Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22978 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22978 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2551/2021 R.G. proposto da
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI INDIRIZZO , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
SOCIETÀ STUDIO DI DIAGNOSTICA MEDICA COGNOME DOTT.SSA NOME COGNOME E RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore
ed elettivamente domiciliata in
Oggetto: Prova civile -Onere della prova – Struttura sanitaria accreditata – Credito per le prestazioni erogate nell’ambito del SSN – Superamento del tetto massimo di spesa – Onere della prova – Spettanza – Parte debitrice (RAGIONE_SOCIALE -Fondamento.
R.G.N. 2551/2021
Ud. 24/04/2025 CC
ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3141/2020 depositata il 16/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 24/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3141/2020, pubblicata in data 16 settembre 2020, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellata SOCIETÀ STUDIO DI DIAGNOSTICA MEDICA COGNOME DELLA DOTT.SSA NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha respinto il gravame proposto da ASL NAPOLI 1 RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Napoli del 3 maggio 2019, la quale, a propria volta, aveva respinto l’opposizione proposta dalla medesima ASL NAPOLI 1 CENTRO avverso il decreto ingiuntivo nr. 2688/2015.
Con detto decreto, emesso in data 4 maggio 2015, era stato ingiunto il pagamento in favore della SOCIETÀ STUDIO DI DIAGNOSTICA MEDICA COGNOME DELLA DOTT.SSA NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE. della somma di € 7.058,47, quale corrispettivo delle prestazioni sanitarie erogate agli assistiti della ASL NAPOLI 1 CENTRO e riferite ai mesi di ottobre 2013 e settembre 2014.
Il decreto ingiuntivo era stato opposto dalla ASL NAPOLI 1 CENTRO deducendo, tra l’altro, sia la mancata prova, da parte del Centro convenzionato, della tipologia e del rispetto del tetto di spesa, sia la prova del superamento del tetto di spesa e della percentuale di regressione
tariffaria (100%), risultando -secondo l’odierna ricorrente -che la somma portata dal decreto ingiuntivo risultava corrispondente proprio a quella in relazione alla quale la stessa ASL NAPOLI 1 CENTRO aveva chiesto l’emissione di note di credito, comunicando il superamento del tetto di spesa rispettivamente con riferimento alle date successive al 21.10.2013 ed al 24.9.2014.
Il rigetto dell’opposizione era stato motivato dal Giudice di prime cure rilevando che, sulla base delle previsioni contrattuali, l’ASL doveva provvedere a comunicare sia la percentuale di consumo del limite di spesa come stabiliti, sia la data prevedibile di raggiungimento del 100% di consumo del limite di spesa, in base alla proiezione lineare dei consuntivi, sia la data consuntiva di raggiungimento di dette percentuali di consumo.
Il Tribunale aveva quindi affermato che, nell’ipotesi in fosse contestato il superamento del tetto di spesa da parte del Centro, l’ASL era tenuta a dimostrare non solo la percentuale di regressione tariffaria applicabile alla branca di appartenenza del centro ma anche la misura della regressione tariffaria applicata al centro.
Sulla base della mancata prova della percentuale di regressione tariffaria del singolo centro e del superamento del limite del tetto di spesa da parte della struttura, il Tribunale aveva respinto l’opposizione.
La Corte d’appello di Napoli, respingendo l’unico motivo di appello della ASL NAPOLI 1 CENTRO, ha osservato, in sintesi, che:
-gravava sull’ASL appellante l’onere di fornire la prova del fatto – impeditivo dell’accoglimento della pretesa azionata – costituito dal superamento del tetto di spesa;
-non poteva trovare accoglimento la richiesta di rimessione in termini formulata dall’appellante onde provare che la stessa ASL aveva determinato le regressioni tariffarie per gli anni 2013 e
2014, comunicandole ai centri operanti nella branca nella quale era compresa l’odierna controricorrente, non ricorrendo i presupposti -invocati dalla stessa appellante -del c.d. prospective overruling e dovendosi quindi escludere l’esistenza di una causa non imputabile ex art. 345, terzo comma, c.p.c.;
-ulteriormente, i limiti temporali indicati negli atti amministrativi dedotti dall’ASL risultavano ‘nella specie sostanzialmente rispettati dallo studio COGNOME che in sede monitoria ha chiesto ed ottenuto il pagamento delle mensilità di ottobre 2013 e settembre 2014′ .
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ASL NAPOLI 1 CENTRO.
Resiste con controricorso SOCIETÀ STUDIO DI DIAGNOSTICA MEDICA COGNOME DOTT.SSA NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce la ‘violazione e la falsa applicazione dl legge ex art. 360, 1 co. n. 3 dell’art. 32, comma 8, della legge n. 449/1997, dell’art. 8 quater del d.lgs. 502/1992 – omessa valutazione dl un punto decisivo’ .
La ricorrente, richiamati gli artt. 32, comma 8, Legge n. 449/1997, e 8quinquies , secondo comma, D. Lgs. n. 502/1992 -e quindi la programmazione del volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell’ambito territoriale della medesima unità sanitaria locale si impegnano ad assicurare -evidenzia il compito delle Regioni di adot-
tare determinazioni di natura autoritativa e vincolante in tema di limiti alla spesa sanitaria.
Deduce, quindi, che le previsioni richiamate costituiscono previsioni inderogabili di applicazione immediata in caso di sforamento del tetto di spesa che precludono il pagamento delle prestazioni al soggetto che le ha rese sforando limite di spesa.
Richiama le comunicazioni con le quali essa ricorrente avrebbe segnalato all’odierna controricorrente sia nell’anno 2013 sia nell’anno 2014 il superamento del tetto di spesa, evidenziando che tali atti sarebbero stati depositati in sede di opposizione e non sarebbero stati contestati.
Deduce, pertanto, che ‘la sentenza di cui si chiede la cassazione ha violato le norme riportate in rubrica, non avvedendosi che ammettere il pagamento di prestazioni rese oltre i termini fissati (dal 22.10.2013 al 31.10.2013, dal 25.09.2014 al 30.09.2014) ha violato tali specifiche disposizioni poste a presidio dei primari principi di contenimento della spesa pubblica che non consentono alcun pagamento di spesa’ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe operato un non corretto governo dell’art. 2697 c.c. in quanto fra gli elementi costitutivi della pretesa dell’odierna controricorrente deve ritenersi compreso non soltanto quello di agire in regime di convenzionamento e di aver reso la prestazione ma anche quello di aver rispettato il limite del tetto di spesa, che attribuisce alla struttura sanitaria accreditata il diritto di ottenere la remunerazione delle prestazioni erogate.
Deduce quindi che, allorquando le prestazioni erogate dalle strutture sanitarie accreditate superino i tetti di spesa non vi è alcun obbligo
dell’ASL di acquistare e pagare le prestazioni suddette e che ‘vi è differenza sostanziale, dunque, tra il rispetto del tetto di spesa, come censurato dall’ASL con l’atto di appello che ha dedotto la carenza di prova in merito al ritenuto credito, perché il Centro non ha mai comprovato tale rispetto, ed il mancato superamento del tetto di spesa come gli faceva carico dalla norma e dai contratti’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 153 e 184bis c.p.c.
La ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui la stessa ha negato la rimessione in termini della stessa ricorrente per depositare gli atti relativi al tetto di spesa, motivando tale diniego con l’assenza dei presupposti del c.d. prospective overruling .
Argomenta la ricorrente che, per contro, dovevano ritenersi sussistenti detti presupposti, sia perché si deve qualificare l’art. 2697 c.c. non già norma sostanziale -come ritenuto dalla Corte territoriale -bensì norma processuale -in quanto esplicante i propri effetti nel processo -sia perché nell’orientamento dei giudici di merito si era registrato un mutamento rispetto alla precedente impostazione.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Si censura la considerazione -contenuta nella decisione impugnata -per cui i limiti temporali indicati negli atti amministrativi dedotti dalla ricorrente risultavano ‘nella specie sostanzialmente rispettati dal lo studio COGNOME, che in sede monitoria ha chiesto ed ottenuto il pagamento delle mensilità di ottobre 2013 e settembre 2014′ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che tale affermazione costituirebbe un errore di fatto che avrebbe viziato il ragionamento del Giu-
dice, in quanto la somma di cui al decreto ingiuntivo era riferita a prestazioni rese nei giorni che vanno dal 22 al 31 ottobre 2013 e dal 25 al 30 settembre 2014 e cioè a giorni successivi alla data di individuazione dello sforamento del limite di spesa.
Conclude, quindi, affermando che ‘l ‘aver ritenuto la Corte di Appello che i “limiti temporali indicati negli atti amministrativi dedotti dall’ASL (21/10/2013 e 24/9/2014) appaiono nella specie sostanzialmente rispettati dallo studio COGNOME” costituisce un errore di fatto che ha viziato il ragionamento del Giudice. È evidente che lo stesso non si è avveduto che trattasi delle prestazioni rese nei giorni che vanno dal 22 al 31 ottobre 2013 e dal 25 al 30 settembre 2014 a venire ad esistenza, circostanza pacifica e non contestata; per cui la Corte di Appello non poteva giungere a tale conclusione considerato che il non rispetto del limite di spesa relativo proprio a questi giorni ha reso non richiedibili le prestazioni e necessarie le note di credito a fronte di fatture effettuate per importi non dovuti’ .
Il ricorso deve essere respinto.
2.1. Il primo motivo deve essere dichiarato inammissibile, sia quanto alla deduzione dell’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c. sia quanto alla deduzione dell’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c.
In relazione a tale secondo profilo, infatti, si deve osservare che, essendo stato instaurato il giudizio di appello nel 2019, trova applicazione il disposto di cui all’art. 348-ter c.p.c., dal momento che la decisione della Corte d’Appello non risulta in alcun modo essersi distaccata dal ragionamento del giudice di primo grado, né parte ricorrente – al di là di una mera asserzione – ha indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. Sez. L – Sentenza n. 20994 del 06/08/2019; Cass. Sez. 1 – Sentenza
n. 26774 del 22/12/2016; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014).
La ricorrente, in realtà, viene ad affermare che la decisione impugnata avrebbe disatteso il gravame ‘con diversa motivazione’ (pag. 5 del ricorso), ma tale affermazione non trova in realtà concreto riscontro alla luce dell’esame sia del contenuto della decisione della Corte partenopea (in particolare pag. 4 primo capoverso della motivazione) sia della sintesi che quest’ultima offre della decisione di prime cure (in particolare pag. 3 prime due righe della motivazione), dovendosi constatare che in entrambi i gradi di giudizio era stato ritenuto non assolto l’onere probatorio -gravante sull’odierna ricorrente -relativo al superamento del tetto di spesa.
Proprio da tale constatazione, tuttavia, emerge l’inammissibilità anche della censura riferita all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 3), c.p.c., in quanto la stessa -a differenza (si chiarisce sin d’ora) del secondo motivo -non si viene a confrontare con l’effettiva ratio della decisione impugnata, la quale viene ad imperniarsi sull’affermazione per cui l’odierna ricorrente era tenuta a dar prova dell’avvenuto superamento del tetto di spesa, laddove tale prova non era stata concretamente fornita.
2.2. Infondato, invece, è il secondo motivo.
Lo stesso, come anticipato poc’anzi, viene invece a censurare la ratio decidendi della sentenza impugnata, affermando che, diversamente da quanto opinato dalla Corte partenopea, è semmai il mancato superamento del tetto di spesa a configurarsi quale elemento costitutivo della pretesa creditoria della struttura in regime di convenzionamento.
Tale tesi, tuttavia, risulta diametralmente opposta al principio, ormai consolidato, enunciato da questa Corte, per cui in tema di pretesa creditoria della struttura sanitaria accreditata per le prestazioni erogate
nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, il mancato superamento del tetto di spesa, fissato secondo le norme di legge e nei modi da esse previsti, non integra un fatto costitutivo la cui prova deve essere posta a carico della parte creditrice (struttura sanitaria accreditata), mentre rileva come fatto impeditivo il suo avvenuto superamento, con conseguente onere della prova, ex art. 2697 c.c., a carico della parte debitrice (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 3403 del 13/02/2018; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 23324 del 27/09/2018; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 26234 del 16/10/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 5661 del 02/03/ 2021, per giungere a più recenti decisioni non massimate Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 12598 del 2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19603 del 2023; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 10119 del 2024; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 29474 del 2024).
È da osservare che il motivo, nel suo sviluppo, parrebbe lamentare un inadeguato inquadramento del motivo di appello da parte della pronuncia impugnata e sembrerebbe voler affermare la tesi -che sarebbe stata sostenuta, appunto, anche in sede di appello -per cui l’avvenuto superamento del tetto di spesa varrebbe da solo a precludere la remunerazione delle prestazioni.
Tale tesi, tuttavia, presenta il duplice limite costituito dal fatto che lo stesso, da un lato, non riproduce adeguatamente l’originario motivo di appello, in tal modo trasgredendo la regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., e, dall’altro lato, afferma l’esatto contrario di quanto opinato dalla Corte d’appello, e cioè che vi era prova del superamento del tetto di spesa, prova invece esclusa dalla decisione impugnata.
2.3. Inammissibile è anche il terzo motivo.
Se, infatti, è ben vero che questa Corte ha già in passato ritenuto che un mutamento giurisprudenziale in tema di riparto degli oneri probatori può integrare una ipotesi di prospective overruling (Cass. Sez.
L, Sentenza n. 819 del 19/01/2016), è tuttavia parimenti vero che tale l’ipotesi postula imprescindibilmente la presenza di ‘mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità’ , e cioè la presenza di stabili approdi interpretativi della S.C., eventualmente a Sezioni Unite, i quali soltanto assumono il valore di communis opinio tra gli operatori del diritto, se connotati dai caratteri di costanza e ripetizione, mentre la giurisprudenza di merito non può valere a giustificare il detto affidamento qualificato, atteso che alcune pronunce adottate in sede di merito non sono idonee ad integrare un “diritto vivente ‘ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4135 del 12/02/2019 nonché Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 4085 del 14/02/2024).
Evidente, quindi, che il motivo di ricorso, nel momento in cui deduce la sussistenza di un prospective overruling invocando ‘l ‘orientamento giurisprudenziale dei Tribunali e delle Cort i di merito’ , finisce per collocarsi automaticamente -e già in astratto – al di fuori dell’ambito della fattispecie del prospective overruling come specificamente delimitata da questa Corte.
2.4. L’inammissibilità del quarto ed ultimo motivo discende, ancora una volta, dalla preclusione di cui all’art. 348ter c.p.c., essendo dedotta l’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5), c.p.c.
Vi è, del resto, da osservare che, nel momento in cui la stessa ricorrente viene a dedurre ‘un palese errore di fatto’ nella decisione della Corte partenopea (pag. 13), l’inammissibilità del mezzo viene ulteriormente a discendere dalla mera considerazione per cui tale errore di fatto avrebbe dovuto essere dedotto quale errore revocatorio ex art. 395 c.p.c.
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di c assazione, che liquida in € 2.700,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima