Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5404 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5404 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26783/2021 R.G. proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1331/2021 depositata il 30/06/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 4 ottobre 2017, dichiarò non dovuta dalla RAGIONE_SOCIALE la somma di € 274.195,57 portata dal saldo passivo del conto corrente intrattenuto con la banca e respinse la domanda di ripetizione di indebito per € 20.000,00, o quella minore o maggiore accertata.
Con sentenza del 30 giugno 2021, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha accolto l’impugnazione principale e respinto l’appello incidentale, condannando la banca alla restituzione della somma di € 88.666,36, oltre interessi.
La corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che correttamente il primo giudice abbia disposto la c.t.u. al fine di ricostruzione i rapporti di dare-avere tra le parti, espungendo quindi l’anatocismo, gli interessi ultralegali e la c.m.s., avendo permesso le indagini peritali di accertare, nonostante la non completa produzione degli estratti conto in atti, che la società vantava un credito verso la banca per € 88.666,36.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la banca, sulla base di tre motivi, mentre la controparte ha depositato il controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo, parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione alla domanda di ripetizione dell’indebito, avendo la corte territoriale disatteso il principio di allegazione dei fatti costitutivi ed invertito l’onere della prova, dal momento che la controparte aveva mancato di indicare nell’atto di
citazione i versamenti asseritamente indebiti, con domanda quindi del tutto generica, e non aveva prodotto la serie integrale degli estratti conto.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., non risultando riportato il contenuto specifico delle avverse difese ed atti, tale da valutare la censura proposta.
Quanto alla doglianza di mancata produzione avversa della intera serie degli estratti conto, il motivo non tiene conto del principio consolidato, secondo cui, a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto è sempre possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso altri elementi di prova (Cass. 2 maggio 2019, n. 11543; Cass. 4 aprile 2019, n. 9526) ed in particolare che, per far fronte alla necessità di elaborazione di dati incompleti, detto giudice ben può avvalersi di un consulente d’ufficio, essendo sicuramente consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto, comunque, emergente dai documenti prodotti in giudizio (Cass. 1° giugno 2018, n. 14074, ove il richiamo a Cass. 15 marzo 2016, n. 5091; nel medesimo senso anche, fra le molte, Cass. 3 dicembre 2018, n. 31187; Cass. 19 maggio 2020, n. 9140).
2. -Con il secondo motivo, deduce l’omesso esame di fatto decisivo, consistente nella valutazione di tutti i documenti in atti, avendo il giudice operato acritica adesione alle risultanze della c.t.u.
Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non enucleando lo specifico fatto decisivo asseritamente omesso, essendo onere della parte ricorrente, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli art. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione
processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., sez. trib., 28 giugno 2019, n. 17512, e molte altre).
Inoltre, il motivo è altresì inammissibile poiché per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice di merito e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass. 26 agosto 2021, n. 23504).
Per il resto, il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è consentito denunciare in cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo; ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti
specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il «come» ed il «quando» tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività (Cass., sez. I, 23 marzo 2017, n. 7472).
3. -Con il terzo motivo, si deduce ancora l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., e la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto vi erano in atti lettere bancarie, pertinenti i rapporti per cui è causa, dal giudice del merito non esaminate, e l’attrice aveva chiesto di compensare il saldo passivo con i propri crediti, in tal modo riconoscendo il primo.
Il motivo è inammissibile, in quanto sotto l’egida del vizio di violazione di legge o omesso esame, intende invece riproporre un giudizio sul fatto.
4. -Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti per il pagamento del contributo, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, da parte della ricorrente, pari a quello richiesto per il ricorso, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre