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Onere della prova: chi deve provare le clausole nulle?

Un consorzio ha citato in giudizio la propria banca per l’applicazione di interessi ultralegali, anatocismo e commissioni non pattuite. Dopo decisioni contrastanti nei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha chiarito il principio dell’onere della prova: spetta al cliente che agisce in giudizio dimostrare la nullità delle clausole per interessi e commissioni, producendo il contratto. Fa eccezione l’anatocismo, la cui illegittima applicazione può essere provata anche solo tramite gli estratti conto. La causa è stata rinviata alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della Prova: Chi Deve Provare le Clausole Nulle in un Contratto Bancario?

L’onere della prova rappresenta una colonna portante del nostro sistema giuridico e assume un’importanza cruciale nelle controversie bancarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un chiarimento fondamentale su chi, tra banca e cliente, debba dimostrare il contenuto del contratto di conto corrente quando si contestano addebiti illegittimi. La decisione distingue nettamente tra la prova necessaria per contestare clausole specifiche e quella sufficiente per denunciare pratiche illecite come l’anatocismo.

I Fatti di Causa

Un consorzio di autotrasportatori conveniva in giudizio un istituto di credito, sostenendo di aver subito per anni l’addebito di interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto non pattuite e l’applicazione illegittima dell’anatocismo trimestrale su un rapporto di conto corrente. Il consorzio, non avendo mai ricevuto una copia del contratto, chiedeva al giudice la restituzione di oltre 112.000 euro.

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda, motivando che il cliente non aveva prodotto il contratto, né aveva dimostrato di averne richiesto copia alla banca prima di avviare la causa. Di parere opposto la Corte d’Appello, che ribaltava la decisione, condannando la banca alla restituzione delle somme. Secondo i giudici d’appello, l’onere della prova gravava sulla banca, dato che questa non aveva contestato l’esistenza del rapporto e che il cliente agiva per un accertamento negativo del credito.

La Questione dell’Onere della Prova Davanti alla Cassazione

La banca ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata inversione dell’onere della prova. Sosteneva che spettasse al cliente, che lamentava la nullità di alcune clausole, dimostrare l’effettiva presenza di tali pattuizioni nel contratto. La Corte Suprema ha accolto parzialmente questa tesi, operando una distinzione tanto sottile quanto decisiva.

La Prova per Clausole Nulle e Pratiche Illegittime

La Cassazione ha stabilito che, quando un cliente contesta la validità di specifiche clausole contrattuali – come quelle relative agli interessi ultralegali o alle commissioni di massimo scoperto – spetta a lui fornire la prova del loro contenuto. In assenza del documento contrattuale, tale prova non può essere fornita e la domanda del cliente non può essere accolta. L’attore che chiede la restituzione di somme indebitamente pagate (azione di ripetizione dell’indebito) deve dimostrare i fatti costitutivi della sua pretesa.

Tuttavia, la Corte ha precisato che un discorso diverso vale per l’anatocismo. La capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi è una pratica di per sé illegittima, la cui applicazione può essere dimostrata a prescindere dal contratto, attraverso l’analisi degli estratti conto e dei riassunti scalari. Se da questi documenti, analizzati da un consulente tecnico (c.t.u.), emerge che la banca ha calcolato interessi sugli interessi, questa prova è sufficiente per fondare la domanda di restituzione del cliente, anche senza produrre il contratto originale.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione riaffermando il principio fondamentale sancito dall’art. 2697 del Codice Civile: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Nel caso di una richiesta di restituzione basata sulla nullità di una clausola, il fatto costitutivo è proprio l’esistenza di quella clausola nel contratto. Non è onere della banca (convenuta) dimostrare la validità del suo operato, ma è onere del cliente (attore) dimostrare l’invalidità delle pattuizioni. La Corte d’Appello aveva quindi errato nell’invertire questo onere.

Per l’anatocismo, invece, la motivazione risiede nella natura stessa dell’illecito. Non si tratta tanto della nullità di una clausola, quanto di una prassi operativa illegittima che emerge direttamente dalla contabilità del rapporto. Gli estratti conto, in questo caso, diventano la prova del fatto illecito, sufficiente a sostenere la pretesa del cliente. La Suprema Corte ha citato precedenti conformi, consolidando un orientamento che mira a bilanciare la tutela del correntista con il rispetto dei principi processuali.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un’importante guida pratica per clienti e avvocati impegnati in contenziosi bancari. La lezione è chiara: la strategia processuale deve essere attentamente calibrata in base all’oggetto della contestazione.

1. Contestazione di Clausole Specifiche (interessi, c.m.s.): È essenziale essere in possesso del contratto. In sua assenza, la prima mossa dovrebbe essere sempre la richiesta formale di copia alla banca ai sensi dell’art. 119 del Testo Unico Bancario.
2. Contestazione di Pratiche Illegittime (anatocismo): Anche senza il contratto, una causa può avere successo se si dispone della documentazione contabile completa (estratti conto) che dimostri l’applicazione della pratica vietata.

La sentenza cassa la decisione d’appello e rinvia la causa a una nuova sezione della stessa Corte, che dovrà riesaminare il caso applicando correttamente il principio dell’onere della prova come delineato dalla Cassazione.

In una causa contro la banca per interessi non dovuti, chi deve provare il contenuto del contratto?
Spetta al cliente che agisce in giudizio (l’attore) fornire la prova che il contratto conteneva le clausole specifiche (es. tassi ultralegali, commissioni) di cui si afferma la nullità. Questo principio è noto come onere della prova.

È sempre necessario produrre il contratto di conto corrente per contestare l’anatocismo (interessi su interessi)?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la pratica illegittima dell’anatocismo può essere dimostrata anche solo attraverso l’analisi degli estratti conto e della documentazione contabile, senza la necessità di produrre il contratto originale, poiché l’illecito emerge dalla modalità di calcolo applicata dalla banca.

Cosa succede se la banca non nega l’esistenza del rapporto di conto corrente?
La semplice non contestazione dell’esistenza di un rapporto contrattuale da parte della banca non è sufficiente a invertire l’onere della prova. Il cliente ha ancora il dovere di dimostrare il contenuto specifico delle clausole che ritiene nulle e che hanno generato gli addebiti contestati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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