Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27680 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27680 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° NUMERO_DOCUMENTO del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE (c.f. e partita IV P_IVA) Società Capogruppo dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e Ing. NOME COGNOME , in proprio e nella qualità, in persona del suo legale liquidatore e legale rappresentante dott. Ing. NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE (c.f. e partita IVA P_IVA) in persona del suo presidente e legale rappresentante dott. ing. NOME COGNOME, dott. ing. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi per delega a margine dall’AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE) il quale dichiara di voler ricevere ogni comunicazione e/o notificazione all’indirizzo pec EMAIL e all’indirizzo fax
06.35.40.49.06, elettivamente domiciliati nel suo studio in INDIRIZZO.
Ricorrenti Controricorrenti incidentali
contro
Comune RAGIONE_SOCIALE Sassari , codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del AVV_NOTAIO tempore AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso anche disgiuntamente, giusta procura in calce al controricorso dagli Avvocati NOME COGNOME (cf CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (cf. CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE); fax
NUMERO_TELEFONO; pec: EMAIL; EMAIL; EMAIL;
EMAIL.
Controricorrente Ricorrente incidentale
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE .
Intimata
avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, n° 531 depositata il 28 novembre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre
2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .- Il tribunale di Sassari, adito dai ricorrenti indicati in epigrafe con domanda di adempimento contrattuale, condannava il convenuto Comune di Sassari a pagare all’A TI costituita tra gli attori euro 306.846,34, oltre interessi, a titolo di residuo corrispettivo dell’appalto stipulato il 18 agosto 2006 ed avente ad oggetto la ‘ redazione di n° 5 studi di fattibilità, assistenza tecnica e attività di supporto per attuazione di n° 3 progetti pilota ‘.
Con la stessa sentenza il tribunale rigettava la riconvenzionale proposta dal Comune contro l’RAGIONE_SOCIALE e diretta all’accertamento dell’inadempimento contrattuale di quest’ultima, con sua condanna al risarcimento del danno (domanda che ‘ presuppone ‘ l’accertamento della legittimità della risoluzione contrattuale fatta valere dal Comune con missiva del 18 giugno 2012).
Al giudizio partecipava anche RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE, chiamata in causa dal Comune onde ottenerne la condanna al pagamento di quanto garantito con polizza fideiussoria.
2 .-Su appello dell’Ente territoriale, la Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, accoglieva parzialmente i primi quattro motivi di gravame e dichiarava assorbiti il quinto ed il sesto.
Osservava il secondo giudice che i mezzi con cui l’Ente territoriale si doleva del rigetto della domanda di risoluzione del contratto erano infondati, mentre erano accoglibili nella parte in cui deducevano che l’A TI non aveva provato il proprio adempimento e che, ciononostante, il tribunale gli aveva riconosciuto il diritto di ottenere il pagamento del corrispettivo degli studi di fattibilità.
Infatti, quanto al Comune, era emerso in causa che le parti avevano più volte e di comune accordo rimodulato i termini di consegna degli elaborati e che il committente, dopo aver pagato un secondo acconto di euro 133.662,77 nel novembre 2011, solo con nota del 20 febbraio 2012 aveva rimproverato per la prima volta all’A TI carenze contenutistiche e metodologiche degli studi di fattibilità, assumendo che esse fossero tali da determinare la risoluzione del rapporto, poi effettivamente comunicata con determina dirigenziale del 18 giugno 2012: iniziativa infondata, secondo la Corte territoriale, poiché l’inadempimento dell’A TI non giustificava la definitiva risoluzione del rapporto e, comunque, a quella data il Comune avrebbe potuto, al più, dolersi dell’inadeguatezza del lavoro, ma non agire per la risoluzione, della
quale non erano emersi gli elementi di gravità, proporzionalità e rilevanza.
Quanto all’A TI, neppure questa era riuscita a comprovare il suo esatto adempimento, poiché essa non aveva prodotto in giudizio neppure la «bozza definitiva» del maggio 2011 degli studi di fattibilità: sicché la conclusione del tribunale (secondo la quale l’A TI era adempiente) era inspiegabilmente fondata sulla c.t.u., che, peraltro, in modo incomprensibile dapprima aveva stimato il valore dell’opera svolta senza esaminare gli elaborati e poi aveva concluso nel senso della impossibilità di quantificazione del credito azionato, a causa della mancanza di tali elaborati.
In conclusione, la Corte, in parziale accoglimento dell’impugnazione del Comune, rigettava la domanda di adempimento proposta dall’A TI.
3 .-Ricorrono per cassazione i soggetti indicati in epigrafe, affidando il gravame a quattro motivi.
Resiste il Comune di Sassari, che conclude per la reiezione dell’impugnazione e formula ricorso incidentale in base ad un motivo.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Il Comune di Sassari ha depositato una memoria ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo i ricorrenti principali si dolgono della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 1453, 1460, 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 n° 3 cod. proc. civ.
Le prime tre norme sarebbero state RAGIONE_SOCIALEmente disapplicate, in quanto la Corte non avrebbe considerato che il creditore deve solo allegare l’inadempimento del debitore; che rigettando la domanda di risoluzione proposta dal Comune la Corte aveva riconosciuto
l’adempimento dell’ ATI e l’infondatezza dell’eccezione inadempimento sollevata dall’Ente territoriale.
La quarta sarebbe stata violata, poiché la stessa sentenza aveva riconosciuto che il ritardo delle contrapposte prestazioni non aveva comunque fatto venire meno l’interesse reciproco all’esecuzione del rapporto.
5 .- Il mezzo è inammissibile per più ragioni.
Anzitutto -ad onta della sua rubrica -non denuncia affatto una erronea applicazione delle norme citate, ma invoca una diversa valutazione delle circostanze di fatto indicate nel motivo (pagine 67 del ricorso), che sono state prese in considerazione e debitamente valutate dalla Corte d’appello.
In secondo luogo, il mezzo non sembra cogliere l’esatta ratio decidendi della sentenza impugnata.
Il giudice di secondo grado, infatti, non ha per nulla trascurato di considerare l’inadempimento del Comune, tant’è che ha disatteso i motivi di gravame, proposti da quest’ultimo, che lo negavano.
Nondimeno, tale rigetto non implica affatto -contrariamente a quanto ritiene la ricorrente (ricorso, pagina 6) -il riconoscimento dell’adempimento dell’ ATI.
Quel giudice, poi, ha anche aggiunto che l’ ATI, pur essendo suo onere, non aveva prodotto in causa gli elaborati oggetto dell’appalto e che fosse, pertanto, ‘ incomprensibile come la CTU espletata in primo grado avere correttamente valutato la congruità del valore dell’opera senza esaminare gli stessi elaborati oggetto di tale valutazione in termini di adeguatezza ‘.
Come è dato notare, la ragione del rigetto della domanda dell’ ATI è consistita nel difetto di dimostrazione sopra indicato e non in una diversa (ed erronea) distribuzione dell’onere probatorio, pur senza negare l’inadempimento del Comune (che, infatti, ha comportato la reiezione della domanda di risoluzione, ma senza implicare l’adempimento dell’ ATI).
6 .- Col secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 196, 197 e 198 cod. proc. civ., in unitamente all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n° 3 e 5 cod. proc. civ.
La sentenza di secondo grado avrebbe disatteso le conclusioni del C .t.u. sull’erroneo rilievo che fosse onere degli attori depositare gli studi di fattibilità e sull’altrettanto erronea considerazione che il Comune avesse legittimamente disatteso la richiesta dell’Ausiliario di consultazione diretta di tali documenti presso i suoi uffici.
Da qui la violazione dell’art. 198 cod. proc. civ., che richiede, sì, il consenso di tutte le parti affinché il C.t.u. sia autorizzato ad esaminare documenti non prodotti in causa, ma solo nel caso in cui sia necessario esaminare documenti contabili o registri, ragione per cui il Comune aveva un preciso obbligo di consentire al consulente l’esame degli studi.
Risulterebbero, inoltre, violati gli artt. 196 e 197 cod. proc. civ., dato che la Corte non poteva disattendere apoditticamente le conclusioni dell’ausiliare, ma avrebbe dovuto procedere alla sua convocazione, alla rinnovazione delle indagini o alla sua sostituzione.
7 .- Anche questo mezzo è inammissibile, non cogliendo -al pari del primo -la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Anzitutto, la Corte non ha acriticamente disatteso la consulenza, ma ha, invece, rilevato che le conclusioni cui era giunto il tribunale -il quale aveva predicato in modo apodittico che fosse « fuori di dubbio la fondatezza della quantificazione economica del lavoro svolto dall’ATI effettuata dal Ctu ed ammontante a complessivi euro 541.217,25 oltre accessori (vedasi relazione Ctu pag. 237) » -non erano condivisibili, poiché in contrasto con quelle dell’Ausiliario, che, per contro, aveva ben chiarito che fosse impossibile procedere ad apprezzamento della prestazione a causa del mancato deposito degli studi di fattibilità.
Tale ratio non viene aggredita dal mezzo in esame, col quale i ricorrenti deducono che il C.t.u. avrebbe potuto esaminare direttamente i documenti presso gli uffici comunali e che il Comune era tenuto a consentire tale esame.
In materia di consulenza tecnica d’ufficio, questa Corte a Sezioni Unite ha, infatti, stabilito che il consulente ben può procedere ad acquisire d’ufficio i documenti non prodotti dalle parti che si rende necessario esaminare per rispondere ai quesiti sottopostigli, a condizione che tali documenti non siano diretti a provare i fatti principali che è onere delle parti allegare e provare (Cass. Su, 1° febbraio 2022, n° 3086).
Ebbene, nella presente fattispecie è palese che gli studi di fattibilità erano la concretizzazione dell’attività intellettuale svolta dall’ RAGIONE_SOCIALE tramite i suoi professionisti e che, dunque, essi -ossia i supporti cartacei del lavoro intellettuale svolto -costituivano i documenti diretti a provare i fatti costitutivi principali del diritto azionato, consistente nella pretesa al pagamento del residuo corrispettivo.
Da ultimo, giova osservare che non risulta che le ricorrenti abbiano mai formulato istanza di esibizione di tali documenti.
In conclusione, da un lato, la Corte d’appello ha fatto buongoverno dell’onere probatorio in ordine alla domanda di risoluzione; dall’altro, non vi è alcuna lesione degli artt. 196, 197 e 198 cod. proc. civ.
8 .- Con la terza doglianza i ricorrenti deducono l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n° 5 cod. proc. civ.
La Corte, infatti, aveva affermato che l’ ATI non aveva dimostrato il proprio adempimento, senza considerare che il Comune aveva liquidato all’appaltatore, dopo un iniziale anticipo, un ulteriore acconto di euro 133.662,77; che aveva prorogato più volte i termini di adempimento senza sollevare alcun rilievo; che lo stesso
c.t.u. aveva accertato con diffusa motivazione la quantificazione economica del lavoro svolto.
9 .- Anche questo mezzo è inammissibile.
Invero, il nuovo testo dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Al compito assegnato alla Corte di Cassazione resta dunque estranea una verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones facti che implichi un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito (Cass., sez. lav., 15 maggio 2019, n° 13023, con menzione di altri precedenti).
È stato, inoltre, deciso che ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso ex n° 5, non può essere considerata idonea la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata mediante la mera ed apodittica contrapposizione di una difforme interpretazione degli accertamenti fattuali rispetto a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (Cass., sez. 2, 13 agosto 2018, n° 20718, con menzione di altri precedenti).
Ora, sol che si legga l’illustrazione del motivo in esame, si può agevolmente notare che i ricorrenti indicano una serie di fatti -peraltro frammisti ad altri elementi che fatti non sono (consistendo essi in premesse o in conclusioni del percorso logico motivazionale della sentenza) -che sarebbero stati pretermessi dalla Corte e che,
in realtà, figurano nel corpo della motivazione di secondo grado, con la conseguenza che essi, dei quali non viene nemmeno chiarita la decisività, sono stati tenuti perfettamente presenti dalla Corte territoriale al momento della decisione.
Quanto, infine, al rilievo concernente la mancata applicazione dell’art. 10.A del disciplinare di gara, esso non sembra sussumibile nel disposto dell’art. 360 n° 5 cod. proc. civ., poiché, ancora una volta, non coglie la ratio della decisione, consistita, come si è sopra detto, nel negare la prova dell’adempimento dell’ ATI in ragione della mancata produzione in causa degli studi di fattibilità.
10 .- Col quarto mezzo i ricorrenti deducono nullità della sentenza o del procedimento, unitamente all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n° 4 e 5 cod. proc. civ.
Non era contestato che l’ RAGIONE_SOCIALE avesse effettuato tutte le consegne e, dunque, non occorreva alcuna prova ulteriore per l’accoglimento della domanda di condanna al pagamento del corrispettivo.
Al contrario, la sentenza avrebbe considerato la realizzazione degli studi e la loro consegna, come mai avvenute.
11 .- Ancora una volta, il mezzo è inammissibile, consistendo un una affermazione priva di autosufficienza, secondo la quale la consegna degli studi di fattibilità era pacifica inter partes .
Essa, comunque, non tiene conto della ratio decidendi della sentenza impugnata, nella quale il diritto ad ottenere il pagamento del corrispettivo è stato negato a causa della mancata produzione in causa degli studi e della conseguente impossibilità di valutarne il contenuto.
12 .-Con l’ unico motivo di ricorso incidentale il Comune di Sassari lamenta la violazione degli artt. 1453, secondo comma, 1454 e 1458 del cod. civ. in relazione all’art. 360 n° 3 del cod. proc. civ.
Deduce che il giudice del merito era chiamato ad accertare l’intervenuta risoluzione contrattuale per effetto della diffida ad adempiere inviata dal Comune ex art. 1454 cod. civ.
Sennonché, la Corte territoriale non avrebbe fatto corretta applicazione della retroattività della risoluzione, omettendo di condannare l’ ATI alla restituzione degli acconti percepiti.
13 .- Il mezzo è inammissibile.
La Corte territoriale ha precisato in più punti (non impugnati) della sentenza (in particolare nel paragrafo 5a) che l’inadempimento dell’appaltatore non giustificava, come già detto, la risoluzione del contratto.
La conclusione si appalesa conforme a diritto, in quanto, secondo l’indirizzo di questa Suprema Corte (per tutte Cass., sez. 1, 4 settembre 2023, n° 25703, con menzione di altri precedenti), l’art. 1455 cod. civ. trova applicazione anche nel caso di diffida ad adempiere, ex art. 1454 cod. civ.
Ne deriva che quest’ultima e l’inutile decorso del termine fissato dal creditore non eliminano la necessità dell’accertamento giudiziale della gravità dell’inadempimento dell’intimato, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine ed al permanere dell’interesse della parte all’esatta e tempestiva esecuzione del contratto.
Questo principio può, ovviamente, essere applicato non solo al caso in cui la parte inadempiente sia quella destinataria della diffida, ma anche al caso (che è quello che qui ricorre) in cui vi siano reciproci inadempimenti e la diffida sia stata inviata da un contraente all’altro.
Come si è detto, la Corte territoriale ha ritenuto che non vi fossero i presupposti per la risoluzione del rapporto ed a tale conclusione è giunta mediante un passaggio motivazionale non censurato e, comunque, qui non sindacabile, ossia ritenendo che le inadempienze dell’ RAGIONE_SOCIALE non giustificassero la risoluzione dell’appalto.
Questo punto (ossia l’insussistenza dei presupposti per la risoluzione ope legis del contratto, per effetto della diffida ad adempiere del Comune) non è stato impugnato dall’Ente territoriale, che ha invece insistito sull’efficacia retroattiva della stessa, ma senza aggredire il capo decisionale costituente il presupposto logico, concernente il rigetto della domanda di risoluzione o dell’accertamento dell’intervenuta risoluzione.
Ne deriva, in conclusione, l’inammissibilità del motivo incidentale.
14 .-La reciproca soccombenza delle parti giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
Nondimeno, va dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente principale e di quello incidentale, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale. Compensa integralmente le spese del presente grado. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente principale e di quello incidentale, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2024, nella camera di