Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12487 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12487 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2818/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOMECOGNOME NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1626/2019 depositata il 22/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
– Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’Appello di Bari ha confermato la decisione del locale Tribunale che ha accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di Banca di Credito Cooperativo Degli Ulivi -Terra di Bari RAGIONE_SOCIALEBCC) volta alla rideterminazione del saldo di un conto corrente acceso nel febbraio del 1978) in ragione dell’illegittima applicazione di: anatocismo per la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito operata dalla banca, commissioni di massimo scoperto, interessi ultralegali non debitamente pattuiti e valute non debitamente computate. A sostegno della domanda l’attrice chiedeva che la banca producesse in giudizio tutti gli estratti conto dall’apertura alla chiusura.
La banca contestava la fondatezza della domanda e proponeva domanda riconvenzionale per il pagamento della somma di euro 176.766,82 quale saldo debitore del conto corrente dedotto in giudizio oltre interessi e chiedendo di essere autorizzata chiamare in causa il fideiussore NOME COGNOME alla quale estendeva la domanda di condanna.
– Il Tribunale, all’esito della CTU disposta accertava un saldo finale a credito dell’attore di complessivi 143.455,08 €, rigettava la domanda riconvenzionale proposta dalla banca; per la ricostruzione del rapporto di conto corrente adottava il criterio del c.d. saldo zero non essendo disponibili tutti gli estratti conto attinenti al rapporto ed essendo il primo estratto conto disponibile a debito del cliente.
– La Corte d’appello di Bari ha respinto il gravame proposto dalla BCC, cui, nel corso del giudizio, si sono aggiunte, in quanto cessionarie del credito litigioso, prima RAGIONE_SOCIALE e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE, poi, in forza di ulteriore contratto di cessione, la RAGIONE_SOCIALE; in particolare, per quanto
qui ancora interessa, ha confermato la correttezza del ricorso al criterio del c.d. saldo zero per la ricostruzione del rapporto di conto corrente, in quanto:
in difetto di una completa documentazione degli estratti conto che copra l’intero rapporto, è possibile utilizzare gli estratti conto dell’ultimo periodo che va a ritroso dalla chiusura del rapporto fino al primo dato risultante dal più remoto degli estratti conto in successione ininterrotta;
laddove dal primo degli estratti conto prodotti risulti una situazione a debito del correntista – come nel caso di specie -e sia stata fondatamente dedotta la nullità delle pattuizioni regolanti il rapporto, detta situazione debitoria non poteva ritenersi certa trattandosi di documento unilateralmente predisposto dalla banca, onerata, perciò, di fornire una giustificazione certa di quel saldo, che escludesse che come plausibile stante l’accertata nullità di molte pattuizioni e la conseguente natura indebita di molte appostazioni passive- al momento iniziale del periodo rendicontato il correntista potesse essere creditore o debitore di una minor somma; era onere della banca, in altre parole, fornire un elemento di raccordo tra la situazione debitoria risultante dal primo estratto conto disponibile del marzo 1993 (pari a 96.897,37 euro) e il dato di partenza, salvo che la situazione debitoria non fosse riconosciuta dal correntista, valendo il tal caso il principio di cui all’art. 115 c.p.c.;
detta distribuzione dell’onere della prova era del tutto coerente con il fatto che il correntista avesse adito il Tribunale con azione di mero accertamento, onde determinare – previa espulsione degli addebiti derivanti dall’applicazione delle clausole nulle -l’esatto ammontare della somma eventualmente dovuta ovvero del credito ad esso spettante, mentre la banca aveva proposto una domanda riconvenzionale per la condanna del saldo negativo del rapporto; perciò l’onere di provare fatti costituitivi del diritto
preteso (il credito derivante dal saldo negativo) gravava sulla parte che si affermava titolare del diritto stesso e intendeva farlo valere, ancorché convenuta in giudizio di accertamento negativo.
4. – Avverso detta sentenza ha proposto ricorso Banca di Credito Cooperativo Degli Ulivi affidato a due motivi di cassazione, corredato da memoria. Ha resistito, con controricorso NOME COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto che nel giudizio di accertamento negativo l’onere di produrre gli estratti conto integrali incombesse alla banca e non al correntista, in quanto, nel caso in cui il correntista agisca per la ripetizione dell’indebito è tenuto a documentare l’andamento del rapporto attraverso la produzione integrale degli estratti conto, onere che nella specie non era stato adempiuto; perciò la decisione gravata sarebbe fondata su un erroneo ribaltamento dell’onere della prova, in chiara violazione della norma citata, dal momento che non tiene conto del fatto che il correntista era attore in senso sostanziale per l’accertamento negativo del credito, mentre la banca non aveva alcun onere di contestazione o probatorio, se non per la diversa domanda riconvenzionale, che non spostava, però, l’onere della prova di controparte.
2.- Il secondo motivo denuncia violazione falsa applicazione ex articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c. dell’art. 2697 c.c., laddove la Corte d’appello ha ritenuto di fare ricorso l’applicazione del c.d. saldo zero nel giudizio di accertamento negativo; la ricorrente reputa errata la sentenza poiché, in presenza di produzione parziale degli estratti conto ed in presenza di saldo iniziale debitore per il correntista, la Corte di merito avrebbe proceduto all’azzeramento di tale saldo senza considerare il fatto che attore
fosse il correntista che agiva per l’accertamento del saldo, ribaltando erroneamente sulla banca l’onere probatorio gravante sul primo.
– I motivi, che possono essere esaminati insieme in quanto evidentemente connessi, sono entrambi infondati.
3.1 – In punto onere della prova e possibilità di ricostruire il rapporto dare avere tra le parti di un conto corrente la giurisprudenza di legittimità è giunta ad approdi consolidati, che tengono conto dei diversi ruoli processuali che le parti assumono in giudizio, anche in ragione di c.d. domande c.d. incrociate, che il Collegio condivide e a cui intende dare continuità. Per quel che qui interessa -stante le censure mosse dalla ricorrente -l’onere della prova si configura diversamente laddove agisca una sola delle parti (il correntista o la banca) per ottenere in giudizio il riconoscimento del proprio preteso diritto e l’altra resti solo convenuta, e laddove, invece, nello stesso giudizio entrambe le parti facciano valere le proprie opposte pretese. Perciò giova chiarire che:
come questa Corte afferma con orientamento costante nell’affermare, laddove l’attore correntista non adempia compiutamente all’onere di dare prova -mediante deposito di tutti gli estratti periodici di conto – tanto dei pagamenti che dell’assenza di valida causa debendi in riferimento ad un determinato periodo di durata del rapporto, per determinare il saldo del periodo successivo a quello non documentato si partirà dal primo saldo disponibile; e laddove detto primo saldo risulti a debito del cliente, non dovrà procedersi all’azzeramento del rapporto con riferimento al periodo precedente non documentato (ovvero non si deve partire dal un saldo pari a zero) essendo onere del correntista la dimostrazione dell’andamento del rapporto dal suo inizio, ed anche di dimostrare che il saldo debitore risultante dal primo estratto disponibile sia minore ovvero insussistente; quindi il sollecitato accertamento del dare e dell’avere fra le parti del cessato rapporto deve essere
effettuato dal giudice di merito partendo dal primo saldo a debito del cliente, risultante dal primo estratto disponibile prodotto dall’attore oppure dalla banca in adempimento di un ordine di esibizione a lei impartito dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 30789 del 2023; Cass. n. 12993 del 2023; Cass. n. 11543 del 2019; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 28945 del 2017; Cass. n. 500 del 2017); peraltro è stato puntualizzato (v. Cass. n. 37800 del 2022 confermata dalle già menzionate Cass. n. 7697 del 2023 e Cass. n. 12993 del 2023), opportunamente, che « l’estratto conto, , non costituisce l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito potrebbe valorizzare, esemplificativamente, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o, a norma degli artt. 2709 e 2710 c.c., le risultanze delle scritture contabili (ma non l’estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto: Cass. n. 10692/2007 e Cass. n. 23974/2010); e, per far fronte alla necessità di elaborazione di tali dati, quello stesso giudice può avvalersi di un consulente d’ufficio, essendo sicuramente consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto, comunque, emergente dai documenti prodotti in giudizio (Cass. n. 14074/2018, Cass. n. 5091/2016; nel medesimo senso, Cass. n. 31187/2018; v. altresì Cass. n. 11543/2019). Rilevano, altresì, la condotta processuale della controparte ed ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. Ne deriva che l’incompletezza della serie degli estratti conto si ripercuote comunque sul cliente, gravato dall’onere della prova degli indebiti pagamenti: in quanto, a quel punto, si comincia
volta a volta dal ‘saldo a debito’, risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti (…) » ; in sintesi « dovrà assumersi, come dato di partenza per la rielaborazione delle successive operazioni documentate, il predetto saldo iniziale degli estratti conto acquisiti al giudizio, che, nel quadro delle risultanze di causa, è il dato più sfavorevole allo stesso attore »;
b) questa Corte, poi, ha puntualizzato (cfr. Cass. n. 7697 del 2023) che, nel giudizio in cui sia la banca a vantare un credito derivato dal saldo finale di segno negativo del rapporto di conto corrente, ed il correntista contrasti la pretesa eccependo la nullità di alcune pattuizioni in funzione della rideterminazione di tale saldo finale con la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, l’onere della prova della banca attrice implica la produzione di tutti gli estratti conto a partire dalla apertura del c/c, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione, incompleta, depositata in giudizio dalla banca (cfr. Cass. n. 21466/ 2013 e Cass. n. 15148/ 2018, entrambe richiamate, in Cass. n. 35979/ 2022); i questo indirizzo ermeneutico, peraltro, è stato precisato da Cass. n. 23852/ 2020 e Cass. n. 22387/ 2021, secondo cui nei rapporti bancari di conto corrente, ove alla domanda principale diretta al pagamento del saldo del rapporto, proposta dalla banca, si contrapponga la domanda riconvenzionale del correntista di accertamento del saldo e di ripetizione dell’indebito, ciascuna delle parti è onerata della prova delle operazioni da cui si origina il saldo, con la conseguenza che la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi: la mancata produzione degli estratti conto assume, infatti, una
colorazione neutra sul piano della ricostruzione del rapporto di dare e avere e giustifica, come tale, un accertamento del saldo di conto corrente che non è influenzato dalle movimentazioni del periodo non documentato. Invero, proprio in quanto ognuna delle parti assume la veste di attore all’interno del giudizio, è inconcepibile che l’una e l’altra possano giovarsi delle conseguenze del mancato adempimento dell’onere probatorio della controparte; sicché, ove manchi la prova delle movimentazioni del conto occorse nel periodo iniziale del rapporto, il correntista non potrà aspirare al rigetto della domanda di pagamento della banca, ma, nel contempo, quest’ultima non potrà invocare, in proprio favore, l’addebito della posta iniziale del primo degli estratti conto prodotti (cfr. Cass. n. 22276 del 2023);
con riguardo al criterio del cd. saldo zero, Cass. n. 25417/2023, ha chiarito che « il criterio del cd. saldo zero, che consente, nel caso in cui la mancata produzione di parte degli estratti conto impedisca di ricostruire l’intero andamento del rapporto, di determinare il saldo finale considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti, è utilizzabile, in quanto più sfavorevole alla banca, soltanto nel caso in cui il giudizio sia stato promosso dalla stessa, e non possa provvedersi all’accertamento del dare e dello avere sulla base di altri mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete in ordine al saldo maturato all’inizio del periodo documentato, ovvero sulla base di ammissioni compiute dal correntista, idonee ad escludere quanto meno che, con riferimento al periodo non documentato, egli abbia maturato un credito d’imprecisato ammontare ».
infine, Cass. n. 1736/2024 (cui numerose pronunce non massimate hanno dato continuità) con riguardo a controversie come quella oggi in esame – ove la banca contesti il criterio dell’azzeramento del conto condiviso dalla corte distrettuale, in presenza di contrapposte domande della banca e della correntista
in cui nessuna delle parti aveva ritualmente e tempestivamente depositato gli estratti conto integrali, ha affrontato funditus la questione, che anche qui rileva, se – operando il c.d. azzeramento del conto alla data dell’estratto più risalente nel tempo depositato dalla banca in giudizio – il giudice di merito abbia finito per attribuire l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, finendo in sostanza per violare l’art. 2697 cod. civ.; ed ha escluso che detta censura meriti accoglimento, giacché nei giudizi con domande incrociate: (i) « il reciproco onere probatorio deve trovare concreta attuazione in modo tale da scongiurare, ove possibile, il risultato di ritenere che, nell’ambito della medesima causa, il saldo da prendere in considerazione (la cui determinazione costituisce, come appare intuitivo, il sostrato comune delle contrapposte istanze) possa essere diverso a seconda che si valuti la domanda di una o dell’altra parte »; (ii) « parimenti, occorre evitare di gravare una delle parti dell’onere di dimostrare l’eventuale insussistenza di un credito o di un minor debito dell’altra ».
Sicchè, ha concluso « potrà certamente trovare applicazione il criterio dell’azzeramento del saldo o del cd. saldo zero, il quale altro non rappresenta che uno dei possibili strumenti attraverso il quale può esplicitarsi il meccanismo della ripartizione dell’onere probatorio tra le parti sancito dall’art. 2697 cod. civ. », specificando come si atteggia detta ripartizione a seconda dei casi:
d.1) ove la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo -com’è nella specie avendo la banca, convenuta con azione di accertamento negativo, proposto detta domanda in via riconvenzionale – ed il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo per la condanna dell’istituto di credito a pagare la differenza in proprio favore o per
l’accoglimento della domanda principale in misura inferiore (ovvero in caso di domande incrociate, ravvisabile anche nel caso odierno laddove il correntista -pur non chiedendo la condanna -ha chiesto l’accertamento del saldo effettivamente dovuto, depurato dalle poste passive indebite dedotte, esperendo, quindi, l’azione di ripetizione d’indebito benché solo in funzione della rideterminazione del saldo e senza formulare anche la conseguente domanda di condanna), l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta che:
per quanto riguarda la banca, il calcolo del dovuto potrà farsi: a.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e procedendo, poi, alla rideterminazione del saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto o alla data della domanda; a.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi -ipotesi che qui non interessa, azzerando i soli saldi intermedi, intendendosi con tale espressione che non si dovrà tenere conto di quanto eventualmente accumulatosi nel periodo non coperto da documentazione, sicché si dovrà ripartire, nella prosecuzione del ricalcolo, dalla somma che risultava a chiusura dell’ultimo estratto conto disponibile;
per quanto riguarda, invece, il correntista che lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti a vario titolo e ne chieda la restituzione (ipotesi che qui, come detto, si verifica con l’azione di ripetizione d’indebito in funzione dell’accertamento dell’effettivo saldo del conto), il calcolo del dovuto potrà farsi tenendo conto che: b.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, il correntista -salvo dimostri
l’eventuale vantata esistenza iniziale di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico – beneficia, comunque, dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile che va operato in ragione della domanda riconvenzionale della banca, e si avvarrà per la successiva rideterminazione del saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla data della chiusura del conto o alla data della domanda; b.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, il correntista, se sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione che, in tal caso, però, nuovamente sarà utilizzabile anche per la controparte, secondo il meccanismo di acquisizione processuale; in caso contrario, lo stesso beneficerà del meccanismo di azzeramento del o dei saldi intermedi, con il risultato che la banca, per quel o quei periodi, non ottiene niente ed il correntista, per lo stesso o gli stessi periodi, nulla recupera; così da prevenire, in definitiva, il rischio di due saldi difformi per la banca o il correntista all’esito del ricalcolo.
In altre parole, ove si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente – e in assenza tanto di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato, quanto di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza, in quell’arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo – è la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista (che implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa) che conduce alla possibilità del correntista di avvalersi nella rideterminazione del rapporto di dare e avere, dell’azzeramento del saldo a debito che
risulti dal primo degli estratti prodotti, in quanto detto criterio si applicherà per la banca – onerata della ricostruzione integrale dell’andamento del conto in ragione della pretesa avanzata in giudizio – laddove la mancanza degli estratti conto iniziali che era onerata di produrre non può andare a suo vantaggio, e quindi non potendo la stessa avvantaggiarsi di un dato a suo favore (il primo saldo a debito del correntista documentato), di cui non è in grado di provare la formazione.
Laddove, invece, il correntista non possa avvantaggiarsi di tale azzeramento che avviene solo in funzione dell’accertamento del diritto fatto valere nello stesso giudizio dalla banca, perché -appunto- la banca non ha proposto domanda in tal senso la agisce in tal senso ero nell’ipotesi che la banca non abbia proposta la relativa domanda), questi non potrà pretendere l’azzeramento del primo saldo « a debito », poiché è proprio da questo che si dovrà partire in assenza di dimostrazione che tale debito non esiste o era di minor importo.
4.- Il ricorso va pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo con distrazione a favore degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiarati antistatari, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate nell’importo di euro 5.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge, di cui dispone la distrazione in favore degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, antistatari. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228,
dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sez. Civile