Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3881 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3881 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avv. NOME COGNOME, pecEMAIL
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avv.ti dall’avv. NOME COGNOME del Foro d i Parma e NOME COGNOME del Foro di Roma
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna n. 1858/2023 pubblicata il 18.9.2023, notificata il 21.11.2023.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del l’8.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto:
conto
corrente ripetizione
di indebito
FATTI DI CAUSA
1 .-RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio Cassa Di Risparmio Di Parma e Piacenza s.p.a. chiedendo dichiararsi -con riferimento al rapporto di conto corrente n. 56725528, aperto nell’anno 1999 ed estinto il 31.8.2011, nonché a lle collegate ‘linee di credito’ , l’invalidità, inefficacia e/o nullità delle clausole prevedenti interessi debitori ultralegali, commissioni di massimo scoperto, costi, competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo, valute ecc., ius variandi , con ogni conseguente effetto restitutorio -anche tenendo conto dell’applicazione di interessi usurari -pari ad € 33.913,01 (oltre accessori), quale calcolata in base a perizia di parte contestualmente depositata.
─ In particolare, la società attrice deduceva che al conto erano stati applicati: 1) interessi usurari in alcuni trimestri dell’anno 2009, 2010 e 2011 in quanto gli stessi, anche se inferiori al tasso soglia, erano tuttavia superiori al TEGM (c.d. usura soggettiva o in concreto); 2) competenze (ivi compresa la CMS, di per sé in ogni caso priva di causa) non giustificate e/o non concordate; 3) interessi anatocistici illegittimi in difetto di valida pattuizione; 4) variazioni degli interessi non concordate; 5) illegittime antergazioni e postergazioni delle valute; esponeva, altresì, che la banca, nonostante la tempestiva richiesta ex art. 119 Tub inoltrata ante causam , non aveva fatto pervenire la copia del contratto di conto corrente.
3 .─ il Tribunale di Bologna, considerato affidato il rapporto sottostante il contratto di apertura di credito depositato, riconosceva un addebito illegittimo pari a complessivi € 34.965,92, di cui € 33.150,18 per interessi ed € 1.815,74 per commissioni e spese e condannava la Banca alla restituzione di detto importo, maggiorato degli interessi e delle spese di lite.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto gravame dinanzi la Corte di Appello di Bologna che, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello e ha condannato l’appellata RAGIONE_SOCIALE alla restituzione in favore del RAGIONE_SOCIALE della somma di € 44.270,43 oltre interessi legali dal 17.05.2019 al saldo, oltre la rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.
Per quanto qui di interesse, secondo la Corte di merito il CTU aveva evidenziato che l’assenza degli estratti conto analitici (tranne che per brevi periodi) non aveva consentito l’esatta ricostruzione delle operazioni contabili, rilevando «come i calcoli siano stati eseguiti in assenza di prova contabile degli addebiti delle competenze, mancando un documento di base (gli estratti conto analitici) che possa provare la narrazione degli accadimenti del conto e dei suoi saldi contabili». Doveva, dunque, rilevarsi come la documentazione prodotta dalla correntista in giudizio fosse inidonea a consentire un’esatta ricostruzione del rapporto .
4. ─ RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Ing. NOME RAGIONE_SOCIALE), ha proposto ricorso per cassazione con due motivi ed ha depositato memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso corredato di memoria.
5.Il Consigliere delegato ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. per inammissibilità del ricorso. Con istanza del 29.4.2024 la ricorrente ha chiesto la fissazione di udienza in camera di consiglio conferendo specifica procura alle liti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. ─ La ricorrente deduce:
Con il primo motivo: v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., errore nella interpretazione e nell’ applicazione dell’art. 2697 c.c.
Con il secondo motivo: vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c..
7.─ La proposta ha il tenore che segue:
«il primo motivo è inammissibile, perché la sentenza impugnata non ha affatto contraddetto il principio costante, secondo cui la prova dei movimenti bancari può anche desumersi aliunde , rispetto alla serie integrale degli estratti conto, vale a dire attraverso le risultanze di altri mezzi di prova, purché queste forniscano indicazioni certe e complete, anche con l’ausilio di una consulenza d’ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto che, in ogni caso, resta insindacabile innanzi al giudice di legittimità (e plurimis, Cass. 18 aprile 2023, n. 10293; Cass. 27 dicembre 2022, n. 37800; Cass. 29 marzo 2022, n. 10140; Cass. 19 gennaio 2022, n. 1538; Cass. 19 luglio 2021, n. 20621): essa, al contrario, ha fatto corretta applicazione dei principi sull’onere della prova ex art. 2697 c.c., in quanto grava sul correntista che agisce con l’azione di ripetizione dell’indebito l’onere di provare i pagamenti e l’inesistenza di una giusta causa dell’attribuzione patrimoniale compiuta in favore del convenuto (principio consolidato: fra le tante, Cass. n. 4043 del 2024; n. 3310 del 2024; Cass. n. 7731 del 2023; Cass. n. 20445 del 2023; Cass. n. 12993 del 2023; Cass. n. 10025 del 2023; Cass. n. 9213 del 2023; Cass. n. 7697 del 2023; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 24948 del 2017; Cass. n. 7501 del 2012; Cass. n. 3387 del 2001; Cass. n. 2334 del 1998; Cass. n. 7027 del 1997; Cass. n. 12897 del 1995); il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., non si conforma a tale fattispecie e ripropone invece un giudizio sul fatto, anche quanto all’apprezzamento delle risultanze della c.t.u., che spettano in via esclusiva al giudice del merito».
8 .-I rilievi svolti nella nominata proposta meritano condivisione. Può aggiungersi che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa
applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., Sez. U., n. 34776/2019). Nel caso in esame è insindacabile la valorizzazione o la mancata valorizzazione, da parte della Corte di appello, di talune risultanze (cfr., Cass., n. 20621/2021, che ha reputato non censurabile il giudizio espresso dal giudice del merito quanto all’inidoneità del libro giornale e dei mastrini a dar prova dell’effettiva movimentazione registrata in conto). Nel caso in esame la motivazione esiste ed è diffusa (p. 11 s. sent.). Inoltre, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass., n. 18092/2020; Cass., n. 13395/2018; Cass., n. 1510/2013). Il fatto decisivo oggetto di omesso esame non può poi consistere certo in un rilievo sull’operato del CTU. Il vizio delineato dall’art. 360, n. 5, c.p.c. concerne, infatti, un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, non assimilabile in alcun modo a «questioni» o «argomentazioni» che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate ( e multis Cass., n. 2268/2022).
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo. Per essere stato il presente giudizio definito conformemente alla proposta ex art. 380-bis c.p.c., trovano applicazione le previsioni di cui al comma 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c..
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 5.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento delle ulteriori somme di € 5.000, nei confronti della controricorrente, e di € 2.500 , in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione