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Onere della prova contratto bancario: chi deve provare?

Una recente ordinanza della Cassazione affronta il tema dell’onere della prova nel contratto bancario. Una correntista aveva ottenuto in primo grado la restituzione di somme indebitamente addebitate, ma la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, addossandole l’intero onere di produrre il contratto e tutti gli estratti conto. La Suprema Corte ha cassato questa sentenza, riaffermando il principio di non dispersione della prova e chiarendo che l’onere probatorio è ripartito tra le parti. La banca, se eccepisce la legittimità degli addebiti, deve dimostrare la base contrattuale delle sue pretese.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova contratto bancario: la Cassazione chiarisce gli obblighi

Nelle controversie bancarie, una delle questioni più dibattute riguarda l’onere della prova del contratto bancario. Chi deve produrre i documenti necessari a dimostrare la legittimità degli addebiti su un conto corrente? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto cruciale, ribaltando una decisione d’appello e riaffermando una più equa ripartizione degli obblighi probatori tra cliente e istituto di credito.

Il caso: dal successo in primo grado al ribaltamento in appello

La vicenda ha origine dall’azione legale di un’imprenditrice contro la sua banca. La correntista lamentava l’applicazione di interessi, commissioni e altre forme di capitalizzazione non dovute sul proprio conto corrente. Il Tribunale di primo grado le diede ragione, dichiarando la nullità del contratto e condannando la banca a restituire oltre 42.000 euro, ricalcolando il saldo senza gli addebiti contestati.

La Corte d’Appello, tuttavia, riformò completamente la sentenza. Secondo i giudici di secondo grado, la correntista non aveva adempiuto al proprio onere probatorio, in quanto non aveva prodotto in giudizio il contratto di conto corrente né la serie completa degli estratti conto. La Corte ritenne che, agendo per la ripetizione dell’indebito, fosse onere del cliente dimostrare non solo i pagamenti effettuati ma anche l’assenza di una valida causa debendi, fornendo tutta la documentazione necessaria. Di conseguenza, le domande della cliente vennero integralmente respinte.

La ripartizione dell’onere della prova nel contratto bancario secondo la Cassazione

La correntista ha impugnato la decisione d’appello davanti alla Corte di Cassazione, che ha accolto il suo ricorso, cassando la sentenza e rinviando la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame. La Suprema Corte ha censurato il ragionamento dei giudici di secondo grado, basandosi su principi consolidati in materia di prova.

Il principio di non dispersione della prova

Un punto fondamentale della decisione è il richiamo al principio di “non dispersione della prova”, sancito dalle Sezioni Unite. Secondo tale principio, un documento ritualmente prodotto in primo grado entra a far parte del materiale probatorio del processo e resta a disposizione del giudice anche in appello. La Corte d’Appello ha errato nel ritenere che la mancata ridepositazione del fascicolo di primo grado da parte della correntista impedisse l’esame dei documenti in esso contenuti. Il giudice d’appello ha il potere e il dovere di esaminare i documenti già acquisiti se la parte ne fa specifica istanza, illustrando la loro rilevanza per i motivi di impugnazione.

La ricostruzione del saldo con documentazione incompleta

La Cassazione ha inoltre ribadito che la mancanza di una parte degli estratti conto non determina automaticamente il rigetto della domanda del correntista. Il giudice può e deve utilizzare altri mezzi di prova per ricostruire l’andamento del rapporto, come ad esempio le scritture contabili, gli estratti conto scalari o altra documentazione bancaria. Solo qualora sia impossibile una ricostruzione attendibile, il giudice può ricorrere a metodi di calcolo alternativi, come quello del “saldo zero”, dandone adeguata giustificazione.

le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello abbia erroneamente applicato l’art. 2697 c.c. sull’onere della prova. Se è vero che chi agisce per la restituzione di somme deve provare i fatti costitutivi della sua pretesa (cioè i versamenti), è altrettanto vero che, una volta che il cliente ha fornito tale prova, spetta alla banca dimostrare il fatto estintivo o modificativo, ovvero l’esistenza di un valido titolo contrattuale che giustifichi gli addebiti contestati.

La Corte d’Appello ha imposto alla correntista un onere probatorio eccessivo, quasi diabolico, ignorando il principio di vicinanza della prova, secondo cui l’onere deve gravare sulla parte che più agevolmente può disporre del documento (in questo caso, la banca per il contratto). La decisione impugnata non era coerente con la giurisprudenza di legittimità, che richiede una valutazione equilibrata degli oneri probatori e non consente di rigettare aprioristicamente la domanda del cliente solo per la mancata produzione del contratto o di alcuni estratti conto.

le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Quest’ultima dovrà attenersi ai principi enunciati, procedendo a un nuovo accertamento dei fatti. Dovrà considerare tutte le prove già agli atti, applicare correttamente i principi sulla ripartizione dell’onere probatorio e valutare la possibilità di ricostruire il saldo anche in assenza di documentazione completa. Questa ordinanza rappresenta un’importante tutela per i correntisti, riequilibrando la posizione delle parti nel contenzioso bancario e impedendo che mere difficoltà probatorie, spesso imputabili alla mancata cooperazione della banca, si traducano in un ingiusto diniego di giustizia.

In una causa contro la banca per addebiti illegittimi, chi deve produrre il contratto di conto corrente?
La responsabilità è condivisa. Il cliente deve provare di aver effettuato i versamenti (fatto costitutivo della sua richiesta di restituzione). Se la banca si difende sostenendo che gli addebiti sono legittimi in base a specifiche clausole, spetta a lei produrre il contratto che contiene tali clausole per dimostrare il suo diritto a trattenerle.

Se il correntista non deposita di nuovo in appello tutti i documenti del primo grado, la prova si considera persa?
No. In base al principio di “non dispersione della prova”, un documento ritualmente prodotto in primo grado rimane acquisito al processo. Il giudice d’appello ha il dovere di esaminarlo se la parte interessata ne fa richiesta nei suoi scritti difensivi, illustrando perché è rilevante per la decisione.

Cosa succede se mancano alcuni estratti conto per ricostruire il rapporto dare/avere?
La mancanza di alcuni estratti conto non comporta automaticamente il rigetto della domanda. Il giudice può utilizzare altri mezzi di prova per ricostruire il saldo, come altre contabili bancarie, le scritture contabili delle parti o gli estratti conto scalari. Solo come ultima risorsa, se la ricostruzione è impossibile, si possono usare criteri come l’azzeramento del saldo per il periodo non documentato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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