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Onere della prova conto corrente: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12487/2025, si è pronunciata sull’onere della prova in un contenzioso bancario. Il caso riguardava la richiesta di un correntista di ricalcolare il saldo di un conto per addebiti illegittimi e la contrapposta domanda riconvenzionale della banca per il pagamento del saldo debitore. In assenza di una documentazione completa degli estratti conto, la Corte ha confermato la legittimità dell’applicazione del criterio del ‘saldo zero’, facendo partire il ricalcolo da zero alla data del primo estratto conto disponibile. La sentenza chiarisce che, in presenza di domande incrociate, l’onere della prova conto corrente grava su entrambe le parti, impedendo alla banca di far valere un saldo debitore iniziale di cui non può dimostrare la formazione.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova conto corrente: La Cassazione sul criterio del “Saldo Zero”

La gestione dei rapporti bancari può talvolta sfociare in contenziosi complessi, specialmente quando si tratta di ricostruire l’andamento di un conto corrente aperto decenni prima. Una delle questioni più spinose riguarda la documentazione incompleta. Cosa succede se mancano gli estratti conto di un lungo periodo? Su chi ricade l’onere della prova conto corrente? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un chiarimento fondamentale, consolidando un principio di equità processuale in presenza di domande contrapposte tra banca e cliente.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dall’azione di un correntista contro il proprio istituto di credito. Il cliente, titolare di un conto corrente dal 1978, chiedeva al Tribunale di rideterminare il saldo finale, sostenendo l’illegittimità di diverse pratiche applicate dalla banca nel corso degli anni, tra cui l’anatocismo trimestrale, commissioni di massimo scoperto non pattuite e l’applicazione di tassi di interesse ultralegali. Per supportare la sua richiesta, il correntista chiedeva che la banca fosse obbligata a produrre tutti gli estratti conto dall’apertura del rapporto.

L’istituto di credito si opponeva, contestando la fondatezza delle accuse e, a sua volta, presentava una domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento di un cospicuo saldo debitore risultante a suo favore. Poiché non erano disponibili tutti gli estratti conto sin dall’origine del rapporto, il Tribunale, e successivamente la Corte d’Appello, hanno basato la ricostruzione del conto sul cosiddetto criterio del “saldo zero”. In pratica, non potendo verificare la legittimità del saldo a debito risultante dal primo estratto conto disponibile (risalente al 1993), i giudici hanno azzerato tale saldo e hanno ricalcolato il dare/avere solo sulla base della documentazione effettivamente prodotta.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova conto corrente

La banca ha impugnato la decisione della Corte d’Appello davanti alla Cassazione, lamentando un’errata applicazione delle regole sull’onere della prova. Secondo l’istituto di credito, poiché il correntista aveva agito in giudizio, sarebbe stato suo onere dimostrare l’andamento completo del rapporto sin dall’inizio. La Cassazione ha respinto il ricorso, ritenendo infondati entrambi i motivi e confermando la correttezza della decisione dei giudici di merito.

La Ripartizione dell’Onere della Prova nelle Domande Incrociate

Il punto cruciale della decisione risiede nella qualificazione del giudizio come un caso di “domande incrociate”. Da un lato, il cliente agiva per l’accertamento negativo del debito e la ripetizione dell’indebito (restituzione di somme non dovute). Dall’altro, la banca agiva in via riconvenzionale per ottenere il pagamento del suo presunto credito.

In una situazione simile, entrambe le parti assumono la veste di “attore sostanziale” per le rispettive pretese. Di conseguenza, l’onere della prova non può essere addossato interamente a una sola parte. Ciascuno è tenuto a provare i fatti costitutivi del proprio diritto: il correntista deve provare i pagamenti non dovuti che chiede in restituzione, e la banca deve provare l’origine e la legittimità del credito che vanta.

L’Applicazione del Criterio del “Saldo Zero”

Proprio in questo contesto di oneri probatori reciproci, l’applicazione del criterio del “saldo zero” trova la sua giustificazione. Se il primo estratto conto disponibile presenta un saldo a debito per il cliente, e la banca non è in grado di produrre la documentazione precedente per dimostrare come quel debito si sia formato, non può pretendere che quel dato venga preso come punto di partenza per il ricalcolo.

La mancanza di prove relative al periodo iniziale del rapporto diventa un fattore che non può andare a vantaggio della banca, la quale ha l’obbligo di conservare la documentazione. Azzerare il saldo iniziale significa, in sostanza, non consentire alla banca di beneficiare di un debito la cui esistenza e legittimità non sono provate.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che, in presenza di domande incrociate e documentazione parziale, è necessario evitare soluzioni che portino a risultati contraddittori. Se si accollasse tutto l’onere probatorio al cliente, si rischierebbe di convalidare un debito iniziale non dimostrato. Viceversa, se si accollasse solo alla banca, si potrebbe negare un credito legittimo per la sola mancanza di alcuni documenti.

La soluzione del “saldo zero” rappresenta un punto di equilibrio. Essa si applica specificamente in funzione della domanda della banca: è perché l’istituto di credito chiede il pagamento di un saldo che deve dimostrarne la completa e legittima formazione sin dall’origine. La mancanza di documentazione integrale si ripercuote sulla banca, impedendole di far valere un saldo iniziale a suo favore di cui non può provare la genesi. Il correntista, a sua volta, si avvale di questo azzeramento come conseguenza diretta della pretesa della controparte. Questo meccanismo, spiegano i giudici, esplicita correttamente la ripartizione dell’onere probatorio sancita dall’art. 2697 del codice civile, garantendo che nessuna delle parti possa trarre un ingiusto vantaggio dalle lacune documentali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per i correntisti, essa rappresenta una tutela significativa: anche in assenza di tutti gli estratti conto, è possibile contestare addebiti illegittimi e opporsi a pretese di pagamento basate su saldi debitori non documentati. Per gli istituti di credito, invece, emerge con ancora più forza l’imperativo di una corretta e completa conservazione della documentazione contrattuale e contabile. L’incapacità di ricostruire integralmente la storia di un rapporto di conto corrente può comportare l’impossibilità di recuperare il proprio credito in sede giudiziaria.

In una causa tra banca e cliente con estratti conto mancanti, chi deve provare il proprio diritto?
Quando sia il cliente (che chiede la restituzione di somme) sia la banca (che chiede il pagamento di un saldo a debito) avanzano pretese, l’onere della prova grava su entrambe le parti. Ciascuna deve dimostrare i fatti a fondamento della propria domanda.

Cosa succede se il primo estratto conto disponibile mostra un saldo a debito per il cliente?
Se la banca ha proposto una domanda per il pagamento di quel debito ma non può produrre i documenti precedenti per dimostrare come si è formato, quel saldo iniziale viene azzerato. Il ricalcolo del rapporto dare/avere parte da zero a partire dalla data di quel primo estratto conto.

Il criterio del ‘saldo zero’ si applica sempre quando mancano gli estratti conto?
No, la sua applicazione è strettamente legata al contesto processuale. Secondo questa ordinanza, il cliente può beneficiare dell’azzeramento del saldo debitore iniziale proprio perché la banca ha agito in giudizio per ottenerne il pagamento. Se la banca non avesse avanzato tale pretesa, il cliente avrebbe dovuto dimostrare autonomamente l’inesistenza o la minor entità di quel debito iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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