Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4627 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4627 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 28695-2018 r.g. proposto da:
Geom. NOME COGNOME, (cod. fisc. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE ed il socio accomandatario NOME COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore il curatore RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentati e difesi, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con i quali elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME.
–
contro
ricorrenti –
avverso il decreto del Tribunale di Padova, depositato in data 27.7.2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8/2/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME, in qualità di geometra, proponeva opposizione allo stato passivo avverso il provvedimento con cui il RAGIONE_SOCIALE.d. del RAGIONE_SOCIALE e del socio NOME in proprio aveva rigettato la sua richiesta di ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE del credito privilegiato ex art. 2751bis n. 2 cod. civ. per euro 52.537,74, oltre euro 9.451,60 per Iva. Assumeva il professionista opponente che il credito insinuato avrebbe rappresentato il corrispettivo dell’opera professionale resa i n favore della predetta società in bonis , consistita nell’attività di redazione del progetto di ristrutturazione ed ampliamento del fabbricato produttivo di proprietà della fallita, partecipazione quale progettista all’approvazione del nuovo piano edilizio con la presenza a numerose conferenze di servizio, l’assunzione dell’incarico di direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza nella realizzazione della costruzione in progetto.
2.Nella resistenza del RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Padova, con il provvedimento qui oggetto di ricorso per cassazione, ha rigettato la proposta opposizione, confermando pertanto il provvedimento di diniego del g.d.
Il Tribunale ha rilevato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) dovevano essere disattese tutte le eccezioni preliminari in rito sollevate dalle parti, perché non era stato introdotto ‘materiale decisorio nuovo’ nel giudizio di opposizione e perché, in relazione alle istanze istruttorie contenute nella nota autorizzata del 13 aprile 2018 da parte dell’opponente, le stesse dovevano essere considerate conseguenziali alle difese del RAGIONE_SOCIALE sul profilo dell ‘ inadeguatezza professionale del COGNOME a curare la progettazione di un edificio quale quello oggetto di causa, difese svolte per la prima volta dal RAGIONE_SOCIALE in sede di costituzione nel giudizio di opposizione allo stato passivo; (ii) la pretesa creditoria avanzata dall’opponente non era stata adeguatamente provata; (iii) i capitoli di prova riportati nel ricorso in opposizione non erano infatti idonei a dimostrare il conferimento dell’incarico
professionale né il suo svolgimento, in ragione della loro formulazione in termini generici e non circostanziati in relazione ai capitoli di cui ai nn. 1, 2 e 3; (iv) anche i capitoli successivi -che avrebbero dovuto in tesi dimostrare il conferimento del l’incarico (ad es. quale coordinatore della sicurezza e direttore dei lavori, come nel caso del cap. 6) – non erano comunque idonei a dimostrare la tipologia di prestazioni in concreto svolte dal COGNOME; (v) il contenuto della notula vidimata dall’ordine p rofessionale -che certo non poteva valere quale prova dell ‘esecuzione dell’opera, rappresentando solo una valutazione di congruità del compenso richiesto -dimostrava viepiù quanto fosse necessario il dettaglio delle attività compiute per costruire il congruo compenso spettante all’opponente; (vi) anche la prova d ocumentale allegata non era comunque idonea a dimostrare la fondatezza dei fatti costitutivi del credito di cui si reclamava l’ammissione al passivo; (vii) il doc. 3 era infatti costituito da un ‘fascicoletto di documenti distinti tra loro’, il cui contenuto probatorio non era stato tuttavia in alcun modo spiegato, affidando sul punto ogni valutazione al Tribunale; (viii) con particolare riferimento inoltre alla prova dell’attività di progettazione , il deposito delle tavole del progetto non dimostrava l’esecuzione della prestazione in quanto l’opponente non aveva spiegato quando e come le stesse sarebbero state depositate al Comune e prima ancora quando e come le avrebbe redatte; (ix) non era stata neanche dimostrata la circostanza che detti progetti sarebbero stati cofirmati da un ingegnere; (x) neanche sarebbe sufficiente a provare i fatti di causa la circostanza che una ‘seconda copia dei progetti’ sarebbe stata consegnata dal Comune al committente e che dunque la stessa sarebbe stata nella disponibilità della controparte, ciò non esonerando la parte opponente dalla prova cui era onerata e comunque dall’onere di formulare un’ istanza di esibizione, ai sensi dell’art. 210 c.p.c.; (xi) sempre in ordin e all ‘ attività di progettazione, era stato lo stesso professionista opponente ad aver allegato che tale attività si era svolta in due fasi, la prima caratterizzata dal diniego del rilascio del permesso a costruire (determinata, secondo le allegazioni del ricorrente, dalle insistenze della società committente), ed una seconda caratterizzata dal rilascio da parte del comune del titolo edificatorio, con la conseguenza che, in ragione dell’accoglimento dell’eccezione di
inadempimento tempestivamente sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE, non poteva riconoscersi il compenso per la prima parte dell’attività che non aveva conseguito il risultato del rilascio del permesso comunale, e ciò anche in ragione del fatto che, a fronte dell ‘ eccezione di inadempimento del committente, sarebbe stato onere del professionista dimostrare che non si era configurato nel caso di specie un inadempimento imputabile, prova invece non fornita nel corso del giudizio da parte dell’opponente; (xii) anche il compenso richiesto per la partecipazione alle conferenze di servizi non poteva essere riconosciuto, stante la genericità della prova testimoniale articolata sul punto; (xiii) nonostante potesse ritenersi dimostrato il conferimento dell’incarico di direttore dei lavori, non era stato tuttavia chiarito in cosa fosse consistita effettivamente tale attività, non essendo stato chiarito dal ricorrente come fosse avvenuto il collaudo del ‘primo stralcio’ e non essendo neanche stato chiarito a quale parte della prestazione fosse imputabile il compenso già ricevuto di euro 10.000.
2.Il decreto, pubblicato il 27.7.2018, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE e del socio NOME ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 163 c.p.c. e dell’art. 99 r.d. n. 267/1942, in relazione all’art. 112 c.p.c., sul rilievo che i giudici del merito avevano erroneamente ritenuto che i documenti dimessi nel corso del giudizio avessero sostituito l’allegazione dei fatti , anziché limitarsi a chiarire la portata ed i limiti ed i termini degli stessi così come richiesto dalla loro funzione eminentemente probatoria.
1.1 Osserva il ricorrente che il Tribunale sarebbe incorso in un grave errore di diritto in quanto avrebbe dovuto censurare la sola produzione documentale che ampliasse indebitamente il thema decidendum , introducendo in giudizio fatti costitutivi non inclusi nella domanda giudiziale e non già quella meramente esplicativa di quanto già dedotto.
1.2 Si evidenzia sempre da parte del ricorrente che il contenuto del ricorso in opposizione allo stato passivo, poi precisato dalle note autorizzate del 13.4.2018, conteneva un ‘ esaustiva illustrazione dei fatti costitutivi del diritto azionato in giudizio ed anche la spiegazione dei documenti prodotti in giudizio che, per migliorarne la lettura, erano stati riordinati seguendo l’ordine cronologico delle prestazioni professionali. L ‘i nterpretazione della domanda -che è necessariamente rimessa ai giudici di merito -sarebbe, tuttavia, sfociato nel vizio riconducibile all’art. 112 c.p.c. , costituendo una vera e propria omissione di pronuncia, laddove i predetti giudici omettano, come sarebbe avvenuto nel caso di specie, di pronunciarsi sulle istanze istruttorie. Si evidenzia sempre da parte del ricorrente che l’esito del giudizio sarebbe stato diverso, qualora il giudice di prima istanza avesse compiuto una valutazione più attenta della documentazione allegata.
1.3 Il motivo così articolato è inammissibile.
1.3.1 Occorre in primo luogo chiarire che il vizio di cui all’art. 112 c.p.c. è stato in realtà solo evocato da parte del ricorrente nella rubrica del motivo, senza poi un adeguato sviluppo argomentativo nel corpo della censura che, invece, si è concentrata su una richiesta di riesame della documentazione versata in atti, con doglianze che dunque non sono scrutinabili in questo giudizio di legittimità in quanto volte ad un riesame di merito della vicenda processuale che esula -come è noto -dall’ambito del sindacato di questa Corte.
1.3.2 Senza neanche contare che le censure proposte non sembrano cogliere a pieno la ratio decidendi del provvedimento impugnato che, sul punto della rilavata inammissibilità della dedotta prova documentale, aveva invero evidenziato che la prova così articolata in giudizio non era esplicativa dei fatti che avrebbe dovuto dimostrare, non avendo l’opponent e spiegato la rilevanza probatoria dei documenti allegati in un ‘unico fascicoletto’ dimesso in giudizio ed essendo così l’odierno ricorrente venuto meno ad un suo specifico onere allegativo e probatorio.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 244 c.p.c., 2715 e 2712 cod. civ., in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., sul rilievo che il
Tribunale avrebbe erroneamente applicato le norme ora indicate laddove non aveva ammesso la prova testimoniale e documentale (con particolare riferimento alle certificazioni amministrative) dedotta nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
2.1 Anche il secondo motivo è in realtà inammissibile.
2.1.1 Il Tribunale ha motivato in modo non implausibile le ragioni poste a sostegno del diniego dell’invocata prova testimoniale, così risolvendosi le censure proposte dal ricorrente in una rinnovata quanto inammissibile richiesta di rivalutazione di merito del grado di idoneità probatoria delle prove non ammesse.
Invero, i giudici dell ‘ opposizione hanno evidenziato che i capitoli di prova articolati non erano infatti idonei a dimostrare il conferimento dell’incarico professionale né il suo svolgimento, in ragione della loro formulazione in termini generici e non circostanziati, quanto ai capitoli di cui ai nn. 1, 2 e 3 e che, anche in ordine ai capitoli successivi -che avrebbero dovuto in tesi dimostrare il conferimento dell’incarico (ad es. quale coordinatore della sicurezza e direttore dei lavori, come nel caso del cap. 6) -, gli stessi non erano comunque idonei a dimostrare la tipologia di prestazioni in concreto svolte dal COGNOME.
Ebbene, a fronte di tale adeguata argomentazione svolta dal Tribunale, il ricorrente non è riuscito a spiegare, nel motivo di ricorso qui in esame, la decisività delle prove testimoniali di cui lamenta, ora, la mancata ammissione, così rendendo le relative censure generiche e dunque inammissibili in questa sede di giudizio di legittimità.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e per violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1218 cod. civ., sul rilievo che, con riferimento alla seconda domanda amministrativa depositata presso il Comune di Trebaseleghe, il Tribunale avrebbe omesso di considerare che il progetto era stato cofirmato dall’AVV_NOTAIO.
3.1 Aggiunge ancora il ricorrente che il provvedimento impugnato sarebbe ulteriormente censurabile perché avrebbe applicato una erronea
interpretazione degli artt. 2697 e 1218 cod. civ. in tema di ripartizione degli oneri probatori nella materia dell’inadempimento contrattuale, in quanto sarebbe stato onere del RAGIONE_SOCIALE opposto dimostrare specificatamente il fatto impeditivo della pretesa attorea.
3.2 A nche l’ultimo motivo di censura è inammissibile.
3.2.1 Il ricorrente pone infatti a sostegno della sua censura, articolata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., un fatto, e cioè la cofirma dell’AVV_NOTAIO COGNOME sul progetto di ristrutturazione, che il Tribunale, con accertamento in fatto qui non più censurabile, ha ritenuto non dimostrato in giudizio, così risolvendosi ancora una volta la censura proposta dal ricorrente in un nuovo scrutinio della quaestio facti , come tale non sindacabile in questo giudizio (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserit o dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 8.02.2024