Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18903 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18903 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30319-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE FROSINONERAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME – controricorrente avverso la sentenza n. 1446/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 26/05/2021 R.G.N. 2047/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa:
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. innanzi al Tribunale di Cassino in funzione di giudice del lavoro NOME COGNOME
Oggetto
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 30319/2021
Ud. 03/06/2025 CC
premesso di essere ostetrico coordinatore, ha agito in giudizio contro la ASL di Frosinone chiedendo: accertare il proprio diritto al risarcimento dei danni sia patrimoniali che extrapatrimoniali «conseguenti alla irrogazione del provvedimento di trasferimento del 7.5.2002, dichiarato nullo con sentenza del Tribunale di Frosinone in data 23.9.2009»; chiedeva, tra le altre voci di danno, accertare il proprio diritto al rimborso chilometrico per l’utilizzo dell’autovettura personale per raggiungere la nuova sede di lavoro, il Consultorio di Ceccano, e, conseguentemente, condannarsi l’Azienda Sanitaria resistente al pagamento della somma di euro 55.804,70; accertare il proprio diritto al pagamento della retribuzione contrattuale per le ore di viaggio quotidianamente impiegate per raggiungere la sede di Ceccano e condannarsi l’Azienda Sanitaria resistente al pagamento della somma di euro 52.616,00 ovvero al pagamento della somma dovuta in via risarcitoria. La Asl di Frosinone si costituiva chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Cassino respingeva integralmente il ricorso condannando il ricorrente alle spese di lite.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la sentenza. La Asl di Frosinone si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della impugnazione principale e spiegando a sua volta appello incidentale. Con la sentenza n. 1446/2021 depositata il 26/05/2021 la Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, ha respinto l’appello principale e l’appello in cidentale.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, articolato su due motivi, NOME COGNOME. La Asl di Frosinone si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 3 giugno 2025.
Ragioni della decisione:
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 2697 e 1227, secondo comma, cod. civ. per avere la Corte d’Appello , con riferimento alla domanda del ricorrente di vedersi rimborsare i costi sostenuti per effettuare, con la propria autovettura, gli spostamenti per/dalla nuova sede di lavoro nei sette anni e mezzo per i quali si era protratto il suo illegittimo trasferimento, posto a carico dello stesso ricorrentedanneggiato l’onere di dimostrare di aver fatto tutto quanto necessario, seco ndo l’ordinaria diligenza, per limitare il danno subito, ai sensi di quanto disposto dall’art.1227, secondo comma, cod. civ., nonché per aver esteso il comportamento esigibile in forza di tale disposizione oltre i limiti previsti dalla norma (art.360, primo comma, n.3 c.p.c.).
Va premesso che con la domanda spiegata in primo grado NOME COGNOME muovendo dalla illegittimità del trasferimento comminato per incompatibilità ambientale, acclarata da sentenza passata in giudicato, ha dedotto che la necessità di raggiungere la nuova sede di lavoro per sette anni e mezzo gli aveva imposto l’utilizzo del mezzo proprio, cioè dell’automobile, determinando una serie di costi, oneri e conseguenze in tema di usura del mezzo. L’odierno ricorrente ha chiesto la reintegra del proprio patrimonio invocando due diversi profili quali causa petendi , quello della indennità chilometrica e quello risarcitorio.
2.1. La sentenza di primo grado, confermata dalla sentenza della Corte di Appello, ha respinto la domanda sotto entrambi i profili.
La decisione è corretta con riguardo alla esclusione della indennità chilometrica, trattandosi di istituto disciplinato dal
c.c.n.l. di categoria quale rimborso per le spese vive affrontate dal dipendente per missioni in località diverse da quelle della sede di lavoro.
2.2. Circa la domanda di ristoro spiegata, per le medesime spese, sotto il profilo risarcitorio la Corte di Appello, confermando l’impostazione del Tribunale, ha ammesso in via astratta la risarcibilità dei danni patrimoniali subiti dal lavoratore in ragione di un trasferimento illegittimo e tra di essi anche la risarcibilità del danno per le spese di viaggio. Sul punto la sentenza impugnata è corretta perché conforme ai principi di diritto affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e dalla giurisdizione amministrativa (Cass. 14/03/2022, n. 8101; Cass. 27/04/2010, n. 10021; Tar Campania, Napoli, sez. VI, 5 giugno 2020, n. 2223).
2.3. La Corte di Appello ha, di seguito, respinto la domanda di rimborso/risarcimento delle maggiori spese chilometriche da utilizzo e usura del mezzo sostenute per i viaggi quotidiani in ragione del trasferimento illegittimo perché ha ritenuto indimostrato il presupposto per l’accoglimento di questa domanda e cioè la necessità dell’utilizzo del mezzo proprio . In proposito la sentenza impugnata argomenta richiamando il principio di diritto secondo il quale l’art. 1227, secondo comma, c.c., escludendo il risarcimento per il danno che il creditore avrebbe potuto evitare con l’uso della normale diligenza, impone a quest’ultimo una condotta attiva, espressione dell’obbligo generale di buona fede, diretta a limitare le conseguenze dell’altrui comportamento dannoso, intendendosi comprese nell’ambito dell’ordinaria diligenza, a tal fine richiesta, soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (Cass. 15/10/2018, n. 25750).
2.4. La corte territoriale prosegue affermando che non sarebbe stata fornita la prova sufficiente della estrema difficoltà dell’utilizzo del servizio pubblico per raggiungere la (nuova) sede di Ceccano essendosi limitato l’appellante a documentare i collegamenti dal proprio domicilio, sito nel piccolo paese di Fontichiari, senza produrre né dimostrare alternativi collegamenti pubblici dalla città di Sora o da altri paesi limitrofi facilmente raggiungibili dalla propria residenza. Secondo la sentenza impugna ta l’utilizzo del mezzo pubblico non può rispondere a una personale e maggiore comodità negli spostamenti ma, perché le spese sostenute possano essere ristorate, deve necessariamente essere imposto dalla impossibilità perché eccessivamente gravosa, della fruizione dei mezzi pubblici, condizione che non sarebbe stata adeguatamente dimostrata.
2.5. Per questa via la Corte di Appello, pur dando atto che il ricorrente aveva dimostrato di vivere a pochi chilometri di distanza dalla precedente sede di servizio e, al contrario, a circa cinquanta chilometri dalla nuova sede di servizio e che aveva dimostrato che i collegamenti pubblici dal proprio paese di residenza non erano paragonabili rispetto al tempo di trasferimento necessario con la macchina, tanto da imporre un sacrificio inesigibile al danneggiato per ridurre le conseguenze del danno, ha respinto la domanda non ritenendo adempiuto da parte dello stesso danneggiato l’ulteriore onere probatorio circa la doverosa dimostrazione che anche spostandosi (in macchina) in un comune limitrofo gli spostamenti con i mezzi pubblici sarebbero stati ugualmente non utilizzabili utilmente.
2.6. La sentenza è, in questa parte, censurabile perché non tiene conto che l’onere di provare che eventualmente il danneggiato avrebbe potuto ridurre le conseguenze dannose
utilizzando l’ordinaria diligenza gravava semmai sul danneggiante. La Corte di Appello ha violato le norme invocate nel primo motivo di ricorso e i principi di diritto affermati costantemente da questa Corte circa la ripartizione dell’onere probatorio nella specifica materia. Si consideri che: «in tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell’evento dannoso, a norma dell’art. 1227 c.c. – applicabile, per l’espresso richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale – la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento, usando l’ordinaria diligenza, deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore» (Cass. 04/09/2023, n. 25712; Cass. 31/10/2014, n. 23148).
2.7. il primo motivo di ricorso deve, allora, essere accolto con cassazione della sentenza sul punto e rinvio.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta sotto un primo profilo, la nullità della sentenza per violazione degli artt.113 c.p.c. e 1226 cod. civ. per avere la Corte d’Appello respinto la domanda del ricorrente di pagamento delle retribuzioni per il maggior tempo impiegato per andare e tornare dalla sede di lavoro alla quale era stato illegittimamente trasferito (due ore e mezzo al giorno circa), sulla base del solo rilievo che il tempo di viaggio non era qualificabile come tempo di lavoro, senza procedere, come avrebbe dovuto in applicazione del principio jura novit curia , alla corretta qualificazione della domanda (sulla base degli elementi posti a fondamento della stessa) come di risarcimento dei danni e, conseguentemente, alla valutazione della fondatezza della stessa sotto tale profilo.
3.1. Sotto un secondo profilo, con il secondo motivo di ricorso è dedotta la nullità della sentenza, per violazione degli
artt.132, secondo comma, n. 4. c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111, comma 6, Cost., per avere la Corte d’Appello che pure ha dato atto del fatto che la domanda di cui sopra era stata proposta dal ricorrente, in via alternativa, anche sotto il profilo del diritto al risarcimento del danno, da ragguagliarsi in misura corrispondente alle retribuzioni – respinto senza indicare in alcun modo le ragioni della decisione, incorrendo nel vizio di carenza assoluta di motivazione (art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.).
3.2. Il motivo di ricorso, esaminabile unitariamente sotto i due profili, è infondato. Con motivazione corretta sul piano ricostruttivo e non scalfita dal gravame, la Corte di Appello ha escluso che il tempo di trasferimento dalla residenza del lavoratore alla sede di lavoro possa rilevare quale tempo di lavoro ed essere retribuito e tanto in ragione dell’art. 8 d.lgs. 66/2003; la sentenza impugnata ha anche escluso che la domanda del ricorrente potesse trovare fondamento nella giurisprudenza comunitaria invocata dal ricorrente perché si trattava di principi affermati in relazione alla, diversa, fattispecie del lavoratore itinerante.
3.3. La Corte di Appello, di seguito, con decisione chiaramente espressa dalla esclusione di qualsiasi profilo di indennizzabilità del tempo dedicato al viaggio, ha negato il diritto al risarcimento del danno che l’odierno ricorrente assume di aver subito per il maggior tempo dedicato ai viaggi per raggiungere la sede di lavoro. Si consideri in proposito che «non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logicogiuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o
l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza» Cass. 26/09/2024, n. 25710).
3.4. La decisione così assunta dalla Corte di Appello non è censurabile perché, una volta esclusa la qualificazione del tempo di viaggio quale orario di lavoro, rimane esclusa la possibilità di retribuire il predetto tempo e vieppiù di fondare su di esso un indennizzo ovvero un risarcimento del danno. Peraltro il ricorrente non ha dedotto, nemmeno nel ricorso, di aver subito in ragione del maggior tempo di viaggio lesioni della sua sfera giuridica altrimenti risarcibili rimanendo la doglianza del tutto generica e inapprezzabile sotto il profilo del bene della vita indicato come pregiudicato.
3.5. Il secondo motivo di ricorso deve essere respinto.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso determina la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte di Appello competente.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, in