Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25047 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25047 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14033/2022 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
CAMERA DI COMMERCIO DI NAPOLI, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 886/2022, depositata il 16/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Con sentenza del 16 marzo 2021 il Tribunale di Milano ha parzialmente accolto l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME avverso due ordinanze ingiunzione emesse a seguito di attività ispettiva dalla Camera di commercio. L’attività ispettiva, svolta presso tre punti vendita, aveva riscontrato la presenza di materiale elettrico e giocattoli non conformi agli standard di sicurezza comunitari, alla legge 791/1977 e al d.lgs. 194/2007, in cui era indicato come importatore la ditta RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME Il Tribunale ha rideterminato la sanzione relativa all’ordinanza ingiunzione n. 1824/2019 in euro 34.986 e la sanzione relativa all’ordinanza ingiunzione n. 1936/2019 in euro 42.986.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME. Con la sentenza n. 886/2022 la Corte d’appello di Milano ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME in proprio e quale titolare della già impresa RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME.
Resiste con controricorso la Camera di commercio di Napoli, che chiede di condannare il ricorrente per lite temeraria ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è basato su un articolato motivo che lamenta ‘violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omessa pronuncia, motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria e lacunosa, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, travisamento ed erronea valutazione dei fatti e delle prove’.
Il motivo non può essere accolto.
Anzitutto è inammissibile la censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: tale censura è infatti inammissibile quando
-come nel caso in esame -la decisione d’appello è fondata sulle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto poste alla base della decisione di primo grado (art. 348ter , comma 5, c.p.c., applicabile ratione temporis alla presente causa).
Inammissibile poi è la censura di motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria e lacunosa, in quanto tale censura non è più proponibile dopo la riformulazione operata dal legislatore del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (si veda al riguardo Cass., sez. un., n. 8038/2018, che rammenta come la riforma debba essere valutata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che risulta denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali).
Non sussiste inoltre il denunciato vizio di travisamento dei fatti che si sarebbe sostanziato in un clamoroso errore di valutazione delle prove. Come hanno precisato le sezioni unite, con la pronuncia n. 5792/2024, è denunciabile ai sensi del n. 4 o del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. unicamente il travisamento del contenuto oggettivo della prova che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, quando il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare. Nel caso in esame il ricorrente contesta la lettura delle denunce da lui presentate, contestando la conclusione del giudice di merito per cui ‘le denunce prodotte non colgono nel segno’ e non sono in grado di superare la presunzione di cui all’art. 3 della legge 689/1981. Si tratta di valutazione degli elementi di prova che spettava al giudice di merito compiere e che non è sindacabile, essendo stata ampiamente motivata, da parte di questa Corte di
legittimità. In ogni caso, la Corte d’appello non si è unicamente basata sulla valutazione delle denunce, ma ha sottolineato come il ricorrente avrebbe potuto dimostrare la non riferibilità dei prodotti al proprio esercizio commerciale producendo scritture contabili dalle quali sarebbe risultata la mancata importazione di quelli oggetto dell’ispezione e per i quali sono state emesse le ordinanze ingiunzione.
Quanto alla censura relativa alla mancata audizione del ricorrente in sede amministrativa la Corte d’appello ha valorizzato la mancata risposta del medesimo alla nota della Camera di Commercio e al contenuto degli scritti difensivi depositati in sede amministrativa. Al riguardo va in ogni caso rilevato che ‘la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa non comporta la nullità del provvedimento, in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale’ (così Cass. n. 21146/2019).
Quanto, infine, alla critica di avere preteso la prova negativa, in quanto la Corte d’appello avrebbe chiesto al ricorrente di provare di non avere effettuato l’importazione dei prodotti oggetto di ispezione, va osservato che ‘l’onere della prova gravante su chi agisce o resiste in giudizio non subisce deroghe nemmeno quando abbia ad oggetto fatti negativi; tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo’ (in tal senso Cass. n. 14854/2013, più di recente cfr. Cass. n. 9065/2023 e Cass. n. 15176/2024). Il che è avvenuto nel caso in esame, avendo il giudice di merito sottolineato come il ricorrente avrebbe potuto dimostrare specifici fatti positivi contrari, ossia di avere effettuato l’importazione di
diversi prodotti nel periodo oggetto delle due ordinanze ingiunzione, il che avrebbe potuto fare presumere, per esclusione, la mancata importazione dei prodotti oggetto di ispezione.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Non sussistono i presupposti per la condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 1, in particolare l’elemento oggettivo (entità del danno sofferto), richiesti dalla disposizione secondo l’interpretazione di questa Corte (si vedano Cass. n. 4645/2007 e Cass. 10606/2010).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in euro 5.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2025.