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Onere della prova contratto bancario: la Cassazione

Una società correntista ha citato in giudizio una banca per la restituzione di somme indebitamente percepite. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda perché la società non aveva prodotto il contratto, invertendo di fatto l’onere della prova. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che, in caso di contestazione sulla forma scritta del contratto, spetta alla banca dimostrarne l’esistenza. La Suprema Corte ha inoltre affermato che la prova dei movimenti bancari può essere fornita anche tramite documenti alternativi, come gli estratti conto scalari, validando l’operato del consulente tecnico.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova contratto bancario: la Cassazione chiarisce chi deve produrlo in giudizio

Con l’ordinanza n. 16521 del 13 giugno 2024, la Corte di Cassazione ha offerto un’importante precisazione sull’onere della prova nel contratto bancario, specialmente quando il cliente ne contesta l’esistenza per difetto di forma scritta. Questa decisione ribalta un orientamento che spesso penalizzava il correntista, stabilendo principi chiari sulla ripartizione delle responsabilità probatorie tra le parti e sulla validità di prove alternative per la ricostruzione dei rapporti dare/avere.

Il Caso: La Richiesta di Restituzione e il Contratto Mancante

Una società avviava una causa contro il proprio istituto di credito per ottenere la restituzione di somme che riteneva indebitamente pagate. Le contestazioni riguardavano l’applicazione di interessi anatocistici, tassi ultralegali e commissioni di massimo scoperto. Il fondamento della richiesta era la nullità delle pattuizioni applicate dalla banca, in quanto il contratto di conto corrente non era mai stato prodotto in giudizio e, secondo la società, era nullo per vizio di forma.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, aveva rigettato la domanda della società. La motivazione dei giudici di secondo grado si basava su un’interpretazione rigida dell’onere della prova: non avendo la società correntista prodotto il contratto, non poteva dimostrare la fondatezza delle proprie pretese. In pratica, la mancanza del documento era stata fatta ricadere interamente sul cliente.

L’inversione dell’onere della prova nel contratto bancario

La società ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c.) e sulla valutazione delle prove (artt. 115 e 116 c.p.c.). La Suprema Corte ha accolto i motivi di ricorso, delineando un principio di diritto fondamentale.

I giudici hanno chiarito che, sebbene la regola generale della condictio indebiti (azione di ripetizione dell’indebito) imponga a chi agisce di provare sia il pagamento sia la mancanza di una causa debendi (un titolo giustificativo), tale regola va modulata in base alle specifiche allegazioni delle parti.

Quando il cliente basa la propria azione sulla nullità del contratto per assenza della forma scritta, si configura una situazione particolare. Se la banca, per difendersi, sostiene che un contratto valido e scritto esista, l’onere di produrre tale documento grava su di essa. Non si può, infatti, imporre al correntista la prova di un fatto negativo, ovvero la non esistenza di un documento.

La validità delle prove alternative e della CTU

Un altro punto cruciale affrontato dalla Cassazione riguarda la valutazione delle risultanze della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). La Corte d’Appello aveva giudicato inattendibile la perizia perché basata su una documentazione incompleta, in particolare sugli estratti conto scalari anziché su tutti gli estratti conto mensili.

Anche su questo fronte, la Suprema Corte ha cassato la decisione. Ha ribadito un principio consolidato: la prova dei movimenti di un conto corrente può essere desunta anche aliunde, cioè da fonti diverse rispetto alla produzione integrale degli estratti conto. I riassunti scalari, insieme ad altri documenti, possono essere utilizzati dal consulente tecnico e dal giudice per ricostruire in modo attendibile i saldi, purché forniscano indicazioni certe e complete. L’approccio della Corte d’Appello, che aveva bocciato a priori l’operato del perito, è stato quindi ritenuto errato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento giuridico che distingue due scenari. Se la conclusione verbale del contratto è un fatto pacifico tra le parti, il giudice deve dichiararne la nullità integrale. Se, invece, il cliente lamenta la mancanza della forma scritta e la banca contesta tale affermazione sostenendo l’esistenza di un valido contratto, spetta alla banca stessa fornire la prova documentale. Come si legge nell’ordinanza, ‘non può gravarsi il correntista, attore in giudizio, della prova negativa della documentazione dell’accordo, incombendo semmai alla banca convenuta di darne positivo riscontro’.

Inoltre, per quanto riguarda l’aspetto probatorio dei movimenti contabili, la Cassazione ha sottolineato che il giudice di merito ha il potere-dovere di ricostruire i saldi anche in presenza di una produzione documentale parziale. L’utilizzo di mezzi di prova ulteriori, inclusa la ricostruzione operata dal CTU sulla base di riassunti scalari, è pienamente legittimo se l’accertamento del consulente è ritenuto, nel suo complesso, attendibile e logico. Di conseguenza, rigettare la domanda del cliente solo perché non sono stati prodotti tutti gli estratti conto mensili costituisce un errore di diritto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la posizione del correntista nelle controversie bancarie in cui il contratto originale non è reperibile. Il cliente che agisce per la nullità non è più costretto a una ‘prova diabolica’, ma può legittimamente affermare l’inesistenza del documento, spostando l’onere della prova sulla banca.

In secondo luogo, la decisione valorizza il ruolo della CTU e la possibilità di utilizzare prove documentali alternative. Questo impedisce che le cause di ripetizione dell’indebito si arenino per la semplice mancanza di alcuni estratti conto, consentendo una ricostruzione più flessibile e sostanziale dei rapporti tra banca e cliente. Le banche, d’altra parte, sono chiamate a una maggiore diligenza nella conservazione e produzione della documentazione contrattuale, non potendo più fare affidamento su una lacuna probatoria del cliente per respingere le sue legittime richieste.

A chi spetta l’onere della prova se il correntista lamenta la nullità del contratto bancario per difetto di forma scritta?
L’onere della prova spetta alla banca. Se il cliente contesta l’esistenza di un contratto scritto e la banca sostiene il contrario, è l’istituto di credito a dover produrre il documento in giudizio per dimostrarne la valida conclusione.

È possibile utilizzare gli estratti conto scalari per ricostruire i movimenti del conto se mancano gli estratti conto completi?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la prova dei movimenti del conto può desumersi anche da documenti diversi dagli estratti conto mensili, come i riassunti scalari, attraverso una ricostruzione operata da un consulente tecnico d’ufficio (CTU), purché l’accertamento sia idoneo a fornire indicazioni certe e complete.

Cosa succede se la banca non produce il contratto scritto quando la sua esistenza è contestata dal cliente?
Se la banca non fornisce la prova dell’esistenza di un valido contratto scritto, il giudice deve prendere atto della nullità del negozio per difetto di forma. Di conseguenza, le pattuizioni che derogano alle norme di legge (come interessi ultralegali o anatocismo) non possono essere considerate valide e le somme indebitamente percepite devono essere restituite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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