Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 405 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 405 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 19425 anno 2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME ;
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME, COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce al controricorso, domiciliat i presso lo studio di quest’ultimo in Roma INDIRIZZO;
contro
ricorrenti avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 5315/2019 pubblicata in data 22/11/2019, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ex art. 645 c.p.c. i signori COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano opposizione al Decreto Ingiuntivo emesso a favore della allora Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. per l’importo capitale di € 380.598,20 a titolo di saldo debitore complessivo risultante da tre rapporti bancari di cui era intestataria la società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita, di cui gli opponenti erano fideiussori. A sostegno dell’opposizione deducevano che nulla era dovuto in quanto i rapporti di cui al conto corrente n.740/505362 acceso il 30/6/82, al conto corrente n.1000/2000 acceso il 9/2/06, nonché al mutuo n.54324564 acceso in data 30/11/07 dovevano essere depurati dagli addebiti illegittimi di interessi anatocistici, usurari ed ultralegali, oltre che da indebite commissioni di massimo scoperto. Si costituiva la Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. chiedendo il rigetto dell’opposizione per infondatezza e per maturata prescrizione degli addebiti anteriori al 3/3/01.
Il Tribunale di Padova revocava il decreto ingiuntivo e condannava i fideiussori al pagamento, in solido fra loro, della minor somma di € 225.213,64, oltre agli interessi contrattuali dal 5/4/11 al saldo, compensando le spese di lite fra le parti. In particolare, il primo Giudice riscontrava che: – il saldo debitore del c/c n.1000/2000 era provato nella sua esistenza ed entità, posto che la c.m.s. era stata validamente pattuita, che la capitalizzazione trimestrale era legittima in quanto il rapporto, stipulato dopo la delibera CICR 2000, prevedeva la pari periodicità degli interessi attivi e passivi e che
l’affermazione di superamento del tasso soglia antiusura era generica; – il rapporto di mutuo del 30/11/07 non aveva evidenziato, sulla base della consulenza tecnica svolta, l’applicazione di interessi usurari; – il conto corrente n. 505362, attraverso la consulenza contabile disposta d’ufficio, aveva un saldo positivo a fa vore del correntista di € 732.627,97, per cui non era provato il credito vantato dalla banca. Il primo Giudice, quindi, rigettava la domanda degli opponenti i quali chiedevano di portare in detrazione dal dovuto quanto risultante a credito del correntista, ritenendo trattarsi di una inammissibile eccezione di compensazione.
Avverso la sentenza, proponevano tempestivo appello COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, mentre, Cassa di Risparmio del Veneto s.p.a. costituitasi, resisteva al gravame
La Corte distrettuale accoglieva l’appello premettendo che la fideiussione prestata dagli appellanti aveva ad oggetto indistintamente tutti i debiti scaturenti da ll’esercizio da parte della Banca in favore del cliente, debitore principale, di un’attività riconducibile alla figura delle operazioni bancarie , con conseguente valutazione unitaria del rapporto tra Banca e garanti.
La Corte, a fronte della insussistenza di un credito della banca nei confronti del debitore principale in base ad una valutazione complessiva dei rapporti intercorrenti fra le parti, riteneva non sussistere il presupposto per l’attivazione della garanzia fideiussoria anche in considerazione della applicazione al caso di specie dell’art. 1853 c.c..
In conclusione, la C orte distrettuale accoglieva l’appello revocando il decreto ingiuntivo opposto, rilevando, altresì, che l’onere probatorio del credito del correntista non potesse
essere posto a carico dei garanti trattandosi di pretesa creditoria avanzata monitoriamente dalla banca.
La sentenza, non notificata, è stata impugnata dalla Banca con ricorso per Cassazione, affidato ad un solo motivo, cui i signori COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo ed unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. de ll’art. 2697 c.c..
Ad avviso della Banca ricorrente la Corte di Appello di Venezia avrebbe erroneamente applicato il principio regolatore dell’onere probatorio relativamente alle domande formulate dai fideiussori di accertamento negativo del credito azionato in sede monitoria dalla Banca, nonché di accertamento del credito della società correntista in relazione al c/c n. NUMERO_DOCUMENTO in ordine alle quali i garanti avrebbero assunto la veste di attori con conseguente onus probandi.
In particolare, la Corte avrebbe errato nell’applicazione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova nella misura in cui avrebbe ritenuto provato un saldo creditorio a favore del correntista in ordine al c/c n. 505362 utilizzando il criterio del saldo zero non applicabile allorquando si tratta di accertare l’eventuale credito del correntista.
Tale criterio sarebbe applicabile soltanto ai fini della prova del saldo sul c/c in ordine alla pretesa creditoria della Banca, ma non può essere utilizzato al fine di determinare l’esistenza e l’ammontare di un eventuale credito del correntista.
Tale errato accertamento ha comportato l’erronea compensazione tra il credito della correntista con i debiti
derivanti dagli altri due rapporti con conseguente affermazione della insussistenza dei presupposti per l’attivazione dell’obbligo fideiussorio.
2. Il motivo è fondato.
In tema di rapporti bancari regolati in conto corrente, laddove la banca agisca in giudizio per il pagamento dell’importo risultante a saldo passivo ed il correntista chieda, a sua volta, la rideterminazione del saldo, concludendo per la condanna dell’istituto di credito a pagare la differenza in proprio favore o per l’accoglimento della domanda principale in misura inferiore, l’eventuale carenza di alcuni estratti conto o, comunque di altra documentazione che consenta l’integrale ricostruzione dell’andamento del rapporto, comporta, ad avviso di questa Corte, che: a) per quanto riguarda la banca, il calcolo del dovuto potrà farsi: a.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto azzerando il saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e procedendo, poi, alla rideterminazione del saldo finale utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura del conto o alla data della domanda; a.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, azzerando i soli saldi intermedi, intendendosi con tale espressione che non si dovrà tenere conto di quanto eventualmente accumulatosi nel periodo non coperto da documentazione, sicché si dovrà ripartire, nella prosecuzione del ricalcolo, dalla somma che risultava a chiusura dell’ultimo estratto conto disponibile; b) per quanto riguarda, invece, il correntista che lamenti l’illegittimo addebito di importi non dovuti a vario titolo e ne chieda la restituzione, il calcolo del
dovuto potrà farsi tenendo conto che: b.1) nell’ipotesi in cui non ci sia in atti documentazione che risalga all’inizio del rapporto, egli o dimostra l’eventuale vantata esistenza di un saldo positivo in suo favore, o di un minore saldo negativo a suo carico o beneficia comunque dell’azzeramento del saldo di partenza del primo estratto conto disponibile (ove quest’ultimo non coincida, appunto, con il primo estratto del rapporto) e della successiva rideterminazione del saldo finale avvenuta utilizzando la completa documentazione relativa al periodo successivo fino alla chiusura o alla data della domanda; b.2) laddove manchi documentazione riguardante uno o più periodi intermedi, anche in tal caso, egli, se sostiene che in quei periodi si è accumulata una somma a suo credito o un minore importo a suo debito per effetto di interessi o commissioni non dovute, lo deve provare, producendo la corrispondente documentazione che, in tal caso, però, nuovamente sarà utilizzabile anche per la controparte, secondo il meccanismo di acquisizione processuale; in caso contrario, lo stesso beneficerà del meccanismo di azzeramento del o dei saldi intermedi, con il risultato che la banca, per quel o quei periodi, non ottiene niente ed il correntista, per lo stesso o gli stessi periodi, nulla recupera; così da prevenire, in definitiva, il rischio di due saldi difformi per la banca o il correntista all’esito del ricalcolo (cfr. Cass. 1763/2024).
Ciò posto, la sentenza impugnata ha erroneamente affermato che l’onere della prova fosse a carico della banca che aveva azionato monitoriamente il credito, sebbene i fideiussori avessero richiesto il rigetto della domanda della creditrice ingiungente, formulando a loro volta domanda di accertamento negativo della sussistenza del debito del
debitore principale assistito da garanzia fideiussoria, con conseguente onere della prova a loro carico.
Conseguentemente la Corte avrebbe errato nell’applicazione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova ritenendo provato un saldo creditorio a favore del correntista in ordine al c/c n. 505362 utilizzando il criterio del saldo zero non applicabile l addove si tratti accertare l’eventuale credito del correntista che nel caso di domanda di accertamento negativo del credito di controparte assume sotto il profilo dell’onere della prova la posizione di attore.
Tale criterio sarebbe applicabile soltanto ai fini della prova del saldo sul c/c in ordine alla pretesa creditoria della Banca, ma non può essere utilizzato al fine di determinare l’esistenza e l’ammontare di un eventuale credito del correntista.
Pertanto, i fideiussori, così come la Banca, non hanno assolto all’onere su di loro incombente di provare il loro credito sulla scorta degli estratti di conto corrente relativamente al periodo del 1982 al 31/01/2003 atteso che il primo estratto conto acquisito al giudizio risulta quello prodotto dall’istituto di credito relativo al 01/02/2003.
In sintesi, le pretese contrapposte delle parti risultano entrambe sfornite di prova con conseguente inesattezza della compensazione dei crediti accertati in favore della Banca con quelli erroneamente accertati in favore del correntista.
In conclusione, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese della presente fase di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione anche per le spese della presente fase. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione