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Onere della prova: chi deve dimostrare il pagamento?

Un presidente di una società sportiva ha emesso un assegno a favore di alcuni atleti per rimborsi spesa, sostenendo poi di averli già pagati in altro modo e di aver denunciato lo smarrimento del titolo. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha ribadito un principio fondamentale sull’onere della prova: una volta che il creditore dimostra l’esistenza del credito, spetta unicamente al debitore provare di averlo estinto completamente. Non basta dimostrare pagamenti generici, ma è necessario collegarli in modo inequivocabile al debito specifico richiesto. L’appello del debitore è stato quindi respinto.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Onere della prova: a chi spetta dimostrare il pagamento di un debito?

La questione dell’onere della prova è uno dei pilastri del diritto processuale civile e la sua corretta applicazione è cruciale per l’esito di una causa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire questo principio, chiarendo definitivamente su chi ricade la responsabilità di dimostrare l’avvenuto pagamento di un’obbligazione. La vicenda, nata da una disputa su rimborsi spesa tra una società sportiva e i suoi atleti, culmina in una lezione chiara: chi afferma di aver pagato, deve provarlo senza ombra di dubbio.

I fatti del caso: un assegno e pagamenti contestati

La controversia ha origine quando alcuni calciatori dilettanti ottengono un decreto ingiuntivo contro il presidente della loro ex squadra sportiva. La richiesta di pagamento si basa su un assegno di 11.500 euro, firmato dal presidente ma privo di data, emesso a garanzia del rimborso di alcune spese sostenute dagli atleti.

Il presidente si oppone al decreto, sostenendo due tesi principali:
1. Di aver già corrisposto le somme dovute agli atleti con altri mezzi.
2. Di aver denunciato lo smarrimento dell’assegno in questione, che quindi non avrebbe dovuto essere utilizzato per richiedere il pagamento.

Il Tribunale di primo grado accoglie l’opposizione, ritenendo che il presidente avesse fornito prove sufficienti dei pagamenti e che, viceversa, gli atleti non avessero dimostrato di aver ricevuto l’assegno prima della denuncia di smarrimento. Tuttavia, la Corte d’Appello ribalta la decisione, confermando il decreto ingiuntivo e dando ragione agli atleti. Contro questa sentenza, il presidente propone ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e l’onere della prova

La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di onere della prova nelle obbligazioni. I giudici chiariscono che il tentativo del ricorrente di far riesaminare nel merito le prove e i fatti è inammissibile in sede di legittimità, dove la Corte può giudicare solo sulla corretta applicazione delle norme di diritto.

Il punto centrale della decisione è l’applicazione dell’art. 2697 del Codice Civile. Secondo la Corte, una volta che il creditore ha provato l’esistenza del titolo da cui nasce il suo diritto (in questo caso, il rapporto che giustificava i rimborsi, la cui esistenza era stata ammessa dallo stesso debitore), l’onere della prova di aver adempiuto, ovvero di aver estinto il debito, grava interamente sul debitore. Non è il creditore a dover dimostrare di non essere stato pagato, ma è il debitore a dover fornire la prova certa e inequivocabile del pagamento.

Le motivazioni

La Cassazione smonta le argomentazioni del ricorrente, qualificandole come un tentativo, neanche troppo velato, di ottenere una nuova valutazione dei fatti. I motivi di ricorso, sebbene formalmente invocassero violazioni di legge, miravano in sostanza a contestare l’apprezzamento delle prove fatto dal giudice d’appello.

La Corte sottolinea che il debitore, pur avendo eccepito l’avvenuto pagamento, non era riuscito a dimostrare che le somme versate estinguessero interamente e specificamente la pretesa creditoria avanzata dagli atleti. Ammettere l’esistenza del rapporto (i rimborsi spesa) ma non riuscire a provare di averlo saldato completamente lascia la pretesa del creditore intatta.

Inoltre, viene respinta anche la doglianza relativa all’omessa valutazione di documenti e dell’interrogatorio formale. La Cassazione ricorda che il mancato esame di un documento è rilevante solo se questo è decisivo per l’esito del giudizio, cosa che il ricorrente non ha dimostrato. Per quanto riguarda l’interrogatorio formale, le dichiarazioni rese dalla parte non possono mai costituire prova a suo favore, ma solo a suo sfavore (confessione).

Infine, la Corte evidenzia un vizio fatale nel ricorso: il ricorrente aveva criticato solo alcuni aspetti secondari della motivazione della Corte d’Appello (quelli relativi alla denuncia di smarrimento e al possesso di un assegno in bianco), tralasciando di contestare la ratio decidendi principale, ovvero la mancata prova dell’integrale adempimento. L’omessa impugnazione di tutte le ragioni che sorreggono una decisione rende il ricorso inammissibile.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale per chiunque sia coinvolto in un rapporto di debito/credito. La regola è semplice e chiara: chi paga ha l’onere di conservare e, se necessario, produrre la prova del proprio pagamento. Non basta affermare di aver adempiuto; bisogna essere in grado di dimostrarlo in modo specifico, collegando il pagamento al debito che si intende estinguere. Per il creditore, è sufficiente provare la fonte del proprio diritto. Questa decisione ribadisce la centralità dell’art. 2697 c.c. e serve da monito sulla necessità di una gestione documentale attenta delle proprie obbligazioni per evitare spiacevoli sorprese in sede giudiziaria.

Chi deve provare il pagamento di un debito in un processo civile?
Secondo il principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.), spetta al creditore dimostrare l’esistenza del credito (ad esempio, tramite un contratto o un titolo). Una volta fatto ciò, l’onere di provare l’avvenuto pagamento, e quindi l’estinzione del debito, spetta interamente ed esclusivamente al debitore.

Se un debitore ammette l’esistenza di un debito, cosa deve fare per difendersi efficacemente?
Se il debitore riconosce il rapporto da cui nasce il debito, la sua unica difesa efficace è quella di fornire la prova completa e specifica di aver adempiuto alla sua obbligazione, cioè di aver pagato l’intero importo dovuto. Non è sufficiente dimostrare pagamenti generici, ma è necessario provare che tali pagamenti si riferiscono esattamente al debito richiesto.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove, come documenti o ricevute, che sono state ignorate dal giudice d’appello?
No, il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte può solo valutare se i giudici precedenti abbiano commesso errori nell’applicare la legge. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito, a meno che non si configuri un vizio di omesso esame di un fatto storico decisivo, circostanza che deve essere provata in modo rigoroso dal ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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