli addebiti. La motivazione della sentenza d’appello sarebbe altresì contraddittoria perché prima prospetta l’incertezza dell’allegazione difensiva in ordine alla nullità del contratto per carenza di forma scritta o alla nullità di singole clausole, poi afferma che dalle allegazioni della correntista non risulterebbe la contestazione circa la mancata conclusione per iscritto del contratto. In concreto, RAGIONE_SOCIALE avrebbe sempre sostenuto l’assenza di pattuizione ab origine del contratto e, dunque, delle relative clausole del rapporto
di credito per cui è causa; ciò emergerebbe, in particolare, dalle difese svolte dalla correntista che « sin dall’atto di citazione (si veda a pag.2) ha contestato proprio la mancata pattuizione dei tassi debitori, commissioni , … spese e di ogni condizione del contratto , concludendo che ciò ha comportato la violazione degli art.117 e 118 del Dlgs 385/93 (ove si prevede la redazione per iscritto del contratto)» (così si legge a pag.8 del ricorso: le parti in corsivo e le sottolineature sono riportate come nell’atto); sarebbe stato dunque onere della banca produrre i contratti giustificativi delle condizioni applicate ai rapporti in essere. La correntista avrebbe pertanto assolto l’onere della prova che le incombeva in ordine alla applicazione al rapporto di condizioni illegittime (interessi calcolati trimestralmente, tassi debitori ultralegali, spese e commissioni non pattuite), perché non pattuite validamente, allegando la documentazione completa relativa agli estratti conto. Sarebbero riscontrate, secondo i ricorrenti, anche la violazione della l. n.108/1996 quanto ai tassi applicati e l’illegittimità dell’anatocismo.
7.2. – Secondo motivo. Violazione e falsa applicazione della legge processuale ai sensi dell’art. 360 co 1 n.3 c.p.c. circa l’eccepita nullità del finanziamento
Con il finanziamento la banca avrebbe posto in essere un’operazione definibile autopagamento, al fine esclusivo di estinguere pregresse ed irrealistiche passività apparentemente portate dal c/c per cui è causa, a tutto vantaggio dell’istituto di credito stesso. La somma apparentemente mutuata sarebbe stata fatta confluire direttamente sul conto corrente con apertura di credito, permettendo così di azzerare il saldo e rientrare dallo sconfinamento, non realizzando una causa di finanziamento ma « una differente e simulata causa di garanzia per la RAGIONE_SOCIALE », che si sarebbe così assicurata artatamente l’azzeramento dell’apparente saldo senza reale trasferimento di denaro. Il finanziamento avrebbe quindi causa carente o illecita, ex art. 1418 c.c., stante l’assenza dell’indefettibile presupposto della consegna del denaro e la destinazione a finalità differenti da quelle dell’attività di impresa.
RITENUTO CHE
8. – Il ricorso va respinto.
8.1. – Quanto al primo motivo di ricorso, come sopra riassunto, si osserva quanto segue.
I ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello avrebbe mal identificato i termini delle domande proposte e richiamano, a tale proposito, il contenuto dell’atto di citazione per il primo grado. Viene in particolare in questione l’interpretazione del fondamento offerto dalla società correntista alla domanda di ripetizione di indebito incidente sull’identificazione degli oneri probatori: se, cioè, fosse stata fatta valere l’assenza di contratto in forma scritta o l’assenza di pattuizione scritta di clausole in relazione alle condizioni in concreto applicate e/o modificate nel tempo.
In proposito la Corte d’Appello ha ritenuto insuperabile l’ambiguità dell’allegazione della società correntista e la conseguente insussistenza dei presupposti per affermare che la società avesse agito sul presupposto della assenza di un valido contratto, sola situazione che avrebbe determinato lo spostamento dell’onere della prova a carico della banca in ordine all’esistenza effettiva del contratto di conto corrente iniziale, secondo i principi enunciati dalla decisione n. 6480/2021 di questa Corte, correttamente richiamata dal giudice di merito.
A fronte di ciò RAGIONE_SOCIALE, che afferma di aver fin dall’introduzione del giudizio inteso affermare l’assenza di un contratto scritto di conto corrente, avrebbe dovuto prima di tutto riportare nel ricorso, in ottemperanza al principio di autosufficienza dello stesso, i passaggi dell’atto introduttivo di primo grado (ed eventualmente della memoria ex art. 183 co. VI n. 1 c.p.c.), da cui desumere univocamente che oggetto di contestazione era proprio e prima di tutto l’esistenza stessa di un contratto di conto corrente iniziale in forma scritta, e non solo la legittimità delle clausole/condizioni, originarie o successivamente applicate al rapporto, operative in relazione ai profili di addebito fondanti, nella prospettazione della parte, l’azione di ripetizione.
L’unico richiamo testuale (riportato del resto nella motivazione della sentenza impugnata, a pag.13) operato dalla ricorrente, che riguarda il solo atto di citazione, non fa riferimento specifico all’inesistenza del contratto di conto corrente originario e nemmeno permette di ritenere implicita l’allegazione della nullità, perché la nullità radicale del contratto non è il presupposto necessario delle domande svolte essendo le stesse idoneamente supportate anche dalla sola ipotesi di nullità delle singole clausole relative alle condizioni negoziali concretamente contestate. A fronte della rilevata inadeguatezza del dato testuale, questo contenuto della domanda dovrebbe essere desunto, nella prospettazione della ricorrente, dall’interpretazione del complesso delle difese svolte nei diversi gradi di giudizio di merito, ma così non è; i termini della domanda devono essere definiti chiaramente quantomeno con la prima memoria ex art. 183 c.p.c. – come richiede(va, secondo le disposizioni previgenti
applicabili alla controversia sub iudice ) il codice di rito e come deriva dalla necessità di assicurare il rispetto dei diritti di difesa e di contraddittorio che la previsione di termini preclusivi per la formazione del thema decidendum pure tutela – e dovevano essere indicati dalla ricorrente e riportati nel ricorso i punti in cui essi erano stati espressi nel senso di escludere l’esistenza del contratto, in tesi disattesi e/o mal interpretati dal Giudice di merito.
Al di fuori della situazione esposta – che sola potrebbe supportare una violazione di legge in relazione all’identificazione dell’articolarsi degli oneri probatori conseguenti all’interpretazione della domanda -, che non ricorre nel caso di specie, le considerazioni svolte come primo motivo di ricorso si sostanziano in una critica all’interpretazione della domanda operata dalla Corte d’Appello, incensurabile in questa sede (Cass. 21 dicembre 2017, n. 30684).
8.2. – Quanto al secondo motivo di ricorso, si osserva quanto segue.
L’unica questione di nullità del contratto di finanziamento esaminata nella sentenza impugnata ha riguardato l’illegittimità dell’utilizzo dello stesso come strumento per ripianare il saldo negativo – secondo la tesi di parte ricorrente insussistente – del conto corrente, attraverso una allegata forma di « autofinanziamento » della banca, la quale si sarebbe avvantaggiata anche per l’ottenimento di garanzia fideiussoria.
Su questo la Corte d’Appello ha compiutamente risposto, rilevando in primis come il rigetto delle domande svolte in relazione a illegittimità riguardanti il conto corrente escludeva che si possa ipotizzare l’illegittimità del saldo negativo di esso, ripianato con l’operazione di finanziamento.
A fronte di tale prospettazione, il motivo ora in esame, pur coltivando la tesi secondo cui non vi sarebbe stato alcun debito da ripianare, attesa la nullità del contratto di conto corrente, tesi che rimane evidentemente travolta dalla reiezione del primo mezzo, avanza una ulteriore tesi totalmente nuova e diversa, e cioè che il mutuo fosse comunque in se stesso affetto da nullità per essere consistito in una mera operazione contabile volta al ripianamento del debito, operazione tale da non poter essere ricondotta alla figura del mutuo, che è contratto reale e richiede pertanto la traditio della somma mutuata: ma in tal modo la censura finisce per pretendere che la nullità venga rilevata ex novo in questa sede di legittimità, il che è impossibile, dal momento che le (ipotetiche) nullità negoziali che non siano state rilevate d’ufficio in primo grado sono sì suscettibili di tale rilievo in grado di appello o dinanzi alla Corte di cassazione, ma solo a condizione che i relativi fatti costitutivi emergano ex actis e
siano stati ritualmente introdotti dalle parti entro i limiti delle scansioni processuali previste (Cass. n. 20713/2023 tra le tante), il che nella specie non è (in particolare in punto di effettiva consegna della somma, in forma reale o simbolica), con l’ulteriore conseguenza che neppure occorre soprassedere alla decisione in ragione della rimessione alle sezioni unite della questione del mutuo solutorio (Cass., 10 luglio 2024, n. 18903).
– Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE e NOME e NOME COGNOME a rimborsare a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. le sese processuali della presente fase di giudizio, che liquida complessivamente nell’importo di € 7.000,00, oltre € 200,00 per anticipazioni e oltre oneri di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13 comma 1 bis .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte