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Onere della prova: chi prova il diritto al pagamento?

Una struttura sanitaria ha richiesto il pagamento per prestazioni erogate in regime di accreditamento provvisorio. L’azienda sanitaria locale ha contestato il diritto a eseguire quelle specifiche prestazioni. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’onere della prova ricade sulla struttura sanitaria, che deve dimostrare non solo di aver erogato la prestazione, ma anche di avere il titolo per farlo, basato sui precedenti accordi convenzionali. Non avendolo fatto, la sua richiesta è stata respinta.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova: chi prova il diritto al pagamento delle prestazioni sanitarie?

Nell’ambito dei rapporti tra strutture sanitarie e Servizio Sanitario Nazionale, la questione del pagamento delle prestazioni è spesso fonte di contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: l’onere della prova del diritto a ricevere il compenso spetta interamente alla struttura che lo richiede. Questo significa che non è sufficiente dimostrare di aver eseguito una prestazione, ma è necessario provare di avere il titolo per farlo, specialmente in complessi periodi di transizione normativa, come quello dall’accreditamento convenzionale a quello istituzionale.

I Fatti di Causa: Dal Decreto Ingiuntivo alla Contestazione

Un laboratorio di analisi otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per il pagamento di circa 84.000 euro, a titolo di corrispettivo per prestazioni sanitarie erogate in regime di accreditamento provvisorio. L’ASL si opponeva al pagamento, sostenendo che le prestazioni in questione, identificate da una specifica lettera nel nomenclatore tariffario, fossero state eseguite senza la necessaria autorizzazione regionale. Il laboratorio, di contro, affermava di aver legittimamente continuato a erogare le prestazioni in virtù della precedente convenzione, come consentito dalle delibere regionali che gestivano la fase di transizione al nuovo sistema di accreditamento.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva dato ragione al laboratorio, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, accogliendo le ragioni dell’ASL. Secondo i giudici di secondo grado, il laboratorio non aveva fornito le prove necessarie a sostegno della sua pretesa.

L’Onere della Prova secondo la Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha centrato la sua decisione sul principio dell’onere della prova, stabilito dall’art. 2697 del codice civile. Avendo l’ASL contestato specificamente il diritto del laboratorio a erogare quelle determinate prestazioni, spettava a quest’ultimo dimostrare il ‘fatto costitutivo’ del proprio diritto. In questo caso, il fatto costitutivo non era solo l’aver eseguito le analisi, ma la possibilità di continuare a effettuarle perché rientranti nel precedente rapporto di convenzione. Il laboratorio si era limitato a richiamare l’accreditamento provvisorio, senza però produrre in giudizio la documentazione necessaria, come il contenuto della vecchia convenzione, a dimostrare che quelle specifiche prestazioni erano già incluse e autorizzate. Di conseguenza, la domanda del laboratorio è stata rigettata.

La Violazione dell’Onere della Prova nel Ricorso per Cassazione

Il laboratorio ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando proprio la violazione dell’art. 2697 c.c. A suo dire, la Corte d’Appello avrebbe errato nell’addossargli tale onere, dato che il regime transitorio consentiva a tutte le strutture già convenzionate di continuare a operare senza limitazioni. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il motivo inammissibile, fornendo un’importante chiarificazione sul perimetro di applicazione della norma sull’onere della prova.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che la violazione dell’art. 2697 c.c. si verifica solo quando il giudice pone l’onere della prova a carico della parte che, secondo le regole, non era tenuta a fornirla (ad esempio, addossando al convenuto la prova di un fatto costitutivo del diritto dell’attore). Nel caso di specie, la Corte d’Appello non ha commesso questo errore. Ha, invece, correttamente individuato i fatti costitutivi della pretesa del laboratorio: non solo l’accreditamento provvisorio (che non era in discussione), ma anche l’inclusione delle specifiche prestazioni contestate nella precedente convenzione e la loro riconducibilità alla branca specialistica autorizzata. Poiché era il laboratorio a chiedere il pagamento, era suo onere dimostrare tutti questi elementi. Il ricorso del laboratorio, in realtà, non contestava una errata applicazione delle regole sulla prova, ma proponeva una diversa interpretazione delle delibere regionali. Tale interpretazione, essendo relativa ad atti amministrativi, rientra nella valutazione di merito del giudice e può essere contestata in Cassazione solo per vizi specifici (come la violazione di criteri legali di interpretazione o vizi di motivazione), che il ricorrente non ha adeguatamente argomentato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre una lezione cruciale per tutte le strutture sanitarie che operano in convenzione o accreditamento con il Servizio Sanitario Nazionale. La semplice esecuzione di una prestazione non garantisce automaticamente il diritto al pagamento. In caso di contestazione da parte dell’ente pubblico, la struttura deve essere pronta a fornire la prova rigorosa e completa del ‘fatto costitutivo’ del proprio diritto. Questo include non solo la documentazione dell’avvenuta prestazione, ma anche e soprattutto quella relativa al titolo giuridico che la autorizzava, come convenzioni, delibere e autorizzazioni specifiche. Affidarsi a interpretazioni generali delle norme transitorie senza poterle supportare con prove documentali concrete espone al rischio concreto di vedersi negato il compenso per il lavoro svolto.

Su chi ricade l’onere della prova in una richiesta di pagamento per prestazioni sanitarie contestate?
Sulla struttura sanitaria che richiede il pagamento. Secondo la sentenza, essa deve provare tutti i fatti che costituiscono il fondamento del suo diritto, non solo l’avvenuta esecuzione della prestazione, ma anche il titolo giuridico che la autorizzava a erogarla.

È sufficiente avere un accreditamento provvisorio per ottenere il pagamento di tutte le prestazioni erogate?
No. La decisione chiarisce che l’accreditamento provvisorio, di per sé, non basta se vengono contestate specifiche prestazioni. In tal caso, la struttura deve dimostrare che quelle prestazioni erano incluse in precedenti accordi convenzionali e che rientravano nella branca specialistica per cui era autorizzata.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del laboratorio inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un reale errore nell’applicazione della regola sull’onere della prova (art. 2697 c.c.), ma cercava di proporre una diversa interpretazione degli atti amministrativi regionali. Questo tipo di contestazione rientra nella valutazione di merito e, per essere esaminata in Cassazione, deve essere formulata in modo specifico e rigoroso, cosa che il laboratorio non ha fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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