Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16774 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16774 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15480-2023 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME in qualità di eredi di COGNOME NOME, domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 709/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/02/2023 R.G.N. 23/2022;
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/04/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Roma, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in solido, quali eredi di NOME COGNOME, al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 7.458,57, oltre interessi;
la Corte territoriale, in estrema sintesi, ha ritenuto raggiunta la prova che la società avesse versato detta somma al loro dante causa, a titolo di riliquidazione dell’indennità di buonuscita, in esecuzione della sentenza di primo grado del Pretore di Latina del 18 settembre 1998, confermata in appello ma, poi, cassata da questa Corte con sentenza n. 6449 del 2006;
per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i soccombenti con un motivo, cui ha resistito l’intimata società;
la sola società controricorrente ha comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
col motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. Travisamento della prova’; si critica la sentenza impugnata per avere ‘ritenuto che le parti oggi ricorrenti non avessero negato decisamente l ‘avvenuta erogazione delle somme di denaro pretese in restituzione’; si sostiene che la Corte di
appello avrebbe dato rilievo a documenti che non costituivano prova di alcun pagamento e che erano stati sempre contestati dai convenuti;
2. il ricorso è inammissibile;
come reiteratamente ribadito in analoghe controversie, infatti, si censura ‘come violazione di norme di legge, sostanziale o processuale, ciò che è inevitabilmente l’accertamento di un fatto qual è il pagamento o meno di una somma di denaro, accertamento di competenza del giudice del merito ed estraneo alla sede di legittimità’ (in termini: Cass. n. 2657 del 2022; conf. Cass. n. 13898 del 2022; Cass. n. 28772 del 2022; Cass. n. 20540 del 2023, alla quale ultima si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. a tt. c.p.c.);
neanche ci si misura adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata che non si fonda solo sulla mancanza, in sede giudiziale, di contestazione dell’avvenuto pagamento, ma anche su un insieme di ulteriori elementi, compresi i comportamenti extragiudiziali, che i giudici del merito hanno ritenuto avere valenza indiziaria idonea a fondare il loro convincimento;
è noto che le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione; spetta quindi al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l’attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l’attitudine, anche solo
parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche (cfr. Cass. n. 10847 del 2007; Cass. n. 24028 del 2009; Cass. n. 21961 del 2010) e compete sempre al giudice del merito procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari precedentemente selezionati ed accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione, e non piuttosto una visione parcellizzata di essi, sia in grado di fornire una valida prova presuntiva tale da ingenerare il convincimento in ordine all’esistenza o, al contrario, all’inesistenza del fatto ignoto;
nella specie, parte ricorrente neppure deduce la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., né, tanto meno, la pone nei termini indicati dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 1785 del 2018);
piuttosto, conclama il tentativo di rivalutare il merito della vicenda attraverso l’inappropriato richiamo alla violazione sia dell’art. 2697 c.c. sia dell’art. 115 c.p.c.;
per il primo aspetto la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella specie parte ricorrente critica l’apprezzamento operato dai giudici del merito circa la prova del versamento, opponendo una diversa valutazione; per quanto riguarda, poi, il regime della non contestazione, va ribadito il principio di diritto secondo cui l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, quale contenuto della posizione processuale
della parte, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito (Cass. n. 10182 del 2007; Cass. n. 27833 del 2005); spetta, infatti, solo al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680 del 2019; Cass. n. 27490 del 2019);
per l’altro aspetto, come ribadito dalle Sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 20867 del 2020), per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre);
conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ult eriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese liquidate in euro 2.500,00, oltre esborsi pari ad euro 200,00, spese generali al 15% ed accessori secondo legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 10 aprile