Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21683 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 21683 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21804/2019 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC , presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
Contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Sant’Agata di Militello INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende controricorrente -ricorrente incidentale
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 187/2019 depositata il 17/04/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con sentenza n.271/2017 il Giudice del RAGIONE_SOCIALE di Patti accoglieva parzialmente la domanda proposta da NOME COGNOME con ricorso depositato il 12.8.2008, volto ad ottenere le differenze retributive dovutele per l’attività prestata alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, condannando il resistente al pagamento, a favore RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, RAGIONE_SOCIALEa somma di euro 28.456,75, oltre interessi e rivalutazione dalle singole spettanze al soddisfo per differenze retributive. A fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda la ricorrente deduceva di essere stata assunta con contratto di RAGIONE_SOCIALE a tempo parziale a far data dal 15 ottobre 2003 fino al 31 maggio 2005, con mansioni di impiegata inquadrata al IV livello del RAGIONE_SOCIALE per complessive 15 ore settimanali, da lunedì al venerdì dalle 16.00 alle 19.00, con la retribuzione lorda di euro 321,96; successivamente, a decorrere dall’1 giugno 2005, per 20 ore settimanali, modificando l’inquadramento RAGIONE_SOCIALEa lavoratrice nella qualifica di impiegata di III livello e riconoscendole una retribuzione mensile di euro 480,85. Assumeva che in realtà il suo rapporto non era mai stato a tempo parziale ma aveva avuto ab origine una durata di otto ore lavorative al giorno, per tutti i giorni RAGIONE_SOCIALEa settimana, dal lunedì al venerdì e che, inoltre, aveva svolto mansioni superiori rispetto a quelle per le quali era stata inquadrata.
La Corte di appello di Messina, Sez. RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n.187/2019 del 19.03.2019, pubblicata in data 17/04/2019, notificata a mezzo pec al procuratore costituito in data 30.04.2019,
accoglieva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e rigettava le domande proposte dalla COGNOME. Con l’atto di appello il COGNOME eccepiva in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva avendo egli agito non in proprio ma quale RAGIONE_SOCIALE che provvedeva a corrispondere le somme dovute alla lavoratrice e, nel merito, contestava fosse stata raggiunta la prova in ordine a un orario lavorativo superiore rispetto a quello concordato e eccepiva la mancanza di una prova sufficiente a smentire la correttezza RAGIONE_SOCIALE‘accordo stipulato tra le parti. Si costituiva la COGNOME assumendo che la mancata presentazione del resistente a rendere l’interrogatorio formale aveva correttamente indotto il primo giudice a ritenere provate le circostanze dedotte nel ricorso introduttivo che peraltro erano state suffragate dalle dichiarazioni degli altri testi sentiti.
2.1. La Corte territoriale, con la sentenza qui impugnata, premesso che, in base al principio generale desumibile dall’art.2697 c.c., incombeva a carico del lavoratore l’onere di provare lo svolgimento di un rapporto di RAGIONE_SOCIALE a tempo pieno o comunque di avere messo a disposizione del datore di RAGIONE_SOCIALE le proprie energie lavorative per un numero di ore lavorative maggiore, e RAGIONE_SOCIALEa conseguente inadeguatezza RAGIONE_SOCIALEa retribuzione rispetto all’orario di RAGIONE_SOCIALE osservato, riteneva sfornito di prova l’assunto di parte ricorrente in ordine all’orario di RAGIONE_SOCIALE osservato, non avendo la COGNOME fornito elementi da cui trarre l’effettiva entità RAGIONE_SOCIALEe proprie prestazioni lavorative e in forza RAGIONE_SOCIALEe quali aveva richiesto le differenze retributive. In particolare, evidenziava l’inattendibilità RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni testimoniali rese dal marito RAGIONE_SOCIALEa COGNOME e l’inidoneità probatoria RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni rese dai testi COGNOME e COGNOME, i quali si erano limitati a riferire circostanze generiche.
Avverso la decisione di secondo grado propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a sei motivi.
NOME COGNOME replica con controricorso e propone ricorso incidentale.
La ricorrente principale non ha depositato controricorso in relazione al ricorso incidentale
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati. Con il primo motivo la ricorrente lamenta ‘ violazione e/o falsa applicazione, erronea interpretazione RAGIONE_SOCIALEa normativa applicabile, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5; difetto e/o erroneità e/o contraddittorietà RAGIONE_SOCIALEa motivazione; tardività RAGIONE_SOCIALE‘appello e inammissibilità’ . Censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto e dichiarato l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello proposto dal COGNOME poiché tardivo in quanto depositato presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello di Messina in data 6.10.2017, dunque ben oltre il termine di sei mesi previsto dall’art.327 c.p.c. decorrente dalla data di deposito RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Patti il 21.02.2017. Deduce, al riguardo, la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 327 c.p.c., come modificato dall’art.46, comma 17, RAGIONE_SOCIALEa L. n. 69 del 2009, per essere la dimidiazione del termine lungo per l’impugnazione (da un anno a sei mesi) applicabile a tutti i giudizi instaurati dopo la data RAGIONE_SOCIALEa sua entrata in vigore e, dunque, anche ai giudizi di appello.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce ‘ nullità del procedimento in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, mancata notifica RAGIONE_SOCIALE‘appello ad altro procuratore costituito del giudizio di primo grado -notifica RAGIONE_SOCIALE‘appello via pec anziché presso il domicilio reale eletto dalla parte nel corso del giudizio di primo grado ‘ . Censura la decisione gravata nella parte in cui i giudici d’appello non hanno rilevato la nullità del procedimento per omessa
notifica del ricorso ad uno dei procuratori costituiti in primo grado, posto che il ricorso in appello era stato notificato, peraltro in via telematica, soltanto ad uno dei procuratori costituiti nel corso del giudizio di primo grado. La COGNOME censura la sentenza anche sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa mancata pronuncia di inesistenza o nullità RAGIONE_SOCIALEa notifica RAGIONE_SOCIALE‘appello, con conseguente improcedibilità o quantomeno rinnovazione RAGIONE_SOCIALEa notifica, in quanto effettuata a mezzo PEC anziché presso il suo domicilio reale eletto nel corso del giudizio di primo grado. Deduce al riguardo la ricorrente che nel giudizio di primo grado, peraltro antecedente (2008) alle modifiche legislative attinenti la PEC, non solo non aveva eletto ‘domicilio digitale’, ma aveva espressamente eletto domicilio fisico presso il recapito professionale dei procuratori costituiti.
3. Con il terzo motivo si deduce la ‘ nullità del procedimento in relazione all’art. 360, comma 1, n.4. – notifica del ricorso in appello con decreto presidenziale di fissazione udienza oltre il termine di 10 giorni di cui all’art.435 comma 2 cpc. mancata notifica del solo ricorso in appello e del pedissequo decreto presidenziale di fissazione udienza -improcedibilità appello ‘ . La ricorrente deduce che la sentenza impugnata è altresì erronea e/o ingiusta per nullità derivata dalla violazione RAGIONE_SOCIALEe norme sul procedimento nella parte in cui non ha rilevato e dichiarato d’ufficio l’improcedibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello, posto che il ricorso in appello unitamente al decreto presidenziale di fissazione d’udienza risultano notificati, peraltro in via telematica, ben oltre il termine di dieci giorni di cui all’art.435 comma 2 cpc e, comunque, in palese violazione RAGIONE_SOCIALEe disposizioni codicistiche di cui agli artt. 434 e ss cpc. Deduce che a fronte di un appello depositato in data 6.10.2017, di un decreto presidenziale di fissazione udienza emesso in data 20.10.2017 (per udienza di discussione del 19.03.2019), depositato in data 24.10.2017 e comunicato telematicamente dalla Cancelleria in pari data, l’appellante non risulta aver proceduto alla notifica dei suindicati
due atti come richiesto dall’art. 435 cpc, avendo proceduto con notifica a mezzo EMAIL del 13.02.2018 ad allegare non solo il ricorso in appello e pedissequo decreto presidenziale del 24.10.2017, ma anche la successiva istanza di sospensione anticipata ex art.351 cpc depositata in data 15.01.2018, nonché del consequenziale decreto presidenziale di pari data che fissava l’udienza per la trattazione RAGIONE_SOCIALE‘inibitoria per il giorno 27.02.2018.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c. ‘ per avere il giudice d’appello applicato la regola di giudizio fondata sull’onere RAGIONE_SOCIALEa prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni; per aver posto, in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c., a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione prove non introdotte dalle parti e analizzate ed evidenziate al di fuori dei casi in cui le sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio.
Con il quinto motivo ‘violazione e/o falsa applicazione di legge; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 232 c.p.c. ‘, la COGNOME deduce che il giudice d’appello è incorso nel vizio di cui al n. 5 RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, comma 1, c.p.c. per aver omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto, peraltro, di discussione tra le parti. In particolare, la Corte d’Appello ha accolto il gravame interposto dal COGNOME facendo leva esclusivamente sul presunto mancato assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio da parte RAGIONE_SOCIALEa COGNOME circa le domande spiegate in primo grado. Nell’argomentare i motivi RAGIONE_SOCIALEa decisione, il Collegio ha tuttavia del tutto omesso di valutare la decisiva e dirimente circostanza, compiutamente indicata dall’odierna ricorrente, sia in
primo che in secondo grado, RAGIONE_SOCIALEa mancata presentazione del COGNOME all’udienza del 6.10.2010 per rendere interrogatorio formale.
Con il sesto motivo la COGNOME lamenta: ‘ violazione e/o falsa applicazione di legge; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c. per una errata valutazione del compendio istruttorio emerso nel corso del giudizio di primo grado ‘ . Deduce che, nel corso del giudizio di primo grado, erano emersi elementi di prova che confermavano la fondatezza RAGIONE_SOCIALEe richieste RAGIONE_SOCIALEa ricorrente sia sull’an che sul quantum e che la sentenza di secondo grado, oltre all’omessa motivazione in relazione alla mancata sottoposizione del COGNOME all’interrogatorio formale, fornisce una errata e comunque incompleta rilettura RAGIONE_SOCIALEe deposizioni testimoniali e RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEo stesso COGNOME rispetto a quanto rilevato dal giudice di prime cure.
Con controricorso e ricorso incidentale condizionato il COGNOME deduce l’infondatezza del ricorso e in via incidentale condizionata chiede la riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata lamentando, ex art. 360 n. 5 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; omessa motivazione in ordine all’eccezione di carenza di legittimazione passiva del COGNOME. Deduce che sin dalla comparsa di costituzione in primo grado ha eccepito la propria carenza di legittimazione perché ‘il rapporto di RAGIONE_SOCIALE dedotto in giudizio è intercorso tra la NOME NOME e l’RAGIONE_SOCIALE con sede in INDIRIZZO. Detto contratto è stato sottoscritto dal COGNOME quale commissario RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE mentre il reale ed effettivo datore di RAGIONE_SOCIALE deve considerarsi l’RAGIONE_SOCIALE che provvedeva ad effettuare i pagamenti ed a dare le direttive in ordine all’organizzazione degli uffici, degli orari
di apertura al pubblico, l’inquadramento dei dipendenti, l’applicazione dei contratti collettivi, l’apertura o la chiusura di un ufficio o di un centro’. L’eccezione, rigettata in primo grado, era stata riproposta in appello ma la Corte d’appello, pur dandone atto nelle premesse ha omesso di prendere posizione sulla stessa.
8. Il primo motivo è infondato. Questa Corte ha, infatti, già chiarito che la riduzione del termine “lungo” di impugnazione, di cui all’art. 327 c.p.c. da un anno a sei mesi, disposta dalla l. n. 69 del 2009 si applica solo ai giudizi instaurati in primo grado in data successiva alla sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento RAGIONE_SOCIALE‘instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio’ (così già Cass. n. 6007 del 17/04/2012 (Rv. 622286 – 01) ed in senso conforme Cass. n. 19969 del 06/10/2015 (Rv. 637274 – 01); cfr. anche Cass. n. 27236 del 16/11/2017 (Rv. 646948 – 01); Cass. Sez. L, n. 6951 del 11/03/2019 (Rv. 653084 – 01) e Cass. n. 37750 del 01/12/2021 (Rv. 663338 – 01).
8.1. Nel caso di specie il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado innanzi al Tribunale è stato depositato, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e da quanto allegato dalla stessa ricorrente, in data 12 agosto 2008 e, dunque, in data antecedente alla suddetta modifica normativa, che pertanto è inapplicabile. Atteso che la sentenza di primo grado, secondo le concordi indicazioni RAGIONE_SOCIALEe parti, in difetto di riferimenti in sentenza, risulterebbe depositata in data 21.2.2017, alla data del deposito del ricorso in appello del 6.10.2017, il termine annuale ex art. 327 c.p.c. nella formulazione antecedente alla modifica, non era ancora decorso.
9. In relazione al secondo motivo, va disattesa, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità per omessa indicazione RAGIONE_SOCIALEe norme di legge che si assumono violate, svolta dal COGNOME nel controricorso. Tale elemento, infatti, non integra un requisito
autonomo ed imprescindibile per l’ammissibilità RAGIONE_SOCIALEa censura, ma è funzionale a chiarirne il contenuto e ad identificare i limiti RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione, sicché la relativa omissione può comportare l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa singola doglianza solo se gli argomenti addotti dal ricorrente non consentano di individuare le norme ed i principi di diritto asseritamente trasgrediti, così precludendo la delimitazione RAGIONE_SOCIALEe questioni sollevate (v. Cass. n. 21819 del 20/09/2017 (Rv. 645629 – 01); Cass. n. 10862 del 07/05/2018 (Rv. 648018 – 01); Cass. Sez. Un., n. 17931 del 24/07/2013). Nella specie, peraltro, non appare dubbio che la censura si articoli sulla violazione RAGIONE_SOCIALEe norme sulla notificazione del ricorso in appello e la inosservanza RAGIONE_SOCIALEe disposizioni sulla regolare costituzione del contraddittorio. Il motivo, tuttavia, è infondato in relazione ad entrambe sue articolazioni.
9.1. Quanto alla dedotta irregolarità RAGIONE_SOCIALEa notifica RAGIONE_SOCIALE‘appello in quanto effettuata ad uno solo dei procuratori costituiti -a prescindere dal rilievo, contenuto nel controricorso, RAGIONE_SOCIALE‘avvenuta rinuncia al mandato RAGIONE_SOCIALE‘originario difensore e RAGIONE_SOCIALEa regolarità RAGIONE_SOCIALEa notifica RAGIONE_SOCIALE‘appello effettuata all’unico difensore indicato anche nell’epigrafe RAGIONE_SOCIALEa sentenza appellata -va rilevato che, per giurisprudenza costante, la nomina di una pluralità di procuratori, ancorché non espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non ostandovi alcuna disposizione di legge e fermo restando il carattere unitario RAGIONE_SOCIALEa difesa; tuttavia, detta rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l’eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di informare l’altro o gli altri procuratori (Si veda Cass. Sez. Un. n. 12924 del 09/06/2014 (Rv. 631184 – 01) ed in senso conforme Cass. n. 20626 del 31/08/2017 (Rv. 645842 – 01).
Cfr. anche Cass. Sez. Un., n. 34260 del 21/11/2022 (Rv. 666195 01). Ne consegue la sufficienza RAGIONE_SOCIALEa notifica RAGIONE_SOCIALE‘appello ad uno solo dei procuratori costituiti.
9.2. Quanto alla dedotta nullità/inesistenza RAGIONE_SOCIALEa notifica effettuata a mezzo EMAIL anziché presso il domicilio reale eletto dalla COGNOME nel corso del giudizio del giudizio di primo grado, il motivo è, del pari infondato atteso che ‘In materia di notificazioni al difensore, in seguito all’introduzione del “domicilio digitale”, previsto dall’art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, conv. con modif. dalla l. n. 114 del 2014, è valida la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo PEC risultante dall’albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all’art. 6 bis del d.lgs. n. 82 del 2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest’ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest’ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al d.m. 21 febbraio 2011 n. 44, gestito dal RAGIONE_SOCIALE‘ (Così Cass. Sez. Un., n. 23620 del 28/09/2018 (Rv. 650466 – 01); cfr anche Cass. n. 2460 del 03/02/2021 (Rv. 660504 – 01) secondo la quale ‘A seguito RAGIONE_SOCIALE‘istituzione del cd. “domicilio digitale”, di cui all’art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 2012, convertito con modificazioni in l. n. 221 del 2012, come modificato dal d.l. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni in l. n. 114 del 2014, le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari, in materia civile, sono ritualmente eseguite – in base a quanto previsto dall’art. 16 ter, comma 1, del d.l. n. 179 del 2012, modificato dall’art. 45-bis, comma 2, lettera a), numero 1), del d.l. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114 del 2014, e successivamente sostituito dall’art. 66, comma 5, del d.lgs. n. 217 del 2017, con decorrenza dal 15.12.2013 – presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri indicati dagli artt. 6 bis, 6
quater e 62 del d.lgs. n. 82 del 2005, nonché dall’articolo 16, comma 12, RAGIONE_SOCIALEo stesso decreto, dall’articolo 16, comma 6, del d.l. n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 2 del 2009, nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal RAGIONE_SOCIALE e, quindi, indistintamente, dal registro denominato IniPEC e da quello denominato Re.G.Ind.E.’.
9.3. Va, infine, evidenziato che la ricorrente si è ritualmente e tempestivamente costituita in appello senza dedurre la pretesa (ed inesistente) nullità RAGIONE_SOCIALEa notifica con conseguente sanatoria per convalidazione oggettiva (art.156, terzo comma, cod. proc. civ.), avendo l’atto raggiunto comunque lo scopo cui è destinato.
Il terzo motivo è, del pari, infondato in entrambe le sue articolazioni.
10.1. Quanto alla prima parte, ove si lamenta l’omesso rilievo RAGIONE_SOCIALE‘improcedibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello conseguente alla notifica del ricorso unitamente al decreto presidenziale oltre il termine di dieci giorni di cui all’art.435 comma 2 c.p.c. va rilevato che , nel rito del RAGIONE_SOCIALE, la violazione del termine di dieci giorni entro il quale l’appellante, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 435, secondo comma, c.p.c., deve notificare all’appellato il ricorso, tempestivamente depositato in cancelleria nel termine previsto per l’impugnazione unitamente al decreto di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza di discussione, non produce alcuna conseguenza pregiudizievole per la parte, perché non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse RAGIONE_SOCIALE‘appellato, sempre che sia rispettato il termine che, in forza del medesimo art. 435, terzo e quarto comma, c.p.c., deve intercorrere tra il giorno RAGIONE_SOCIALEa notifica e quello RAGIONE_SOCIALE‘udienza di discussione (In tal senso Cass. n. 24034 del 30/10/2020 (Rv. 659607 – 01); Cass. Sez. L, n. 3959 del 29/02/2016 (Rv. 638850 01); Cass. n. 23426 del 16/10/2013 (Rv. 629083 – 01); Cass. Sez. L, n. 8685 del 31/05/2012 (Rv. 623117 – 01) e Cass. Sez. 6 – L, n. 21358 del 15/10/2010 (Rv. 615391 – 01)).
10.2. Per quanto, poi, attiene alla dedotta violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 435 c.p.c. per non avere l’appellante notificato il ricorso in appello ed il decreto di fissazione di udienza, separatamente rispetto all’istanza di inibitoria ed al nuovo decreto di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza dedicata al solo esame RAGIONE_SOCIALE‘inibitoria, va rilevato che l’improcedibilità RAGIONE_SOCIALE‘appello consegue esclusivamente alla omessa notifica del ricorso e del decreto di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza e non alla sua notifica congiunta con ulteriori atti. Se, infatti, è orientamento consolidato di questa Corte, a partire da Cass. S.U. n. 20704/2008, il principio per cui, nel rito del RAGIONE_SOCIALE, l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza non sia avvenuta, non potendo, peraltro, influire sull’inerzia RAGIONE_SOCIALEa parte, come possibile sanatoria, la precedente esecuzione di una regolare notificazione del provvedimento di fissazione RAGIONE_SOCIALE‘udienza per la decisione sulla richiesta di inibitoria ex art. 283 c.p.c., trattandosi di attività che ha esaurito la propria valenza propulsiva nell’ambito RAGIONE_SOCIALEa fase cautelare (così la recentissima Cass. Sez. L, n. 3145 del 02/02/2024 (Rv. 670035 – 01), nel caso di specie, benchè congiuntamente eseguite, è riscontrabile sia la vocatio in ius rispetto alla fase cautelare che la vocatio relativa alla fase di merito.
11. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto le censure (genericamente) illustrate dalla ricorrente non contengono alcuna adeguata denuncia del paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c. e di quello RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c., essendosi la COGNOME limitata a lamentare una pretesa erronea rivalutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze probatorie in senso opposto a quanto effettuato in primo grado.
11.1. Sul punto, premesso che la Corte d’appello nel rivalutare, nei limiti dei motivi proposti dall’appellante, le prove raccolte in primo grado non pone in essere alcuna ‘sostituzione officiosa’ nell’attività
assertiva/probatoria/deduttiva RAGIONE_SOCIALEe parti, in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c., posto che l’appello resta un giudizio di merito pieno sul rapporto dedotto in giudizio, e che, pertanto, la Corte d’appello è chiamata a stabilire se la pretesa RAGIONE_SOCIALE‘attore sia fondata sulla base di una autonoma valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove raccolte, varrà rimarcare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, ai sensi del quale la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere RAGIONE_SOCIALEa prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALEa fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni, mentre per dedurre la violazione del paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione RAGIONE_SOCIALEa norma, il che significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove” (cfr. Cass. Sez. Un., n. 16598 del 05/08/2016, in motivazione. Così Cass. n. 26769 del 23/10/2018 (Rv. 650892 – 01), Cass. n. 11892 del 2016). Nel caso di specie, la ricorrente, lungi dal dedurre la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697
c.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c. nei termini indicati, ha limitato la propria doglianza alla contestata rivalutazione RAGIONE_SOCIALEe prove raccolte in senso diametralmente opposto rispetto a quanto svolto dal giudice di primo grado. La Corte d’appello, peraltro, si è limitata sul punto a ribadire il principio, secondo il quale ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2697 c.c., incombeva al lavoratore fornire la prova del fatto costitutivo RAGIONE_SOCIALEa sua pretesa ossia, nel caso di specie, a fronte di un contratto di RAGIONE_SOCIALE a tempo parziale per complessive 1520 ore settimanali, ‘di aver messo a disposizione del datore di RAGIONE_SOCIALE le proprie energie lavorative per un numero di ore lavorative maggiore’ (si veda in tema di RAGIONE_SOCIALE straordinario Cass. Sez. L., n. 16150 del 19/06/2018 (Rv. 649482 – 01); Cass. Sez. L., n. 4076 del 20/02/2018 (Rv. 647446 – 01). La valutazione sull’assolvimento RAGIONE_SOCIALE‘onere probatorio costituisce, peraltro, accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, se correttamente e logicamente motivato.
12. Il quinto motivo veicolato ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., è, del pari, inammissibile perché l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 28887/2019; Cass. n. 2498/2015; Cass. S.S. U.U. n. 8053/2014).
12.1. Va, inoltre, ricordato che la disposizione RAGIONE_SOCIALE‘articolo 232 c.p.c. non ricollega automaticamente alla mancata risposta all’interrogatorio, per quanto ingiustificata, l’effetto RAGIONE_SOCIALEa confessione, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova e che, pertanto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’apprezzamento sul peso da attribuire alla mancata comparizione
è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità. Più in generale la valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove implica apprezzamenti di fatto riservati al Giudice di merito che è libero di attingere il proprio convincimento da quelle ritenute più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione di quelle non accolte, anche se allegate dalle parti (Cass. Sez. L, n. 42 del 07/01/2009 (Rv. 606413 – 01), Cass. n. 16467 del 04/07/2017 (Rv. 644812 – 01); Cass. n. 20553 del 19/07/2021 (Rv. 661734 01). Nel caso di specie la Corte d’Appello, dopo un ampio ed accurato esame di tutte le prove ha ritenuto che la COGNOME non avesse adeguatamente dimostrato di aver svolto la sua prestazione lavorativa per un orario superiore a quello contrattualmente stabilito ed ha adeguatamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto maggiormente attendibili le prove, documentali e testimoniali, offerte dal resistente COGNOME piuttosto che quelle RAGIONE_SOCIALEa COGNOME. Tale accertamento di carattere essenzialmente fattuale rientra nella discrezionalità del Giudice di merito ed è stato condotto dalla Corte d’appello con metodo corretto, nel rispetto dei principi di diritto che regolano la prova.
13. Quanto al sesto motivo, in relazione alla doglianza ex art. 360, n. 5) c.p.c., va evidenziato che l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. n. 22397 del 06/09/2019; Cass. n. 26305 del 18/10/2018; Cass. n. 14802 del 14/06/2017), mentre ciò di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame sono elementi di prova asseritamente emersi nel corso RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria di primo grado che proverebbero la fondatezza RAGIONE_SOCIALEa sua domanda e non ‘fatti’ storici, da ciò emergendo che il motivo nel concreto mira a sindacare il
merito RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello . Quanto alla censura relativa alla pretesa violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c., essa introduce una non consentita critica al libero apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe prove sottratto al sindacato di legittimità – ad opera del giudice di merito. Il presupposto RAGIONE_SOCIALEa violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c. è, infatti, che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato (in assenza di diversa indicazione normativa) secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento. Giova poi ribadire come siano riservate al giudice del merito ‘l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo di attendibilità e di concludenza RAGIONE_SOCIALEe prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta RAGIONE_SOCIALEe prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento; sicché, è insindacabile, in sede di legittimità, il ‘peso probatorio’ di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato'(Sez. L, Sentenza n. 13054 del 10/06/2014 (Rv. 631274 – 01) e in senso conforme Sez. 2 – , Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019 (Rv. 655229 – 01)). In altri termini, il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALEe prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito RAGIONE_SOCIALEa causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e RAGIONE_SOCIALEa correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Sez. 5 – , Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023 (Rv. 669412 – 01).
Il ricorso principale, in conclusione, va rigettato.
Il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione principale determina l’assorbimento RAGIONE_SOCIALE‘impugnazione incidentale condizionata proposta dal COGNOME.
La ricorrente principale va condannata alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese processuali in favore del controricorrente liquidate come da dispositivo.
Va dato atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente principale, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 -bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito quello incidentale.
Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore di COGNOME RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.
Si dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente principale, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari
a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 -bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13.
Così deciso in Roma, all’esito RAGIONE_SOCIALE‘adunanza camerale RAGIONE_SOCIALEa Sezione