Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3106 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3106  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata – avverso  la  sentenza  del  TRIBUNALE  DI  NOLA  depositata  il  7 GENNAIO 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME;
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10232/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA. INDIRIZZO,  presso  lo  studio  dell’avvocato  NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citava in giudizio dinanzi al giudice di pace di Marigliano la società RAGIONE_SOCIALE chiedendo la condanna della convenuta al pagamento di euro 2500 a titolo di riduzione del prezzo ai sensi dell’articolo 1492 c.c. e risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 1494 c.c. in relazione all’acquisto di un’autovettura tipo Ford Focus che presentava alcuni vizi quali il mancato funzionamento dell’aria condizionata , rumori continui sul lato destro del motore e fenomeni di infiltrazione d’acqua dal portellone posteriore.
 RAGIONE_SOCIALE  si  costituiva  in  giudizio  chiedendo  il  rigetto  della domanda rendendosi disponibile a riparare l’unico difetto originario non  ancora  riparato, quello al tendicinghia  automatico  della distribuzione, mentre gli altri due difetti erano già stati riparati dal proprio meccanico di fiducia.
 Il  giudice  di  pace  di  Marigliano  accoglieva  la  domanda attorea e condannava la convenuta al pagamento della somma di euro 2734 a titolo di riduzione del prezzo, di cui euro 230 per la sostituzione  del  tendicinghia  ed  euro  360  per  la  riparazione  del danno da infiltrazioni.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME si costituiva nel giudizio di secondo grado eccependo l’inammissibilità dell’appello e comunque chiedendone il rigetto.
Il Tribunale di Nol a rigettava l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex articolo 342 c.p.c. mentre accoglieva l’eccezione di tardività e novità delle eccezioni ex art. 345 c.p.c. perché sollevate solo con l’atto di appello.
Nel merito il Tribunale riteneva che l’originario attore non aveva provato che i vizi riscontrati dalla concessionaria fossero presenti al momento della consegna. In tal senso valorizzava le dichiarazioni rese dal testimone NOME COGNOME in relazione ai difetti ed ai vizi non riconosciuti da parte della concessionaria. Quanto ai difetti riconosciuti, invece, doveva essere riconosciuto una riduzione del prezzo pari a euro 590 emergente dalla somma delle due fatture prodotte dall’acquirente. In particolare , l’omessa riparazione del danno al tendicinghia era circostanza ammessa dall’appellante , mentre la prova della riparazione del danno da infiltrazioni non era stata fornita non avendo il suddetto teste NOME COGNOME confermato la riparazione.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 342 c.p.c. 1490, 1491 e 2967 c.c.
La censura riguarda il rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello per genericità . Peraltro, l’ accoglimento parziale dell’appello  a  parere  del  ricorrente si  sarebbe  fondato  su  di un ‘eccezione ritenuta invece inammissibil e perché nuova.
Il ricorrente lamenta anche l’erronea applicazione del riparto dell’onere della prova , spettando al venditore in caso di tempestiva denuncia dei vizi provare la mancanza di colpa.
Nella specie, il compratore aveva tempestivamente denunciato i vizi della cosa venduta e, dunque, spettava al venditore l’onere della prova liberatoria della mancanza di colpa.
1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.
La denun cia di violazione dell’art. 342 c.p.c. è manifestamente infondata,  avendo  la  Corte  d ‘ Appello  ampiamente motivato sulle ragioni di ammissibi lità dell’appello conformemente alla giurisprudenza di legittimità.
Deve ribadirsi, infatti, che: gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla I. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Sez. U, Sent. n. 27199 del 2017).
Del pari infondata è la censura di violazione degli artt. 1490, 1491 e 2697 c.c.
Il Tribunale ha ritenuto non provati i vizi della cosa venduta salvo che per quelli ammessi dalla parte venditrice. Tale valutazione fondata sugli elementi istruttori e, in particolare, sulle dichiarazioni del meccanico che aveva effettuato le riparazioni non è sindacabile nel merito da questa Corte. Peraltro, nella specie non vi è stata alcuna inversione dell’onere della prova dovendosi ribadire che: In tema di compravendita, l’obbligo di garanzia per vizi della cosa venduta dà luogo ad una responsabilità speciale
interamente disciplinata dalle norme sulla vendita, che pone il venditore in situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, della actio quanti minoris o della actio redhibitoria . Ne consegue che, essendo dette azioni fondate sul solo dato obiettivo dell’esistenza di vizi, indipendentemente da ogni giudizio di colpevolezza, l’onere della relativa prova grava sul compratore, non trovando applicazione i principi relativi all’inesatto adempimento nelle ordinarie azioni di risoluzione e risarcimento danno (Sez. 2, Ordinanza n. 9960 del 28/03/2022, Rv. 664326 01).
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 132, n. 4, c.p.c. e 116 c.p.c.
Il  giudice  dell’appello  sarebbe  incorso  in  un  grave  errore nell’interpretazione e valutazione della prova e nell’uso di massim e di  esperienza.  Secondo  il  ricorrente,  richiamate  le  risultanze istruttorie in particolare le dichiarazioni dei testimoni e la produzione  documentale  effettuata  nel  corso  del  giudizio,  una corretta  valutazione  di  tali  elementi  avrebbe  dovuto  comportare l’accoglimento della domanda .
2.1 Il  secondo  motivo di ricorso è in parte inammissibile in parte infondato.
Il  ricorrente  lamenta  in  primo  luogo  un  vizio  di  carenza assoluta di motivazione ex art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. che non è dato riscontrare. Per motivazione apparente la giurisprudenza di questa Corte ricomprende, oltre alla motivazione in tutto o in parte mancante,  anche  le  ipotesi  in  cui  la  stessa  non  contenga  una
effettiva  esposizione  delle  ragioni  alla  base  della  decisione,  nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum . Nella specie, invece, il percorso logico-giuridico della sentenza impugnata è chiarissimo, oltre che condivisibile.
Questa Corte a sezioni unite ha chiarito che dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., operata dalla legge 134/2012, il sindacato sulla motivazione da parte della cassazione è consentito solo quando l’anomalia motivazionale si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; in tale prospettiva detta anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. Sez. un. 8053/2014); – nel caso di specie, la grave anomalia motivazionale non esiste, perché la Corte d’Appello ha sufficientemente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto non provati alcuni dei vizi denunciati dal ricorrente, facendo ampio riferimento alle risultanze istruttorie.
Quanto alla violazione dell’art. 116 c.p.c. deve ribadirsi che tale doglianza è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia  operato  –  in  assenza  di  diversa  indicazione  normativa  secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di
attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
La  censura  è  ripetitiva della precedente  sotto  il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio .
3.1 Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
La censura è del tutto generica e non si riferisce effettivamente ad  alcun  fatto  storico  oggetto  di  discussione  tra  le  parti  che  il Tribunale ha omesso di valutare.
Il ricorso è rigettato.
Nulla sulle spese non essendosi costituita la parte intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai  sensi  dell’art.  13,  co.  1  quater,  del  d.P.R.  n.  115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione