Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13365 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13365 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32051/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1819/2021 depositata il 19/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso monitorio al Tribunale di Nola, la società RAGIONE_SOCIALE, specializzata in rimozione, trasporto e custodia dei veicoli sottoposti a sequestro amministrativo da parte della P.A, ha chiesto di ingiungere al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di € 92.291,62, oltre accessori di legge.
In particolare, la RAGIONE_SOCIALE ha esposto: a) che nel corso degli anni aveva ricevuto in custodia n. 66 veicoli sottoposti a sequestro e/o fermo amministrativo da parte dei RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE; b) che il rapporto di custodia era cessato in data 31.5.2007 con l’alienazione e/o rottamazione di tutti i veicoli; c) che, dopo aver richiesto all’Amministrazione il pagamento delle indennità di custodia, il RAGIONE_SOCIALE, con determina n. 914/218, aveva riconosciuto in favore della RAGIONE_SOCIALE un importo complessivo per le spese di custodia di €111.767,00, ma aveva poi corrisposto alla stessa soltanto la somma di € 19.475,38.
Il Tribunale di Nola ha ingiunto al RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di € 92.291,62, oltre accessori di legge.
All’esito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale di Nola ha accolto l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e rigettando la domanda riconvenzionale del RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’Appello di AVV_NOTAIO, con sentenza n. 1819/2021, ha rigettato l’appello , riformando tuttavia parte delle motivazioni della sentenza del Tribunale.
Per quanto ancora rileva, l a Corte d’Appello, dopo aver evidenziato che il giudice di primo grado aveva ritenuto che, ai fini della quantificazione dell’indennità di custodia, non potessero trarsi elementi utili dalla determina dirigenziale 28 agosto 2008, la quale, solo incidentalmente richiamava il prospetto di liquidazione in favore di RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 111.007,00 (essendo stata riconosciute con la predetta determina solo anticipazioni spese per € 19.465,38), ha rilevato che il custode appellante aveva censurato tale punto della decisione in modo piuttosto generico, richiamando semplicemente la documentazione depositata, nonché il tenore letterale della determina in questione, senza, tuttavia, fornire elementi atti a consentire una diversa ricostruzione della vicenda e senza provare in quale modo fosse pervenuto alla quantificazione dell’importo richiesto, sia con riguardo al calcolo dei periodi in custodia, sia in relazione alle tariffe applicate.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a due motivi. Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso, depositando, altresì, la memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli art. ‘7’, ‘8’, ’11’ e ’12’ del DPR 571 -1982, in relazione all’art. 2697 c.c., in merito anche alla valutazione del materiale probatorio (art. 360 c.p.c. sub 3).
Espone la ricorrente che il giudice d’appello ha errato nel ritenere che la stessa non avesse provato il quantum della pretesa creditoria, anche sotto il profilo di un eventuale indennizzo ex art. 2041 cod. civ.
In particolare, ad avviso del ricorrente, la decisione della Corte d’Appello è errata alla luce delle seguenti considerazioni: a) i
rapporti di custodia tra la p.a. e il custode possono essere quantificati soltanto attraverso le tariffe prefettizie di cui all’art. 12 d.p.r. 571/82, determinate direttamente dal Prefetto con appositi decreti, che nel caso di specie non erano stati emanati dal Prefetto di AVV_NOTAIO; b) secondo la giurisprudenza di legittimità l’unico requisito necessario per poter proporre la domanda per il riconoscimento dell’indennità di custodia sarebbe costituito dalla mancata liquidazione da parte della p.a. delle somme dovute; c) il custode aveva provato il periodo di custodia con la produzione in giudizio dei verbali di sequestro e con la produzione della determina n. 914/2008, atto che impegnava l’amministrazione verso l’esterno; d) il custode, in assenza delle tariffe prefettizie in relazione al periodo nel quale aveva espletato la sua attività di custodia, non poteva avere l’onere processuale di produrre, per poter quantificare il proprio credito, un atto amministrativo inesistente, potendo supplire a tale ‘prova impossibile’ soltanto con la produzione della determina n. 914/2008, in cui il RAGIONE_SOCIALE aveva riconosciuto che l’indennità di custodia era pari a € 111.767,00; e) in assenza delle tariffe prefettizie solo il giudice avrebbe potuto decidere il criterio da adottare per la quantificazione della pretesa creditoria, o usando i dati presenti in atti, o disponendo una CTU, o secondo equità.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli art. ‘7’, ‘8’, ’11’ e ’12’ del DPR 571 -1982, in relazione all’art. 2697 c.c. e all’art. 2041 c.c., in merito anche alla valutazione del materiale probatorio (art. 360 c.p.c. sub 3).
Lamenta la ricorrente che il giudice d’appello ha errato nel rigettare la domanda di arricchimento senza causa, proposta in via subordinata, atteso che sussistevano tutti i presupposti richiesti dagli artt. 2041 e 2042 c.c. per l’accoglimento della domanda alla luce delle seguenti considerazioni: a) secondo la giurisprudenza di legittimità l’unica prova che l’attore deve offrire a fondamento della
domanda di indennizzo ex art. 2041 c.c. concerne l’impoverimento e l’arricchimento, oltre che l’assenza di giustificazione dello spostamento di richieda e di altre azioni esperibili a tutela del diritto, non essendo più necessario il riconoscimento dell’utilità da parte della p.a.; b) il vantaggio ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE, oltre ad essere riconosciuto direttamente dai commi 1 e 3 dell’art. 7 d.p.r. 571/82, è stato riconosciuto anche dalla stessa Amministrazione nella determina 914/2008; c) il RAGIONE_SOCIALE non ha provato di aver rifiutato o di non aver potuto rifiutare l’attività di custodia svolta dalla RAGIONE_SOCIALE.
Entrambi i motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili.
Il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello, nel negare che lo stesso avesse fornito elementi idonei ai fini della quantificazione dell’indennità di custodia, non aveva tenuto conto del contenuto della determina n. 914/2008, nella quale il RAGIONE_SOCIALE aveva, a suo dire, riconosciuto il debito di € 111.767,00 a titolo di indennità di custodia ed aveva applicato le tariffe dell’RAGIONE_SOCIALE.
Non vi è dubbio che le censure con cui il ricorrente lamenta l’erronea valutazione del materiale probatorio si configurino come di merito e, quindi inammissibili, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dalla Corte d’Appello, e, in particolare, nella sostanza, una diversa interpretazione della determina del RAGIONE_SOCIALE, senza che sia stata nemmeno invocata la violazione delle norme di interpretazione contrattuale.
Peraltro, anche a voler ritenere che, nella sostanza, il ricorrente, anziché la violazione di legge, abbia, in realtà, inteso censurare l’omesso esame di fatto decisivo (riconducibile alla violazione dell’art. 360 comma 1° n. 5 cod. proc. civ.) ovvero il contenuto della determina n. 914/2008, asseritamente riportante un
riconoscimento del credito del custode -il ricorso sarebbe comunque inammissibile.
In primo luogo, dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la Corte d’appello ha esaminato la determina n. 914/2008, ritenendo tale documento del tutto irrilevante ai fini della quantificazione dell’indennità per indebito arricchimento.
In ogni caso, il ricorso è comunque privo di autosufficienza in quanto meramente assertivo, non riproducendo minimamente (se non attraverso la propria interpretazione) il contenuto di tale documento.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma, così deciso il 7.3.2024