Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21237 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21237 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20778/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale EMAIL, e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso DECRETO di TRIBUNALE VITERBO n. 2484/2022 depositato il 06/07/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
– Dal decreto impugnato risulta che NOME COGNOME chiese ammettersi al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE il credito maturato a titolo di compensi per l’opera professionale prestata in favore della società in bonis sulla base di due lettere di conferimento di incarico: a) la prima dell’8.11.2018, relativa all’assistenza nella predisposizione di una domanda di concordato preventivo con riserva, ammessa in data 13.12.2018 ma successivamente dichiarata inammissibile per rinuncia al ricorso da parte della stessa società debitrice; b) la seconda del 10.06.2019, relativa alla verifica di fattibilità di una soluzione concordataria a seguito di contratto di affitto di azienda e, in caso negativo, alla predisposizione della domanda di auto -fallimento (con elaborazione di stato particolareggiato ed estimativo delle attività, elenco dei creditori, documentazione contabile e fiscale).
1.1. – Nel progetto di stato passivo il curatore propose: per la prima attività (a) l’ammissione del credito di € 21.591,18 (compresa CP, oltre IVA e al netto dell’acconto ricevuto di € 5.200,00) in prededuzione e con il privilegio ex art. 2751 -bis n. 2 c.c.; per la seconda attività (b) l’ammissione del credito di € 24.945,75 (compresa CP, oltre IVA e al lordo della r.a.) senza prededuzione e con il privilegio ex art. 2751 -bis n. 2 c.c.
1.2. – Il Giudice delegato escluse il credito relativo al secondo incarico per due ragioni: i) la mancanza di contratto avente data certa anteriore; ii) la parziale sovrapponibilità delle attività a quelle oggetto dell’incarico precedente.
1.3. – Il creditore propose opposizione ex art. 98 l.fall., osservando, nella contumacia della curatela fallimentare: i) che la lettera di conferimento dell’incarico del 10.06.2019 era stata allegata al ricorso per auto -fallimento del 04.12.2019 ed era quindi munita di data certa; ii) che le due attività svolte non potevano considerarsi sovrapponibili, in quanto, stante il notevole lasso di tempo trascorso tra la domanda di concordato preventivo (20.11.2018) e la proposizione dell’istanza di auto -fallimento (04.12.2019), si era reso necessario un aggiornamento dei dati contabili; ma anche volendo considerare il più ridotto periodo
decorso dalla dichiarazione di inammissibilità della prima domanda, erano comunque trascorsi circa sei mesi e mezzo, durante i quali la società aveva svolto la propria attività senza soluzione di continuità, sia prima che dopo la conclusione del contratto di affitto di azienda, sicché le poste attive e passive erano in continua evoluzione, con conseguente necessità di procedere alla verifica di un gran numero di posizioni individuali e saldi contabili.
1.4. – Con il decreto indicato in epigrafe il tribunale ha rigettato l’opposizione, ritenendo che: i) «l’opponente non ha provato di aver effettivamente eseguito la prestazione» sub b), per la quale chiede il compenso di € 24.495,75 in prededuzione privilegiata; ii) difatti «non ha prodotto eventuali fatture emesse nei confronti della società poi fallita, né un eventuale scambio di e -mail», senza che la prova dello svolgimento delle attività in questione possa ritenersi raggiunta «mediante il semplice raffronto della situazione contabile della società» antecedente e successiva alla presentazione dell’istanza di fallimento «in quanto non vi è alcuna indicazione che possa ricondurre anche solo presuntivamente le situazioni contabili suddette all’operato del COGNOME»; iii) in ogni caso, «si tratterebbe comunque di un mero aggiornamento dell’attività svolta e non sono stati offerti strumenti o elementi (ad esempio prova per testi, scambio mail, trasmissione documentazione) che possano consentire una valutazione precisa ovvero una quantificazione dell’attività ulteriore eventualmente svolta». In conclusione, pur riconoscendo che la lettera di incarico del 10.06.2019 è «in ipotesi munita di data certa ex art. 2704 c.c.», in quanto depositata unitamente all’istanza di auto -fallimento, il tribunale ha affermato che «non risulta che il COGNOME abbia svolto l’attività di consulenza e assistenza per la predisposizione della predetta istanza».
– Avverso detta decisione il prof. COGNOME propone ricorso per cassazione in tre motivi, illustrato da memoria. Il Fallimento intimato non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. – Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 111 l.fall. e 2751 -bis n. 2 c.c., per avere il
tribunale erroneamente ritenuto l’attività di assistenza nella presentazione della domanda di auto -fallimento sovrapponibile a quella precedentemente svolta ai fini della domanda di concordato con riserva, e per avere commesso una palese violazione di legge « nella valutazione dei documenti e degli atti di causa », dai quali risulterebbe « incontestabile la prova che l’attività di consulenza contabile sia stata svolta dal profAVV_NOTAIO », tanto che lo stesso curatore aveva proposto di ammettere il credito, sia pure senza prededuzione. Secondo il ricorrente « non è dato comprendere, sulla base delle non chiare argomentazioni del Tribunale di Viterbo, quali presunti altri soggetti, se non il prof. COGNOME stesso, possano aver compiuto un’attività strettamente tecnica e altamente qualificata, dato che vi è stato il riconoscimento esplicito del compimento di detta attività da parte del legale rappresentate della società fallita ampiamente accettato e ritenuto valido dal Curatore fallimentare e dal Giudice delegato ». Nel ribadire di aver svolto l’attività presso la sede e gli uffici della società fallita, il ricorrente « sottopone al vaglio della Suprema Corte il contenuto di alcune email » e di altri documenti.
2.2. – Con il secondo mezzo, rubricato «violazione o falsa applicazione dell’art. 6 d.p.r. 633/72», il ricorrente aggredisce l’affermazione del tribunale per cui ‘ L’opponente, infatti, non ha prodotto eventuali fatture emesse nei confronti della società poi fallita, né un eventuale scambio di e -mail’ , osservando che, agli effetti della norma citata, le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo, né sarebbe stato possibile emettere preavviso di parcella, in quanto richiesta di pagamento cui la società non avrebbe potuto dare seguito, se non violando la par condicio creditorum .
2.3. -Il terzo motivo, rubricato «violazione o falsa applicazione dell’art. 2704 c.c.», deduce che il tribunale, affermando ‘ Pertanto, pur essendo la lettera di incarico del 10.06.2019 stata depositata unitamente all’istanza di autofallimento e quindi in ipotesi munita di data certa ex art. 2704 c.c., non risulta che il COGNOME abbia svolto l’attività di consulenza e assistenza per la predisposizione della predetta istanza ‘, riconosce
esplicitamente l’esistenza di un incarico scritto munito di data certa, ma lo disattende «senza fornire alcuna valida motivazione», mentre avrebbe dovuto ritenere pienamente provati non solo l’esistenza dell’incarico, «ma anche il suo puntuale adempimento, mai contestato o sconfessato dal legale rappresentante della società fallita».
– In generale, tutti i motivi sono inammissibili poiché, sotto l’apparente deduzione di vizi di violazione di legge, sollecitano esplicitamente una diversa valutazione degli elementi probatori scrutinati in modo sostanzialmente conforme prima dal giudice delegato e poi dal tribunale, così trasformando surrettiziamente il giudizio di legittimità in un ulteriore grado di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019), mentre la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale, dovendo esercitare un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di valutare autonomamente il merito della causa.
Questa Corte da tempo ripete che il ricorrente per cassazione non può pretendere di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto, o comunque una diversa lettura delle risultanze processuali, contrapponendo il proprio apprezzamento del quadro probatorio a quello divisato dai giudici di merito ( ex plurimis , Cass. 9097/2017, 30516/2018, 205/2022), in quanto non è compito di questa Corte condividere o meno la ricostruzione degli elementi di fatto contenuta nella decisione impugnata, quand’anche ne fosse prospettato un coordinamento più appagante (Cass. 12052/2007, 3267/2008).
Si è detto infatti che se si ammettesse in sede di legittimità un sindacato sulle quaestiones facti , si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018), la cui valutazione è invece riservata in via esclusiva al giudice di merito, che la esercita secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c., anche selezionando quelle ritenute più attendibili e idonee a sorreggere la motivazione, senza doversi esprimere analiticamente su ciascuna di esse, né confutare singolarmente le diverse
argomentazioni prospettate dalle parti ( ex plurimis , Cass. 42/2009, 11511/2014, 13485/2017, 16467/2017, 3922/2024).
3.1. -Con particolare riferimento al primo motivo, l’accertamento di merito circa la sostanziale sovrapponibilità tra le attività prestate in adempimento dei due incarichi, ravvicinati e aventi ad oggetto la medesima situazione di crisi, non può, come detto, essere sindacato in questa sede, né il relativo sostrato documentale può essere sottoposto al vaglio di questa Corte, in vista dell’auspicato, diverso, apprezzamento di fatto.
Non viene qui in rilievo tanto il tema dell’eccezione di inadempimento o inesatto adempimento, sotto forma di non corretta (e cioè negligente) esecuzione o incompleto adempimento della prestazione (le cui fondamenta poggiano su Cass. Sez. U, 13533/2001); per quanto dallo stesso ricorso emerga che, nel corso dell’udienza di verifica, venne espressamente discusso il tema della «duplicazione delle attività» (v. pag. 7).
Ciò che rileva, infatti, è che tanto il giudice delegato quanto il tribunale hanno rilevato, a monte, la mancanza di prova dei fatti costitutivi del diritto azionato, il cui onere, per consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., grava su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere (cfr. Cass. 9706/2024, 28984/2023, 15771/2022, 297/2020, 19154/2018, 26158/2014, 16917/2012, 22862/2010).
Anche in tema di opposizione allo stato passivo si è ribadito che «il preteso creditore, il quale proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell’esclusione di un credito del quale aveva chiesto l’ammissione, è onerato della prova dell’esistenza del credito medesimo, secondo la regola generale stabilita dall’articolo 2697 c.c.», restando perciò a suo carico l’onere di «provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza» (Cass. 4156/2024; cfr. Cass. Sez. U, 42093/2021), avuto riguardo al ‘titolo’ nel suo complesso, costituito dalla previsione astratta e dall’effettivo svolgimento della prestazione.
Nel caso in esame il tribunale ha anche aggiunto – con un apprezzamento di merito appunto non sindacabile in questa sede che l’opponente non ha comunque offerto strumenti o elementi idonei a «consentire una valutazione precisa ovvero una quantificazione dell’attività ulteriore eventualmente svolta», la quale sarebbe stata in ogni caso di mero ‘aggiornamento’ di quella già in precedenza espletata.
3.2. -Le considerazioni appena svolte assorbono la contestazione mossa con il secondo motivo, che investe l’aspetto secondario e non decisivo della mancata emissione di fattura.
3.3. – Analoga conclusione vale per il terzo motivo, che resta superato dalla ratio decidendi come sopra ricostruita, con l’ulteriore precisazione che, anche secondo il recente indirizzo nomofilattico, il professionista non può invocare, a fondamento del credito, il mero riconoscimento della prestazione da parte del debitore poi fallito (Cass. Sez. U, 42093/2021).
– Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso senza statuizione sulle spese, in mancanza di difese del Fallimento intimato.
– Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 115 del 2002 (Cass. Sez. U, nn. 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 07/05/2024.