Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33272 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33272 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22164/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Torrecuso INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4842/2022 depositata il 13/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE aveva richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di Autostrade per l’Italia s.p.a. per ottenere il pagamento di somme portate dalle fatture n.827/08 e n.936/2015, indicandole quali corrispettivi dovuti per la fornitura e posa in opera di barriere metalliche, nell’ambito di un contratto di appalto pubblico concluso il 5.9.2005 e successivamente integrato il 29.3.2006 e il 16.7.2007. Aveva proposto opposizione Autostrade per l’Italia s.p.a. evidenziando che l’ammontare complessivo del contratto, comprese le integrazioni, era di € 498.543,55, portato da fatture già interamente saldate dalla committente, mentre gli importi richiesti ingiuntivamente parevano essere relativi ad un adeguamento dei prezzi, inapplicabile e mai accettato. Car si era costituita affermando sia la legittimità e debenza del richiesto adeguamento dei prezzi, sia l’effettuazione di lavori ulteriori richiesti dalla committente (per i quali si indicavano inizialmente come dovuti € 11.973,00, oltre IVA, portati dalla fattura n.827/08, e l’intero ammontare della fattura n.936/15: nei termini di cui all’art.183 c.p.c. Car aveva poi imputato a revisione prezzo il solo importo di € 61.259,49 sulla somma complessivamente richiesta, di € 265.006,94). Il Tribunale di Roma aveva ritenuto la giurisdizione amministrativa quanto alla somma richiesta in relazione alla supposta revisione prezzi mentre aveva respinto le altre domande proposte, riguardanti corrispettivi per forniture che si assumevano essere state eseguite e non pagate, perché effettuate ‘ in esecuzione di ordini ricevuti da RAGIONE_SOCIALE, società facente parte del Gruppo Autostrade per lRAGIONE_SOCIALEItalia RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE ma soggetto giuridico distinto da Autostrade per l’Italia s.p.aRAGIONE_SOCIALE e che non ha mai assunto obbligazioni per tali forniture ‘ (così riporta la sentenza d’appello a pag.4).
RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello insistendo per la condanna di Autostrade a pagare l’importo di € 191.495,55, al netto della revisione prezzi e insistendo per l’ammissione dei mezzi di prova articolati (prove orali e CTU). Autostrade aveva contrastato l’impugnazione.
La Corte d’Appello di Roma aveva respinto sia le doglianze di merito formulate da CAR, sia le reiterate istanze istruttorie, in base alla seguente motivazione che si riporta in sintesi: 1. secondo CAR solo la fattura n.936/15 sarebbe relativa a prestazioni richieste da SPEA, mentre la fattura n.827/08 (al netto della revisione
prezzi) riguarderebbe fatture rientranti nel contratto, essendo stata emessa ‘ a saldo di tutte le forniture di cui ai citati DDT ‘ e non essendo stati contestati da Autostrade né le fatture né i DDT, ed apparendo altresì irrilevante che l’importo contrattuale fosse risultato saldato per il permanere della possibilità di fornitura di maggiori quantità. In concreto, Autostrade ha invece contestato entrambe le fatture richiamate dall’appellante fin dall’introduzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, affermando di aver già pagato l’intero corrispettivo pattuito e precisando che i documenti di trasporto che Car aveva correlato, in altro documento, alla fattura n.827/08 si riferivano in realtà ad altre fatture già saldate. In effetti, la fattura n.827/08, a differenza delle altre fatture già pagate, non riporta l’indicazione dei documenti di trasporto, ‘abbinati’ dall’appellante solo con un riepilogo prodotto con la memoria ex art.183 co VI n.2 c.p.c., tempestivamente contestato da Autostrada nella memoria successiva. Poiché Autostrade ha dimostrato documentalmente di aver integralmente pagato il dovuto in base al contratto concluso e alle successive integrazioni, ‘ ne deriva che l’opposta appellante, neppure con l’impugnazione, è riuscita a superare l’eccezione di parte opponente secondo la quale i DDT erano compresi nelle fatture già pagate dalla committente … ‘. 2. quanto alla fattura n.936/15, Car insiste a chiederne il pagamento ad Autostrade pur essendo pacifico che la fornitura di barriere fu ordinata da RAGIONE_SOCIALE; secondo l’appellante ciò dovrebbe conseguire al fatto che RAGIONE_SOCIALE fa parte del Gruppo Autostrade e che il luogo di consegna della fornitura fu lo stesso cantiere del concessionario Autostrade, presso cui la stessa SPEA era direttore dei lavori. Anche questo motivo è infondato, perché la fattura in esame fa riferimento generico al contratto concluso tra le parti in causa, in realtà integralmente onorato da Autostrade e non vi è prova che l’ordine di acquisto di cui si discute fosse intervenuto da parte della committente; è invece irrilevante che RAGIONE_SOCIALE sia società del Gruppo Autostrade, così come è irrilevante che essa fosse direttore dei lavori, non potendo in tale veste impegnare la committenza senza autorizzazione della stessa, nel caso di specie neppure allegata; 3. Quanto alle reiterate istanze istruttorie: il Tribunale ha ritenuto che la prova per testi fosse fondata su circostanze da provare documentalmente o riguardanti valutazione o giudizi e che la richiesta CTU fosse volta a supplire all’onere probatorio a carico di NOME; questa, evidenziato che i capi di prova sarebbero identici ad altri formulati in altro giudizio e ammessi, insiste per la loro ammissione, con specifico riferimento ai capi 2, 3 e 4 articolati nella memoria ex art.183 co VI n.2 c.p.c. I capi di prova orale
richiesti non sono ammissibili, perché: le circostanze riportate al capo 2 sono ininfluenti, dato che i DDT di cui al doc. 15, che si vorrebbero collegare alla fattura n.827/08, risultano documentalmente per la quasi totalità correlati ad altre fatture già pagate e dato che Car non ha mai contestato l’avvenuto integrale pagamento di quanto pattuito (contratto originario e successive variazioni del 2006 e del 2007) da parte di Autostrade; anche le circostanze capitolate al capo 3 sono ininfluenti, perché la ricezione delle fatture e dei DDT non preclude alla parte la contestazione in giudizio dei relativi importi; pure le circostanze articolate al capo 4, relative alla fattura n.936/15 che sarebbe stata emessa per fornitura di ulteriori barriere ordinate dalla direzione dei lavori SPEA, sono ininfluenti, per il già rilevato integrale pagamento del dovuto da parte di Autostrade; l’infondatezza dei motivi di impugnazione comporta l’inutilità della richiesta CTU.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a tre motivi (numerati da II a IV):
I.- Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 1^ co. n. 3) c.p.c. con riferimento agli artt. 24 e 111 cost. nonché degli artt. 115, 116, 177, 187, 188, 189, 356 e 244 c.p.c. nonché artt. 2721 c.c. in riferimento alla mancata ammissione delle prove testimoniali e della chiesta CTU
Dai documenti di trasporto prodotti emergerebbe la quantità di metri lineari effettivamente forniti per le singole tipologie di barriere che, moltiplicati per i prezzi unitari contrattuali (a prescindere quindi dalla revisione prezzi inizialmente richiesta), porterebbero ad una somma complessiva corrispondente a quella richiesta da Car e confermerebbero quindi la debenza di complessivi € 191.495,55, portati dalle fatture n.827/08 (al netto della revisione prezzi) e n.936/15. Il calcolo del dovuto, effettuato con la memoria ex art.183 co VI n.2 c.p.c., non sarebbe stato contestato da Autostrade e sarebbe quindi riconosciuto ex art.115 c.p.c. Per questo si sarebbe inutilmente richiesta la nomina di un tecnico che andasse in cantiere a misurare concretamente i metri lineari di barriere montate. ‘ In sostanza ed in definitiva la fattura 827/2008 rappresenta il saldo delle forniture risultanti da tutti i DDT (non contestati) allegati nel giudizio di primo grado, il tutto esplicitato nel riepilogo depositato con la II memoria ex art.183 ‘ che si riporta testualmente nel ricorso. Sarebbe stata ingiustificatamente disattesa l’istanza di ammissione di prova per testi e di CTU, sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello, che non avrebbero
considerato quanto segue: il capo 2 riguarderebbe una circostanza fattuale, e cioè l’avvenuta fornitura di barriere commissionate e consegnate come da DDT prodotti in atti; il capo 3 riguarderebbe l’invio delle fatture e dei conteggi ad Autostrade e rileverebbe sotto il profilo della non contestazione da parte della stessa; il capo 4 riguarderebbe una circostanza fattuale e cioè la fornitura di ulteriori barriere ordinate dal direttore dei lavori SPEA ed effettivamente consegnate. Attraverso i tre capitoli la ricorrente intenderebbe fornire la prova che vi sarebbero state forniture ulteriori rispetto a quelle concordate e pagate e al riguardo la limitazione di prova introdotta dal Giudice d’Appello, non prevista dall’art.2721 c.c., non apparirebbe legittima con violazione anche del diritto di difesa di Car, in contrasto con l’art.24 Cost. Le prove richieste sarebbero altresì decisive ai fini del giudizio, perché la conferma delle circostanze riportare nei capi di prova orale comporterebbe la dimostrazione dell’effettività dell’ulteriore fornitura riferibile ad Autostrade, e un calcolo in loco da parte del CTU la completerebbe confermando l’entità e il valore delle barriere fornite.
II.- Mancata ammissione delle istanze istruttorie (prove testimoniale e ctu) – omesso esame di fatti storici decisivi per il giudizio ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c
La sentenza violerebbe anche l’art.360 co 1 n.5 c.p.c. perché, non ammettendo la prova per testi articolata (che si riporta letteralmente nel ricorso), avrebbe omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dall’effettiva consegna della merce di cui si chiede il pagamento e della sua quantità e tipologia concreta.
III.- Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 1^ co. n. 3) c.p.c. con riferimento agli artt. 1399 e 1705 c.c. (capo relativo alla fattura n° 936/2015)
Quanto alla fattura 936/2015 anche il materiale portato in essa sarebbe stato pacificamente fornito su richiesta di SPEA e sarebbe stato pacificamente consegnato nel cantiere al quale si riferiscono le altre forniture. Sarebbe fatto notorio e non contestato che RAGIONE_SOCIALE è la società di ingegneria di Autostrade per l’RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, appartenente allo stesso gruppo. SPEA avrebbe effettuato gli ordini in qualità di direttore dei lavori presso il cantiere di cui si discute (sulla A1 Sasso Marconi-La Quercia) ed avrebbe agito quindi in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE: non sarebbe possibile affermare che la commessa non fosse ascrivibile ad Autostrade ma ad altro soggetto e la Corte avrebbe omesso ogni motivazione sull’istituto del mandato senza rappresentanza e su quello della ratifica. L’importo fatturato, richiesto in pagamento
ad Autostrade con nota-Pec inviata al suo legale in data 9.6.2014, sarebbe corrispondente alla somma riportata nella fattura n.936/2015.
RAGIONE_SOCIALE ha svolto controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso, come sopra sintetizzato, è inammissibile.
8.1. Si premette che non vi è stata, nel caso di specie, alcuna omissione di pronuncia sulle istanze istruttorie formulate dalla ricorrente, specificamente vagliate (anche) dalla Corte di merito.
La Corte d’Appello di Roma (e il Tribunale prima) ha ritenuto irrilevante la prova orale, e quindi irrilevante ai fini della decisione l’eventuale conferma delle circostanze capitolate, all’esito di una valutazione complessiva che è stata effettuata, oltre che tenendo conto delle modalità di formulazione dell’articolato di prova, del tema controverso e delle argomentazioni difensive delle parti, alla luce di tutto il materiale probatorio acquisito (si richiama la motivazione riportata sopra in sintesi). 8.2. Si deve altresì escludere, comunque, che possa essere attribuita decisività all’eventuale esito confermativo delle circostanze capitolate, come invece sarebbe necessario per l’ammissibilità del motivo di ricorso in esame, perché le emergenze della prova orale dovrebbero in ogni caso tenere conto delle altre, plurime, risultanze istruttorie. Si richiama, in proposito, quanto chiaramente esposto nell’ordinanza di questa Corte n.18072/2024, nel senso che ‘ Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento ‘; questo perché, come ancora evidenziato nella motivazione del provvedimento richiamato, con ampio richiamo di precedenti di senso analogo, ‘… deve comunque ribadirsi che è al giudice del merito che spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando prevalenza all’uno o all’altro
dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (ex plurimis, Cass. n. 29404 del 2017) ‘.
8.3 Nel contesto delineato, il motivo in esame si risolve in concreto nella messa in discussione della valutazione operata dal Giudice di merito -e, si ripete, di sua esclusiva competenza- del materiale probatorio, della sua sufficienza e della idoneità delle prove non ammesse, se in ipotesi di esito favorevole alla parte richiedente, a incidere sulla decisione (si pensi alla circostanza capitolata sub 2, a fronte di fatture già integralmente onorate da Autostrade che riportano come riferimento di fornitura le DDT sulla cui base la ricorrente vorrebbe fondare la pretesa creditoria azionata, o la circostanza capitolata sub 4, che vorrebbe fondare le forniture di ulteriori barriere richieste da SPEA sulle note 25.7.2006 e 9.1.2007 a fronte di variazioni contrattuali di incremento della fornitura intervenute pacificamente nel marzo 2006 e nel luglio/agosto 2007 e quindi, da ultimo, in data successiva).
8.4. Anche la richiesta CTU dovrebbe operare un conteggio la cui necessità non emerge all’evidenza dalla valutazione del materiale probatorio in atti ma si fonda sulla ritenuta correttezza delle tesi di parte ricorrente in ordine alla fornitura e posa di materiale in misura superiore agli accordi scritti, che dovrebbe derivare dall’esame del prospetto predisposto dalla stessa ricorrente e dei documenti di trasporto, i quali non sono indicati nella fattura n.827/08, che sono richiamati nel loro complesso e la cui verifica -coinvolgente tutto il materiale documentale prodotto- viene così ad essere rimessa, inammissibilmente, al Giudice di legittimità.
8.5. Si esclude pure la correttezza del richiamo ad una pretesa violazione dell’art.115 c.p.c. perché la Corte di merito ha rilevato che Autostrade ha sempre contestato di dovere alcunché alla controparte, ribadendo anzi in tutte le difese di aver già corrisposto tutto il dovuto in base agli accordi conclusi e alle successive integrazioni: la Corte d’Appello si è del resto espressa anche in ordine alla rilevanza, in proposito di un’ipotetica assenza di contestazioni alle note ricevute dalla ricorrente.
8.6. Non è deducibile quindi dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente alcuna violazione di legge per lesione del diritto alla prova -che potrebbe giustificare un vizio della sentenza impugnata rientrante non nell’ambito dell’art.360 co 1 n.3 ma nell’ambito dell’art.360 co 1 n.4 c.p.c.-, ma una critica delle valutazioni istruttorie e dell’iter motivazionale della decisione da parte della Corte d’Appello, con formulazione di un motivo che è nell’essenza puramente relativo al merito e quindi inammissibile.
Si richiama in proposito l’orientamento interpretativo consolidato di legittimità, espresso ancora di recente nell’ordinanza della Corte di Cassazione n.30810/2023 e volto ad individuare le ipotesi in cui i provvedimenti istruttori possano incidere sotto il profilo della violazione del diritto alla prova, secondo cui ‘ Il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso che non illustri la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione. (In applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui si censurava la mancata ammissione di alcuni testi, chiamati a deporre su circostanze diverse da quelle su cui erano chiamati i testimoni ammessi, senza spiegare la decisività di tali circostanze) ‘. Nella motivazione del provvedimento si chiarisce che ‘… il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è, in astratto, censurabile, o per inosservanza di norme processuali o per vizio di motivazione, ma in tale secondo caso solo nei ristretti limiti nei quali è oggi deducibile secondo il ristretto paradigma di cui all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.; non può, in via di principio, essere posto in dubbio il rilievo che il diritto alla prova assume quale strumento di un effettivo esercizio del diritto di agire e difendersi in giudizio attraverso un giusto processo (artt. 24 e 111 Cost.; art. 6, § 1, CEDU) di guisa che la sua violazione, ove per l’appunto si risolva in violazione anche di tali diritti-fine, è certamente censurabile in cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 4, cod. proc. civ.; una tale violazione è, però, configurabile allorquando il giudice del merito rilevi decadenze o preclusioni insussistenti (cfr. Cass. 05/03/1977, n. 910) ovvero affermi tout court l’inammissibilità del mezzo di prova richiesto per motivi che prescindano da una valutazione, di merito, della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite; ove invece ci si muova in tale seconda prospettiva, ancorché la decisione del giudice di merito si risolva pur sempre nel rifiuto di ammettere il mezzo di prova richiesto, non viene in rilievo una regola processuale rigorosamente prescritta dal legislatore ma piuttosto – come è stato rilevato – «il potere (del
giudice) di operare nel processo scelte discrezionali, che, pur non essendo certamente libere nel fine, lasciano tuttavia al giudice stesso ampio margine nel valutare se e quale attività possa o debba essere svolta» (Cass. Sez. U. 22/05/2012, n. 8077); in tal caso, «la decisione si riferisce, certo, ad un’attività processuale, ma è intrinsecamente ed inscindibilmente intrecciata con una valutazione complessiva dei dati già acquisiti in causa ed, in definitiva, della sostanza stessa della lite. Il che spiega perché siffatte scelte siano riservate in via esclusiva al giudice di merito e perché, quindi, pur traducendosi anch’esse in un’attività processuale, esse siano suscettibili di essere portate all’attenzione della Corte di cassazione solo per eventuali vizi della motivazione che le ha giustificate, senza che a detta Corte sia consentito sostituirsi al giudice di merito nel compierle» (Cass. Sez. U. n. 8077 del 2012, cit.); la mancata ammissione della prova pone, dunque, in tale ipotesi, solo un problema di coerenza e completezza della ricostruzione del fatto in rapporto agli elementi probatori offerti dalle parti e può pertanto essere denunciata in sede di legittimità (solo) per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione (Cass. n. 20693 del 2015; n. 66 del 2015; n. 5377 del 2011; n. 4369 del 1999)’.
8.7. Nessuno dei presupposti evidenziati nella pronuncia di legittimità esaminata per giustificare l’esistenza di un vizio della sentenza rilevante ex rt.360 co 1 n.4 c.p.c. esiste nl caso di specie poiché non si può che sottolineare, ancora, come sia la prova orale che l’istanza di disposizione di una consulenza tecnica d’ufficio siano state in concreto valutate dai Giudici di merito e ritenute non necessarie alla luce del materiale istruttorio già acquisito al processo e della specificità della materia del contendere, nell’esercizio di poteri loro riservati in via esclusiva e non sindacabili in sede di legittimità.
9. Anche il motivo articolato sub II) è inammissibile
Il motivo è sostanzialmente accessorio al precedente e comunque riguarda, ancora una volta, le valutazioni di merito svolte dalla Corte sul materiale istruttorio, sulla sua sufficienza e sulla sua significanza ai fini della decisione.
Inammissibile è anche il terzo motivo proposto da RAGIONE_SOCIALE
Anche dando per pacifico che RAGIONE_SOCIALE è società dello stesso gruppo di RAGIONE_SOCIALE per l’RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE -rispetto alla quale è comunque un soggetto giuridico diverso- e che essa fu direttrice dei lavori sul cantiere presso il quale dovevano essere rese le prestazioni a carico della ricorrente in base al contratto di appalto del 2005 e alle
successive modifiche, RAGIONE_SOCIALE non dice in quale atto o difesa, nel giudizio di primo grado e poi in appello, abbia posto le questioni dell’inquadramento dei rapporti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del mandato con o senza rappresentanza, della possibilità della prima di obbligare la seconda verso l’appaltatrice ricorrente e/o della ratifica da parte di Autostrade dell’operato di SPEA in relazione alla prospettata fornitura ulteriore di barriere autostradali: si tratta pertanto di questioni introdotte, peraltro in modo totalmente generico, per la prima volta in questa sede -in mancanza, si ripete, di specifiche indicazioni di senso diverso sul punto da parte di RAGIONE_SOCIALE, necessarie ai fini dell’autosufficienza del ricorso-, che non riguardano -soloun profilo di qualificazione giuridica ma presuppongono, prima, l’introduzione di circostanze di fatto che non risulta siano mai state allegate ed esaminate nei gradi precedenti e che mirano, ancora una volta, ad ottenere una rivalutazione del merito delle considerazioni della Corte d’Appello.
Il ricorso per cassazione proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
PQM
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE a rimborsare a RAGIONE_SOCIALE lRAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE le spese processuali della presente fase di giudizio, che liquida complessivamente nell’importo di € 8.500,00, oltre € 200,00 per anticipazioni e oltre oneri di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.13 comma 1 bis .
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte