Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27279 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27279 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11800/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMAINDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 275/2022 depositata il 01/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/9/2024 dal Presidente NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale di Bergamo chiedendo la condanna al risarcimento del danno nella misura di Euro 73.745,00, pari all’importo sottratto senza effrazione da ignoti dalla cas saforte RAGIONE_SOCIALE modello AnyTime, contenente gli incassi del distributore di benzina e del bar tabacchi, e rispetto alla quale RAGIONE_SOCIALE aveva assicurato la non duplicabilità delle chiavi. Espose che RAGIONE_SOCIALE si era impegnata ad effettuare il servizio di prelievo dei valori contenuti nella cassaforte,
apribile attraverso un sistema di due chiavi elettroniche modello Dallas nell’esclusiva disponibilità di RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE chiamò in causa RAGIONE_SOCIALE. Disposta CTU, il Tribunale adito accolse la domanda nei confronti della sola RAGIONE_SOCIALE, reputando che fosse avvenuta la duplicazione per intercettazione dei dati elettronici registrati sulle chiavi, di cui era stata garantita la non duplicabilità, in occasione del loro utilizzo, mediante ‘cimice’ presuntivamente apposta sulla cassaforte. Avverso detta sentenza proposero appello principale RAGIONE_SOCIALE ed appello incidentale l’attrice. Con sentenza di data 1° marzo 2022 la Corte d’appello di Brescia accolse l’appello principale, con rigetto della domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, e res pinse l’appello incidentale, condannando RAGIONE_SOCIALE al rimborso delle spese processuali del doppio grado nei confronti di tutte le parti del giudizio.
Premise la corte territoriale, in relazione all’appello principale, che la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE era stata fondata sulla garanzia prestata in ordine alla non duplicabilità delle chiavi della cassaforte sicché era chiara la natura contrattuale della responsabilità invocata, «spettando poi al giudice ogni ulteriore determinazione in ordine alla qualificazione in termini di vizio e/o di qualità promessa della garanzia». Aggiunse, quanto al motivo di appello avente ad oggetto la violazione dell’art. 112 c. p.c., che, senza travalicare i limiti della domanda, il primo giudice si era limitato a dare un’interpretazione estensiva della non duplicabilità delle chiavi, che aveva equiparato alla sostanziale non violabilità della cassaforte, ma senza alcuna modificazione dei fatti allegati. Osservò quindi quanto segue.
«Il CTU desumeva dalle informazioni della ditta produttrice delle chiavi Dallas – relative alla possibilità di sovrascrivere una chiave, per rendere il dispositivo guasto nella sua efficacia, che ‘ fosse evidente” che l’apertura della cassaforte era avvenuta mediante l’intercettazione dei dati. Ciò indipendentemente dalla prova che ciò si fosse effettivamente verificato e/o che fosse praticamente possibile, non
essendo stata fatta alcuna dimostrazione pratica della duplicabilità delle chiavi. Il Tribunale desumeva poi ‘ la intercettazione dei dati delle chiavi, necessari per la duplicazione’ da altrettante circostanze prospettate come possibili e quindi prive del requisito della certezza e concretezza: la suscettibilità del lettore delle chiavi di essere violato da una cimice, inserita tra le viti; la possibilità di intercettazione segnalata dalla casa produttrice delle chiavi; la diffusione del manuale come potenziale informazione dei dati necessari per violare la cassaforte. L’iter logico che ha condotto il Tribunale ad affermare la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE risulta pertanto affetto da violazione delle norme sulla prova per presunzioni (artt. 2727 e 2729 cod. civ.), in quanto il dato di partenza da cui far derivare il fatto ignorato costituiva una mera, astratta probabilità e non un fatto certo e concreto. In difetto di prova del nesso causale tra la duplicazione delle chiavi (circostanza peraltro esclusa dal CTU), ma anche tra la violabilità della cassaforte mediante intercettazione dei dati e l’apertura della cassaforte, la domanda risarcitoria proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE va rigettata».
Con riferimento all’appello incidentale, osservò che l’impugnazione si limitava «a riproporre le stesse deduzioni ed argomentazioni svolte nell’atto introduttivo del giudizio senza muovere alcuna specifica censura alla sentenza gravata e alle ragioni che hanno condotto ii tribunale a rigettare la domanda risarcitoria proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE».
Ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi e resistono con distinti controricorsi RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la quale ha presentato altresì ricorso incidentale tardivo sulla base di un motivo e ricorso incidentale condizionato sulla base di due motivi. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1294, 2055, 2697, 2727, 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello, fraintendendo la CTU, ha omesso l’esame del fatto storico che un furto è avvenuto ed è stato compiuto con l’utilizzo di chiavi ‘idonee’, indipendentemente dal fatto che siano state chiavi originali o clonate, come ritenuto dal CTU, il quale ha concluso nel senso che è stata intercettata la comunicazione dei dati allo scopo di scoprire la password, costituente quest’ultima non più una forma di sicurezza dei dati allo stato dell’arte. Aggiunge che l’apertura della cassaforte da parte di ignoti senza effrazione costituisce di per sé inadempimento sia di RAGIONE_SOCIALE, che si era obbligata a coprire con apposita assicurazione eventuali ‘ misteriose s parizioni’, escluso solo il caso in cui risulti «prova violazione del sistema ad opera di terzi» (art. 3.7 del contratto), assumendo così espresso obbligo di garanzia di rifusione delle somme sottratte indipendentemente dalla prova positiva circa le cause della sottrazione, sia di RAGIONE_SOCIALE, che ha garantito la sicurezza della propria cassaforte e la non duplicabilità della chiave di sicurezza ‘TARGA_VEICOLO‘, utilizzata per l’apertura della cassaforte, incombendo su entrambe le società convenute la prova della causa non imputabile dell’impossibilità di adempiere.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1294, 2055, 2697, 2727, 2729 cod. civ., 132 n. 4 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., nonché omesso esame del fatto decisivo e co ntroverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, nonostante il caso in esame riguardasse una ‘misteriosa sparizione’, la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE è stata esclusa dal Tribunale in quanto la prova della sovrascrittura delle chiavi ‘Dallas DS1991’ si è ritenuta
costituire «prova violazione del sistema ad opera di terzi», e dunque in ragione della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE, la quale è stata tuttavia esclusa dal giudice di appello. Aggiunge che l’asserita mancata prova della verificazione del fatto dannoso ha per ciò solo fatto venire meno la «prova violazione del sistema ad opera di terzi», per cui è insorto l’obbligo di RAGIONE_SOCIALE, a mezzo di assicurazione, di risarcire il danno, obbligo che poteva essere escluso solo dalla responsabilità di RAGIONE_SOCIALE (o di un terzo).
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 132 n. 4, 342 e 346 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, in relazione alla domanda risarcitoria proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che erroneamente è stata fatta applicazione dell’art. 342, dovendo invece trovare applicazione l’art. 346, che prevede la riproposizione della domanda non accolta in primo grado. Aggiunge che, comunque, ricorreva il requisito di specifici tà dell’appello, in particolare ove si contesta la sentenza n. 350/2019 circa il punto 2 di pag. 3 nella parte in cui si legge « … omissis… mentre devono essere rigettate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE(le domande n.d.r.) per carenza di colpevolezza (sia questa presunta o meno ex art.1218 c.c. o a titolo di responsabilità extracontrattuale)… omissis’ e, pertanto, ne richiede la riforma’ (pp. 10 s.); – Al riguardo si ripropone a codesta Ecc.ma Corte il fondamento della propria pretesa:» , seguendo l’esam e delle ragioni a fondamento dell’appello incidentale (pp. 11 ss.), concludendo poi per l’accoglimento dell’appello incidentale, anche per ciò che concerne la pronuncia sulle spese.
Il primo motivo è parzialmente fondato.
In relazione a RAGIONE_SOCIALE il giudice di appello ha reputato che il titolo di responsabilità dedotto fosse quello contrattuale in ragione della garanzia prestata in ordine alla non duplicabilità delle chiavi della cassaforte. Ha poi affermato che non vi è stato superamento dei limiti
della domanda nell’equiparare alla non duplicabilità delle chiavi la sostanziale non violabilità della cassaforte. Ha quindi accertato che il CTU ha concluso nel senso che era ‘evidente’ che l’apertura della cassaforte fosse avvenuta mediante l’intercettazione della comunicazione dei dati. Quest’ultima è stata ritenuta equivalente funzionale della duplicazione delle chiavi, evidentemente considerando la duplicazione, in relazione al grado di evoluzione del mezzo tecnologico, equivalente all’intercettazione della password di accesso. Alla luce di un siffatto quadro, la corte territoriale ha erroneamente onerato la creditrice di un onere probatorio avente ad oggetto il ‘nesso causale’ fra l’intercettazione della comunicazione dei dati e l’apertura della cassaforte.
Una volta che il creditore abbia provato il contenuto del titolo contrattuale ed allegato l’inadempimento, quale evento dannoso in grado di produrre sul piano della causalità giuridica il danno evento, spetta al debitore provare o che inadempimento non vi è stato o che è intervenuta una causa non imputabile la quale ha fatto sì che la prestazione sia mancata o sia stata inesattamente eseguita. Dimostrato che l’obbligazione contrattuale corrispondeva alla non duplicabilità delle chiavi, ed allegato il fatto della violazione della cassaforte, che il giudice del merito ha inteso nei termini dell’intercettazione della comunicazione dei dati, spetta al debitore smentire quest’ultima circostanza o dimostrare che sia avvenuta per causa ad esso non imputabile. A tale regola di giudizio deve attenersi il giudice del merito.
Il terzo motivo è parzialmente fondato. Non merita accoglimento la censura in termini di mancata sussunzione della fattispecie nell’art. 346 a fronte dell’evidenza, risultante dallo stesso motivo di ricorso, del rigetto della domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, e non del mero assorbimento, che solo avrebbe giustificato l’onere di semplice riproposizione della domanda.
Risultando assolto l’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., il diretto esame dell’atto, denominato ‘appello incidentale’, rende evidente l’esistenza del requisito di specificità della censura, il quale deve consistere in una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (fra le tante, Cass. Sez. U. n. 36481 del 2022).
A partire da pag. 13 dell’atto processuale, si fa riferimento, oltre che ad un’ipotesi di responsabilità ai sensi dell’art. 2049 c.c., alla responsabilità contrattuale di RAGIONE_SOCIALE, richiamando all’uopo l’esito delle risultanze della CTU, e dunque un dato che non poteva essere presente nell’atto introduttivo del giudizio. Sulla base di tale dato viene allegato quale titolo di responsabilità l’art. 3.7. del contratto. La denuncia è sufficiente a radicare un valido rapporto processuale di impugnazione, e tale conclusione va estesa anche al l’impugnazione incidentale avente ad oggetto il regolamento delle spese processuali nei confronti non solo di RAGIONE_SOCIALE, ma anche della società RAGIONE_SOCIALE, poste entrambe a carico dell’appellante incidentale.
L’accoglimento del terzo motivo comporta l’assorbimento della censura contenuta nel primo motivo in relazione a RAGIONE_SOCIALE e del secondo motivo, avendo entrambi ad oggetto il merito della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1294, 2055, 2697, 2727, 2729 cod. civ., 132 n. 4 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., nonché
omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il rischio di duplicazione ‘a distanza’ delle chiavi, negato da RAGIONE_SOCIALE e segnalato dal produttore, comporta l’inadempime nto di RAGIONE_SOCIALE che doveva fornire un prodotto di sicurezza volto ad evitare il furto, incombendo sul debitore l’onere della prova della causa non imputabile.
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del motivo.
Passando al ricorso incidentale, con il motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Premesso il venir meno dell’interesse ad impugnare l’omessa condanna alla restituzion e di quanto versato in esecuzione della sentenza di primo grado, essendo stato riconosciuto l’obbligo di restituzione dalla controparte, osserva la parte ricorrente in via incidentale che nella liquidazione delle spese processuali non è stata compresa la quota parte di spese di CTU versata da RAGIONE_SOCIALE nel primo grado di giudizio ed il contributo unificato corrisposto.
L’accoglimento del ricorso principale, nei limiti sopra indicati, comporta la caducazione del regolamento delle spese processuali, da cui l’assorbimento del motivo.
Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, si denuncia la violazione degli artt. 112, 163 e 164 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la ricorrente in via incidentale che nella domanda era stata allegata la responsabilità di COGNOME solo «per aver tenuto un comportamento scorretto, avendo fornito in sede di stipula del contratto, ed anche successivamente, dichiarazioni circa la ‘non duplicabilità’ delle chiavi modello Dallas, rivelatesi false, come confermato dalle indagini espletate al riguardo dai carabinieri» e che era stata eccepita l’incertezza della cosa oggetto della domanda, anche con motivo di appello disatteso dalla corte territoriale. Aggiunge che non si comprende quale sia la responsabilità
invocata e la ragione per la quale al comportamento addebitato (falsa dichiarazione) avrebbe dovuto conseguire una responsabilità risarcitoria e che al più avrebbe dovuto conseguirne una responsabilità per violazione di norme di comportamento e non per violazione di un obbligo da contratto.
Il motivo è infondato. La citazione è nulla se manca l’esposizione dei fatti di cui al n. 4 dell’art. 163 c.p.c. (art. 164, comma 4, c.p.c.), ma non se mancano gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, spettando al giudice la qualificazione giuridica dei fatti allegati. Denunciando la ‘falsa dichiarazione’, l’attrice ha allegato il fatto costituente la ragione della domanda. Corretta è poi la qualificazione in termini contrattuali che ne ha compiuto il giudice del merito, perché la dichi arazione in oggetto si colloca all’interno del rapporto contrattuale e non interviene fra soggetti terzi fra di loro.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c.. Osserva la ricorrente che l’intercettazione dei dati mediante l’installazione di una cimice nel punto di lettura delle chiavi, con la creazione di un dispositivo simulante le chiavi originali, prescinde dalla duplicazione in senso tecnico-informatico delle chiavi modello Dallas ed è estranea alla allegazione di inadempimento dedotta dall’attrice, non essendo stato previsto un obbligo di inviolabilità della cassaforte. Aggiunge che erroneamente è stato rigettato il motivo di appello con cui era stato denunciato l’illegittimo ampliamento della causa petendi da parte del Tribunale.
Il motivo è infondato. Risulta impugnata l’interpretazione della domanda per essersi tradotta in una violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato (cfr. Cass. n. 30770 del 2023). Come correttamente reputato dalla corte territoriale, non è ravvisabile un mutamento del fatto costitutivo una volta che, denunciata la difformità della cosa rispetto alla dichiarazione contrattuale con cui era stata assicurata la non riproducibilità delle
chiavi, sia stato allegato il fatto dell’illecita apertura della cassaforte, posto che il fatto esposto con la domanda è, nel nucleo sostanziale, quello della carenza di requisiti di sicurezza della cassaforte RAGIONE_SOCIALE.
Poiché il ricorso incidentale viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Accoglie parzialmente il primo ed il terzo motivo del ricorso principale, dichiarando assorbito per il resto il ricorso;
dichiara assorbito il ricorso incidentale e rigetta il ricorso incidentale condizionato;
cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 9 settembre 2024