Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25321 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25321 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9099/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
AZIENDA SOCIO SANITARIA TERRITORIALE GRANDE OSPEDALE METROPOLITANO COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2075/2021 depositata il 02/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 13 settembre 2017, RAGIONE_SOCIALE Metropolitano Niguarda, proponeva opposizione al decreto ingiuntivo del 6 giugno 2017 con il quale il Tribunale di Milano, su istanza di Banca Farmafactoring S.p.A. (BFF) aveva ingiunto il pagamento della somma di euro 813.441,84 riferita ad un certo numero di fatture relative alla esecuzione di forniture di prodotti sanitari o farmaceutici e di ulteriori prestazioni rese in favore di RAGIONE_SOCIALE da parte di società fornitrici le quali avrebbero ceduto il proprio credito vantato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE
L’opponente deduceva che parte delle somme ingiunte erano state già corrisposte prima del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, mentre altra parte era stato oggetto di un precedente storno contabile dai fornitori. Quanto all’importo di euro 64.000 s i trattava di somme contestate o comunque riferite a fatture mai ricevute. Censurava anche la presunta sussistenza di interessi moratori conteggiati in maniera errata.
Si costituiva in giudizio la opponente che riconosceva l’avvenuto pagamento di parte degli importi richiesti, per cui la somma ingiunta avrebbe dovuto essere limitata all’importo di euro 393.409,72.
Il Tribunale di Milano, con sentenza del 6 giugno 2018, revocava il decreto ingiuntivo condannando RAGIONE_SOCIALE a pagare la somma di euro 393.409,72 oltre interessi di mora pari ad euro 277.733,13, oltre interessi di mora e quelli a Nato c.p.c.
Avverso tale decisione ASST proponeva appello deducendo la condanna ultra petitum e la carenza di motivazione rispetto agli
interessi, oltre alla mancata ammissione dei mezzi di prova richiesti. Si costituiva l’istituto di credito concludendo per il rigetto della impugnazione.
Con ordinanza del 28 novembre 2019 la Corte territoriale disponeva consulenza contabile.
Con sentenza del 2 luglio 2021 la Corte d’appello di Milano in parziale accoglimento della impugnazione condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma di euro 5.642,03 a titolo di capitale e interessi ed euro 119.500,07 a titolo di interessi moratori, compensando le spese di lite.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a due motivi e RAGIONE_SOCIALE Grande Ospedale Metropolitano Niguarda resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria ai sensi dell’articolo 380 -bis1 c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte territoriale di Milano avrebbe erroneamente stabilito che RAGIONE_SOCIALE fosse creditrice della azienda in linea capitale della minore somma di euro 4.178,38, in luogo di euro 29.694,48 e conseguente violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. In particolare, il giudice di appello avrebbe omesso di considerare il contegno assunto dalla controparte anche ai sensi dell’arti colo 115 c.p.c. e avrebbe erroneamente posto a base della decisione risultati di una consulenza tecnica errata.
Con il secondo motivo si deduce, sempre ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo in quanto la Corte d’appello avrebbe limitato la quantificazione degli interessi di mora all’importo di euro 119.500, pari a quello riconos ciuto dalla parte appellante, oltre agli ulteriori interessi maturandi, dalla domanda giudiziale al soddisfo. Tale statuizione si fonderebbe sul difetto di documentazione riscontrato dal consulente che non avrebbe consentito di verificare la corretta applicazione degli interessi di mora
fatturati. La Corte avrebbe dovuto rilevare la non contestazione di tali profili. Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di appello dal consulente la documentazione contabile sarebbe stata prodotta e riportata in modo chiaro e agevolmente intellegibile.
I motivi vanno trattati congiuntamente perché strettamente connessi e argomentati sulla base sulle medesime censure. Gli stessi, che presentano evidenti profili di inammissibilità, sono comunque infondati.
Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione
(in tal senso, ex multis , Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Di questi tre oneri, il ricorrente ha assolto solo il terzo, limitandosi a un generico richiamo a copiosa documentazione contabile.
In realtà parte ricorrente, nella specie, pur denunciando, formalmente, ipotetiche violazioni di legge che vizierebbero la sentenza di secondo grado, (perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova inammissibile valutazione di risultanze di fatto.
La Corte territoriale ha correttamente rilevato che ‘l’accurata disamina da parte del CTU della documentazione prodotta da entrambe le parti – (trattasi in particolare di: fatture, d.d.t., ordini di forniture e similari) -ha consentito di accertare l’enti tà effettiva del credito residuo vantato da parte attrice’. Il giudice di appello ha
analiticamente esaminato le diverse poste muovendo dall’allegato 9 per evidenziare all’allegato 10, per ogni fattura i diversi parametri contabili: l’importo, i dati del fornitore cedente, gli importi ritenuti dovuti da BFF S.p.A., le somme già corrispos te, con l’indicazione dei codici e delle date di valuta ovvero se trattasi di importi contabilmente stornati dai fornitori o oggetto di contestazione e, infine, l’eventuale residuo credito di BFF S.p.A.
Anche sotto il profilo della dedotta violazione l’articolo 115 c.p.c. i motivi sono inammissibili.
Il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12840 del 22/05/2017, Rv. 644383 – 01).
Pertanto, il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, richiede l’allegazione di due elementi: i fatti che dovrebbero essere contestati e ciò attiene alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti e la prova dell’assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza attraverso la specifica indicazione del contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto. Sotto tale profilo nessuno degli adempimenti sopra specificati risulta espletato e la censura si traduce in una generica richiesta di inammissibile nuova valutazione del materiale probatorio.
Analoghe considerazioni riguardano il secondo motivo in cui la Corte territoriale, nella valutazione del materiale probatorio, non
sindacabile in sede di legittimità, ha fatto corretta applicazione del principio consolidato secondo cui, nel rito di opposizione a decreto, si determina un’inversione solo formale della posizione processuale delle parti, spettando dunque all’opposta, che è l’attrice sostanziale della controversia, fornire prova del suo credito in punto di an e di quantum debeatur onde l’onere di allegare e provare il credito incombe su chi si rivendica creditore.
La Corte di Appello ha ritenuto corrette le valutazioni del CTU prendendo atto dell’impossibilità di procedere alla quantificazione degli interessi di mora per carenza documentale. Tale valutazione non si traduce in omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 c.p.c, dato che l’onere probatorio nel giudizio di opposizione grava sul creditore.
La Corte territoriale ha rilevato la parziale insussistenza del credito vantato, in linea capitale e per interessi.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore della controricorrente in € 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, oltre esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 14 aprile 2025
Il Presidente NOME COGNOME