Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6633 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6633 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
sul ricorso 24721/2020 proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio del prof. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
Pec:
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
– intimati –
nonchè contro
NOME COGNOME, in proprio e quale Legale Rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliate presso lo studio
dell’avvocato NOME COGNOME in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO
-controricorrente – nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione in persona del Liquidatore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata ex lege presso la Cancelleria della Corte di Cassazione in Roma, INDIRIZZO pec:
-controricorrente – nonchè contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, le seconde due in persona del Legale Rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME, ed elettivamente domiciliate presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
Pec:
-controricorrente – avverso la sentenza n. 98/2020 della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il 19/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Cons.NOME COGNOME;
Rilevato che:
NOME COGNOME con atto di citazione del 30 novembre 2009 convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Sassari la madre, NOME (poi deceduta nel corso del giudizio di primo grado), e le sorelle NOME e NOME COGNOME nonché le società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE assumendo che, a seguito della morte del padre, NOME COGNOME, erano insorte con la madre e le sorelle divergenze di carattere ereditario e societario per dirimere le quali le parti, anche nella loro veste di legali rappresentanti delle società convenute, avevano stipulato due scritture private transattive in data 24/1/2004 e 23/5/2007;
deduceva che le convenute non avevano adempiuto al complesso di obbligazioni assunte con le predette scritture e chiese pertanto che venisse accertata la responsabilità per inadempimento di tutte le parti alle suddette obbligazioni ‘in solido o come meglio ritenuto’ e per l’effetto che le stesse fossero condannate all’adempimento degli accordi transattivi con attribuzione ‘dei beni individuati nelle predette scritture o altri di equivalente valore ‘ nella misura necessaria ad adegua re il valore dei cespiti ottenuti dall’attore, NOME COGNOME, come già quantificato con stima della rag NOME COGNOME, a quello dei cespiti ottenuti da NOME COGNOME, di valore maggiore rispetto a quelli ottenuti dagli altri, oltre al risarcimento del maggior danno subìto;
tutte le parti convenute si costituirono in giudizio eccependo, tra le altre difese, l’indeterminatezza della domanda;
il Tribunale, accogliendo l’eccezione, assegnò termine all’attore per integrare le domande le quali furono specificate nel senso dell’obbligo del trasferimento dei diritti immobiliari su beni individuati con la prima scrittura e dell’obbligo del pagamento di somme di cui alla prima e alla seconda scrittura, con interessi e, in ogni caso, fino a concorren za del credito per conguaglio riconosciuto in favore dell’attore da stime effettuate da la rag. COGNOME, in una misura non inferiore ad € 1.771.373,66 o in quella che sarà determinata in corso di causa e la
condanna delle convenute in solido al risarcimento dei danni patrimoniali subìti all’attore e alle spese;
il Tribunale di Sassari , all’esito di CTU, con sentenza del 30/3/2018 rigettò le domande perché ritenute indeterminate nel petitum e nella causa petendi;
a seguito di appello del COGNOME, la Corte d’Appello di Cagliari, con sentenza del 19/3/2020, ha rigettato l’appello condannando NOME COGNOME a pagare, in favore di tutte le parti costituite, le spese del grado;
per quanto è ancora di interesse la Corte del gravame, pur ritenendo fondati i motivi di appello volti a dimostrare che la domanda introduttiva del giudizio non era indeterminata, sicché nessuna valutazione di indeterminatezza poteva inferirsi dall’istruttoria esperita e in particolare dalla CTU espletata, passando ad esaminare la domanda nel merito ha ritenuto che la stessa, così come formulata dal COGNOME , non potesse essere accolta sia quanto all’attribuzione dei beni, perché il COGNOME aveva formulato una domanda che era stata abbandonata nel corso del giudizio, sia quanto al versamento delle somme a titolo di conguaglio, in quanto la perizia valutativa redatta dalla COGNOME non aveva specificamente individuato la somma a titolo di conguaglio ma aveva solo indicato la base di computo dei conguagli eventualmente da prestarsi sicché la sentenza di primo grado era, nella sostanza da confermarsi, sia pur con una diversa motivazione;
avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi;
hanno resistito NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con un unico controricorso; e con distinti controricorsi, NOME COGNOME, e la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo di ricorso -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo co. n. 4 c.p.c. il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi sulla domanda di accertamento della responsabilità per inadempimento delle parti convenute, con particolare riguardo alle obbligazioni di cui all’articolo 4 lettere G ed H della prima scrittura transattiva e all’art. 2 della seconda; in secondo luogo che la Corte del merito ha omesso di pronunciarsi sulla domanda del COGNOME volta ad ottenere dalle sorelle il versamento del conguaglio; lamenta, quindi, che, considerato il contenuto sostanziale della domanda, la Corte del merito non ha accertato la sussistenza del diritto vantato dall’attore e conseguentemente omesso di liquidare il conguaglio in denaro;
con il secondo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo co. n. 4 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 Cost., 113, 115 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, prim o co. n. 3 c.p.c. il ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sulla domanda volta ad ottenere il pagamento in suo favore di una somma di denaro in attuazione del diritto al conguaglio;
i motivi possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione;
quanto alla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., prospettata dal ricorrente sia con riguardo alla domanda di pagamento di somme sia con riguardo alla richiesta di conguaglio, la corte del merito ha
pronunciato su tutta la domanda e non oltre i limiti della stessa dunque non è incorsa in alcun vizio di extra-petizione; la sentenza impugnata, infatti, dopo aver respinto i primi quattro motivi di appello relativi alla indeterminatezza del petitum e della causa petendi, da p. 15 a p. 23 ha analizzato nel merito il contenuto delle domande ed ha dedicato un intero paragrafo (pp. 19-21) alla ‘ domanda principale di pagamento delle somme di cui all’art. 4 lett. H e G scrittura 24/11/2004 e art. 2 ult. cap. della scrittura 23/5/2007’ , svolgendo considerazioni del tutto conformi alle domande originarie dell’attore e a quelle precisate con la domanda integrativa;
quanto alla pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla domanda subordinata di pagamento del conguaglio, dedotta con il secondo motivo, la stessa è pure manifestamente infondata in quanto la Corte d’Appell o ha confermato (p. 21) che l’importo stimato dalla perizia depositata dall’attore non rappresentava il conguaglio dovuto ma esclusivamente una base di computo per la determinazione di eventuali conguagli e che, avendo le parti previsto attribuzioni patrimoniali, dazioni e compensazioni reciproche, non era possibile stabilire all’attualità il valore del conguaglio a lui ‘eventualmente’ spettante’;
le altre censure contenute nel secondo motivo di ricorso (violazione dell’art. 24 Cost., 113 e 115 c.p.c.) sono invece, in parte inammissibili perché prive di specificità (art. 24 Cost.), meramente enunciate e non svolte (art. 113 c.p.c. ) o non rispettose delle condizioni poste dalla giurisprudenza di questa Corte per prospettare le relative censure (art. 115 c.p.c.) ed in parte infondate (art. 2697 c.c. ); quanto alla violazione dell’art. 115 c.p.c. il ricorrente si limita a riproporre il contenuto dei propri atti processuali sia del primo grado sia dell’appello e non ottempera all’onere posto dalla giurisprudenza di
questa Corte secondo cui ‘nel ricorso per cassazione per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (Cass., U, n. 20867 del 30/9/2020; Cass., 5, n. 16016 del 9/6/2021);
quanto alla violazione dell’art. 2697 c.c. il ricorrente assume che la Corte del merito, in presenza di una obbligazione contrattuale, ha gravato l’esponente di un onere di allegazione e di prova che non poteva essergli attribuito, violando le regole di ripartizione dell’onere della prova; avendo il contraente assunto l’inadempimento delle controparti egli era gravato unicamente dell’onere di provare la fonte dell’obbligo e dichiarare l’inadempimento, mentre spettava al debitore dimostrare l’esistenza di circostanze impeditive o estintive dell’obbligazione sullo stesso gravante; invece la Corte del merito lo ha gravato anche dei fatti estintivi o parzialmente estintivi , pretendendo che il ricorrente sollevasse contro se stesso eventuali eccezioni di inadempimento ex art. 1460 c.c.;
la censura è infondata;
la corte di merito ha sostanzialmente ritenuto che il COGNOME non ha, invero, provato la fonte del proprio credito, sicché pur potendo limitarsi ad allegare l’inadempimento delle controparti, non ha ottemperato all’onere della prova del fatto costitutivo del proprio diritto;
pur nella stringatezza della sua motivazione la sentenza è in linea sia con la giurisprudenza di questa Corte in tema di prova degli elementi costitutivi della responsabilità contrattuale sia con quella sul riparto dell’onere della prova : secondo il consolidato indirizzo di questa
Corte ‘I n tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della dimostrazione del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, o dall’eccezione d’inadempimento del creditore ex art. 1460 c.c. (Cass., 3, n. 3373 del 12/2/2010; Cass., 61, n. 25584 del 12/10/2018); ‘la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice ha attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. 3, n. 13395 del 29/5/2018; Cass., 63, n. 26769 del 23/10/2018); ora nel caso in esame il ricorrente pur prospettando la violazione dell’art. 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c., in sostanza chiede una rivalutazione delle prove;
con il terzo motivo di ricorso – omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo co. n. 5 c.p.c. – il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha omesso di esaminare le prove documentali prodotte dalle parti, la prova testimoniale e la CTU, acquisite nel corso del giudizio di primo grado; il ricorrente esordisce rappresentando che nel caso in esame non vale la preclusione del ricorso ai sensi del n. 5 c.p.c. in presenza di pronuncia cd. ‘doppia conforme’ perché le ragioni di fatto poste a fondamento della sentenza di primo e di secondo grado sono diverse,
la prima essendo una pronuncia di mero rito, la seconda, invece, una pronuncia di merito; ciò posto, il ricorrente assume che il giudice del merito ha omesso di considerare il fatto assolutamente decisivo che, alla scadenza dei termini contrattualmente previsti NOME COGNOME non aveva conseguito dalla RAGIONE_SOCIALE la proprietà dell’immobile sito in località Baddi Manna di cui all’art. 4 lett. F della scrittura privata del 2004, come confermato dalla testimonianza della COGNOME; ed ha altresì omesso di considerare un altro elemento di fatto decisivo ai fini del riconoscimento del diritto al conguaglio quale le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio che avevano offerto una base precisa di valutazione del conguaglio così rendendo censurabile la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto ‘impossibile, in concreto, la determinazione di un eventuale conguaglio ancora dovuto all’appellante’;
la censura è inammissibile;
a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, questa Corte può sindacare l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass., U, n. 8053 e 8054 del 7/4/2014), dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della
sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo (Cass., 1, n. 17761 dell’8/9/2016); non possono considerarsi tali né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, né le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio (Cass., 2, n. 10525 del 31/3/2022); nell’ambito dell’art. 360, co. 1 n. 5 c.p.c. non è inquadrabile la consulenza tecnica d’ufficio recepita dal giudice, risolvendosi la critica ad essa nell’esposizione di mere argomentazioni difensive contro un elemento istruttorio (Cass. 1, n. 8584 del 16/3/2022; Cass., 3, n. 6322 del 2/3/2023);
il ricorrente lamenta non l’omesso esame di un fatto storico ma l’omesso esame di prove, o di stralci della consulenza tecnica d’ufficio così da incorrere in inammissibilità;
alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente a pagare, in favore di ciascuna parte controricorrente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo;
P.Q.M
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione che liquida in € 12.200 (di cui € 200 per esborsi) in favore di NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, oltre accessori di legge e spese generali al 15%, ed in € 11.200 (di cui € 200 per esborsi) più accessori
e spese generali al 15% sia in favore di NOME COGNOME sia in favore della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza