Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11270 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11270 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 2334/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, titolare dell’omonima ditta individuale corrente in Castiglione delle Stiviere (MN), alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio del l’AVV_NOTAIO .
-ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale notarile allegata alla depositata ‘ comparsa di costituzione di nuovo difensore ‘ , da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO.
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 1348/2019, della CORTE DI APPELLO DI BRESCIA, pubblicata in data 24/09/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
19/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 7 settembre 2016, n. 1002, il Tribunale di Mantova dichiarò la nullità del contratto di conto corrente n. 4116 tra NOME COGNOME, titolare dell’omonima ditta individuale, e la Banca RAGIONE_SOCIALE del Lavoro s.p.a. (d’ora in avanti, an che, breviter , BNL) e condannò quest’ultima al pagamento, in favore della prima, della somma di € 42.279,02, oltre interessi legali, quale saldo attivo del predetto conto corrente ricalcolato ‘ in assenza d’ogni addebito e accredito d’interessi, spese, commissioni e qualsiasi forma di capitalizzazione degli stessi ‘ e considerando quale saldo iniziale quello del 31 marzo 2003.
Il gravame promosso da BNL contro la descritta decisione fu accolto dall’adita Corte di appello di Brescia, con sentenza del 24 settembre 2019, n. 1348, pronunciata nel contraddittorio con la COGNOME.
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte, procedendo ad uno scrutinio unitario delle doglianze ivi formulate dall’appellante, osservò che: i ) « diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non è stata formulata una ‘domanda di accertamento della nullità del contratto in toto ‘, che alcuno dei profili di nullità del contratto in esso evidenziati attiene al difetto di forma scritta e che, anzi, in esso si fa specifico riferimento alla nullità di specifiche clausole contrattuali; il che, evidentemente, presuppone la esistenza di un contratto scritto. L’unico profilo di nullità ‘totale’ del contratto è quello inerente all’asserita ‘inosservanza del principio di buona fede’ »; ii ) « La statuizione di nullità del contratto di conto corrente per difetto di forma scritta è stata pronunciata dal Tribunale anche sul presupposto che l’onere della prova al riguardo incomba sull’istituto bancario, in quanto ‘è l’istituto di credito convenuto che, nel sostenere la legittima applicazione degli addebiti
di cui si duole controparte, eccepisce tanto la validità del titolo quanto la validità delle clausole pattuite, ed è quindi tenuto , ex art. 2697 c.c., a fornire prova dei fatti sui quali si fonda la predetta eccezione’. Anche tale statuizione non può essere condivisa; l’istituto bancario, come esposto, prima ancora che la validità delle clausole contrattuali, ha eccepito proprio la mancata produzione del titolo; al riguardo, rileva il Collegio che incombe senz’altro sul correntista, il quale “agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida “causa debendi” (cfr. tra le tante Cass. 30822/2018, 24948/2017). L’onere ‘di ricostruzione dell’intero andamento del rapporto’ (cfr. Cass. cit.) è, quindi, a carico di NOME COGNOME e riguarda non solo gli estratti conto, ma innanzi tutto, anche il contratto, atteso che le domande sono state proposte in ragione della pattuizione di condizioni nulle. In conclusione, NOME COGNOME ha fondato la domanda di restituzione delle ‘somme illegittimamente addebitate e/o riscosse’ non sulla nullità del contratto per mancata stipula in forma scritta ma sulla nullità di singole clausole che ne presuppongono l’avvenuta stipulazione in forma scritta; la statuizione del Tribunale di nullità del contratto per difetto di forma scritta è, quindi, avvenuta sulla base di una erronea interpretazione del contenuto dell’atto di citazione e di una non corretta applicazione del principio dell’onere della prova. Per quanto riguarda, invece, la deduzione della nullità del contratto ‘per inosservanza del principio di buona fede contrattuale, dal momento che il sacrificio della banca per l’erogazione del credito diventa un one re di ben più vaste proporzioni a danno del cliente’, non può che condividersi quanto statuito dal Tribunale circa la sua genericità e mancata illustrazione »; iii ) « Da quanto innanzi esposto deriverebbe, in tesi, la necessità di esaminare tutte le domande che il Tribunale ha ritenuto assorbite, pur evidenziandone, ‘in via incidentale’, ‘il totale difetto di allegazione e la genericità che non consente di trarre alcun riferimento al conto corrente in oggetto’. Preliminare a tale esatto rilievo è, però, la considerazione che vi è la impossibilità procedere alla chiesta valutazione
della legittimità o meno delle singole clausole; per far valere la pretesa invalidità delle clausole contrattuali costituenti il regolamento pattizio e ottenere la condanna della Banca al pagamento di quanto illegittimamente addebitato, la correntista, gra vata dell’onere probatorio, come esposto, avrebbe dovuto produrre, oltre che gli estratti conto relativi all’intero andamento del contratto, anche il contratto per consentire l’esame delle singole clausole di cui ha lamentato la nullità ed illegittimità. Inoltre, per completezza di esame, rileva il Collegio che: già in primo grado il Tribunale ha disposto che il consulente d’ufficio (che ha rilevato che le copie degli estratti conto sono parziali in quanto omettono tutti i movimenti del conto corrente) svolgesse la sua indagine esclusivamente sulla parziale documentazione prodotta, così implicitamente rigettando la pur generica istanza di esibizione ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. di ‘tutta la documentazione inerente al contratto di conto corrente per cui è causa’; tale istanza non è stata riproposta nel presente grado; la difesa dell’appellata non ha prodotto in questo grado il proprio fascicolo di primo grado e la perizia di parte con i relativi allegati ivi prodotti, impedendone, comunque, l’esame a l Collegio. Quanto esposto rende assorbita ogni altra questione posta in causa; pertanto, in riforma della sentenza di primo grado, le domande proposte da NOME COGNOME vanno rigettate ».
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, titolare dell’omonima ditta individuale, affidandosi a due motivi, cui ha resistito, con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., Banca RAGIONE_SOCIALE del Lavoro s.p.a..
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via pregiudiziale, va disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’odierno ricorso formulata da BNL ( cfr . pag. 5-6 del suo controricorso), posto che, come si spiegherà più avanti scrutinando i motivi di ricorso, nella specie non sussiste la condizione di inammissibilità di cui all’art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ., invocabile solo quando il provvedimento impugnato abbia deciso le questioni di diritto in conformità alla giurisprudenza di legittimità,
senza che il ricorrente offra elementi idonei a provocare un superamento dell’orientamento contestato.
1.1. Neppure assume rilievo qualsivoglia asserita violazione da parte della ricorrente, pure lamentata da BNL, « dei parametri del protocollo di intesa sottoscritto in data 17/12/2015 tra la Corte di Cassazione ed il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in merito alle ‘regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributario, con particolare riferimento al pedissequo richiamo degli atti inerenti la fase di merito » ( cfr . pag. 6 del menzionato controricorso).
1.1.1. Questa Corte, infatti, ha già sancito, affatto condivisibilmente, che il Protocollo d’intesa fra la Corte di cassazione ed il RAGIONE_SOCIALE non può radicare, di per sé, sanzioni processuali di nullità, improcedibilità o inammissibilità che non trovino anche idonee giustificazioni nelle regole del codice di rito ( cfr . Cass. n. 21831 del 2021).
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Onere della banca e non del correntista di produrre il contratto di conto corrente se si avanza l’eccezione da parte dell’istituto di credito convenuto -che gli addebiti siano leciti. Riferimento al principio della vicinanza della prova ribadito da recente ordinanza Cass. civ. n. 24051 del 26/09/2019 ». Si contesta alla corte distrettuale di avere ribaltato gli esiti della decisione di primo grado e disatteso interamente le domande dell’attrice/appellata sull’erroneo presupposto che quest’ultima fosse gravata dell’onere di produrre il contratto di conto corrente e tutti gli est ratti conto riguardanti l’intero andamento del rapporto;
II) « Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.. Difetto di motivazione, sua inesistenza, lacunosità, insufficienza per avere omesso l’esame di un documento decisivo per il giudizio -la consulenza tecnica di ufficio -che riconosce un diritto di credito in capo alla ricorrente in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ». Viene conte stata l’affermazione della corte territoriale
secondo cui l’appellata non aveva riprodotto il proprio fascicolo contenente la perizia di parte e gli estratti conto (utilizzati dal c.t.u. nominato dal tribunale), impedendone l’esame al collegio e rendendo, pertanto, assorbita ogni altra questione posta in causa. Si assume che, « Invece di cincischiare su presunte manchevolezze probatorie da ascrivere alla difesa della COGNOME, la Corte d’Appello avrebbe dovuto motivare perché, nonostante la mancanza del contratto, la consulenza tecnica ha riconosciuto in capo alla COGNOME un credito di € 42.279,02. . Sul punto la decisione è silente e, dunque, la motivazione è lacunosa. . La Corte avrebbe dovuto dire per quale ragione era sbagliata la consulenza, perché l’ausiliario del giudice, nonostan te la mancanza del contratto, avesse riconosciuto un credito alla COGNOME. Non vi è alcun accenno, nella sentenza impugnata, circa le asimmetrie e le incongruenze del consulente tecnico di ufficio. Insomma, manca una motivazione adeguata in forza della quale la consulenza tecnica di ufficio fosse da ritenersi carente ed insufficiente ».
Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perché connesse, si rivelano fondate nei termini di cui appresso.
3.1. Come emerge dalla già riportata ( cfr . § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘) motivazione dell’adottata pronuncia di accoglimento del gravame di BNL ed integrale rigetto delle domande della COGNOME, la corte territoriale ha attribuito rilievo sostanzialmente decisivo, a tali fini, al mancato deposito, da parte dell’appellat a, cui sarebbe spettato il relativo onere di produzione, del contratto di conto corrente e degli estratti conto relativi all’andamento dell’intero periodo del corrispondente rapporto.
3.2. Orbene, rileva il Collegio che, con specifico riferimento alle conseguenze dell’omessa produzione del contratto di conto corrente, la recente Cass. n. 3310 del 2024 (alla cui motivazione, per la parte qui di interesse -pag. 14-15 -può farsi rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.. In senso del tutto analogo si vedano anche le precedenti Cass. nn. 9213 e 12993 del 2023, nonché la successiva Cass. n. 4043 del 2024), riaffermato che deve ritenersi gravante sull’attore, che agisca per l’accertament o del
corretto saldo di un conto corrente (e per la restituzione di quanto versato in forza di clausole comunque invalide), la prova dell’inesistenza di una giusta causa dell’attribuzione patrimoniale compiuta in favore del convenuto, ancorché si tratti di prova di un fatto negativo, ha rimarcato che, « nelle azioni suddette, colui che agisce allega la dazione senza causa di una somma di danaro non come adempimento di un negozio giuridico ma come spostamento patrimoniale privo di causa, sicché può assolvere l’oner e della prova di questo fatto al di fuori dei limiti probatori previsti per i contratti, atteso che detti limiti sono applicabili solo al pagamento dedotto come manifestazione di volontà negoziale e non a quello prospettato come fatto materiale estraneo alla esecuzione di uno specifico rapporto giuridico. Invero, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, i limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem -così come i limiti di valore previsti dall’art. 2721 cod. civ. per la prova testimoniale -operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato in giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti, e non anche quando se ne evochi l’esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione del processo (cfr. Cass. n. 5880 del 2021; Cass. n. 3336 del 2015; Cass. n. 566 del 2001) ». Dovendo qui solo aggiungersi che, quanto alla prospettata corresponsione di anatocistici, varrebbe comunque la disciplina di cui all’art. 1283 cod. civ., come interpretato, in ambito di conto corrente bancario, dall’ormai consolidatasi giurisprudenza di legittimità.
3.3. Con riguardo, poi, al tema degli oneri probatori in controversie, che vedano contrapposti banca e correntista, aventi ad oggetto la rideterminazione del saldo di un conto corrente bancario al fine di espungerne poste illegittimamente ivi addebitate, la recentissima Cass. n. 1763 del 2024 (alla cui ampia motivazione, per la parte qui di interesse, può farsi rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.. In senso analogo, si vedano, in motivazione, anche le successive Cass. nn. 4043, 4067 e 5387 del 2024), benché non massimata sullo specifico punto, ha puntualizzato ( cfr. , in particolare i §§ 2.9,
2.9.2. 2.9.4. 2.9.5. e 2.9.6 delle ‘ Ragioni della decisione ‘), tra l’altro, che, nelle controversie aventi ad oggetto un rapporto di conto corrente bancario: a ) « l’istituto di credito ed il correntista sono onerati della dimostrazione dei fatti rispettivamente posti a fondamento delle loro domande e/o eccezioni, tanto costituendo evidente applicazione del principio sancito dall’art. 2697 cod. civ. »; b ) « Una volta esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista (oppure la non debenza di commissioni di massimo scoperto o, ancora, il non corretto calcolo dei giorni valuta) e riscontrata la mancanza di una parte degli estratti conto, l’accertamento del dare ed avere può attuarsi con l’impiego anche di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto stessi (cfr. Cass. n. 22290 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023). Questi u ltimi, infatti, non costituiscono l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Essi -come rimarcato dalla già menzionata Cass. n. 37800 del 2022 (e sostanzialmente ribadito dalle più recenti Cass. n. 10293 del 2023 e Cass. n. 22290 del 2023) -consentono di avere un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto; tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’and amento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, allora, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito: i) ben può valorizzare altra e diversa documentazione, quale, esemplificativamente, e senza alcuna pretesa di esaustività, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni, oppure, giusta gli artt. 2709 e 2710 cod. civ., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estrat to notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. 25 novembre 2010, n. 23974), o, ancora, gli estratti conto scalari (cfr. Cass. n. 35921 del 2023; Cass. n. 10293 del 2023; Cass. n. 23476 del 2020; Cass. n. 13186 del 2020), ove il c.t.u. eventualmente nominato per la
rideterminazione del saldo del conto ne disponga nel corso delle operazioni peritali, spettando, poi, al giudice predetto la concreta valutazione di idoneità degli estratti da ultimo a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (come già opinato proprio dalla citata Cass. n. 13186 del 2020, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito), oppure, come sancito da altra recentissima pronuncia di questa Corte in corso di pubblicazione (resa nel giudizio n.r.g. 14776 del 2019), – -anche la stampa dei movimenti contabili risultanti a video dal data base della banca, ottenuta dal correntista avvalendosi del servizio di home banking, se non contestata in modo chiaro, circostanziato ed esplicito dalla banca quanto alla sua non conformità a quanto evincibile dal proprio archivio (cartaceo o digitale); ii) parimenti, può attribuire rilevanza alla condotta processuale delle parti e ad ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ. »; c ) « È innegabile, peraltro, che malgrado la richiamata, vasta tipologia di documentazione utilizzabile per la integrale ricostruzione delle operazioni che si sono susseguite sul conto (spesso in un arco temporale anche molto ampio), non sia possibile addivenire a quel risultato, sicché, solo in tale ipotesi al giudice di merito sarà consentito utilizzare, dandone adeguata giustificazione, i metodi di calcolo che ritenga più idonei al raggiungimento comunque di un risultato che rispecchi quanto più possibile l’avvenuto effettivo sviluppo del rapporto tra le parti »; d ) « In quest’ottica, dunque, potrà certamente trovare applicazione anche il criterio dell’azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale, pertanto, altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanismo d ella ripartizione dell’onere probatorio t ra le parti sancito dall’art. 2697 cod. civ .».
3.3.1. La medesima pronuncia, inoltre, indica le modalità di effettuazione dei conteggi da parte del giudice (o del consulente di ufficio da lui eventualmente nominato), ove ritenga di avvalersi del criterio
dell’azzeramento del saldo (così non escludendo, dunque, diverse modalità di ricalcolo del saldo medesimo), per l’ipotesi di riscontrata incompletezza degli estratti conto ( cfr. amplius , il § 2.9.6 della relativa motivazione, cui qui può farsi rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.).
3.4. Va rimarcato, infine, quanto alla mancata produzione in appello di documentazione depositata dalle parti (o da una di esse) in primo grado, che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza del 16 febbraio 2023, n. 4835 (alla cui esaustiva motivazione può farsi rinvio ex art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ.), hanno enunciato i seguenti principi di diritto:
‘ In materia di prova documentale nel processo civile, il principio di “non dispersione (o di acquisizione) della prova” – che opera anche per i documenti, prodotti con modalità telematiche o in formato cartaceo – comporta che il fatto storico in essi rappresentato si ha per dimostrato nel processo, costituendo fonte di conoscenza per il giudice e spiegando un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado di giudizio, e non può dipendere dalle successive scelte difensive della parte che detti documenti abbia inizialmente offerto in comunicazione ‘;
‘ In materia di prova documentale nel processo civile, il giudice d’appello ha il potere/dovere di esaminare un documento ritualmente prodotto in primo grado nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza nei propri scritti difensivi (mediante richiamo di esso nella parte argomentativa dei motivi formulati o delle domande ed eccezioni riproposte) illustrando le ragioni, trascurate dal primo giudice, per le quali il contenuto del documento acquisito giustifichi le rispettive deduzioni ‘;
‘ Affinché il giudice di appello possa procedere all’autonomo e diretto esame del documento già prodotto in formato cartaceo nel giudizio di primo grado, onde dare risposta ai motivi di impugnazione o alle domande ed eccezioni riproposte su di esso fondati, il documento può essere sottoposto alla sua attenzione, ove non più disponibile nel fascicolo della parte che lo aveva offerto in comunicazione (perché ritirato e non restituito, o perché
questa è rimasta contumace in secondo grado), mediante deposito della copia rilasciata alle altre parti a norma dell’art. 76 disp. att. c.p.c. ‘;
‘ In materia di prova documentale nel processo civile, il giudice d’appello può porre a fondamento della propria decisione il documento in formato cartaceo già prodotto e non rinvenibile nei fascicoli di parte apprezzandone il contenuto trascritto (oppure indicato) nella sentenza impugnata o in altro provvedimento o atto del processo ovvero, se lo ritiene necessario, può ordinare alla parte interessata di produrre, in copia o in originale, determinati documenti acquisiti nel primo grado ‘;
‘ In materia di prova documentale nel processo civile, se la parte ha puntualmente allegato nell’atto di (o nella comparsa di costituzione in) appello il fatto rappresentato dal documento cartaceo avversario prodotto nel primo grado invocandone il riesame in sede di gravame, la controparte che omette la produzione di tale documento nel secondo grado subisce le conseguenze di un siffatto comportamento processuale, potendo il giudice il quale ha comunque il dovere di ricomporre il contenuto di una rappresentazione già stabilmente acquisita al processo – ritenere provato il predetto fatto storico nei termini specificamente allegati nell’atto difensivo ‘.
3.5. Fermo tutto precede, la riportata motivazione della sentenza oggi impugnata si rivela non coerente con i principi tutti fin qui esposti nei precedenti §§ da 3.2. a 3.4. laddove ha accolto il gravame di BNL e respinto interamente le originarie domande dell’attrice/appellata, sicché le odierne doglianze di quest’ultima devono essere accolte, affidandosi al giudice di rinvio il compito di procedere ad un nuovo accertamento, tenendo conto, appunto, di quei principi, dell’entità dell’eventuale credito invoc ato dalla COGNOMECOGNOME esaminando, peraltro, le altre questioni in quella sede ritualmente formulate dalle parti ma considerate assorbite dalla corte distrettuale.
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso promosso da NOME COGNOME, titolare dell’omonima ditta individuale, deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte
di appello di Brescia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso di NOME COGNOME, titolare dell’omonima ditta individuale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile