Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11074 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11074 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6556 R.G. anno 2024 proposto da:
COGNOME NOME, Treemme RAGIONE_SOCIALE e COGNOME Bruno , rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME
ricorrenti
contro
Banca di Credito Cooperativo dei Castelli e degli Iblei RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘a vvocato NOME COGNOME controricorrente avverso la sentenza n. 302/2023 del 1 settembre 2023 della Corte di appello di Caltanissetta.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. ─ NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME ricorrono per quattro mezzi, nei confronti della Banca di Credito Cooperativo dei Castelli e degli Iblei soc. coopRAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza del 1 settembre 2023 con cui la C orte d’appello di Caltanissetta, provvedendo in riforma di sentenza del Tribunale di Gela, ha respinto sia l’ opposizione al decreto ingiuntivo di pagamento della somma di euro 53.170,51 sia la domanda riconvenzionale proposta nel giudizio ex art. 645 c.p.c..
Con la citazione introduttiva del giudizio gli odierni ricorrenti avevano dedotto che il rapporto di apertura di credito in conto corrente al quale era riconducibile il credito azionato non era sorto nel 2005 ma nell’anno 1979 ; avevano inoltre eccepito «la nullità delle clausole afferenti al tasso di interesse passivo applicato, alla capitalizzazione trimestrale degli interessi e ad ogni altra condizione economica favorevole alla banca opposta, ivi inclusa la commissione di massimo scoperto», mentre i soli NOMECOGNOME nella loro veste di fideiussori, avevano domandato che i contratti da loro sottoscritti venissero «dichiarati nulli o comunque risolti perché stipulati in violazione dell’art. 1938 c.c. ».
RAGIONE_SOCIALE Banca di Credito Cooperativo dei Castelli e degli Iblei RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso
2 . ─ E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, la parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-La proposta ha il tenore che segue:
« Il primo mezzo denuncia: ‘ Violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’.
«Il secondo mezzo denuncia: ‘ Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.’ .
«Il terzo mezzo denuncia: ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1283, 1284, 2697 c.c. e degli artt. 117 e 120 t.u.b., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; nullità della sentenza per omessa motivazione in violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.’ .
«Il quarto mezzo denuncia: ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2033 c.c., dell’art. 61 c.p.c., nonché degli artt. 1283, 1284, c.c. e 117 e 120 testo unico bancario, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. ‘ .
«Ritenuto che il ricorso è palesemente inammissibile.
«È palesemente inammissibile il primo mezzo.
« L’intero ricorso è diretto a valorizzare una circostanza, a dire della parte ricorrente decisiva: secondo quest’ultima, difatti, il rapporto di conto corrente intercorso tra le parti avrebbe avuto inizio non già nel 2005, come sostenuto dalla banca, bensì negli anni 70 del secolo scorso, di guisa che la ricorrente in monitorio, la banca, avrebbe dovuto comprovare il proprio credito a mezzo della produzione di documentazione riferita all’intero arco di durata tempo rale del rapporto, e non al solo periodo post 2005.
«Questa tesi, tuttavia, manca di fondamento.
«È nozione elementare che la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere,
poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949).
«Nel caso di specie è la stessa parte ricorrente a riconoscere che la C orte d’appello ha rettamente applicato le regole del riparto dell’onere probatorio, affermando quanto segue: ‘ Corretta è, nella sentenza impugnata, la premessa sulla distribuzione dell’onere della prova nel giudizio in cui la banca abbia richiesto il pagamento del saldo passivo del conto ‘ (pagina 12 del ricorso). Questa affermazione è però seguita dall’obiezione secondo cui ‘ la Corte di merito ha, poi, fatto falsa applicazione della regola predetta, laddove si è in sentenza ritenuta la produzione degli estratti conto per il solo periodo successivo al 2005. Con ciò mancando totalmente di considerare che la dimostrazione del presunto saldo passivo di conto corrente richiedeva la precisa e puntuale prova dell’andamento del rapporto per l’intera durata del suo svolgimento, a partire dalla sua apertura ‘ .
« Orbene, seppure l’affermazione or ora trascritta fosse vera, la denuncia di violazione dell’articolo 2697 c.c. si rivelerebbe comunque del tutto fallace, dal momento che il giudice di merito non avrebbe operato ponendo a carico dell’una parte l’onere proba torio gravante invece sull’altra, ma avrebbe invece errato nel ritenere sufficiente la documentazione prodotta dalla banca: e cioè non avrebbe violato le regole del riparto dell’onere probatorio, ma avrebbe mal governato il materiale istruttorio disponib ile, il che con la violazione dell’articolo 2697 c.c., come si è poc’anzi detto, non ha nulla a che vedere.
« E, però, l’affermazione svolta in ricorso, così come sopra trascritta, è erronea e, in realtà, si disinteressa della motivazione addotta dal giudice di merito e, in definitiva, risulta essere estranea alla
ratio decidendi che sorregge la sentenza impugnata.
«Ed invero, la Corte territoriale non ha affatto omesso di considerare che tra le parti si assumeva avesse avuto luogo un pregresso rapporto negoziale, ma ha ritenuto, con affermazione che non è neppure specificamente censurata, che il contratto di conto corrente stipulato nel 2005 fosse un nuovo contratto e che, cioè, il rapporto tra le parti avesse avuto più d’una soluzione di continuità, essendo stato in particolare stipulato l’ultimo contratto, nell’anno indicato, a condizioni totalmente nuove rispetto alle precedenti: ‘ Premesso che la dedotta circostanza della decorrenza del rapporto a decorrere dall’anno 1979 riposa unicamente sulla labiale affermazione che ne è stata fatta, è da ritenere al riguardo che, all’iniziale contratto di conto corrente, ne siano succeduti altri nel tempo, a mezzo dei quali le parti hanno previsto nuove condizioni contrattuali, differenti tassi di interesse e nuove garanzie fideiussorie ‘ .
«Va da sé che viene in tal modo a cadere anche la denuncia di vizio motivazionale, peraltro formulata senza considerare la giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo la quale la riforma del 2012 del giudizio di cassazione ha ridotto l’obbligo motivazionale al minimo costituzionale, soglia che è violata nelle sole quattro ipotesi enumerate dalla nota decisione delle Sezioni Unite numero 8053 del 2014: violazione nel caso di specie senz’altro da escludersi.
«Il secondo mezzo è parimenti inammissibile.
«La circostanza che il giudice di merito non avrebbe considerato è nuovamente quella concernente la data di esordio del rapporto: anche in questo caso, dunque, la censura è svolta nel pieno disinteresse per ciò che il giudice di merito ha realmente affermato, e cioè che il contratto di conto corrente del 2005 era un nuovo contratto, sicché la documentazione che la banca doveva produrre per comprovare il proprio credito era soltanto quella concernente il periodo successivo al 2005.
«Anche il terzo mezzo è palesemente inammissibile.
«Quanto alla domanda principale, spiegata dalla banca in INDIRIZZO, la C orte d’appello ha osservato che: ‘ La documentazione conferita da parte opposta nell’odierno giudizio, dunque, appare adeguata e congrua a dimostrare il diritto della creditrice per la somma indicata, mentre, per converso, nessuna prova delle proprie allegazioni ha fornito la parte appellante, la quale si è limitata a svolgere contestazioni generiche, non circostanziate, contrastanti con la documentazione versata in atti e prive all’evidenza di fondamento probatorio ‘ .
«Nel motivo di ricorso, viceversa, si sostiene che la Corte d’appello non avrebbe scrutinato ‘ le questioni puntualmente dedotte dagli odierni ricorrenti con la opposizione a decreto ingiuntivo e riproposte con l’atto di citazione in appello, in ordine alle nullità delle clausole applicate ed alla illegittimità degli addebiti operati ‘ .
«Ma, ovviamente, per sostenere un simile assunto e rendere il motivo non già del tutto generico e aspecifico, quale invece è, bensì dotato del necessario coefficiente di specificità, i ricorrenti avrebbero dovuto spiegare perché mai le loro contestazioni non fossero generiche e fossero invece circostanziate e confortate dalla documentazione versata in atti. Di ciò nel ricorso non c’è traccia.
«A pagina 17 del ricorso viene trascritto uno stralcio del contenuto del contratto di conto corrente del 2005, stralcio ‘ seguito dalle norme contrattuali e senza alcuna previsione negoziale sulle condizioni economiche) sia per il periodo precedente, in relazione al quale la banca non ha allegato, e neppure dedotto, alcun contratto ‘ . E dunque, a parte il fatto che il motivo è privo di autosufficienza giacché non localizza detto contratto di conto corrente, il che basta alla dichiarazione di inammissibilità della censura (ordinanza n. 28184 del 10/12/2020), esso è privo di autosufficienza perché fornisce una versione monca del documento, giacché non indica il contenuto delle
norme contrattuali recate dal contratto di conto corrente, ed inoltre solleva ulteriormente la questione del periodo pregresso, e dunque nuovamente mostra di prescindere dalla ratio decidendi che sostiene la decisione impugnata.
«Dopodiché il motivo, alle pagine 18 e 19 del ricorso, si risolve nella trascrizione di un brano dell’atto d’appello che altro costrutto non ha se non quello di dimostrare l’effettiva genericità delle questioni sollevate in ordine alle asserite nullità contrattuali denunciate: difatti manca del tutto l’analisi di specifiche clausole contrattuali contenute in specifici contratti affette da nullità.
« Segue infine l’affermazione secondo cui: ‘ Siffatti rilievi, come visto specificamente proposti nelle fasi di merito, risultavano, inoltre, ampiamente comprovati dalla operata produzione, più volte sopra evidenziata, degli estratti del conto nei quali è dato riscontrare, per tutti gli anni ed in tu tti i trimestri, l’applicazione di interessi anatocistici, ultralegali, di commissioni anche di massimo scoperto e della postergazione delle valute, nonché dalla produzione di una relazione tecnica di parte con la quale, come sopra detto, si era proceduto alla esatta verifica dei superiori rilievi ed al ricalcolo del saldo, per la cui conferma gli odierni istanti avanzavano rituale ed ammissibile richiesta di ctu ‘. Il che dà la misura dell’assoluta genericità delle censure spiegate, dal momento che non si sa quando ed in qual modo le questioni sarebbero state sollevate nelle fasi di merito, qual è esattamente la documentazione prodotta, quali i periodi affetti da l ‘operatività di clausole nulle, e così via.
«È infine palesemente inammissibile il quarto mezzo.
«La Corte territoriale, in ordine alla domanda riconvenzionale spiegata dalla parte odierna ricorrente, ha osservato che essa ‘ non ha prodotto la documentazione relativa ai contratti di conto corrente stipulati anteriormente al 2005, con la conseguenza che la mancata produzione di tutti gli estratti conto non consente di ritenere assolto
l’onere che su di essi incombeva ai sensi dell’art. 2697 c.c.’ .
«Replica la parte ricorrente che così ragionando la C orte d’appello avrebbe commesso un duplice errore: «In primo luogo, poiché la domanda della correntista si fonda sulla mancata stipula del contratto scritto, non può gravarsi su quest’ultima della prova negativa della documentazione dell’accordo, incombend o invece sulla banca resistente la prova della esistenza del contratto scritto a giustificazione dei pagamenti ricevuti per interessi ultralegali, commissioni e spese varie. In secondo luogo, la parziale mancanza di estratti conto, rilevata dalla C orte d’a ppello, non comporta, secondo la pacifica giurisprudenza della Corte adita, il rigetto della domanda, ma il suo parziale accoglimento, in relazione agli addebiti illegittimi provati per un determinato periodo di tempo assistito dalla produzione degli estratti conto ‘ .
«Nella prima parte, tuttavia, il motivo è di assoluta genericità: non si sa quali e quanti sarebbero questi contratti stipulati verbalmente e non per iscritto, né si ha alcuna idea di dove simile allegazione sarebbe stata effettuata e sarebbe entrata a far parte del giudizio di merito. Nella seconda parte, invece, il motivo richiama un principio che non esiste affatto.
«E cioè, la Corte di cassazione, soprattutto recentissimamente, ha reiteratamente affermato che, in mancanza di taluni estratti conto, che coprano l’intera durata del rapporto, il giudice di merito può procedere in vario modo, avvalendosi di prove diverse (scalari, distinte di pagamento, stampate di pagine on-line) ovvero azzerando il saldo: la decisione maggiormente soffermatasi sulla materia all’esito di udienza pubblica è Cass. 17 gennaio 2024, n. 1763. Ma dire che il giudice di merito può servirsi di altro materiale probatorio ovvero azzerare il saldo non significa dire deve procedere in tal modo, in particolare (in questo caso non è neanche prospettato l’esistenza di prove equipollenti agli estratti conto) colmando i buchi nelle produzioni documentali con l’azzeramento del saldo.
« Stabilire se si debba procedere all’azzeramento del saldo, in altri termini, è affare del giudice di merito, che deve motivatamente decidere caso per caso. E così, dovrebbe essere del tutto evidente che non siano omologabili le diverse situazioni in cui, ad esempio, sia mancante un solo estratto conto ovvero sia presente un solo estratto conto. E, i.e., è perfettamente legittimo che il giudice di merito si serva dell’azzeramento nel primo caso e non nel secondo. Nel caso di specie la corte d’appello ha os servato che: ‘ A sostegno del proprio assunto hanno prodotto solo alcuni degli estratti conto afferenti al periodo 19891994 e che, pertanto, non consentono la ricostruzione contabile dell’intero rapporto’ . Trattasi di affermazione di merito insindacabile in sede di legittimità, alla stregua della motivazione offerta dalla Corte territoriale alle pagine 9-11.
-Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni, che resistono ai rilievi critici formulati dalla parte ricorrente nella sua memoria.
Con particolare riguardo ai primi due motivi di ricorso, si deve ribadire che la Corte di appello ha escluso fosse provata una continuità tra il contratti del 2005 e altri anteriori; né rileva che tale affermazione sia stata formulata trattando del terzo motivo di gravame, relativo alla domanda riconvenzionale degli odierni ricorrenti: la ricostruzione del rapporto contenuta nella sentenza non può differenziarsi in ragione delle questioni trattate ed è idonea a dar conto dell ‘infondatezza della tesi perorata dagli odierni istanti allo scopo di contrastare la spettanza, alla banca, della somma pretesa in via ingiuntiva.
D’altro canto, i ricorrenti, col primo e col secondo motivo di ricorso, si sono limitati a sostenere che il rapporto risaliva a una data anteriore al 15 novembre 2005, che il saldo iniziale, a quella data, risultava essere passivo e che controparte era onerata della prova dell’andamento del rapporto per l’intero suo svolgimento, a decorrere dalla sua apertura. Ebbene, in tema di rapporti bancari di conto
corrente, l’estratto conto che inizi con il saldo negativo di un rapporto precedente non può dirsi incompleto e solo a fronte di una specifica contestazione del correntista, in ordine alla veridicità ed effettiva debenza di quanto dovuto in forza del conto secondario o precedente, scatta l’obbligo della banca di fornire la prova della correttezza della posta negativa di cui trattasi, prova che consiste, di regola, nella produzione degli estratti conto da cui risulti quel saldo iniziale (Cass. 30 maggio 2024, n. 15177). Nei primi due motivi di ricorso nessuna puntuale contestazione è stata formulata nel senso indicato.
Col terzo motivo di impugnazione i ricorrenti rilevano, invece, di aver «eccepito che per tutta la durata del rapporto di conto corrente la banca aveva applicato interessi passivi ultralegali, commissioni di massimo scoperto ed altre commissioni, in assenza di qualsivoglia pattuizione scritta, in violazione dell’art. 1284 c.c. e 117 t.u.b. e con le conseguenti nullità». Va tuttavia osservato quanto segue: per un verso, la Corte di appello ha escluso, come si è visto, che il rapporto di conto corrente del 2005 si ponesse in linea di continuità con altri rapporti dello stesso tipo e tanto riflette un accertamento di fatto, non sindacabile in questa sede, che preclude di correlare il saldo passivo iniziale del conto corrente concluso nel 2005 alle illegittime appostazioni menzionate nel motivo in esame; per altro verso, il Giudice distrettuale ha dato risalto alla genericità delle contestazioni svolte dagli odierni istanti e il motivo di ricorso non spiega quali circostanziate deduzioni fossero state formulate dagli opponenti al decreto ingiuntivo con specifico riferimento ai rapporti di conto corrente che avrebbero preceduto quello del 2005: nel corpo del motivo si fa menzione di doglianze carenti di specificità, prive di alcun preciso riferimento ai rapporti che i ricorrenti vorrebbero far rientrare nella materia controversa.
Quanto alla censura, svolta nel quarto motivo, relativa alla prova dei contratti, se ne rivela la non concludenza. I contratti bancari conclusi prima dell’entrata in vigore della l. n. 154/1992 , sulla
trasparenza bancaria, potevano validamente concludersi in forma diversa da quella scritta: in tal senso è impropria l’affermazione , formulata con riferimento al rapporto nato nel 1979, secondo cui «la domanda del correntista si fonda sulla mancata stipula del contratto scritto». In ogni caso, poi, la prova dell’inesistenza di una giusta causa dell’attribuzione patrimoniale, compiuta in favore del convenuto, grava sull’attore in ripetizione dell’indebito, ancorché si tratti di prova di un fatto negativo (Cass. 19 gennaio 2022, n. 1550): sicché, anche a voler prescindere dai profili di genericità rimarcati nella proposta di definizione del ricorso, agli odierni ricorrenti incombeva comunque di dar riscontro di quanto dedotto a fondamento della pretesa da loro azionata in via riconvenzionale.
-Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Devono applicarsi le misure di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c. , giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c..
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, dell’ulteriore somma di euro 6.000,00 in favore della controricorrente; condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione