Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4716 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 4716  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 16052/2021
promosso da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata  a  difesa  dall’AVV_NOTAIO (p.e.c.: ), in virtù di procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di La RAGIONE_SOCIALE ,  in  persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c.: ) e dall’AVV_NOTAIO (p.e.c.: ), elettivamente domiciliato presso gli  indirizzi  p.e.c.  sopra  riportati, nonché presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, alla INDIRIZZO, in virtù di procura speciale in atti;
– controricorrente –
 avverso la sentenza n. 380/2020 della Corte d’Appello di Sezione distaccata di Sassari, pubblicata il 01/12/2020;
udita  la  relazione  della  causa  svolta  nell ‘ consiglio del 18/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME; letti gli atti del procedimento in epigrafe.
Cagliari, udienza  in  camera  di
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 29/03/2008 il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE stipularono una convenzione avente ad oggetto la prestazione di servizi da parte dell’Ente comunale a supporto della gestione del SII (servizio idrico integrato) nel RAGIONE_SOCIALE di La RAGIONE_SOCIALE per il periodo compreso tra il 30/09/2006 e il 30/06/2007. In particolare, a ll’art. 2 della convenzione , era previsto che i servizi consistevano nel compimento di ‘attività di conduzione e di manutenzione ordinaria delle reti e degli impianti attinenti il servizio idrico e ogni attività connessa’, mentre all’art. 6 era sancito l’obbligo per RAGIONE_SOCIALE di rimborsare al RAGIONE_SOCIALE tutti i costi documentati e sostenuti per l’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto.
Il  RAGIONE_SOCIALE agì dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania  in  via  monitoria  nei  confronti  di  RAGIONE_SOCIALE  per ottenere il  pagamento  della  somma  di  € 976.072,71  a  titolo  di compenso per i servizi resi nel periodo compreso tra l’ 01/01/2007 e il 31/12/2007 in forza della suddetta convenzione.
Il  Tribunale  di  Tempio  Pausania  ingiunse  ad  RAGIONE_SOCIALE  il pagamento della somma sopra indicata, oltre interessi e spese.
RAGIONE_SOCIALE  propose opposizione al decreto ingiuntivo, contestando  la  debenza  della  somma  ingiunta,  che  riteneva  non supportata da idonea documentazione, ed eccependo diverse inadempienze del RAGIONE_SOCIALE.
Con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c., RAGIONE_SOCIALE aggiunse che: i) nelle more del giudizio era entrata in vigore la l. r. n. 1 del 2009, successivamente modificata dalla l. r. n. 5 del 2009, con la quale la Regione Sardegna aveva autorizzato la spesa di complessivi 21 milioni di euro per gli anni 2009, 2010 e 2011, al fine di sostenere l’attuazione, nel territorio sardo, del sistema di gestione unitaria del SII, nei primi anni di avvio del medesimo, a partire dalla data di trasferimento del servizio in capo al Gestore
unico, così prevedendo la parziale copertura degli oneri e dei costi sostenuti dai Comuni per la gestione del servizio nelle more della effettiva presa in carico della gestione da parte di RAGIONE_SOCIALE; ii) l ‘erogazione a favore dei Comuni era subordinata all’inoltro da parte del Gestore unico entro il termine del 31/03/2010, poi posticipato al 30/09/2010, dell’elenco delle spese sostenute dal singolo RAGIONE_SOCIALE, con la sottoscrizione congiunta di un ‘ attestazione relativa all’importo delle spese per le quali veniva chiesto il contributo; iii) RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE firmarono detta attestazione per le spese di gestione del SII, sostenute dal RAGIONE_SOCIALE di La RAGIONE_SOCIALE, relative all ‘ annualità 2007; iv) nel 2011 la Regione, accogliendo la richiesta, dispose il pagamento di un acconto in favore del RAGIONE_SOCIALE della somma di € 370.509,74 .
In  virtù  di  tali  allegazioni,  l’opponente  eccepiva  l’estinzione parziale del credito azionato in via monitoria.
Il Tribunale di Tempio Pausania, con sentenza n. 88 del 2019, rigettò l’opposizione, ritenendo  provato  il  credito  e  infondate  le eccezioni dell’opponente.
RAGIONE_SOCIALE propose appello contro tale sentenza, ma la Corte territoriale, nel contraddittorio delle parti, respinse l’impugnazione, ritenendo che le inadempienze dedotte da RAGIONE_SOCIALE fossero generiche e non dimostrate; che il contributo ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE non poteva avere estinto, neppure in parte, il debito contratto da RAGIONE_SOCIALE; che l’erogazione dei contributi regionali riguardava esclusivamente le spese relative agli anni 2009, 2010 e 2011, e non quelle riferite al 2007; che l’attestazione sottoscritta dalle parti il 30/09/2010 per ottenere il contributo non dimostrava che il pagamento di € 370.509,74 fosse riferito proprio ai costi oggetto della richiesta monitoria.
Avverso la sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla scorta di due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE di La RAGIONE_SOCIALE si è difeso con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione ed errata applicazione dell ‘ art. 4, comma 4, l.r. Sardegna n. 1 del 2009, così come modificata dalla l.r. Sardegna n. 5 del 2009, della deliberazione della Giunta della Regione Sardegna n. 55/9 del 16/12/2009 e della deliberazione della Giunta della Regione Sardegna n. 10/58 del 12/03/2010 , per avere la Corte d’appello erroneamente escluso l’imputabilità del pagamento della somma di € 370.509.74, disposto dalla Regione, al debito oggetto dell’ingiunzione, confondendo, nella lettura della norma, l’anno in cui era stata svolta l’attività oggetto di contribuzione (2007) con gli anni relativi all’imputazione contabile dei corrispondenti stanziamenti (2009, 2010, 2011) e senza considerare che la società aveva dimostrato il nesso tra il pagamento effettuato su disposizione della Regione, le somme oggetto del ricorso monitorio e la normativa emanata dalla Regione Sardegna.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l’o messo esame circa un fatto decisivo del giudizio, avendo la Corte di merito omesso di valutare  che  il  RAGIONE_SOCIALE,  nell’attestazione  del  30 /09/2010,  aveva dichiarato e sottoscritto che le spese sostenute per la Gestione del SII erano  pari  alla  somma  di  € 827.383,82,  somma  inferiore  a quella ingiunta, pari ad €976.072,71.
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Come sopra anticipato, la ricorrente ha dedotto che la Corte di merito  ha  confuso,  nella  lettura  della  norma  che  ha  previsto  il contributo  a  favore  del  RAGIONE_SOCIALE ,  l’anno  in  cui  era  stata  svolta l’attività  oggetto  di  contribuzione  (2007)  con  gli  anni  relativi all’imputazione  contabile  dei  corrispondenti  stanziamenti  (2009, 2010,  2011),  aggiungendo  di  avere  dimostrato  il  nesso  tra  il pagamento effettuato al RAGIONE_SOCIALE dalla Regione, le somme ingiunte
ed il suddetto disposto normativo, il cui chiaro tenore testuale non lasciava dubbi in ordine alla sua interpretazione.
Nell’illustrare  il  motivo,  la  parte  non  ha,  tuttavia,  spiegato  il fondamento giuridico della dedotta violazione di legge correlata alla pretesa estinzione parziale del proprio debito per effetto dell’erogazione da parte della Regione del contributo sopra menzionato,  né  ha  spiegato  in  che  modo  ha  ritenuto  di  avere dimostrato che il contributo ricevuto si riferisse, in fatto, proprio al debito maturato in forza della menzionata Convenzione per l’anno 2007.
La  Corte  di  merito  ha  ritenuto  indimostrata  tale  circostanza, motivando ampiamente sul punto (p. 5 della sentenza impugnata) e  la  parte  si  è  limitata  ad  affermare  il  contrario,  operando  una generica contestazione della valutazione in fatto operata dal giudice di merito.
Anche il secondo motivo è inammissibile.
3.1. Com’è  noto,  la  nuova  formulazione  dell’art.  360  c.p.c. consente  l’impugnazione  ai  sensi  dell’art.  360,  comma  1,  n.  5, c.p.c. «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più «per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio» .
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto, inteso come fatto storico, accadimento naturalistico.
Costituisce, pertanto, un fatto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una questione o un punto, ma un vero e proprio evento, un  preciso accadimento,  una  determinata  circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante.
Può trattarsi  di  un  fatto  principale ex art.  2697  c.c.  (un  fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche di un fatto secondario  (un  fatto  dedotto  in  funzione  di  prova  di  un  fatto principale),  purché  sia  controverso  e  decisivo  (Cass.,  Sez.  1,
Sentenza  n.  17761  del  08/09/2016),  nel  senso  che  il  mancato esame,  evincibile  dal  tenore  della  motivazione,  vizi  la  decisione influenzandone l’esito .
Non integrano, dunque, fatti il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. le mere argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, o le mere ipotesi alternative, e neppure le singole risultanze istruttorie, qualora il fatto storico rilevante sia, comunque, preso in considerazione (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018). Per gli stessi motivi, non costituisce omesso esame, nei termini appena indicati, la mancata valutazione di domande o eccezioni, ovvero dei motivi di appello (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 29952 del 13/10/2022).
In tale ottica, e in applicazione del disposto dell’art. 366, comma 1, nn. 4 e 6, c.p.c., la parte che propone ricorso per cassazione facendo valere l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, è tenuta ad allegare in modo non generico il ‘ fatto storico ‘ non valutato, il ‘ dato ‘ testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il ‘ come ‘ e il ‘ quando ‘ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua ‘ decisività ‘ per la definizione della vertenza (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 7472 del 23/03/2017; v. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13578 del 02/07/2020)
3.2. Nel caso di specie, il ricorrente ha dedotto che il giudice di merito  non  ha  tenuto  conto  del  fatto  che  nella  dichiarazione presentata  il  30/09/2010,  sottoscritta  da  RAGIONE_SOCIALE  e  dal RAGIONE_SOCIALE,  e  acquisita  al  processo,  era  stato  indicato,  quale  costo
riferito  al  2007,  un  importo  minore  rispetto  a  quello  oggetto  del ricorso monitorio.
Si consideri che la Corte d’appello ha ritenuto provata l’entità del credito azionato, ritenendo condivisibili e non censurabili le argomentazioni poste a sostegno della sentenza di primo grado, laddove il tribunale ha ritenuto non specificatamente contestate le rendicontazioni effettuate dal RAGIONE_SOCIALE ed oggetto della documentazione depositata (specificamente dai documenti da 1 a 352, cfr. p. 4 della sentenza impugnata). La dichiarazione del 30/09/2010, sopra menzionata, risulta essere stata espressamente esaminata dal giudice del gravame, il quale ha dato atto che le parti avevano sottoscritto tale attestazione, ma non ha attribuito ad essa rilievo ai fini della quantificazione del credito azionato, considerandola solo per rilevare che nessun elemento induceva a ritenere che il contributo percepito dal RAGIONE_SOCIALE fosse riferibile alle spese indicate in detta attestazione (p. 5 della sentenza impugnata).
Non si tratta, dunque, di una censura che attiene all’omesso esame del menzionato documento, il cui contenuto, infatti, risulta essere stato considerato nella sentenza impugnata ( «… Né a diversa conclusione si perviene analizzando il documento datato 30.9.2010, con cui, a tale data, COGNOME aveva semplicemente riconosciuto il debito quanto meno per l’importo di euro 827.383,82…» ), essendo piuttosto criticata la mancata attribuzione al documento dello stesso valore probatorio che la ricorrente ha inteso dare, senza però che sia prospettata la violazione delle regole che attengono alle valutazione delle prove, ma con la mera richiesta al giudice di legittimità di operare un inammissibile riesame in fatto delle risultanze di causa.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del  2002,  si  deve  dare  atto  della  sussistenza  dei  presupposti processuali  per  il  versamento  da  parte  della  ricorrente  di  un ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  pari  a  quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
la  Corte  dichiara  inammissibile  il  ricorso.  Condanna  parte ricorrente  alla  rifusione  delle  spese  processuali  sostenuta  dalla controparte, che liquida in € 9.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge;
dà atto, in applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di  contributo  unificato,  pari  a  quello  richiesto  per  l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Prima