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Onere della prova: chi prova i vizi dell’auto usata?

Un acquirente ha comprato un’auto usata che presentava diversi difetti. Dopo una prima sentenza favorevole per la riduzione del prezzo, la corte d’appello ha parzialmente modificato la decisione, ritenendo che l’acquirente non avesse provato la preesistenza di alcuni vizi al momento della consegna. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’acquirente, stabilendo che nelle azioni di garanzia per vizi (actio quanti minoris), l’onere della prova sull’esistenza del difetto grava sul compratore.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova nella compravendita: spetta al compratore dimostrare i vizi

L’acquisto di un’auto usata può riservare spiacevoli sorprese. Ma cosa succede se, dopo la consegna, emergono difetti non dichiarati? A chi spetta l’onere della prova in tribunale? A questa domanda cruciale ha risposto la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3106/2024, chiarendo un principio fondamentale in materia di garanzia per vizi nella compravendita: tocca all’acquirente dimostrare l’esistenza del difetto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del caso

La vicenda ha origine dall’acquisto di un’autovettura usata che presentava diversi problemi: il climatizzatore non funzionava, si avvertivano rumori costanti dal motore e c’erano infiltrazioni d’acqua dal portellone posteriore. L’acquirente citava in giudizio la concessionaria venditrice, chiedendo una riduzione del prezzo di 2.500 euro e il risarcimento dei danni.

Inizialmente, il Giudice di Pace accoglieva la domanda, condannando la società venditrice al pagamento di circa 2.700 euro. La concessionaria, tuttavia, proponeva appello. Il Tribunale, in secondo grado, riformava parzialmente la sentenza: riconosceva una riduzione del prezzo limitata a 590 euro, importo relativo ai soli vizi ammessi dalla venditrice o per i quali quest’ultima non era riuscita a provare l’avvenuta riparazione. Per gli altri difetti, il Tribunale riteneva che l’acquirente non avesse fornito la prova che essi fossero presenti già al momento della consegna del veicolo.

Insoddisfatto, l’acquirente ricorreva in Cassazione, lamentando un’errata applicazione delle norme sull’onere della prova.

La decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del Tribunale d’appello e cogliendo l’occasione per ribadire un principio cardine della materia.

Il ricorrente sosteneva che, una volta denunciati tempestivamente i vizi, spettasse al venditore dimostrare la propria assenza di colpa. La Cassazione ha respinto questa tesi, tracciando una netta distinzione tra le azioni ordinarie di inadempimento contrattuale e le azioni speciali previste a tutela del compratore in caso di vizi della cosa venduta (la cosiddetta actio quanti minoris per la riduzione del prezzo e l’ actio redhibitoria per la risoluzione del contratto).

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la garanzia per vizi prevista dal Codice Civile (artt. 1490 e ss.) configura una forma di responsabilità speciale, che prescinde dalla colpa del venditore. Queste azioni si fondano su un dato puramente obiettivo: l’esistenza di un vizio che rende la cosa inidonea all’uso o ne diminuisce in modo apprezzabile il valore.

In questo specifico contesto, l’onere della prova segue la regola generale stabilita dall’art. 2697 c.c.: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Pertanto, nel caso della garanzia per vizi, è il compratore che deve provare l’esistenza dei difetti lamentati. Il venditore non è tenuto a un’obbligazione di “fare” (riparare), ma si trova in una situazione di “soggezione” rispetto all’iniziativa del compratore, che può scegliere di chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto.

La Corte ha precisato che i principi relativi all’inversione dell’onere della prova, tipici delle azioni di risoluzione per inadempimento, non si applicano in questo caso. Lì è il debitore (chi non ha eseguito la prestazione) a dover provare che l’inadempimento non è a lui imputabile. Nella garanzia per vizi, invece, il focus è sul difetto oggettivo, e la prova di tale difetto è a carico di chi lo lamenta, ovvero il compratore.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento pratico per chiunque si trovi ad affrontare una controversia legata all’acquisto di un bene difettoso. La decisione della Cassazione conferma che, per ottenere una riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, non è sufficiente denunciare i vizi, ma è necessario essere in grado di dimostrarli in modo concreto e oggettivo in un eventuale giudizio. L’onere della prova grava interamente sulle spalle dell’acquirente, che deve quindi attivarsi per raccogliere tutti gli elementi necessari (perizie, testimonianze, documentazione) a sostegno delle proprie ragioni. Questo principio rafforza la necessità di agire con diligenza non solo prima dell’acquisto, ma anche nella fase successiva, qualora si manifestino problemi.

In una causa per vizi della cosa venduta, su chi ricade l’onere della prova?
Secondo la Corte di Cassazione, nelle azioni speciali a tutela del compratore (come l’azione di riduzione del prezzo, o actio quanti minoris), l’onere della prova grava sul compratore. È lui che deve dimostrare l’esistenza oggettiva dei vizi lamentati.

Qual è la differenza tra la garanzia per vizi e un’azione di inadempimento contrattuale in termini di prova?
Nell’azione di inadempimento contrattuale, una volta che il creditore prova il titolo del suo diritto, spetta al debitore dimostrare di aver adempiuto correttamente o che l’inadempimento non è a lui imputabile. Nella garanzia per vizi, invece, l’azione si basa sull’esistenza oggettiva del difetto, indipendentemente dalla colpa del venditore, e la prova di tale difetto spetta al compratore.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello?
No, di regola non è possibile. La valutazione delle prove e degli elementi istruttori è un’attività riservata al giudice di merito (primo e secondo grado). Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per vizi di legittimità (violazione di legge) o per anomalie motivazionali gravissime, come la mancanza assoluta di motivazione o una motivazione puramente apparente, e non per un semplice disaccordo su come le prove sono state interpretate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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