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Onere della prova: chi paga se la banca non ha i contratti?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4043/2024, ha stabilito un principio cruciale sull’onere della prova nelle controversie bancarie. Se una banca non produce i contratti di conto corrente e gli estratti conto completi sin dall’inizio del rapporto, non può pretendere il pagamento del saldo debitore. La Corte ha chiarito che nemmeno una precedente ricognizione di debito da parte del cliente può sopperire a tale mancanza probatoria. Di conseguenza, la domanda di pagamento della banca è stata respinta, ribaltando la decisione della Corte d’Appello e affidando al giudice di rinvio il compito di riesaminare il caso applicando questi principi.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova: chi paga se la banca non ha i contratti?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4043 del 14 febbraio 2024) ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto bancario, con importanti conseguenze per clienti e istituti di credito. Al centro della questione vi è l’onere della prova: chi deve dimostrare l’esistenza e l’ammontare di un debito quando la documentazione contrattuale è incompleta? La risposta della Suprema Corte è netta e tutela il correntista.

Il caso analizzato riguarda una lunga controversia tra un istituto di credito, una società e i suoi garanti, sorta a seguito della richiesta della banca di rientrare da un’esposizione debitoria. Esaminiamo i fatti e le conclusioni della Corte.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria inizia quando una banca chiede a una società e ai suoi garanti il pagamento del saldo debitore di due conti correnti. Le parti convenute si oppongono, contestando la legittimità del credito e sostenendo di aver subito un danno a causa di presunte falsificazioni e di una gestione irregolare del rapporto da parte dell’istituto.

Il Tribunale di primo grado rigetta sia la domanda principale dei clienti sia quella riconvenzionale della banca per mancanza di prove. La Corte d’Appello, invece, riforma la sentenza e condanna la società e i garanti al pagamento della somma richiesta dalla banca, basandosi su lettere in cui i garanti avevano riconosciuto il debito e proposto un piano di rientro.

La questione approda per la prima volta in Cassazione, che annulla la sentenza d’appello. La Suprema Corte stabilisce che il semplice riconoscimento del debito non è sufficiente a precludere l’esame delle contestazioni sull’illegittimità di alcune operazioni, come la capitalizzazione degli interessi. La causa viene quindi rinviata a una diversa sezione della Corte d’Appello.

La Decisione della Corte d’Appello in Sede di Rinvio e il nuovo ricorso

In sede di rinvio, la Corte d’Appello nomina un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), il quale accerta la mancanza dei contratti iniziali di conto corrente e la presenza di lacune significative negli estratti conto prodotti. Sulla base di questa carenza documentale, la Corte d’Appello conferma la sentenza di primo grado, rigettando nuovamente la domanda di pagamento della banca per mancato assolvimento dell’onere della prova. L’istituto di credito, insoddisfatto, ricorre nuovamente in Cassazione.

L’onere della prova in capo alla banca

La Cassazione, con la decisione in commento, accoglie parzialmente il ricorso della banca, ma non nel senso sperato da quest’ultima. Pur correggendo un aspetto della motivazione della Corte d’Appello, ribadisce un principio cardine: la banca che agisce per recuperare un credito derivante da un saldo di conto corrente ha l’onere della prova di dimostrare integralmente la propria pretesa. Questo significa che deve produrre non solo gli estratti conto, ma anche il contratto originario per provare le condizioni pattuite.

La Corte chiarisce che la mancanza dei contratti e la non continuità degli estratti conto impediscono di verificare la legittimità delle condizioni applicate e l’evoluzione del rapporto. Pertanto, la pretesa della banca non può essere accolta.

L’inefficacia del riconoscimento di debito

Un punto cruciale della decisione riguarda l’efficacia della ricognizione di debito. La Cassazione spiega che, ai sensi dell’art. 1988 c.c., tale dichiarazione ha un effetto puramente processuale: dispensa il creditore dal provare il rapporto fondamentale, che si presume esistente fino a prova contraria (astrazione processuale). Tuttavia, se il debitore contesta specificamente il rapporto sottostante (ad esempio, l’applicazione di interessi anatocistici o commissioni non pattuite), l’effetto della ricognizione viene meno. In tal caso, l’onere della prova torna pienamente in capo al creditore, cioè alla banca, che deve dimostrare la validità e la correttezza del proprio credito sin dall’origine.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione richiamando la sua giurisprudenza più recente e consolidata in materia. Ha specificato che, in caso di documentazione incompleta, non si può procedere a una ricostruzione presuntiva o approssimativa del credito. L’accertamento giudiziale richiede dati contabili certi e una ricostruzione integrale del dare e dell’avere.

Quando la banca non assolve a questo onere, non può pretendere l’azzeramento delle risultanze a lei sfavorevoli del primo estratto conto disponibile. La Corte ha chiarito che il giudice di merito, nel riesaminare la causa, dovrà applicare rigorosamente questi principi. Se la banca non è in grado di fornire una prova completa e continua del rapporto, la sua domanda di pagamento non può trovare accoglimento. La carenza probatoria non può essere superata né da una ricognizione di debito contestata né da altri elementi parziali.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 4043/2024 rafforza in modo significativo la posizione dei correntisti nelle controversie bancarie. Le implicazioni pratiche sono rilevanti:

1. Obbligo di conservazione per le banche: Gli istituti di credito hanno il dovere di conservare e produrre in giudizio tutta la documentazione contrattuale e contabile relativa all’intero svolgimento del rapporto. L’incapacità di farlo si traduce in un fallimento probatorio che può portare al rigetto delle loro pretese.
2. Valore limitato del riconoscimento di debito: I clienti che hanno firmato un riconoscimento di debito non sono indifesi. Possono sempre contestare il rapporto sottostante, e se le loro contestazioni sono specifiche e circostanziate, l’onere della prova torna a gravare interamente sulla banca.
3. Tutela del correntista: Questa decisione conferma che il cliente non può essere penalizzato dalle negligenze della banca nella conservazione dei documenti. In assenza di una prova rigorosa del credito, il dubbio si risolve a favore del debitore.

A chi spetta l’onere della prova in una causa per il saldo di un conto corrente?
Secondo la Cassazione, l’onere della prova spetta alla banca che agisce per il recupero del credito. Essa deve produrre i contratti e tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto per dimostrare la fondatezza e l’esatto ammontare della sua pretesa.

Un riconoscimento di debito impedisce al debitore di contestare il credito della banca?
No. Il riconoscimento di debito ha un’efficacia meramente processuale e inverte l’onere della prova. Tuttavia, se il debitore contesta specificamente il rapporto fondamentale (ad esempio, l’applicazione di interessi illegittimi), l’efficacia probatoria della ricognizione viene meno e la banca deve nuovamente provare integralmente il suo credito.

Cosa succede se la banca non produce tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto?
Se la banca non produce i contratti e gli estratti conto in modo completo e continuo, non assolve al proprio onere della prova. Di conseguenza, la sua domanda di pagamento del saldo debitore deve essere rigettata, poiché non è possibile ricostruire in modo certo e integrale l’andamento del rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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