Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1265 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1265 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 07545/2020 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ; rappresentat a e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Padova ( ), in virtù di procura allegata al ricorso per cassazione;
-ricorrente-
nei confronti di
NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME; elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo Studio dell’Avv. NOME COGNOME ), che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME del Foro di Padova, in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrenti-
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07545/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
per la cassazione della sentenza n. 1300/2019 del TRIBUNALE di PADOVA, pronunciata in grado d’appello, pubblicata il 16 luglio 2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza 16 luglio 2019, n.1300, il Tribunale di Padova ha rigettato l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione con cui il locale Giudice di pace aveva rigettato la domanda formulata dalla predetta società nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi d ell’Ing. NOME COGNOME per il risarcimento del danno asseritamente subìto in seguito all’illecito precontrattuale del loro dante causa, il quale, nell’accettare l’incarico professionale conferitogli da essa società, aveva omesso di renderle noto il suo status di dipendente pubblico, cosicché essa non aveva provveduto a chiedere la relativa autorizzazione all’amministrazione di appartenenza dell’incaricato e a comunicare l’ammontare del compenso a lui erogato, ai sensi dell’art.53 del d.lgs. n. 165/2001 , incorrendo nel l’irrogazione della sanzione pecuniaria di Euro 2.000,00.
Il Tribunale ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
dalla documentazione versata in atti si aveva notizia che l’Ordine degli Ingegneri di Padova aveva comunicato alla RAGIONE_SOCIALE, su sua richiesta, una terna di nominativi di professionisti in possesso dei requisiti per svolgere l’incarico professionale oggetto di affidamento;
a questa comunicazione sarebbero stati uniti due allegati: la copia della richiesta di terna e un documento contenente i ‘ Dati relativi ai professionisti indicati ‘ ;
-ove quest’ultimo documento fosse stato prodotto in giudizio, avrebbe potuto accertarsi la circostanza (controversa tra le parti, ma
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rilevante in funzione del giudizio di responsabilità precontrattuale dell’ Ing. NOME COGNOME se la società fosse stata o meno consapevole del suo status di dipendente pubblico;
non avendo, invece, la RAGIONE_SOCIALE prodotto in giudizio il predetto documento, essa non aveva assolto l’onere di provare l’ illecito imputato al professionista: infatti, solo nell’ipotesi in cui non fosse stata già consapevole che il COGNOME era un pubblico impiegato , l’omissione informativa d i quest’ultimo avrebbe assunto rilevanza, mentre, nella contraria ipotesi in cui essa fosse già informata della qualità di pubblico dipendente del professionista cui stava affidando l’incarico , quest’ultimo, nell’assumere l’incarico medesimo, non avrebbe avuto alcun obbligo di ribadire una informazione di cui la sua committente era già in possesso.
Propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi. Rispondono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.
La sola società ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo viene denunciata « violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, in particolare degli artt. 2697 c.c., 2727 c.c. e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché dei principi generali in materia di onere della prova, presunzioni e del principio della ‘preponderanza dell’evidenza’ o del ‘più probabile che non’, in relazione all’art.36 0, n.3 c.p.c. ».
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07545/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
La ricorrente deduce che il fatto che essa non fosse a conoscenza della qualifica di dipendente pubblico dell’Ing. NOME COGNOME sarebbe « di tutta evidenza » (p.13, penultimo rigo, del ricorso), perché « comprovato da diversi elementi » (p.12, secondo rigo), quali, tra gli altri, la circostanza che il professionista non aveva comunicato di essere titolare di rapporto di pubblico impiego, l’utilizzo da parte sua di carta intestata, l’avvenuta sua designazione da parte dell’Albo di appartenenza, l’interruzione , da parte sua, a far tempo dal 2011, della prassi precedentemente seguita di presentare le dovute istanze di autorizzazione per gli incarichi professionali ricevuti (contegno, per il quale, tra l’altro aveva subìto l’ irrogazione di una rilevante sanzione disciplinare), nonché, infine, la sua piena fungibilità ai fini dell’espletamento dello specifico incarico, che essa società avrebbe senz’altro affidato ad altro professionista ove fosse stata edotta dello status di pubblico dipendente del COGNOME
Di tutte queste circostanze il Tribunale non avrebbe però tenuto conto, così omettendo di considerare « l’intero com pendio probatorio », « limitandosi a valutare atomisticamente la mancata produzione di un documento di cui … non è mai stata provata l’esistenza » (p.11, penultimo capoverso, del ricorso) e facendone « discendere l’errata conclusione che RAGIONE_SOCIALE non avesse fornito la prova della mancata conoscenza dell’impiego pubblico dell’Ing. COGNOME » (p.15, primo capoverso, del ricorso).
In ragione di tali omissioni, la sentenza impugnata sarebbe dunque incorsa, da un lato, nel vizio di « grave travisamento della prova, e conseguente errata ricostruzione del fatto »; dall’altro lato, nel vizio di violazione di legge, per mancato globale apprezzamento di tutte le evidenze processuali potenzialmente munite di valenza presuntiva e
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per omessa valutazione dei requisiti di gravità, precisione e concordanza in relazione al complesso delle circostanze indiziarie emerse.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.1.a. Esso, infatti, non ostante la sua intestazione, con cui viene formalmente dedotta la violazione di norme di diritto, attiene, nella sostanza, a profili di fatto e tende a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dal Tribunale, omettendo di considerare che tanto la ricostruzione dei fatti, quanto l’apprezzamento ad essa funzionale -delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Il Tribunale di Padova -dopo aver correttamente ritenuto che la circostanza della consapevolezza o meno della qualità di pubblico dipendente del COGNOME era rilevante in funzione del giudizio di responsabilità precontrattuale che era stato chiamato a formulare (e dopo aver, altrettanto correttamente , reputato che l’onere di dimostrare la mancata consapevolezza di tale qualità spettasse alla RAGIONE_SOCIALE, trattandosi di fatto costitutivo del diritto risarcitorio azionato in giudizio) -ha statuito, sulla base di un motivato accertamento di merito, che, nella fattispecie, questa prova (la quale, riguardando una circostanza negativa, avrebbe potuto essere fornita mediante produzione del documento riproducente la correlativa circostanza positiva attinente all’avvenuta comunicazione dei dati dei professionisti indicati alla società, su sua richiesta, dall’ Ordine degli
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07545/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
ingegneri), non era stata data, sicché la domanda, rimasta sfornita di dimostrazione, non poteva che essere rigettata.
Avuto riguardo alle motivate e incensurabili valutazioni del Tribunale, il motivo di ricorso in esame si palesa inammissibile, non essendo sindacabili in sede di legittimità la valutazione delle risultanze istruttorie e l’ apprezzamento delle circostanze di fatto motivatamente effettuati dal giudice di merito.
1.1.b. In proposito, è appena il caso di aggiungere che, ad onta dei richiami contenuti nell’inte st azione e nell’ illustrazione del motivo, non sussiste né il dedotto travisamento della prova (il quale, anche per l’orientamento che ne ammette la censurabilità per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. -ma la questione, oggetto di contrasto, è attualmente all’esame delle Sezioni Unite di questa Corte: Cass., Sez. Lav., Ord. 29/03/2023, n.8895; Cass., Sez. III, Ord. 27/04/2023, n.11111 -postula che l’errore del giudice di merito cada, non sulla espressione del giudizio di valutazione della prova, ma sulla descrizione del contenuto oggettivo della medesima, traducendosi nell’utilizzazione di prove che non esistono nel processo ovvero che hanno un contenuto oggettivamente ed inequivocabilmente diverso da quello loro attribuito: cfr., in tema, Cass. 4/03/2022, n.7187; Cass. 26/04/2022, n. 12971; Cass. 9/02/2003, n.3955) ; né la violazione dell’art.2697 cod. civ. (la quale è configurabile unicamente quando si contesti che il giudice del merito abbia attribuito l’ onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risultava gravata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla distinzione tra fatti costitutivi ed eccezioni, non anche quando, come nella fattispecie, si critichi , inammissibilmente, l’apprezzamento che il giudice stesso ha compiuto delle risultanze probatorie: cfr., ex multis , Cass. 29/05/2018,
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07545/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
13395 e Cass. 23/10/2018, n.26769); né, infine, la dedotta viol azione dell’art.116 cod. proc. civ., norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, (sussistendo tale violazione, con conseguente vizio di cui all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ., solo quando il giudice di merito disattenda il predetto principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all ‘ opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime: Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass. 19/04/2021, n. 10253).
In conclusione, il primo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile.
Con il secondo motivo, viene denunciata « nullità della sentenza in relazione all’art. 360, n.4), per violazione dell’art. 132, co.2, n.4 c.p.c. ».
Il secondo motivo presenta elementi di connessione col (e va pertanto esaminato unitamente al) terzo motivo, con cui viene denunciato identico vizio di motivazione costituzionalmente rilevante.
La società ricorrente deduce che la motivazione del giudice del merito, in ordine all ‘omessa assoluzione, da parte sua, dell’onere di provare la mancata consapevolezza della qualità di pubblico dipendente del professionista incaricato, si porrebbe al di sotto del minimo costituzionale, stante, per un verso, il riferimento all’omessa produzione di un documento di cui neppure era stata dimostrata la sussistenza e, per l’altro, l’attribuzione, ad essa ricorrente, dell’onere di dimostrare una circostanza negativa, senza tener conto degli altri fatti allegati e dei documenti prodotti.
3.1. Anche il secondo e il terzo motivo -congiuntamente esaminati -devono essere dichiarati inammissibili.
C.C. 09.11.2023
N. R.G. 07545/2020
Pres. Scrima
NOME COGNOME
3.1.a. Giova, anzitutto, ricordare che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 n. 5 c od. proc. civ ., disposta dall’art. 54 del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità attiene all’esistenza in sé della motivazione e alla sua coerenza, e resta circoscritto alla verifica del rispetto de l «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall’art.132 n.4 c od. proc. civ., la cui violazione -deducibile in sede di legittimità quale nullità processuale ai sensi dell’art. 360 n. 4 c od. proc. civ. -sussiste qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; Cass. 12/10/2017, n. 23940; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 3/03/2022, n. 7090).
3.1.b. Ciò premesso, è agevole rilevare che, nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata, per quanto si è sopra riferito in ordine al suo contenuto, lungi dal presentare alcuna delle predette gravi lacune che la proietterebbero al di sotto del ‘mi nimo costituzionale’, ha dato conto in modo debitamente argomentato delle ragioni per le quali la RAGIONE_SOCIALE non aveva assolto l ‘ onere di provare i fatti costitutivi del diritto risarcitorio azionato.
Sulla premessa che l’omissione informativa del COGNOME avrebbe potuto essere riguardata alla stregua di fatto illecito precontrattuale solo se la RAGIONE_SOCIALE non fosse stata già consapevole della qualità di
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07545/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
dipendente pubblico del professionista, il Tribunale ha ritenuto che la circostanza negativa della mancanza di tale consapevolezza avrebbe potuto essere dimostrata dalla società mediante la produzione di un documento contenente riferimenti alla situazione professionale della terna di professionisti ad essa indicati dall ‘ Ordine degli Ingegneri.
La circostanza che di tale documento, di cui si aveva indiretta notizia sulla base dei riferimenti contenuti nella restante documentazione versata in atti, non fosse neppure dimostrata con certezza la sussistenza -né risultasse tanto meno provata la evocata sua allegazione alla comunicazione dell’elenco dei tre professionisti indicati -non vizia il percorso logico della motivazione della sentenza impugnata, né la rende apparente, perplessa o contraddittoria, in quanto il giudice d ‘ appello non ha basato la sua statuizione sull’affermata esistenza o sul presunto contenuto del documento, ma ha reputato che la produzione di quel documento, di cui si aveva notizia in atti -ove effettivamente esistente e ove provvisto del contenuto attribuitogli -, avrebbe consentito alla appellante (originaria attrice e attuale ricorrente) di provare, mediante la deduzione di correlative circostanze positive (il contenuto della comunicazione concernente i dati relativi ai professionisti indicati, esteso o meno all’informativa sugli eventuali rapporti di lavoro pubblico in corso), la circostanza negativa della non consapevolezza, da parte sua, dello status di pubblico dipendente del Carli.
In definitiva, il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
C.C. 09.11.2023 N. R.G. 07545/2020 Pres. Scrima Est. COGNOME
6. Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va infine dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la società ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione